SOZZINI, Celso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOZZINI (Socini), Celso

Michaela Valente

SOZZINI (Socini), Celso. – Figlio dell’illustre giurista senese Mariano il Giovane e di Camilla Salvetti; è incerta la data di nascita, che potrebbe essere fissata intorno al 1517.

Ebbe come fratelli Ascanio, Alessandro, Bartolomeo, Camilla, Camillo, Cornelio, Dario, Filippo, Giulio, Lelio, Marcoantonio e Porzia.

La famiglia visse a Padova dal 1525 al 1543, periodo durante il quale il padre Mariano insegnò diritto civile presso lo Studio.

In quegli anni si svolsero i primi processi contro frati eretici, come Girolamo Galateo, accusato di aver sostenuto la dottrina del sonno delle anime, mentre dal 1534 le dottrine antitrinitarie cominciarono a diffondersi. I fratelli Sozzini si formarono nell’ambiente culturale dell’aristotelismo patavino, in cui prosperò il fermento di idee eterodosse e radicali, accompagnate dalla libertà di confronto che sempre aveva contraddistinto lo Studio patavino.

Attivo nella vita culturale, Sozzini coltivò importanti amicizie come quella con il letterato Alessandro Piccolomini, nell’ambito dell’Accademia degli Infiammati, dove si discutevano questioni letterarie e filosofiche. Nel 1542 non aveva ancora preso il titolo dottorale.

Dal 1543 al 1549 visse a Siena e per un certo periodo fu insieme con Lelio, che poi si trasferì a Padova e a Bologna prima di essere costretto alla via dell’esilio nel 1547: Lelio aveva ormai abbracciato le idee eterodosse e si era avvicinato alle dottrine antitrinitarie di Michele Serveto. Seguendo le orme paterne, Celso insegnò diritto canonico a Siena e poi, grazie agli accordi tra lo Studio e Mariano, il professore più pagato dell’ateneo, ottenne una cattedra per la medesima materia a Bologna dal 1551. Quando il padre morì, nel 1556, subentrò all’insegnamento di diritto civile.

Negli anni bolognesi, dal 1553 al 1557, Sozzini, pur nicodemiticamente, fu uno dei più attivi animatori del gruppo ereticale bolognese, insieme con la sua seconda moglie, la bolognese Lucrezia Sabbatini, che aveva abbracciato le idee della Riforma. In quegli stessi anni, Sozzini si occupò della istituzione dell’Accademia dei Sizienti che poi trasferì a Siena. Nelle riunioni dell’Accademia si discuteva di diritto e in particolare del Corpus iuris civilis di Giustiniano.

La pratica nicodemitica e la protezione dalla prestigiosa figura del padre, nominato avvocato concistoriale e beneficiario di molti privilegi di ogni tipo, tennero al riparo la famiglia dall’azione inquisitoriale, ma, dopo la morte di Mariano, il clima cambiò e nel maggio del 1557 i Sozzini furono costretti a garantire, con 2000 scudi, la loro presenza a Bologna al vescovo Giovanni Campeggi. Su tutti gravava l’ombra di Lelio, per questo escluso dal testamento di Mariano, che però gli aveva lasciato una quota di beneficio. I fratelli e nipoti decisero di trasferirsi a Siena. Nel dicembre del 1558 Celso andò a Siena per ottenere la presentazione del governatore presso il duca, da cui fu ricevuto. Presentò il caso, a suo avviso senza prove fondamentali di accusa, dei fratelli Camillo e Cornelio e chiese al duca di intercedere presso l’inquisitore bolognese. Cosimo accolse la richiesta.

Celso insegnò nello Studio bolognese fino al 1563, ma nel 1562, l’anno in cui a Zurigo moriva Lelio, fu sottoposto a procedimento inquisitoriale a Bologna, in seguito al processo romano contro suo fratello Cornelio. L’inquisitore Antonio Balducci, informato delle accuse nei confronti di Celso formulate dallo stesso Cornelio, lo aveva esaminato già due volte, ma questi aveva respinto ogni accusa, in particolare quella di aver patrocinato la causa di due tedeschi non meglio precisati. Celso, come sosteneva il preoccupato inquisitore, poteva vantare illustri protezioni essendo «dottore e nobile, huomo d’honore, et qua... è di buona fama circa di queste cose» (Valente, 2005, p. 34), così nel dicembre il procedimento si chiuse, prevedendo per l’imputato l’obbligo di presentarsi periodicamente dinnanzi all’inquisitore.

Probabilmente anche questo spinse Celso a ricongiungersi al resto della famiglia, tornando a Siena, che dal 1557 era passata sotto il dominio dei Medici. Lì, in diverse occasioni, si dedicò ad attività pubbliche per conto della Balìa, tra cui l’accoglienza di ospiti illustri in visita presso la città. Tra settembre e ottobre del 1565 ricoprì inoltre le cariche di capitano e gonfaloniere. Pur praticando il nicodemismo, non abbandonò mai le idee riformate, e per questo assunse un precettore riformato per i figli. Nei successivi procedimenti inquisitoriali contro Cornelio, i testimoni non sollevarono tuttavia dubbi sull’ortodossia di Celso e della sua famiglia.

Nel 1568 l’inquisizione bolognese arrestò il figlio naturale di Celso, Dario, che però non confessò. Amareggiato e rassegnato, Celso scrisse al fratello Camillo per informarlo dell’ennesimo procedimento inquisitoriale, ma anche questo episodio non lo distolse dal rimanere fedele alle idee che aveva abbracciato.

Morì a Siena il 12 marzo 1570.

Fonti e Bibl.: J. Tedeschi, Notes toward a genealogy of the Sozzini family, in Italian reformation studies in honor of Laelius Socinus, Firenze 1965, pp. 275-311; V. Marchetti, Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze 1975, ad ind.; Aggiunte all’epistolario di Fausto Sozzini, 1561-1568, a cura di V. Marchetti - G. Zucchini, Warszawa-Lodz 1982, ad ind.; L. Sozzini, Opere, a cura di A. Rotondò, Firenze 1986, pp. 38 s., 260, 266; A. Stella, Una famiglia di giuristi fra eterodossi padovani e bolognesi: Mariano e Lelio Sozzini (1525-1556), in Rapporti tra le università di Padova e Bologna, a cura di L. Rossetti, Trieste 1988, pp. 128-160 (in partic. pp. 139-141); D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento e altri scritti, a cura di A. Prosperi, Torino 1992, ad ind.; G. Dall’Olio, Eretici e inquisitori nella Bologna del Cinquecento, Bologna 1999, ad ind.; L. Szczucki, Il processo di Fausto Sozzini a Siena, in La formazione storica della alterità: studi di storia della tolleranza nell’età moderna offerti a Antonio Rotondò, I, Firenze 2001, pp. 375-394 (anche per riferimenti a fonti archivistiche); P.F. Grendler, The universities of the Italian Renaissance, Baltimore 2002, ad ind.; M. Taplin, The Italian reformers and the Zurich Church, c.1540-1620, Aldershot 2003, ad ind.; M. Valente, I Sozzini e l’Inquisizione, in Faustus Socinus and his heritage, a cura di L. Szczucki, Krakow 2005, pp. 29-51 (anche per riferimenti a fonti archivistiche); P. Nardi, Maestri e allievi giuristi nell’Università di Siena. Saggi biografici, Milano 2009, ad ind.; M. Biagioni, The radical reformation and the making of modern Europe. A lasting heritage, Leiden 2017, ad indicem.

TAG

Alessandro piccolomini

Corpus iuris civilis

Diritto canonico

Michele serveto

Fausto sozzini