CURIONE, Celio Secondo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CURIONE, Celio Secondo

Albano Biondi

Nacque a Ciriè nel Canavese (prov. di Torino) il 1° maggio 1503, ultimo dei ventitré figli di Jacomino Troterio e di Carlotta Montrotier, dama di corte di Bianca di Savoia.

Da parte dei padre la famiglia apparteneva alla nobiltà piemontese (un ramo dei Provano, signori tra l'altro di Ciriè) e da parte della madre alla nobiltà savoiarda (negli anni '60 il C. e il figlio Leo si Preoccuperanno di chiarire questi legami). Jacomino aveva gran parte dei suoi beni a Moncalieri, dove anche ricopriva funzioni pubbliche e il piccolo C. visse lì sino alla morte del padre, avvenuta quando egli aveva nove anni (la madre era morta nel darlo alla luce).

Passato da Moncalieri a Torino, il C. vi seguì corsi di humanae litterae e di diritto: a Basilea avrebbe ricordato al discepolo G. Stupano che qui "audivit Georgium Coronam, Dominicum Machaneuin et Ioannem Bremium oratores, poetas, atque historicos prestantissimos"; nonché lo Sfondrati di Milano, il futuro cardinale, per il diritto civile. A Torino ancora, tramite gli agostiniani e in particolare Gerolamo Negri, fece la prima conoscenza con gli scritti dei riformatori, Lutero, Zwingli, Melantone: De captivitate Babylonica, De falsa et vera religione, Loci communes. Un progetto di recarsi con amici nelle terre della Riforma venne bloccato da Bonifacio Ferreri, vescovo di Ivrea e cardinale che lo imprigionò per due mesi nella rocca di Capranio, poi lo mandò a studiare nel cenobio benedettino di S. Benigno di Fruttuaria: qui, peraltro, il giovane C. propagandò i Loci communes e sostitui in uno scrigno le reliquie dei ss. Agapito e Tiburzio con una Bibbia e il cominento: "Haec est arca foederis, ex qua vera sciscitari oracula liceat et in qua verae sunt Sanctorum reliquiae".

Tutte queste circostanze ci sono note dalla biografia dello Stupano, che riferisce poi di una fuga del C. verso Milano, di un viaggio a Roma e in altra città d'Italia, di un ritorno a Milano dove "discendo docendoque aliquot annos transegit". I riferimenti alla peste e alla guerra ci permettono di collocare questi anni tra il 1528 e la guerra di Musso contro il Medeghino, che si concluse nel febbraio 1532; e la notizia dello Stupano, che nel 1570 ricorda la vedova Margherita "quadragesimo anno post nuptias celebratas" ci consente di datare al 1529-30 il suo matrimonio con Margherita Bianca Isacchi, di nobile famiglia milanese diramata in Brianza.

Il C. si trasferì poi, per un certo tempo, a Casale Monferrato alla corte del marchese Gian Giorgio e forse vi rimase anche dopo la morte di questo (1533), Poiché a Casale gli nacque nel 1534 il primogenito maschio, Orazio. Tornato a Moncalieri per prendere possesso dell'eredità patema, ebbe difficoltà giudiziarie con'una sorella superstite. Insegnò in quel di Racconigi, disturbò la predica di un francescano, finì in mano degli inquisitori per iniziativa di Aventino Crica, suffraganeo di Torino, che sollevò contro di lui anche gli addebiti precedenti e segnalò il suo caso a Roma. Eppure riuscì a fuggire come ha raccontato nel suo dialogo Probus, prese dimora a Salò, già abbastanza noto per essere chiamato all'università di Pavia, vi svolse la funzione di "publicus professor" di umanità "toto triennio" (1536-39): di questo periodo ci restano varie orazioni e la prima stesura di Schola, sive de perfecto grammatico.

Nel 1539 la pressione inquisitoriale lo costrinse a fuggire a Venezia, dove riuscì a entrare nella cerchia dell'ambasciatore del re di Francia, Guillaume Pellissier, vescovo di Montepellier (dedicatario di Aranei Encomion, prima stesura Venezia 1540), stabilì rapporti con Giulio da Milano ed altri della "via evangelica", fuggì durante il processo del frate nei cui costituti figura come "magister ludi literarii", lasciandosi dietro, forse, lo scandalo di una prima redazione del Pasquillus. Fu a Ferrara per alcuni mesi del 1541 e vi conobbe Olimpia Morata, figlia del suo amico Pellegrino, Anna, figlia della duchessa Renata di Francia e i Sinapii, loro istitutori tedeschi. Una lettera di Pellegrino Morato, datata 30 ott. 1541, lamenta già la sua partenza: per Lucca, dove lo aveva avviato Renata "rata posse hominem illic latere". In realtà la presenza del C. a Lucca coincise col momento di massima accelerazione del movimento di Riforma nella città. Qui egli conobbe gli uomini che avrebbe poi ritrovato nell'esilio: gli agostiniani Pietro Martire Vermigli, Paolo Lazise, Celso Martinenghi e Gerolamo Zanchi (che sarebbe stato suo genero) e condivise la sorte di questo gruppo, che la repressione colpì nell'estate del 1542.

Una lettera del cardinale Bartolomeo Guidiccioni del 22 luglio 1542 denuncia al Senato di Lucca "quel Cellio che sta in casa di messere Niccolò Arnolfini", poiché "da Venegia e da Ferrara se ne intende di lui pessimo odore" (G. Tommasi, Sommario d.storia di Lucca, App., Firenze 1847, pp. 163 s.); un'altra, del cardinal Farnese, del 26 ag. 1542, sollecita in Pisa ricerca di "un pessimo spirito chiamato Celio da Turino", il quale, "sotto professione di maestro di scuola ... pubblicamente e in più luoghi ha fatto professione di luteranesimo".

In realtà a quella data il C. era già in territorio elvetico, come attesta la lettera di Pellikan a Calvino, datata da Zurigo il 15 ag. 1542 (Calvini Opera, XI, coll. 426 s.) e il colorito racconto che Bullinger fece a Vadian, in lettera 19 dicembre, dell'arrivo degli esuli italiani nell'estate 1542. Avviato da Bullinger a Berna e da lì come praefectus studiorum a Losanna, il C. fece un breve ritorno in Italia nel settembre dello stesso anno, per riprendere la moglie e i figli.

Fu un viaggio avventuroso. Arrivò sino a Ferrara per portare a Renata i Commentarii in Matthaeum di Bullinger (ibid., XI, coll. 479-82) e ne ripartì il 24 ottobre con una calorosa commendatizia della duchessa (A-L. Herminjard, VIII, lett. 1170). In Toscana, a Pescia, gli capitò l'avventura che dall'Oratio dello Stupano è arrivata, in cadenza epica, sino al Ranke: "Celio Secondo Curione lasciò che il pericolo lo sfiorasse. Attese che arrivasse il bargello a cercarlo. Curione era alto e forte. Col pugnale che portava con sè si aprì la strada tra gli sbirri, balzò a cavallo e fuggì. Andò in Svizzera" (L. v. Ranke. Storia dei papi, Firenze 1959, p. 156).

A Losanna il C. rimase dal 1542 al 1546. La sua prolusione come praefectus studiorum è piena di gratitudine verso i Bernesi che gli avevano affidato un incarico in cui sperava di conciliare "bonas artes et studia politiora" con l'interpretazione "sincerioris germanaeque Theologiae". Quest'ultima parte del programma risultò piuttosto difficoltosa e il C. dovette imparare la particolare disciplina teologica dei riformati elvetici. Cominciò la tensione con Calvino e coi Ginevrini, le cui ragioni si intravvedono leggendo lo scritto dottrinale che il C. compose a conclusione del suo periodo losannese, il Pro vera et antiqua Ecclesiae Christi autoritate.

Non va taciuto d'altra parte che a forzare la partenza del C. da Ginevra fu uno scandalo sessuale. Il C. lo espone a Bullinger in termini troppo favorevoli a se stesso ("Iudicium de me factum est, quod cum puella quadam ludere humanitus ipsa consentiente voluerim"), se si leggono tenendo presente la precisazione d'età che il Sulzer forniva a Bonifacio Amerbach, da Berna, il 14 marzo 1547: "idque in puellam vixdum novem annos nata" (Die Amerbach-Korrespondenz, VI., pp. 418 s.).

Il C. aveva quarantatré anni, quando arrivò a Basilea con la moglie e le tre figlie piccole che gli erano nate a Losanna. Bonifacio Amerbach gli permise di fruire del lascito erasmiano, nonostante le puntate antierasmiane del Pasquillus. Successore all'università nell'insegnamento di retorica a Joharmes Hospinianus con stipendio di 60 fiorini, dopo una laurea ad honorem che lo abilitava all'insegnamento, il C. mantenne la cattedra onorevolmente per ventitré anni, sino alla morte. Fu anche decano nel 1552-53 e in questa veste pronunciò il discorso inaugurale per l'introduzione della Nova studiorum ratio all'università di Basilea: un elogio dell'ordine. Come umanista famoso era punto di riferimento per gli studenti di tutta Europa, in particolare nobili polacchi, che teneva a pensione (la "duodena", di cui parla in Schola). Per la grande edi. toria basileese (Oporino, Froben, Herwagen, Episcopius, Pema, ecc.) produceva un flusso costante di commenti, introduzioni, edizioni, traduzioni e fungeva da consulente a:scoltato. La sua casa di Basilea era il punto di riferimento degli esuli italiani: Vergerio negli anni '50, poi le punte audaci dei fuggiaschi che non si adattavano alle Chiese "magisteriali", Lelio Sozzini, Giovanni Giorgio Biandrate, Matteo Gribaldi, l'Ochino, per citame solo alcuni. All'università aveva come collega Sebastiano Castellione e dopo la morte sul rogo di Michele Serveto (1553) fu indiziato come coautore della farrago "belliana", De haereticis... (Beza da Ginevra, 7 maggio 1554: "Libelli authores sunt tres... tertius est Secundus, qui bene ac nimium cognitus est nostrae scholae"). La pubblicazione clandestina del De amplitudine beati regni Dei (1554) lo portò a doversi giustificare dinanzi al Senato di Basilea; così le chiose manoscritte al De filio Dei del Gribaldi (settembre 1557); fu coinvolto nello scandalo collegato alla morte dell'anabattista David Joris; e gli si rimproverò almeno negligenza in occasione della pubblicazione dei Dialoghi incriminati di Bernardino Ochino.

Lo protessero in tutti questi casi, oltre la personale cautela, i buoni rapporti con la Basilea che contava, e la notorietà europea, cercata anche attraverso le dediche delle sue opere ai grandi d'Europa, da Elisabetta d'Inghilterra a Sigismondo di Polonia, al re di Francia, ai nobili polacchi.

Negli ultimi anni la vita lo aveva duramente provato: la grande pestilenza che colpì Basilea nel 1564 gli rapì le figlie giovinette Celia, Felice e Angela, la prediletta che lo aiutava nei lavori sui testi antichi. Orazio, il primogenito dei maschi, era morto nel febbraio dello stesso anno; il 24 ottobre, un altro figlio, Agostino, già lettore all'università, raggiungeva le sorelle nella tomba.

I Mortis Ioannis Oporini Praesagia (in Oratio de ortu, vita et obitu Joannis Oporini..., Argentorati 1569) pio e scarno testo, che il C. scrisse nel 1568 come tributo d'affetto allo scomparso amico editore sono anche presagio della propria morte, che lo colse a Basilea il 24 nov. 1569.

La prima opera a stampa del C. è l'Aranei Encomion in quo Aranei erudita natura rhetorico schemate explicatur: Et in eo loci communes de Ente supremo et unico de divina Providentia, de Spiritus humani perpetuitate, aliisque nonnullis stitu dignis, Venetiis 1540. Lo scritto è dedicato a Guillaume-Pellissier, vescovo di Montpellier e ambasciatore francese a Venezia: all'interno di un modulo retorico tipico della tarda sofistica (il lusus su tema leggero) si toccano liberamente temi di grossa rilevanza teologica. L'operetta venne riedita con qualche ritocco e col titolo Araneus.seu de Providentia Dei, libellus vere aureus..., Basileae, "ex officina Ioannis Oporini, Anno Salutis MDXLIIII, mense Iulio", assieme ad altri scritti del periodo italiano stampati ora per la prima volta (... cum aliis nonnullis eiusdem Opuscolis, lectu dignissimis, nunc primum in lucem editis): questi opuscoli sono De immortalitate animorum oratio, dedicata a Vittore Celestino patrizio lucchese, scritta in Lucca e rivista a Losanna; De liberis pie Christianeque educandis dedicato a P. Morato e scritto pure "Lucae, 1542, quarto, Idus Iunii", ma ritoccato a Losanna, come dimostra l'inserto relativo a "Nicolaus Zerchintes" segretario del Senato di Berna; Parodoxa duo, dedicato a Nicolaus Zerchintes e scritto in Italia ("tum cum peregrinaremur lucubratum"); Paraphrasis in principi uni Evangelii S. Ioannis (testo cui fanno riferimento i dibattiti sul "socinianesimo" del C. ma in realtà abbastanza anodino); Adhortatio brevissima ad veram religionem; De ingenuis artibus oratio Lausannae habita; Oratio funebris in Nicolaum Invitiatum Alexandrinuni nobilem grammaticum, Papiae habita; In laudem scribarum collegii Ticinensis; In loannem Iacobum Gambaranam Pontificem Albingaunensem Oratio funebris Papiae habita, 1538; Laudatio cuiusdam qui pro patria occubuit (in Rolandum Trovamala); Orationes breves quattuor a Graeco versae ("Octaviano Ferrario, Lausannae., 7 cal. Sextiles 1543"); Bernardini Ochini Senensis Sermo ex Italico in Latinum versus, Coelio Secundo Curione interprete, Quid sit per Christum iustificari, tum qui iustificationis modus.

In questo volume non grosso (un 8° di 284 pp.), che rappresenta il primo contatto del C. con la tipografia basileese nella persona di Giovanni Oporino, si raccoglie dunque il frutto dell'attività letteraria italiana del Curione. Per quello che valgono, queste orazioni sono testimonianza di un "umanesimo civile" basato sui valori della fede alla propria città per cui si può anche morire, sui valori del lavoro operoso per la "repubblica" (notevole sotto questo punto di vista l'orazione in lode del collegio notarile di Pavia), su una religiosità dignitosa e dai connotati ancora piuttosto generici, che però si vanno progressivamente definendo, come risulta, ad es., dal De liberis pie Christianeque educandis.

Ma questa era la faccia esibita, cerimoniale, del C. professore di umanità. Nello stesso anno 1544 escono ad "Eleutheropoli" e a Ginevra testimonianze di un altro aspetto della produzione italiana del C., quello aggressivo e satirico nella forma del dialogo di tipo lucianesco, rinnovato nel Cinquecento da Erasmo e, in particolare per l'aggressività, da Ulrico di Hutten.

L'attività pasquillesca del C. è ancora in gran parte da indagare. Una stampa italiana di Pasquino sembra documentata dalla lettera (già segnalata da P. Tacchi Venturi, St. d. Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1919., pp. 308, 313 n., cfr. L. v. Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1924. pp. 670 s.) di Fabio Mignanelli, 1° febbr. 1543: "Pasquino in estase, prediche di fra Bernardino, Antechristi stampati et cartelli impii et vituperosi sono andati attorno in Venetia ... Però pregai la lor Serenità che si degnassero provvedere e demandai li esecutori contro un libraio ... Il libraro fu messo prigione et ha confermato haver legato a diverse persone volumi di esse prediche e di Pasquino ...".Allo stato delle conoscenze comunque non se ne trova traccia.

Nella questione pasquillesca bisogna tenere distinto il C. curatore ed editore dal C. autore. Il C. è editore dei Pasquillorum tomi duo. Quorum primo versibus ac rhythmis, altero soluta oratione conscripta quamplurima continentur, ad exhilarandumconfirmandumque hoc perturbatissimo rerum statu pii lectoris animum, apprime conducentia..., Eleutheropoli 1544. Qui il C. raccoglie, e in parte traduce in latino, prodotti della tradizione pasquillesca romana dai primi del Cinquecento, vi unisce testi tradizionali della polemica anticuriale germanica, funge insomma da antologista in vista della costruzione di una macchina da guerra contro la Roma papale; a tutto ciò aggiunge, nel secondo tomo la prima, più breve, redazione del proprio Pasquillus extaticus et Marphorius (tomo II, pp. 427-529), che viene riedito per conto proprio in Pasquilli extatici, seu nuper e coelo reversi, de rebus partim superis., partim inter homines in christiana religione passim hodie controversis cum Marphorio colloquium, multa pietate elegantia ac festivitate refertum, s. I. né. d.; in Pasquillus ecstaticus non ille prior sed totus plane alter, auctus et expolitus: cum aliquot aliis sanctis pariter et lepidis dialogis, Genevae, apud Io. Girardum, 1544; e ancora in Pasquillus ecstaticus, una cum aliis etiam aliquot sanctis pariter et lepidis dialogis, quibus praecipua religionis nostrae Capita elegantissime explicantur. Omnia, quam unquam antea, cum auctiora, tuni emendatiora..., s. I. né d. [ma Basileae, I. Oporino, 1544?].

Questa edizione, l'unica che esibisce il nome dell'autore, e che presenta il testo latino delle Quaestiones Pasquilli, rappresenta forse la fase più elaborata dell'evoluzione di un testo in costante trasformazione e anipliamento anche nella versione italiana, Pasquino in estasi. Nuovo, e molto più pieno, ch'el primo, insieme col viaggio de l'Inferno. Aggiunte le proposizioni del medesimo da disputare nel Concilio di Trento ..., s. d., con la falsa indicazione di luogo in colophon: "Stampatoa Roma, nella botega di Pasquino, a l'istanza di Papa Paulo Farnese con gratia e privilegio", particolarmente ironica se si pensa che i Farnese sono l'oggetto polemico principale del libello. Il Pasquino, brillante nell'invenzione ed efficace nella simbologia adottata, segnalato spesso tra le letture degli inquisiti del S. Uffizio in Italia, è certamente l'opera più popolare del Curione. È modulo lucianesco in curvatura hutteniana, con una forte presa sulla realtà. Lucianeschi anche, ma umanisticamente contenuti, sono gli altri brevi "lepidi dialogi" che queste edizioni del Pasquillus accludono, testimonanze ancora del periodo italiano del C.: Probus (dialogo sulla fuga del C. dal carcere inquisitoriale, 1537-38); Sfortia (forse del 1535: ironico giudizio post mortem dell'ultimo duca di Milano); Aeneas; Creusa; Coroebus.

Alla fine del suo periodo losannese, quando già si erano aperti i contrasti con Viret e i calvinisti, il C. compose quello che, accanto al De Amplitudine Beati Regni Dei del 1554, è il suo scritto più significativo di polemica teologica, Pro vera et antiqua Ecclesiae Christi autoritate, in Antonium Florebellum Mutinensem Oratio, Basilea (senza stampatore e anno).

Non doveva suonare gradevole né a Zurigo né a Ginevra l'atteggiamento, che qui viene teorizzato, nei confronti degli anabattisti: se hanno una religione nel loro intimo, questa va rispettata e non si ha il diritto di chiedergliene conto; vanno certo ricondotti all'ordine ("coercendi sunt") se giungono alla sedizione, ma sia chiaro che si reprimono per la sedizione, non per la religione (pp. 186 s.). L'Ecclesia, nella definizione del C., "non excludit simulatores aut impuros qui soli Deo noti sunt, modo sanae doctrinae non contradicant quieteque vitam degant" (p. 16): che è una esplicita apologia di nicodemismo.

A Basilea il C. continuò a scrivere cose di religione avendo occhio soprattutto alla situazione italiana: Una familiare et paterna instituzione della Christiana religione..., Basilea (senza stampatore e data, ma 1550); l'introduzione a Francisci Spierae Civitulani horrendus casus... (1549-50), la cura di Le otto Defensioni del Vergerio vescovo di Capodistria con la lettera "a fratelli d'Italia" (1550), la lettera dedicatoria preposta alla versione delle Cento e dieci divine considerazioni del Valdesso (1550); le Quattro lettere christiane... (con la falsa indicazione tipografica in colophon "in Bologna per m. Pietro e Paulo Perusini fratelli nel MDLII"), con la versione anche di cose già pubblicate nell'Araneus del 1544 (i Paradoxa). Nel 1553 uscivano i Selectarum epistolarum libri duo..., Basileae, per Ioannern Oporinum, che includevano una riedizione delle orazioni accademiche del periodo italiano e tre orazioni basileesi. De amplitudine beati regni Dei, dialogisive libri duo ad Sigismundum Augustum Poloniae regem potentissimum et clementissimum, 1554 s. I., è l'ultima presa di posizione pubblica del C. in materia di religione.

Il resto della vasta attività letteraria del C. è strettamente legato alla sua attività di professore di humanae litterae all'università di Basilea e pertiene alla storia della scuola, della cultura filologica e (dati i legami con gli editori Oporino, Herwagen, Froben, Perna ecc.) della tipografia basileese: De omni artificio disserendi atque tractandi cum oratoriis eiusdem exercitamentis et iuvenilibus quibusdam carminibus, Basileae, ex off. Io. Oporini, 1547; l'edizione di Marii Nizolii observationes...31Basileae, per Io. Hervagium, 1548; la prefazione e le annotazioni a Livio nell'ed. Herwagen 1549; Commentarii in Ioachimi Perionii Cormoeriaceni de Dialectica libros treis, Basileae (senza stampatore né anno, ma 1549); Epitome dialecticae Ioachimi Perionii a C. S. Curione artificiose collecta atque in capita distributa, Basileae (in colophon: "per Io. Oporinum, 1549"; M. Tullii Ciceronis Philippicae orationes XIV in M. Antonium, Basileae, Froben, 1551; i Nova Scholia all'ed. di commenti miscellanei in lunii Iuvenalis et A. Persii Flacci Satyrae, Basileae, Froben, 1551; In M. T. Ciceronis Topica explicationes ad iuris civilis notionem, quod voluit Cicero potissimum accomodatae, Basileae, per Io. Oporinum, s. d. (ma 1551-52); cure e contributi ai commentari miscellanei dell'opera, dedicata da Jo. Oporin a Jakob Fugger, In omnes M. Tullii Orationes; quot quidem extant, doctissimorum virorum enarrationes, Basilcae, Io. Oporino, 1553; Appiani Alexandrini De bello quod cum Carthaginiensibus et cum Hispanis in Hispania gesserunt..., Basileae, H. Froben, 1554 (in aggiunta alla traduzione degli altri libri fatta da Sigismondo Gelenio, con prefazione del C.); In M. T. Ciceronis oratorias Partitiones, Explicationum libri tres, Basileae, per Io. Oporinum, 1556; cure e contributi ai commentari miscellanei in L. Annae Senecae Opera, Basileae, apud Hervagium, 1557; edizione di Gulielmi Budaei Parisiensis Lucubrationes variae, cum ad studiorum rectam institutionem ac Philologiam, tum ad pietatem spectantes quibus adiunximus Epistolarum eiusdem Latinarum ac Graecarum libros VI, Basileae, N. Episcopius, 1557; ed. dei tre vol. del Thesaurus linguae Latinae sive Forum Romanum, Basileae, Froben, 1561; cura di Aristotelis Stagiritae Tripartitae Philosophiae opera omnia..., Basileae, per lo. Hervagium, 1563; Commentarii a M. T. Ciceronis... liber qui dicitur Brutus Accessit P. Cornelii Taciti eiusdem argumenti Dialogus elegantissimus, Basileae, Isingrin, 1564; introduzione e scholia a Aemylii Probi scriptoris vere Romani Vitae excellentium imperatorum, Basileae, apud T. L. Guarinum, 1564; Logices elementorum libri quatuor: quibus ad Aristotelis Organum aditus aperitur, Basileae, per lo. Oporinum, 1567; cura all'edizione di "variae lectiones annotationesque" di vari autori in M. Accii Plauti Comici omnium lepidissimi, Comoediae viginti, Basileae, ex off. Herwagiana, per Eusebium Episcopium, 1568; apparvero infine postume, in un corpus sallustianum con "annotationes variorum", C. Crispi Sallustii Historia de coniuratione L. Catilinae, De bello Iugurthino ecc., Basileae, ex off. Henricpetrina, 1571, le note al Bellum Iugurthinum.

In tutti i suoi anni basileesi il C. non aveva dimesso l'attenzione alla situazione italiana. Un omaggio agli italiani esuli per ragione di religione si può considerare l'edizione di Olympiae Fulviae Moratae Omnium eruditissimae Latina et Graeca quae haberi potuerunt monumenta eaque plane divina cum eruditorum de ipsa iudiciis et laudibus, Basileae, P. Perna, 1558, dedicato a Isabella Bresegna e simbolo della Ferrara di Renata di Francia (le edd. successive 1562, 1570, 1580sono dedicate ad Elisabetta d'Inghilterra). L'interesse alla storia si manifesta nell'edizione M. Antonii Coccii Sabellici Opera omnia, cum suppemento, in tomos quatuor digesta, per Coelium Secundum Curionem non sine magno labore iudicioque confecta, Basileae, per Io. Hervagium, 1560: dedicata a Sigismondo Augusto di Polonia, contiene un "supplemento" sugli avvenimenti degli ultimi 40 anni, che il C. ha confezionato attingendo "ex Paulo Jovio atque aliis". A un prodotto originale di non alto livello De bello Melitensi Historia nova, Basileae, Jo. Oporin, 1567. Ma il contributo più meritorio del C. alla storiografia è il lavoro che rese accessibile alla cultura europea l'opera più alta della storiografia italiana del '500. la versione latina del Guicciardini, Francisci Guicciardini patricii Florentini Historiarum sui temporis libri viginti, ex Italico in Latinum sermonem nunc primum et conversi et editi Coelio Secundo Curione interprete ad Carolum Nonum Galliae Regem Potentissimum et Christianissimum, Basileae, P. Perna, 1566 (2ed. 1567).

Questa è, con qualche omissione, la summa dell'attività letteraria del Curione. L'idea di cultura sottesa fu da lui farmulata in un libro, che, concepito e in gran parte scritto nel periodo pavese, a contatto con Andrea Alciato e Oto Lupano (1538), venne pubblicato solamente nel 1555, Schola, sive de perfecto grammatico, Libri tres, Basileae, per Ioannem Oporinum.

Qui l'impulso base della grande cultura umanistica, lo studio del rapporto verba res animato dal proposito di andare oltre l'"ombra delle cose" alle "cose", si descrive attraverso la costruzione di una figura professionale, il professore di umanità, l'educatore scrupoloso responsabile di fronte a Dio, alla civitas e alla propria coscienza culturale. La derivazione dello schema del "perfectus grammaticus" da quello, ciceroniano e quintilianeo, del "perfectus orator" non deve trarre in inganno: qui si punta, con molta concretezza, a fissare l'autonomia di una professione intellettuale. Il C. sapeva bene che il suo dominio delle tecniche della filologia, da giocare tra tipografi e università, era la sua zona di respiro entro le strettoie delle varie Chiese istituzionalizzate: sul piano strettamente personale la sua difesa della professionalità del "grammaticus" è esattamente la traduzione in positivo del suo nicodemismo.

Aveva educato i suoi figli secondo il suo modello culturale, di religione aperta e di umanesimo civile.

Orazio, nato a Casale Monferrato nel 1534, laureato in medicina e filosofia forse a Pisa, fu a Parigi e in Polonia nel 1556, al servizio di Alberto di Prussia nel 1557, in Moldavia come cancelliere dell'avventuriero Giacomo Basilikus Heraklides, signore di quella terra nel 1562, morì agli inizi del 1564, durante un'ambasceria a Costantinopoli per conto di Ferdinando e Massimilano d'Asburgo. Di lui si cita una traduzione, De amplitudine misericordiae Dei ... oratio a Marsilio Andreasio ... conscripta, nunc in latinum conversa, C. Horatio Curione interprete, Basileae, Ex off. I. Oporini, 1550: ma è in verità un esercizio guidato dal padre per raccomandare il figlio sedicenne al tredicenne Edoardo VI d'Inghilterra, cui l'opera è dedicata.

Agostino (Salò 1538-Basilea 24 ott. 1567), "polyhistor et rhetor", fu editore della Politia literaria di A. Decembrio, Basilea, Herwagen, 1562, degli Opera di Pietro Bembo, Basilea, Guarino, 1567, e autore di Sarracenicae Historiae libri III, Basilea, Oporino, 1567, nonché di due libri aggiunti (Basilea, Guarino, 1567) ai Hieroglyphica di G. P. Valeriano, che ricordano le simbologie dell'Araneus paterno.

Leo (Salò 13 genn. 1536-Basilea 6 ott. 1601) fu l'unico dei figli che sopravvisse al padre. Fu il "politico" della famiglia e partecipò alle guerre di religione in Francia. là sepolto nel duomo, nella stessa tomba della madre, Margherita Isacchi, morta a 78 anni, il 12 maggio 1587. Un suo figlio, Celio, ebbe una figlia, Margaretha, che andò sposa a Johann Buxtorf, professore d'ebraico a Basilea. I Buxtorf, ebraisti, furono uno dei tramiti della permanenza del ricordo del Curione.

Fonti e Bibl.: Il ms. G.I.66 a Basilea, Universitätsbibliothek, fornisce notizie biogr. sulla famiglia Curione di mano del C., del figlio Leo e di altri e un albero genealogico della famiglia degli Isacchi. Un elenco delle altre fonti manoscritte relative al C. dallo Staats-Archiv di Basilea e dallo Staats-Archiv di Berna si trova in M. Kutter, C. S. C. Sein Leben und sein Werk(1503-1569), Basel-Stuttgart 1955, pp. 304 s. Delle fonti a stampa vanno ricordati in particolare A. L. Herminiard, Corresp. des reformateurs dans les pays de langue française, Genève-Basel-Lyon-Paris 1866-1897; Calvini Opera quae supersunt omnia, a cura di G. Baum-E. Cunitz-E. Reuss, Brunsvigae 1863-1900; H. Bullinger, Korresp. mit den Graubündnern, a cura di F. Schiess, I-III, Basel 1904-1906; Der Briefwechsel der Schweizer mit den Polen, Leipzig 1908; Die Amerbach-Korrespondenz, a cura di A. Hartmann-B. R. Jenny, Basel 1967 sgg., VI-VIII; in Camillo Renato, Opere, Docum. e testimonianze, Firenze-Chicago 1968;, A. Rotondò pubblica materiali relativi al rapporto tra il C. e Camillo Renato, fornendo anche nella Nota critica precisi chiarimenti per una ricostituzione del loro carteggio (pp. 306 ss.) e più in generale dei loro rapporti (pp. 316-21), che coinvolgono il problema dell'atteggiamento del C. verso l'anabattismo e in genere il radicalismo religioso. Tutte queste opere vanno consultate ad Indices. Una bibliografia che valga anche come traccia della fortuna del C., dovrà aprirsi con il discorso commemorativo tenuto dal suo discepolo e successore ad interim: I. N. Stupanus, De Coeli Secundi Curionis vita arque obitu oratio, Basileae, 1570. Lo scritto, in una seconda stampa dei primi del '600, "curante Iohanne Buxtorfio qui et familiae Coelianae continuationem composuit" fu riedito da J. C. Schelorn, Amoenitates literariae, Francofurti et Lipsiae 1730-31, XIV, pp. 325-402. Indipendente da questa linea Stupano è lo schizzo biogr. che si legge in Les eloges des hommes sçavans tirez de l'Histoire de M. De Thou avec des Additions par Antoine Teissier, conseiller e historiographe de sa Serenité Electorale de Brandebourg, Utrecht 1691, pp. 334 ss. Al De Amplitudine Beati Regni Dei, lo scritto del C. più controverso, dà particolare rilievo P. Bayle nel Dictionnaire: "il publia plusieurs livres et un entre autres où il tâcha de montrer que le nombre des predestinez est plus grand que celui des reprouvez". A questo scritto dedicò anche una dissertazione il già ricordato J. G. Schelorn, Historia Dialogorum Coeli S. Curianis De Amplitudine Beati Regni Dei, in Amoenitates, cit., XII, pp. 592-627. molto informata e fondamentale anche per il dibattito sull'antitrinitarismo del Curione. J. P. Niceron ha utilizzato Teissier, Bayle e Stupano-Schelorn per la biografia del C. inserita nei Mémoires pour servir à l'Histoire des Hommes Illustres, XXI, Paris 1733, pp. 1-26, con un elenco, incompleto, ma abbastanza accurato di trentaquattro scritti a stampa del C., ed enfasi sul suo orientamento sociniano. Alle pp. 25-30 si riprendono da Buxtorf-Schelorn le notizie sui figli del C., tramite principale per la loro presenza negli Onomastici successivi, ad es. E. Chambers, The General Biographical Dictionary, XI, London 1813. pp. 168 ss.; Biografia univers. antica e moderna, Venezia 1823, pp. 304-308; Nouvelle Biogr. générale, XII, Paris 1866, coll. 639-41. L'erudizione settecentesca descrive la sorte della biblioteca del C. (ad es. J. J. Maderus, De bibliothecis atque archivis, Helmestadi 1702, I, pp. 156, 202) e delle opere sue e dei figli: cfr. in Museum Helveticum, particula XXVIII, Turici 1753, pp. 544-58, Librorum a Caelio Secundo Curione eiusquo filiisCaelio Horatio et Caelio Augustino editorum Catalogus (nonché, pp. 559-70, Epistolae ined. C. S. Curionis). In G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., VII, 4, Venezia 1796, il C. figura nella sezione dei grammatici "sia l'ultimo trà grammatici di questo secolo uno che nel numero e nell'erudizione dell'opere non fu inferiore ad alcuno e di cui maggiore ancora sarebbe la gloria, se non l'avesse oscurata coll'apostasia della cattolica Religione", (pp. 1487-89). Il problema del rapporto tra il C. e gli antitrinitari è riproposto in F. Trechsei, Die Protestantischen Antitrinitarier vor Faustus Socinus, Heidelberg, 1839-44, in particolare I, p. 214; II, pp. 263, 293 ss., 463. A metà dell'800 i risultati della ricerca sono sintetizzati in C. Schmidt, C. S. Curioni, in Zeitschrift für die historische Theologie, 1860, pp. 571-734. C. Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1867, pp. 204-230, abbozza una biografia, traduce il, Probus e. digredisce sulla letteratura pasquillesca (v. anche Id., Italiani illustri, III, Milano 1894, pp. 85-116). La voce di K. Benrath, C., C. S. in Realencycl. fürprotestantische Theologie und Kirche, IV, Leipzig 1898, pp. 353-57 fornisce la bibl. essenziale per il XIX secolo. Di qualche utilità è ancora G. Jalla, Storia della Riforma in Piemonte fino alla morte di Emanuele Filiberto 1517-1580., Firenze 1914, pp. 13, 23, 28, 46, 52, 266; F. Borlandi, La Riforma luterana nell'univers. di Pavia, Roma 1928, pp. 9 ss.; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 20, 409 ss., 414. La vicenda del C. sullo sfondo generale della Riforma italiana in F. C. Church, I riformatori ital., Firenze 1938, passim, e in D. Cantimori, Eretici ital. del. Cinquecento, Firenze 1939, in particolare pp. 92 ss. e passim intutto il libro. Cantimori accentua l'estremismo dell'azione del C. (cfr. anche il saggio Incontri italo-germanici nell'età della Riforma, in Riv. di studi germanici, III (1938), pp. 63-89, ora in Umanesimo e relig. nel Rinascimento, Torino 1975, in particolare pp. 126-134, sui rapporti del C. con David Joris). Al giudizio di Cantimori si contrappone G. H. Williams, The Radical Reformation, Philadelphia 1962, passim (in particolare pp. 634 s.: "he was not a Radical and conformed to the outward symbols andusages appropriate to a professor ahd citizen in Basel"); Suirapporti tra gli esuli italiani, e il C. in particolare, e, il mondo dellastampabasileese: P. Bietenholz, Der italien. Humanismus und die Blütezeit des Buchdrucks in Basel Die Basler Drucke italien.. Autoren von 1530 bis Ende des 16 Jahrhunderts, Basel-Stuttgart 1959; M. Steinmann, .Johannes Oporinus. Ein Basler Buchdrucker um die Mitte des 16. Jahrhunderts, Basel-Stuttgart1967; L. Perini, Note e docum. su Pietro Perna libraio-tipografo a Basilea, in Nuova Riv. stor., L (1966), pp. 145-200 passim; Id., Ancora sul libraio P. Perna, ibid., LI (1967), pp. 395-404: qui si. trovano indicazioni e docum. anche sui rapporti del C. coi "servetiani" , sul quale tema cfr. dopo D. Cantimori-E. Feist, Per la storia degli eretici ital. del sec. XVI in Europa, Roma, 1937, passim; S. Kot, Autour de M. Servet et, de S. Castellion, Haarlem 1953, passim; U. Plath, Nocheinmal "Lyncurius". Einige Gedanken zu Gribaldi, C., Calvin und Servet, in Bibl. d'Humanisme et Renaissance. Travaux et documents, XXXI, pp. 583-610 (cfr. recens. di A. Biondi, in Riv. stor. ital., LXXXII [1970], pp. 229-232); Id., Der Streit um C. S. Curiones "De Amplitudine beati regni Dei", im Jahre 1554 in Basel, in Eresia e Riforma nell'Italia del Cinquecento, Miscell. I, Firenze-Chicago 1974. pp. 269-281. Un'analisi d'assieme dei pensiero religioso del C. manca: appena un, embrione in T. Balma, Il pensiero religioso di C. S. C., in Religio, XI (1935), pp. 31-60; finissima analisi dell'Araneus e del De Amplitudine in D. Cantimori, Eretici..., cit., pp. 98-103, 184-94; una presentazione del Pasquino con proposte per un'edizione di un Corpus Pasquillorum in A. Biondi, Il "Pasquillus extaticus" di C. S. C. nella vita religiosa italiana della prima metà del '500, in Boll. della Società di studi valdesi, CXXVIII (1978). pp. 29-38. Per il resto bisogna riferirsi alle presentazioni di M. Kutter, cit.

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