CECILIO di Calatte

Enciclopedia Italiana (1931)

CECILIO (Καικίλιος, Caecilius) di Calatte

Manara Valgimigli

Nato da famiglia servile ebraica, verso il 50 a. C., si chiamava in origine Arcàgato, e il nome romano lo ebbe certo da un Cecilio che lo liberò e lo portò a Roma. E a Roma fu scolaro del retore pergameno Apollodoro, e amico di Dionigi d'Alicarnasso; insegnò retorica. Quando e dove morì non sappiamo.

Delle sue opere ci restano molti titoli e scarsi frammenti. Furono, in maggior parte, a) di tecnica e teoria retorica; b) di storia e critica letteraria. Del primo gruppo ricordiamo: 1. un'Arte retorica; 2. In che differisca lo stile attico dallo stile asiano; 3. Del sublime (περὶ ὕψους), contro cui fu scritto il ὕψους dello pseudo-Longino, che ci rimane: la parola ὕψους, in questo senso tecnico-stilistico, o è di Cecilio o comunque appare la prima volta fra gli atticisti di questo secolo. C. vi combatteva il falso sublime della retorica asiana; e vi lodava la mediocrirà perfetta a scapito della grandezza difettosa, esaltando Lisia, svalutando Platone. Del secondo gruppo ricordiamo: 1. Sul carattere dei dieci oratori. Fu l'opera maggiore di C. e conteneva biografie (che sono la fonte dell'operetta pseudoplutarchea su le Vite dei dieci oratori, e di altre vite che ci restano); 2. Su Demostene, quali siano le orazioni genuine e quali spurie; 3. In difesa di Lisia; 4. Comparazione di Platone e Lisia; 5. di Demostene e Eschine; 6. di Demostene e Cicerone. A facilitare la lettura degli oratori C. compilò anche un lessico, che fu il primo lessico atticista, in ordine alfabetico, onde si sviluppo la larga letteratura lessicografica posteriore. C. fu uno dei più autorevoli sostenitori e promotori del rinnovamento atticista; e uno dei retori e critici più rinomati del suo tempo.

Bibl.: Brzoska, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, coll. 1174-1187; E. Ofenloch, Caecilius Calactinus, Lipsia 1907.

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