CEMENTO

Enciclopedia Italiana (1931)

CEMENTO

Cesare Zamboni

- La parola cemento deriva dal latino caementum (originariamente caedimentum) dal verbo caedere "tagliare, squadrare", e significò dapprima "pietra squadrata, pietra di cava", o anche "scheggia di marmo". Di poi si indicò con la parola caementum anche una sostanza (pozzolana) che, aggiunta alla calce, le conferiva la proprietà di indurire sott'acqua, cioè la rendeva idraulica. Con la introduzione nell'industria edilizia dei cementi a rapida presa e del cemento Portland (ciò che avvenne nella prima meta del secolo scorso) la parola cemento. venne sempre più determinandosi nel significato appunto di "mezzo legante", e oggi non è più adoperata nel senso primitivo, ma solo per indicare una sostanza che è di per sé legante idraulico.

La fabbricazione dei cementi propriamente detti s'iniziò soltanto verso la metà del sec. XVIII. Nel 1796 un inglese - J. Parker - dalla cottura di speciali calcari trovati nei dintorni di Londra trasse un prodotto cementizio di colore "giallognolo" che egli chiamò "cemento romano" e la cui principale caratteristica era la rapidità nella presa. La fabbricazione di tale cemento seguì per alcuni anni in Inghilterra in proporzioni modestissime e in forma empirica e solo verso il 1810 assunse una relativa importanza.

Gli studî metodici del francese Vicat (1812-1818), controllati dalla Accademia di Francia, su calci idrauliche ottenute dalla mescolanza dei calcari e argille combinantisi con la cottura, aprirono la strada alla preparazione di prodotti sempre più idraulici e più resislenti, e ad una fabbricazione sistematica degli stessi.

Si sviluppò così nella prima metà del secolo scorso, in Francia e in modo speciale nella valle dell'Isère, l'industria delle calci idrauliche e dei cementi naturali a presa rapida, utilizzando e cuocendo in forni a tino, per le calci idrauliche marne silicee e per i cementi a rapida presa marne argillose molto alluminose.

Queste calci e cementi venivano anche esportati dal porto di Marsiglia, e in Italia furono largamente importati. Molto noti la calce idraulica del Teil, il cemento bianco Lafarge (grappiers di calce idraulica) e i cementi a rapida presa di Grenoble.

Calci idrauliche e cementi a rapida e lenta presa. - La fabbricazione della calce idraulica (v. calce) consiste nel cuocere sino a eliminazione di acido carbonico (circa 850°) delle marne calcari, non perfettamente pure, contenenti una certa quantità di silice o di silicato di allumina. Dopo la cottura i pezzi estratti dal forno vengono idratati, e si polverizzano spontaneamente. I cementi invece risultano dalla cottura di marne che contengono maggior quantità di argilla; i pezzi estratti dal forno, anche se idratati, non si polverizzano da soli, ma occorre macinarli.

Le modalità di preparazione dei cementi a pronta presa (cosiddetti romani) sono molto simili a quelle della calce idraulica. Si cuociono cioè nel forno a tino (fig.1) a temperatura di circa 800° (basta spesso come combustibile il ceneraccio grigliato delle locomotive) e si macinano grossolanamente nel molino a palle senza preventiva idratazione. In generale, impastati col 34-36% di acqua, fanno presa tra i 5 e i 15′ e l'indurimento prosegue poi lentamente per molto tempo. I regolamenti italiani impongono, per la pasta normale di questi cementi, un minimo di resistenza alla trazione di kg. 12 per cmq., e alla compressione di kg. 120 per cmq. dopo 7 giorni dalla confezione dei provini regolamentari. Per la finezza è tollerato un residuo del 15% sullo staccio di 900 maglie per cmq.

Per la macinazione si adottarono dapprima le forme di mulini già esistenti (mulini a palmenti usati per i cereali e molazze), ma il macchinario andò poi specializzandosi e per parecchio tempo si disputarono il primato il mulino a pendolo e il mulino a palle, che finì per vincere tutti gli apparecchi concorrenti, specialmente nella forma detta Kominor. Con i mulini si combinano talora speciali apparecchi di stacciatura o separatori a vento, del resto non necessarî per le calci idrauliche e per i cementi a presa rapida che non devono raggiungere la finezza di cui si dirà a proposito dei cementi Portland.

Accade talora che calcari magri (con molta argilla) cotti come i precedenti, cioè nel forno a tino a circa 800°, non facciano rapida presa, ma una presa semilenta con un discreto indurimento anche in presenza di umidità. Sono quei cementi che i Tedeschi chiamano langsambinder Romanzement, e che ancora si producono in alcune piccole fabbriche col nome di cementi a lenta presa. Questi prodotti secondarî e pur costanti sono in genere trascurati dalle norme ufficiali e vanno scomparendo dal commercio e dall'uso. La prima fabbrica di cemento sorta in Italia nel 1864 a Scanzo (Bergamo), per iniziativa del dottor Piccinelli, produceva appunto un tipo di cemento pozzolanico magro a lentissima presa.

Cemento Portland artificiale. - Il 21 ottobre 1824 l'inglese Joseph Aspdin, fornaciaio muratore nato a Leeds nel 1779, conseguì un brevetto per il processo di preparazione di un prodotto che, ottenuto con la cottura di un'intima mescolanza di calcare e di sostanze argillose, ridotto in polvere finissima e impastato con acqua, dopo un breve periodo diveniva una massa dura facilmente lavorabile con lo scalpello e in tutto simile alla pietra da costruzione che abbonda nell'isola di Portland. Da ciò il nome col quale lo stesso Aspdin chiamò il suo ritrovato. Si trattò però allora di una fabbricazione del tutto empirica, e di un materiale ben diverso per preparazione, cottura e requisiti, dal cemento Portland che si venne più tardi fabbricando.

Il grande sviluppo industriale assunto dalla fabbricazione del cemento Portland avvenne assai più tardi e solo quando, da Isaac Charles Johnson (1844), fu messa in evidenza l'importanza enorme della cottuia fino a incipiente fusione (clinkerizzazione) e dopo che gli studî del Le Châtelier e del Michaelis permisero di fissare la composizione chimica del cemento Portland in modo da poterlo fabbricare artificialmente ovunque, usufruendo e dosando le materie prime più disparate.

In Francia la prima fabbrica di cemento Portland fu fondata a Boulogne-sur-Mer da Dupont e Demarche nel 1846; in Germania a Stettino ad opera di H. Bleibtreu nel 1852; in Russia a Polev nel 1857. La fabbricazione si estese poi al Belgio, alla Svizzera e ad altri paesi.

In Italia le prime fabbriche sorsero nel Monferrato e nel Bergamasco nel 1876. Negli Stati Uniti d'America la prima fabbrica sorse soltanto nel 1873 a Coplay, ma lo sviluppo che seguì fu più che in ogni altro luogo immediato e grandioso.

Lo sviluppo del resto, fu rapido in quasi tutti i paesi. Il cemento Portland, per le sue qualità straordinarie di resistenza, di stabilità e di presa, s'imponeva infatti ai costruttori, e questi, utilizzandone gli speciali requisiti, poterono creare quell'arte delle costruzioni in cemento armato, che permette ormai le concezioni più ardite. Attualmente la produzione mondiale del cemento Portland si può calcolare a circa 70 milioni di tonnellate annue, delle quali circa la metà vengono prodotte dall'America Settentrionale.

Il cemento Portland è il prodotto ottenuto dalla fine macinazione del clinker, a sua volta prodotto mediante la calcinazione fino a incipiente fusione di un'intima miscela di materiali calcarei e argillosi, giustamente proporzionati, con susseguenti speciali aggiunte per regolare le sue proprietà.

Composizione chimica. - La composizione chimica del cemento Portland risulta, press'a poco, di una parte in peso di argilla (silice + allumina + ferro) e da due parti di ossido di calce.

Vi sono però cementi Portland più o meno ricchi di calce, più o meno ricchi di silice, di allumina, di ferro, ecc.; il rapporto tra i singoli elementi è variabile, ed è difficile unificarlo, in mancanza di una formula precisa che determini esattamente la costituzione chimica del cemento Portland.

La principale differenza fra il cemento Portland e gli altri cementi, indipendentemente dalla composizione chimica, sta nel fatto che il cemento Portland deve essere calcinato fino a incipiente fusione (1400°; clinkerizzazione), mentre gli altri cementi e calci idrauliche sono calcinati a una temperatura assai più bassa (800° circa) senza subire il principio di fusione. Ne deriva che il clinker del Portland è durissimo a macinare e di peso specifico molto elevato (circa 3,12), mentre i pezzi degli altri cementi non sottoposti a principio di fusione restano teneri, quasi terrosi, e di peso specifico assai meno elevato (circa 2,80).

In questa differenza fisica (fusione e forte peso specifico) sta la caratteristica del cemento Portland, perché ad essa si devono le enormi fortissime resistenze di indurimento che esso presenta rispetto a tutti gli altri cementi che non raggiunsero l'inizio di fusione.

Relativamente alla migliore composizione chimica, Le Châtelier, ritenendo dalle sue esperienze che il principale costituente idraulico del cemento Portland fosse un silicato basico della formula 3CaO•SiO2 e che l'allumina in presenza di calce in eccesso formasse un alluminato idraulico della formula 3CaO•Al2O3, e avendo anche rilevato che se i cementi contengono calce libera tendono a disgregarsi durante la presa e l'indurimento, aveva fissato il limite superiore della calce con la formula:

(in equivalenti) e il limite inferiore con

(in equivalenti).

Il dott. W. Michaelis, rivedendo le conclusioni di Le Châtelier, fissava i limiti della calce dimostrando che per i cementi Portland il rapporto:

che egli chiamò modulo idraulico, doveva essere compreso fra 1,8 e 2,2 per ottenere buoni prodotti.

Tale condizione, necessaria ma non sufficiente, fu poi completata da altri due rapporti che hanno notevole importanza. Il rapporto

(nel quale con R2O3 si indica la somma dei sesquiossidi Al2O3 + Fe2O3) dicesi modulo silicico e deve esser compreso fra 2 e 3 (eccezionalmente > 4). Il rapporto

e detto m0dulo dei fondenti e per il cemento Portland ideale dovrebbe essere il più alto possibile; praticamente però può scendere anche al di sotto di 1 senza peggiorare il prodotto, anzi facilitandone la cottura. Diremo più oltre delle speciali proprietà dei cementi ricchi di ferro.

Per accennare all'influenza dei costituenti secondarî, diremo che nel cemento Portland non è tollerato più del 3% di magnesia, perché questo costituente si ritiene pericoloso per la stabilità del cemento, e non più dell'1,5% di anidride solforica proveniente dal gesso (solfato di calce)

Queste, che possono ritenersi le norme fondamentali per la preparazione del cemento Portland, non sono però né rigide, né sufficienti da sole a stabilire la bontà di un calcare naturale o di una miscela artificiale. Un primo tentativo per rispondere più esattamente ai problemi inerenti all'industria dei cementi fu fatto da Trörnebohm in uno studio petrografico intrapreso per incarico dell'Unione scandinava dei fabbricanti di cemento Portland (1897). Egli distinse nei clinker diversi costituenti (di cui chiamò Alite il fondamentale), così denominandoli:

Alite (fig. 2): cristalli birifrangenti incolori: x (3CaO•SiO2) + 9CaO•Al2O3: doppia rifrazione debole (secondo Le Châtelier 2CaO•SiO2).

Belite (fig. 3): x (2CaO•SiO2) + 3CaOAl2O3 (secondo Le Châtelier 2CaO•SiO2).

Celite: x Ca(Al•Fe)2O3•2SiO2 (oggi ritenuta 2CaO•Fe2O3).

Felite: massa amorfa vetrosa giallastra (2CaO•Fe2O3) (oggi ritenuta soluzione solida vetrosa di composizione variabile.)

Gli studi fatti quasi contemporaneamente in Francia dal Le Châtelier diedero risultati assai concordanti per la morfologia dei costituenti, solamente fu assai diversa l'interpretazione della loro costituzione. Da allora in poi si cominciò a chiamare Alite la massa cristallina predominante nel cemento Portland; ma i numerosissimi sperimentatori furono tutt'altro che concordi nel fissarne la composizione. Ritenuto da alcuni un silico alluminato, ne furono proposte diverse formule, nessuna delle quali invero può dirsi dimostrata. Altri invece ritengono che debba identificarsi come silicato tricalcico: 3CaO•SiO2.

L'orizzonte cominciò un po' a rischiararsi quando s'intrapresero studî metodici prima sui sistemi binarî SiO2 − CaO; Al2O3 − CaO; SiO2 − Al2O3 poi sul sistema ternario CaO − SiO2 − Al2O3, specialmente da parte del Bureau of Standard di Washington. La parte fondamentale degli studî eseguiti dal Bureau of Standard si può riassumere osservando il diagramma dell'equilibrio ternario CaO − SiO2 − Al2O3.

Gli equilibrî ternarî si rappresentano, come è noto graficamente per mezzo di un triangolo equilatero ai vertici del quale corrispondono i tre costituenti. Dividendo ogni lato in cento parti e tirando (ogni dieci parti) le parallele ad ogni lato del triangolo, la percentuale di ogni costituente viene rappresentata dalla distanza di un punto qualsiasi dell'interno del triangolo dai tre lati di esso. Ogni punto del triangolo rappresenta così univocamente una miscela qualsiasi dei tre costituenti: i composti binarî e le miscele binarie sono invece rappresentati sui lati del triangolo stesso. Innalzando su ogni punto del triangolo cosi costituito (fig. 4) una perpendicolare in cui con determinata scala sia fissata la temperatura di fusione corrispondente alla miscela o composto rappresentato dal punto del triangolo, si ha un prisma a base triangolare, la cui superficie superiore è curva e movimentata come è mostrato, per l'equilibrio che ora studiamo, dalla fig. 5.

È perciò possibile rappresentare sul piano del triangolo equilatero, che è base del prisma qui raffigurato, l'altezza corrispondente alla temperatura di fusione di ogni miscela dei tre costituenti, precisamente come è possibile rappresentare sul piano di una carta geogiafica con curve altimetriche l'altezza delle colline o montagne sopraelevantisi sul territorio rappresentato.

La fig. 6 ci dà la rappresentazione dell'equilibrio precedentemente mostrato, a cui sono aggiunte le curve isotermiche che corrispondono alle quote altimetriehe delle ordinarie carte geografiche.

Il sistema ternario permette così di differenziare molto bene i tipi di cemento più importanti per l'industria. Il cemento Portland ideale dovrebbe contenere circa 68% di CaO; 23% di SiO2; 8%, di Al2O3 (più Fe2O3) e 1% di altri costituenti secondarî, e corrisponde al punto P del diagramma. Ma i buoni prodotti industriali si trovano in una zona assai estesa e in certi casi il contenuto in CaO può discendere al di sotto del 60%. Si trovano ottimi prodotti di questo tipo nei cementi artificiali di scorie, essendo, come si sa, le scorie metallurgiche molto più ricche di silice e fondenti (R2O3) dei cementi. Assolutamente diversi sono i cementi alluminosi o fusi, ottenuti da bauxite e calcare, di cui diremo appresso.

Per studiare un po' più intimamente le relazioni dei cementi Portland con il diagramma qui rappresentato sarà bene osservare la parte comprendente la zona dei cementi Portland e le sue immediate vicinanze con maggiore ingrandimento e particolari (fig. 7). I punti segnati vicino a P rappresentano miscugli che, opportunamente cotti, dànno ciascuno un buon cemento Portland. Questo perciò, se si ottenesse fondendo le materie prime e poi lasciando solidificare le masse fuse, dovrebbe essere sempre iormato dai tre costituenti: 2CaO•SiO2; 3CaO.•SiO2; 3CaO•Al2O3.

Il cemento Portland però non viene fabbricato in questo modo perché la temperatura di cottura è molto inferiore a quella di fusione completa. Così si stabiliscono i costituenti del clinker in base al diagramma.

Supponiamo di avere un miscuglio con 68% di CaO; 8% di Al2O3 e 23,6% di SiO2, il quale, quando sia cotto opportunamente, dà un buon Portland, e riscaldiamolo lentamente. La prima reazione che si compie, perché è quella che ha luogo più facilmente e alla temperatura più bassa, è la combinazione di CaO con Al2O3 per formare 5CaO.3Al2O3 e di CaO con SiO2 per formare 2CaO. SiO2. In seguito poi questi due componenti si combinano ad altra calce e formano rispettivamente 3CaO•Al2O3 e 3CaO•SiO2. La formazione di queste due sostanze è un processo che si compie lentamente anche in miscugli che hanno esattamente la composizione di esse. Però nei miscugli ternarî la reazione viene ad essere facilitata dal fatto che una parte del miscuglio alla temperatura a cui si opera è già fusa e la parte fusa agevola la reazione funzionando da solvente. La temperatura a cui questa parte fusa compare è di 1335°, temp. eutectica dei tre composti 2CaO•SiO2; 5CaO•SiO2; 5CaO•3Al2O3; 3CaO•Al2O2. Col crescere della temperatura cresce la parte liquida presente e nello stesso tempo aumenta la velocità di f0rmazione dell'alluminato tricalcico e del silicato tricalcico; per modo che, a una temperatura poco superiore a 1335°, il composto 5CaO•3Al2O3 passa completamente nella parte liquida e la formazione dell'alluminato tricalcico è completa. A questo stadio del riscaldamento le sostanze presenti sono: 3CaO•SiO2; 3CaO•Al2O3; 2 CaO•SiO2 e CaO. Di queste, 3CaO•SiO2 va rapidamente crescendo per la combinazione del silicato bicalcico con la calce, mentre 2CaO•SiO2, CaO e 3CaO•Al2O3 vanno diminuendo (sia perché il silicato bicalcico si combina con la calce, sia perché si scioglie nel liquido assieme con l'alluminato tricalcico). È evidente quindi che per ottenere clinker normali non è necessario scaldare fino a fusione completa; basta invece mantenersi a temperature molto più basse. La rapidità con cui i composti si formano dipende dalla temperatura e dalla quantità di liquido presente; questa a sua volta dipende dalla finezza dei materiali sottoposti a cottura e dalla loro intima mescolanza. Per i miscugli della composizione sopra indicata è necessaria una temperatura di cottura di circa I650°. A questa temperatura il clinker è per circa 30% fuso e questa proporzione di liquido consente che le reazioni procedano fino a completezza in un tempo ragionevole. Raffreddando, tutto il prodotto solidifica e il clinker che si ottiene è costituito approssi mativamente dal 45% di 3CaO•SiO2; 35% di 2CaO•SiO2 e 20% di 3CaO•Al2O3. Perciò un Portland ben cotto, anche se il materiale non è stato portato a fusione, risulterà sempre dei tre costituenti sopra ricordati e solo se la cottura non è stata ben fatta si avranno accanto a questi composti anche CaO (calce libera) e 5CaO•3Al2O3.

La temperatura di fusione della parte liquida necessaria per la produzione del clinker è abbassata dalla presenza di piccole quantità di impurezze e infatti le piccole quantità di Fe2O3; MgO, ecc. contenute nei cementi del commercio bastano ad abbassare la temperatura necessaria per ottenere il Portland a circa 1425°, mentre la temperatura teorica per i costituenti puri (calce, allumina, silice) sarebbe di 1650°. Ne consegue anche che, secondo questo ordine di idee, il costituente principale del clinker di un buon cemento Portland dovrebbe essere il silicato tricalcico e questo si dovrebbe identificare con la Alite, conformemente alle vedute di Le Châtelier.

Non è a credere però che con queste ricerche ogni problema fosse risolto, anzi le discussioni e gli studî si fecero immediatamente più attivi sopra i punti particolarmente più interessanti e prima di tutto sulla formazione e sull'esistenza del silicato tricalcico (3CaO•SiO2), che è instabile al suo punto di fusione (previsto oltre 2000°) e già a 1900° si dissocia in 2CaO•SiO2 + CaO. Secondo gli autori americani esso non può esistere come solido a contatto della massa fusa; però la sua stabilità sarebbe possibile nel sistema ternario CaO, SiO2, Al2O3. Si trova certamente nella miscela 3CaO•SiO2 fusa a fiamma ossidrica; ma secondo lavori assai attendibili (Dyckerof, Tremmel) non si troverebbe nel clinker di cemento Portland, nel quale invece ad alta temperatura si formerebbe una soluzione di CaO (0,55 mol.) in 2CaO•SiO2. Ma le discussioni più appassionate riguardano l'Alite. Questo nome non fu adottato dai chimici americani (Rankin), che non ritennero esistere nei clinker di cemento Portland composti ternarî, ma solo 3CaO•SiO2; 2CaO•SiO2; (CaO) e 3CaO. Al2O3. Ma Jänecke, che in un importante lavoro pubblicato nel 1912, aveva creduto poter dimostrare che l'Alite corrispondeva alla formula: 8CaO•2SiO2Al2O3, in successive pubblicazioni (1926, 1927), confermò l'esistenza del composto che si denomina appunto Jäneckite nei cementi industriali, in cui si formerebbe per l'azione delle sostanze parzialmente fuse e per il rapido raffreddamento dei clinker. Secondo Dyckerof e altri sperimentatori tedeschi e del Bureau of Standard di Washington l'Alite sarebbe invece una soluzione solida di CaO.

Altra differenza fondamentale tra questi studî e la fabbricazione industriale dei cementi consiste nell'ufficio esercitato dall'ossido ferrico Fe2O3. Nello studio dell'equilibrio ternario CaO − SiO2 − Al2O3 era stato implicitamente ammesso che il ferro, almeno entro certi limiti, potesse praticamente consideraisi come sostituente dell'allumina; ma lo studio dell'equilibrio ternario Fe2O3 − SiO2 − CaO conduce a risultati molto diversi dai corrispondenti equilibrî di Al2O, con CaO e SiO2. Mentre Al2O, e SiO2 formano un unico composto Al2O3 e SiO2 fusibile oltre 1800°, il ferro dà notoriamente diversi silicati assai fusibili e vetrosi, che possono abbassare la temperatura di formazione dei composti principali del cemento Portland. Le combinazioni fra CaO e Fe2O3 sembrano limitarsi a: CaO•Fe2O3; (5CaO•3Fe2O3?) e 2CaO•Fe2O3 Con MgO si forma soltanto MgO Fe2O3.

Non sembra provata l'esistenza di alcun composto ternario di ferro, escluse le masse vetrose (soluzioni solide). Si può aggiungere che, mentre la teoria fa prevedere nei cliniker l'esistenza di 3CaO•Al2O3, nessuno ha potuto ancora identificare nell'esame microscopico i cristalli di tale composto.

L'imperfetta applicabilità dei risultati dello studio dell'equilibrio CaO − SiO2 − Al2O, alla fabbricazione del cemento Portland dipende dal fatto che questo non si fabbrica da una miscela pura dei tre componenti, ma da una miscela che comprende anche Fe2O3 MgO, SiO2, alcali e solfuri, così che l'equilibrio è molto più complesso e difficilissimo, se non impossibile a studiarsi in applicazione alla regola delle fasi.

Si è tentata la rappresentazione grafica del sistema quaternario CaO − SiO2 − Al2O3 − Fe2O3, prima da Spindel (1927) e poi da Kühl con geniali artifici, e i risultati di tali studî permettono certo rappresentazioni grafiche dell'influenza dei quattro principali costituenti sulle qualità del cemento Portland, più vicine alla pratica industriale dei precedenti sistemi. Ma sono ancora troppo recenti e perfettibili perché si possa parlarne qui con profitto.

Studî sulla presa del cemento. - I fenomeni di presa e indurimento del cemento consentono due specie di osservazioni. Le prime riguardano la decomposizione della polvere di clinker non appena questa viene a contatto dell'acqua; le seconde l'osservazione dei composti idrati (cristalli o geli) che si formano per effetto dell'accennata decomposizione.

Non sono mancati, anche su questo argomento, studî importanti. Le Châtelier studiò i fenomeni di idratazione di laminette di cemento Portland immerse in acqua. Le reazioni che si osservano sono assai lente: può accertarsi però la formazione di calce libera e la formazione di una sostanza colloide costituita da idrato d'alluminio e silice gelatinosa.

È evidente che i silicati e gli alluminati stabili alle temperature del forno di preparazione del cemento, si decompongono dando luogo a composti più semplici, prodotti per idrolisi al contatto dell'acqua. Il Bosio ha osservato che la massa amorfa giallastra contenuta nel clinker di cemento Portland, subisce specialmente una pronta decomposizione a contatto dell'acqua; e se vogliamo mettere questo fatto in relazione con l'osservazione di W. Dyckerof che l'allumina non si troverebbe fra i composti cristallini, ma fra le masse amorfe (vetrose) dei clinker, ne risulta assai probabile la formazione di allumina gelatinosa, insieme alla calce libera, che l'analisi mette facilmente in evidenza.

Infatti se, come fecero Le Châtelier, Gallo, Bosio, si mette in un vetrino concavo un poco di allumina gelatinosa con idrato di calcio (acqua di calce) e si copre immediatamente con vetrino coprioggetti, chiudendo con balsamo del Canada, si osserva subito la formazione di sferoliti cristallini trasformatisi in un insieme di aghi raggruppati a forma di stella, agenti alla luce polarizzata, che si mantengono inalterati per molti mesi, analoghi alle formazioni che si hanno da polvere sottile di cemento (figg. 8 e 9).

È da ritenersi quindi che il fenomeno di presa dei cementi Portland sia dovuto principalmente (se non esclusivamente) a formazione di alluminati idrati, come comprovano anche i seguenti fatti:

a) da calcari ricchi in allumina si ottengono i cementi a presa più rapida (specialmente se cotti insufficientemente);

b) la presenza di gesso ritarda la presa combinandosi questo alla allumina per íormare solfo alluminato 3CaO•Al2O3•CaSo4•30 H2O o più probabilmente (secondo altri autori) diminuendo la solubilità di Ca (OH)2.

Se nei clinker di cemento è ammessa concordemente la presenza dell'alluminato tricalcico (sia pure in forma di soluzione solida), dato che questo si decompone per idrolisi in Ca (OH)2 e Al(OH)3 è prevedibile, per azione dell'elettrolita Ca(OH)2 sul colloide Al(OH)3 la formazione primitiva di CaO•Al2O3•H2O, che andrebbe successivamente per assorbimento di calce trasformandosi in forme idrate di 2CaO•Al2O3 e poi di 3CaO•Al2O3n•H2O. L'esistenza di allumina colloidale nel prodotto di idratazione dei clinker è anche confermata dal fatto che i cementi all'atto della presa assorbono alcune sostanze coloranti organiche, capaci di formare lacche con l'idrato di alluminio (Rholand).

Le formazioni cristalline che compaiono in presenza dell'aria dopo i primi cristalli di alluminato, sono in preponderanza di idrato e carbonatti di calcio. L'idrato di calcio (fig. 10) si presenta nei prodotti di idratazione del cemento sia in forme di piastre esagonali sia in prismi aghiformi, entrambi non agenti a luce polarizzata. Il carbonato di calcio (fig. 11) è in minutissimi cristalli di forte potere birefrangente, che ricoprono tutti i granuli e sono sparsi fra gli spazî liberi.

Nei cementi Portland dunque la formazione assai prolungata di idrato di calcio porta a ritenere che l'indurimento, indubbiamente dovuto soprattutto a formazione di silicati idrati, sia conseguente alla messa in libertà dell'ossido di calcio eccedente la formazione del bisilicato, sia esso contenuto allo stato di soluzione o di silicato tricalcico. Non è esclusa affatto la formazione di composti ternarî (silico-alluminati di calcio) idrati; tuttavia non si potè finora identificare alcuna forma caratteristica di nessuno di essi.

In uno studio presentato da Baykoff all'Académie des Sciences, egli distingue nell'indurimento dei cementi tre periodi successivi:

1. il periodo di soluzione, durante il quale il liquido si satura progressivamente dei diversi elementi solubili;

2. quello della formazione dei colloidi, durante la quale tutti i prodotti della reazione chimica si formano allo stato colloidale; corrisponde al principio della presa;

3. quello della cristallizzazione, durante il quale i geli si trasformano in aggregati cristallini; è questo il periodo d'indurimento propriamente detto.

Il dott. Biehl, seguendo un metodo diverso dai suoi predecessori, ha studiato al microscopio la decomposizione dei granuli di diverse dimensioni e di qualità diverse di cemento allorché vengono a contatto dell'acqua. Dall'osservazione microscopica di tali campioni, trattati con acqua o con soluzioni diluite diverse, l'autore riuscì a determinare il tempo di decomposizione dei granelli di cemento e a seguire le trasformazioni inerenti ai fenomeni di presa e indurimento. Così stabilì che in linea generale i granuli di cemento attaccati da acqua o soluzioni diluite presentano i seguenti processi in ordine cronologico:

1. Formazione periferica di cristalli aghiformi (probabilmente 3CaO•Al2O3•H2O); con l'acqua la formazione avviene dopo 3 giorni (fig. 12).

2. Apparizione di cristalli lamellari di Ca(OH)2, per i preparati con acqua dopo 5 giorni (fig. 13).

3. Apparizione di geli (silice e allumina); per i preparati con acqua dopo 20 giorni.

4. Trasformazione dei geli in individui microcristallini, per il preparato con acqua dopo un anno e mezzo.

Sensibile è l'azione delle diverse soluzioni saline sull'apparizione dei diversi stati enunciati: prendendo come punto di riferimento le osservazioni eseguite sui preparati con acqua, fu possibile per ognuna di tali soluzioni e per le diverse loro concentrazioni osservate con precisione l'influenza da loro esercitata sul processo. Così fu osservata l'azione accelerante di alcune soluzioni, quella ritardante di altre esercitata sulla formazione delle cristallizzazioni e dei geli.

Senza soffermarci sulle numerose esperienze eseguite dall'autore, ci limiteremo a riportarne le conclusioni che daranno al lettore una chiara idea dell'importanza che rappresenta questo metodo d'indagine in un campo ancora assai oscuro della chimica dei cementi.

1. L'azione delle soluzioni si risolve in un'accelerata o ritardata formazione dei cristalli e dei geli. Essa è dipendente dalla concentrazione delle soluzioni. Alcune di tali soluzioni possono agire tanto come ritardanti quanto come acceleranti a seconda della concentrazione.

2. Le soluzioni possono reagire con la calce liberata nel processo d'idratazione e dar luogo così a cristalli di specie diversa da quelle che si formano normalmente.

3. Le soluzioni saline esercitano in molti casi un'azione elettrolitica sulla flocculazione e separazione dei geli.

4. Il fenomeno della presa è caratterizzato in gran parte dal processo di cristallizzazione, mentre la formazione di geli ha grande importanza invece sul processo d'indurimento, come è provato dalle osservazioni sul cemento fuso, nel quale si riscontra infatti una rapidissima formazione di geli concordante con il rapido indurimento fornito da tale cemento.

5. L'azione del gesso sul tempo di presa del cemento Portland va attribuita alla riduzione di solubilità della calce separatasi per idratazione, ciò che determina una ritardata formazione di cristalli e un ritardo nella separazione dei geli (Zement, 1928, nn. 12 e 21).

Tutti questi studî teorici hanno giovato al perfezionamento tecnico dell'industria cementizia. È però lamentato dai maggiori studiosi dei problemi inerenti al cemento, che non si abbia sino ad ora altro che il sistema pratico delle prove di resistenza per giudicare della bontà di un cemento. È bensì vero che ciò corrisponde anzitutto a un'esigenza pratica; ma non vi ha dubbio che, per giudicare della bontà di un cemento, è desiderabile qualche metodo più scientifico sì da non dover attendere il tempo (talora assai lungo) necessario a compiere le prove di resistenza. È noto che non basta la sola analisi chimica, poiché cementi di ugual composizione possono avere proprietà molto diverse. Basta pensare all'importanza che ha il grado di cottura, e anche il grado di macinazione, indipendentemente dalla composizione chimica. Analisi micrografiche, analisi coi raggi Röntgen e altri tentativi fatti negli ultimi tempi non hanno dato risultati migliori. Crediamo perciò utile non passare sotto silenzio le conclusioni di una serie di esperienze eseguite dal dott. Zamboni sulle trasformazioni fisiche che il cemento subisce durante l'indurimento (Giornale di chimica applicata, settembre 1926, p. 469).

1. Dalla determinazione del peso specifico e dalla quantità di acqua che va combinandosi col cemento durante l'indurimento, si viene a stabilire che la qualità di un cemento dipende dalla sua proprietà di combinarsi nel minor tempo possibile con una maggior quantità di acqua, perché ciò dà luogo al raggiungimento immediato della massima compattezza, e quindi della massima resistenza.

2. Quanto maggiore è la finezza, tanto più rapido è l'indurimento.

3. Ha influenza notevole sulla qualità del cemento il sistema di cottura.

4. Poiché la differenza fra il peso specifico di un cemento in polvere e quello riscontrato dopo un dato tempo del suo indurimento in acqua caratterizza la sua resistenza, è possibile determinare rapidamente il suo valore intrinseco mediante due misure di peso specifico a breve distanza l'una dall'altra.

Le osservazioni sopra riportate fanno intravvedere la possibilità di determinare il valore intrinseco di un cemento mediante la sola misura del peso specifico, e per conseguenza il mezzo più semplice per titolare un cemento. I suddetti studî e dati pratici del resto furono già presi in considerazione come base di una teoria scientifica, la quale stabilisce che la costante del processo d'idratazione e la resistenza alla compressione dopo 28 giorni sono in rapporto diretto l'una all'altra (Daniel Audalian e E. N. Gapon, 1929).

Siamo all'inizio degli studî scientifici sul cemento. Non vi ha dubbio che i problemi che ancora restano allo studio coi mezzi di cui la scienza oggi dispone riceveranno una sicura, se non pronta soluzione.

Fabbricazione. - In natura non è difficile trovare calcari argillosi che abbiano la composizione esatta del cemento Portland, ma è raro, anzi rarissimo, che questi calcari si presentino in masse così considerevoli o in banchi cosi regolari da permettere una fabbricazione importante. Si pensò perciò alla fabbricazione artificiale, che si ottiene mediante dosaggio di una miscela intima di carbonato di calce e di argilla o marne argillose.

Le qualità intrinseche del cemento Portland non dipendono esclusivamente dalla composizione chimica, dal suo grado di fusione e dal suo grado di macinazione, ma anche dal grado più o meno intimo di miscela fra l'argilla e il carbonato di calce, e si può asserire che a pari composizione chimica, grado di cottura e grado di finezza, un cemento Portland artificiale ha tanto maggior potere agglomerante ed è tanto più omogeneo di tinta e più stabile di volume, quanto più fina e più intima è la miscela del materiale greggio.

Questa straordinaria influenza del grado di finezza e di miscela delle materie prime (che venne sempre più messa in evidenza con lo studio della tecnica del cemento Portland artificiale) andò successivamente trasformando i metodi di fabbricazione dell'artificiale stesso, non solo per quanto riguarda le macchine di macinazione e di miscela, ma anche per quel che concerne la scelta delle materie prime. Fra queste, si cerca di dare la preferenza alle marne calcari, piuttosto che allc pietre calcari puramente carbonatiche. Difatti le marne contengono ambedue i loro componenti mescolati dalla natura stessa in modo tale, che, anche coi più perfetti apparecchi di macinazione e di mescolamento, una miscela così intima non si può raggiungere nemmeno approssimativamente (Naske, 1914). Esse richiedono solamente di venir mescolate con una minima quantità di aggiunte, per ricevere la giusta composizione del Portland.

La tecnica della fabbricazione del cemento Portland artificiale è andata trasformandosi di anno in anno. I mezzi di produzione a seconda delle materie prime sono così diversi l'uno dall'altro, che è difficilissimo fissare una prescrizione sul modo più razionale di lavorare le materie prime. Tuttavia allo stato attuale delle nostre conoscenze il chimico, dopo avere esaminato le materie prime di cui può disporre, può indicare la via da tenersi per raggiungere il miglior dosaggio, sia dal punto di vista tecnico sia da quello economico.

E a questo indirizzo di migliore utilizzazione delle materie prime si deTe se la maggior parte delle fabbriche di cemento artificiale possono ormai preparare un cemento di alto valore, largamente richiesto.

Il cemento di pochi anni or sono raggiungeva a mala pena dopo un mese i 250-300 kg. di resistenza alla compressione nelle malte normali; oggi tali resistenze sono raggiunte fra le 24 e le 72 ore e vengono poi spesso raddoppiate e anche triplicate in un mese. E ciò si è ottenuto con mezzi relativamente semplici, che consistono principalmente in un'accurata scelta del modulo idraulico e silicico, in una regolare cottura e in una fine macinazione del prodotto. Anche i metodi di rappresentazione grafica della composizione delle miscele grezze e dei prodotti finiti, introdotti specialmente per merito del dott. Grün (1928) nella tecnica della fabbricazione del cemento, hanno fatto ottima prova negli stabilimenti germanici, francesi e italiani, contribuendo alla regolarità della preparazione.

Cottura. - La miscela va sottoposta a cottura, secondo uno dei seguenti tre sistemi:

1. Con la miscela polverizzata si formano mattoni, o cilindri fortemente compressi, che sono cotti in forni verticali, i quali possono essere muniti di griglie meccaniche di sfornamento.

2. La miscela viene mescolata con acqua, e la pasta fluida viene direttamente immessa nel forno rotativo (procedimento per via umida).

3. La miscela polverizzata e secca, o appena inumidita, viene direttamente immessa nel forno rotativo (procedimento per via secca).

Con ognuno dei tre procedimenti si può ottenere un prodotto quasi scorificato, durissimo, di color scuro detto clinker. Questo viene poi passato ai mulini per la macinazione e si ottiene così il cemento sotto forma di una polvere fine del peso specifico da 3, 10 a 3, 15.

A pari composizione chimica, il grado di cottura influisce enormemente sulla qualità del cemento, e perciò, adottare un procedimento di cottura piuttosto che un altro è della massima importanza tecnica ed economica. L'abilità dell'industriale sta appunto nel saper scegliere la fabbricazione più adatta alle materie prime di cui dispone.

La necessità di cottura a temperatura molto più elevata (1400°) di quella che si raggiunge nei forni a tino (800°-900°) richiede l'uso di forni a più forte tiraggio e di più facile regolazione nella zona di fusione.

Il primo tipo di forno che ben corrispose allo scopo fu il forno Dietzsch che si diffuse dovunque (fig. 14). Caratteristica di questo forno, è di avere al disopra del crogiuolo un ripiano inclinato, su cui si arresta il materiale caricato superiormente, e che viene perciò riscaldato dai prodotti della combustione, provenienti dal crogiuolo e diretti all'alto camino sovrastante. Questo spazio, occupato dal materiale all'atto della sua carica nel forno, è detto camera di ricupero del calore ed ha forma e dimensioni assai diverse. In questa camera il materiale subisce una prima cottura usufruendo dei prodotti della combustione che si sviluppano dal crogiuolo sottostante e per tale ragione in questi forni occorrono carboni a lunga fiamma. Il materiale soffermato dal ripiano anzidetto vien fatto passare nel crogiuolo a volontà di chi governa il fuoco da un'apertura a livello della bocca del crogiuolo, da cui si carica anche il carbone. Il crogiuolo stesso non è molto diverso da un forno a tino, ma è rivestito di refrattario di maggior resistenza e la griglia è formata da barre d'acciaio su cui poggiano i clinker, che vengono estratti più volte al giorno, con movimento a mano delle barre stesse. Quantunque così semplice, il forno Dietzsch dà, in buone condizioni di lavoro, clincker ben cotto con un consumo di 15-16, di combustibile.

Non è possibile parlare qui delle innumerevoli modificazioni del forno Dietszch e di numerosissimi altri tipi di forno statico; basti dire che il tipo attuale di forno verticale che meglio regge il confronto e la concorrenza dei forn i rotativi è il forno automatico con tiraggio forzato, griglia automatica e caricamento parimenti automatico: tale ad esempio è il forno di Thiel (figura 15) con tiraggio e griglia automatica. Il forno così modificato aumenta considerevolmente la sua produzione; mentre i vecchi forni Dietzsch non producevano che 16-20 tonn. al giorno di clinker, i moderni forni verticali automatici giungono alle 100-120 tonnellate di prodotto.

Essendo lo scarico automatico del materiale cotto un problema assai importante per il forno verticale automatico, molte sono le soluzioni pratiche effettuate in questo campo con successo. La fig. 16 ci mostra la griglia girevole della Grusonwerk e la fig. 17 la griglia automatica a cilindri delle officine di Manstaedt. Il forno statico così modificato riesce a reggere ancora la concorrenza del forno rotativo per le minori spese d'impianto e per il suo basso consumo di combustibile. Nell'industria germanica non son pochi gli stabilimenti che con tale forno fabbricano cemento di alto valore, almeno nei tipi più fusibili. Si può dire anzi che le maggiori case costruttrici di forni da cemento in Germania e in Francia hanno molto curato l'evoluzione del forno statico, mettendosi in una gara di continui perfezionamenti.

I forni verticali sono per lo più applicati alla fabbricazione del cemento Portland artificiale per via secca; la miscela (farina) ottenuta macinando quantità opportune di calcare e marne viene inumidita e pressata, sotto forma di mattonelle, in potenti presse di cui dà un'idea la fig. 18 (pressa girevole Dorsten). Nel forno Andreas la miscela grezza viene impastata e foggiata in cilindretti che cadono nel forno di mano in mano che vengono prodotti.

Possiamo riassumere la preparazione del cemento Portland artificiale per via secca e con forni verticali automatici col diagramma rappresentato dalla fig. 19.

Il materiale che viene dalla cava passa al frantumatore e da questo a un primo mulino a secco dove viene ridotto in farina fina; qui quasi sempre occorre aggiungere un correttivo che lo conduca alla composizione voluta. Si porta poi in un secondo mulino dove la farina viene ancora raffinata e passata quindi nei silos del materiale. Dopo essere stata inumidita col 8% d'acqua, la farina stessa viene foggiata a mattonelle nella pressa girevole o blocchiera e le mattonelle ottenute vengono caricate nei forni a strati alternati con carbone. Si può anche aggiungere il carbone in polvere nella quantità del 13-14% nelle stesse mattonelle e la sua combustione si effettua anche in tal caso completamente. Il clinker uscente dai forni viene di nuovo macinato nei soliti mulini a camere (v. sotto), ovvero in mulini a palle, muniti di separatori a vento, e la farina finissima così ottenuta si manda nei depositi (silos), dove è bene rimanga a stagionare qualche settimana. Poi viene insaccata e spedita, già pronta per l'uso. Il prodotto così ottenuto è certo superiore per cottura a quello degli ordinarî forni statici.

Non v'ha dubbio però che il forno rotativo apparso in America verso il 1890 e che dopo poco fu perfezionato in Germania da Forrek, ha preso in tal modo il sopravvento sul suo predecessore da potersi considerare ormai come lo strumento tipico per la produzione del cemento Portland artificiale.

Esso consta di un cilindro in metallo, rivestito all'interno in refrattario, lungo 60 e più metri, che rota con lieve inclinazione sull'asse (fig. 20). La farina grezza o la poltiglia liquida immessa dalla parte più elevata va discendendo verso la parte inferiore, dalla quale il carbone essiccato e triturato finemente (fig. 21) viene iniettato con un getto di aria. Il cemento è esposto cosi a temperatura crescente di mano in mano che si avvicina alla fiamma vivacissima di carbone iniettato allo stato polverulento, e arriva in vicinanza della fiamma in stato di soddisfacente e omogenea semivetrificazione, mentre il lento e continuo rotare del gigantesco cilindro lo riduce allo stato di ghiaietta, grosso da quanto un pisello a quanto una noce. Il cemento così prodotto nella zona di vetrificazione (che è generalmente allargata) passa poi nel tubo raffreddatore che è in continuazione del forno stesso, ovvero forma con esso un angolo acuto. Il tubo di raffreddamento del forno rotativo, anziché avere la forma più frequente, che è quella ora indicata, o di essere posto in continuazione del vero e proprio forno rotativo (come nel forno Solo della casa Polysius) può anche essere sostituito da una serie di piccoli cilindri coassiali col forno rotativo, come si vede nella fig. 22, che rappresenta il forno Unax costruito dalla casa Smith di Copenaghen. Altre modificazioni costruttive dei forni rotativi consistono nell'allargamento del cilindro nella zona di vetrificazione (figura 23), sistema generalmente usato, ovvero nella zona di calcinazione, a questa precedente, sistema recentemente attuato dalla ditta Fellner e Ziegler (fig. 24).

È da osservare che nei forni rotativi si ha un maggior consumo di combustibile rispetto ai forni verticali, perché una buona parte del calore che si sviluppa entro il forno, viene disperso sia per irradiazione sia perché portato via nel camino dai prodotti della combustione.

La tecnica è ormai riuscita a superare anche questa difficoltà. In talune moderne fabbriche di cemento si è utilizzato questo calore portato via dai prodotti della combustione, facendo passare questi ultimi, prima di essere immessi nel camino, da una caldaia speciale (recuperatrice) producente vapore che, trasformato a mezzo di tubo alternatore, dà l'energia necessaria per gli usi della fabbrica. Si è allungato d'altra parte notevolmente il forno in modo da mettere per più lungo tempo le materie da cuocere a contatto dei gas; e, meglio ancora, si è cercato di ottenere la maggiore economia mediante un più intimo contatto fra i gas caldi del forno e il materiale in cottura. A questo scopo si è sostituito all'umettatore della materia cruda del diagramma a via secca un apparecchio chiamato granulatore che ha lo scopo di ridurre, mediante una piccola aggiunta di acqua, il materiale pulverulento in forma di piccoli noduli (figg. 25, 26). Questi noduli sono deuositati su un trasportatore orizzontale costituito da lamiere forate per uno strato alto circa 20 cm. Il trasportatore penetra nella camera a fumo del forno e viene a versare il suo carico di noduli nel forno rotativo (che in questo caso è ridotto di lunghezza alla metà del normale; v. fig. 25). Durante il lento passaggio nella camera a íumo i gas caldi aspirati da un ventilatore sono costretti ad attraversare lo strato di noduli e quindi a venire in intimo contatto col materiale e cedere a esso il calore residuo. Il prossimo avvenire ci dirà se questo progresso sia, come sembra, decisivo, così da trasformare completamente anche in Italia, dove abbondano le marne naturali, l'industria dalla fabbricazione di cemento naturale, ancora diffusa, a quella di artificiale.

La fabbricazione del cemento Portland col forno rotativo può farsi, come s'è detto, con due diversi procedimenti: per via umida e per via secca.

Adottando il processo per via secca i materiali usati per la produzione della miscela sono triturati prima con frantumatori (fig. 27), poi con mulini a diverse camere, che dànno un prodotto molto fino. La fig. 28 rappresenta un mulino Krupp a tre camere, con corpi macinanti (sfere, sferette, cilindri o pebbles) sempre più piccoli, in modo da suddividere razionalmente il lavoro di triturazione in diverse fasi.

Benché la mescolanza delle due materie prime - calcare grasso e calcare marnoso - di cui consta la miscela, sia fatta con pesatrici automatiche, riesce assai difficile con questo processo ottenere un esatto dosamento e una perfetta omogeneità della miscela, e ancor più difficile effettuare le correzioni di una miscela grezza che sia riuscita imperfetta.

Anche l'aggiunta di un terzo eventuale costituente della miscela (come silice, bauxite o cenere di pirite), che debba essere fatta in piccola quantità, dà luogo a difficoltà notevoli, perché riesce assai malagevole distribuirlo omogeneamente nella massa, anche con gli apparecchi sempre più perfezionati che sonti stati costruiti negli ultimi tempi.

Il processo per via secca ha il vantaggio di un risparmio di combustibile (circa 5%) sul processo per via umida: ma questo secondo processo dà modo di dosare esattamente e di correggere le miscele durante il riempimento delle vasche. Talché quest'ultimo, nonostante il maggior consumo di combustibile, viene da noi generalmente preferito per la costanza e per la miglior qualità del prodotto.

I mulini raffinatori per la miscela nel processo per via umida sono molto somiglianti a quelli usati per la macinazione a secco; viene però aggiunto il 35% di acqua alla miscela nel mulino stesso, in modo da ottenere una poltiglia che viene filtrata per rete metallica all'uscita e corre in depositi provvisorî da cui viene continuamente pompata alle vasche di miscela. Le vasche sono sempre tenute in movimento, con agitatori meccanici o col sistema pneumatico. Tale sistema consiste in un compressore a 4-5 atmosfere che inietta l'aria per molti tubi simmetricamente distribuiti al fondo della vasca, facendo acquistare alla pasta, in pochi minuti, una perfetta omogeneità, mentre con gli agitatori meccanici il tempo per ottenere l'omogeneità della miscela è assai più lungo. Tuttavia col sistema pneumatico talora si formano ammassi di miscela negli angoli delle vasche meno influenzati dai getti d'aria; i due sistemi pertanto finiscono con l'avere quasi uguali vantaggi e svantaggi.

Confrontando il diagramma di lavorazione dei due processi (fig. 29) si vede che sono diversi solo per la prima parte, poiché sia la farina secca, sia la miscela umida, vengono introdotte nella parte più elevata del forno rotativo e discendono lentamente nelle zone sempre più calde del forno fino alla parte più bassa dove viene iniettato il carbone insieme con l'aria necessaria alla combustione, che è presa dagli apparecchi di raffreddamento del clinker.

Il clinker esce dai raffreddatori ancora molto caldo, in forma di ghiaietta da giardino (i pezzi più grossi di un'arancia vengono eliminati da una rete); cade in un nastro trasportatore che lo conduce ai silos, dopo essere stato per lo più raffreddato da un getto d'acqua. Tale raffreddamento rapido ha lo scopo di stabilizzare la forma del silicato bicalcico, come anche di idratare qualche traccia di calce libera rimasta (gli altri componenti non reagiscono nella massa semifusa del clinker) e di facilitarne così la carbonatazione. Il . clinker, alquanto stagionato, viene macinato in grandi mulini a tubo, a più camere, simili a quelli usati per la farina grezza (fig. 30), ma più perfetti ancora. Infatti, se per i cementi ordinari ci si contenta di una macinazione che non lasci più del 12% di residuo sullo staccio di 4900 maglie per cmq., per ottenere supercementi, rispondenti alle maggiori esigenze di un rapido indurimento, bisogna spingere la finezza del cemento in modo che lasci un residuo di circa 15% sullo staccio di 10.000 maglie per cmq., cioè quasi nessun residuo sullo staccio di 4900 maglie per cmq.

Il cemento macinato viene mandato nei silos, da cui viene poi, dopo una stagionatura di almeno quaiche giorno (meglio di qualche settimana) mandato alle insaccatrici (fig: 31).

Cemento Portland artificiale di scorie d'alto forno. - La scoria d'alto forno costituiva fino a non molti anni fa un materiale ingombrante, che le officine siderurgiche scaricavano nei piazzali contornanti lo stabilimento Si riconobbe però che se la scoria stessa viene temprata bruscamente con un getto d'acqua all'uscita del forno di colata, essa si trasforma in una sabbia vetrosa che ha eminenti qualità pozzolaniche e quindi idrauliche. La sua costituzione cambia notevolmente con la tempra; mentre la scoria lentamente raffreddata si presenta al microscopio con struttura cristallina (fig. 32), quella temperata e granulata si presenta vetrosa (fig. 33) e tale diversità di costituzione si manifesta naturalmente assai meglio con l'esame a luce polarizzata; poiché, mentre a nicol paralleli la parte vetrosa è più trasparente della cristallina (fig. 34), a nicol incrociati la parte vetrosa resta oscura, mentre i cristalli birifrangenti appaiono illuminati (fig. 35).

Per la preparazione del clinker di cemento Portland siderurgico, è indifferente che la scoria sia temprata o no, almeno dal punto di vista tecnico. Ma per la scoria che si suol aggiungere al clinker per fare tipi di cemento industriale, è necessario che sia vetrosa, cioè temperata con getto d'acqua, per possedere le proprietà pozzolaniche e idrauliche necessarie.

Da queste nozioni generali è molto semplice comprendere il diagramma di lavorazione del cemento Portland artificiale da scorie d'alto forno (fig. 36).

Le scorie e il calcare vengono insieme macinati o raffinati in proporzioni tali da raggiungere la composizione desiderata per un clinker di cemento Portland. Si può usare indifferentemente il processo tanto per via umida quanto per via secca, e il clinker che si ottiene al forno rotativo darebbe per macinazione un cemento Portland artificiale che sarebbe in tutto identico a quello ottenuto per miscela di calcare con marne o con altre materie prime silico-alluminose.

Ma a chi utilizza scorie siderurgiche (quasi sempre di alto forno) per preparare tale cemento, conviene utilizzare anche le proprietà idrauliche delle scorie stesse, che possono essere aggiunte in notevole quantità al clinker di cemento. Conviene aggiungere anche che queste scorie, dopo essere state macinate finemente, insieme a quello costituiscono un ottimo legante idraulico di proprietà speciali, perché presentano il vantaggio di una maggior resistenza alla corrosione delle acque marine; hanno però lo svantaggio di una minore conservabilità, tantoché si raccomanda di usare questi cementi miscelati solo poco tempo dopo la loro preparazione. A seconda della composizione delle scorie d'alto forno si possono fare due tipi di Gementi e cioè:

1. fino al 30% di scorie (cemento Portland artificiale siderurgico);

2. con 30 a 70% di scorie (cemento Portland d'alto forno).

Ciò dipende dalla speciale costituzione delle scorie, che deve essere nel primo caso:

e nel secondo:

In entrambi i casi le scorie aggiunte al clinker debbono essere state temperate, come fu detto sopra.

I due tipi di cemento a diverso contenuto di scorie siderurgiche si distinguono bene al microscopio, come si vede dalle figure 37 e 38, la prima delle quali rappresenta la microfotografia di un cemento Portland siderurgico (a basso tenore di scorie), mentre la seconda rappresenta un cemento di alto forno (a forte tenore di scorie).

Cemento alluminoso (fuso). - Questi cementi, che furono preparati per la prima volta in Francia dal Bied nel 1908, cominciarono in breve tempo ad attrarre l'attenzione dei tecnici.

Fondendo insieme una mescolanza di calcare e bauxite (in forni ad aria soffiata) in modo da ottenere un prodotto fuso della composizione: silice 10%, ossido di ferro 10%, allumina 40%, calce 40%, che veniva poi raffreddato prontamente, il Bied si accorse di ottenere un clinker, che macinato finemente e impastato con il 40% d'acqua, dava entro 24 ore resistenze notevolmente superiori a quelle degli altri cementi fino allora conosciuti e presentava una notevolissima resistenza all'attacco delle acque selenitose e marine.

La fabbricazione industriale s'iniziò solo verso il 1923 per opera degli stabilimenti "Lafarge et du Teil", dapprima in forni di piccole dimensioni, una specie di grossi cubilots raffreddati a corrente d'acqua nella parte inferiore (fig. 39) e poi specialmente in America, in grandi Water Jackets impiegati colà per la fusione piritosa dei minerali di rame (fig. 40). Le materie prime (calcare e bauxite), anche in questo caso vengono triturate, inumidite, foggiate a mattonelle e caricate nel forno insieme con carbone coke. Poiché la temperatura di rammollimento di questa miscela è molto vicina al punto di fusione, la parte che fonde si raffredda cadendo sul fondo del forno e viene estratta di tempo in tempo.

Alla fine del 1924 tale qualità di cemento si cominciò a iabbricare anche in Germania sotto il nome di Alca-Zement (dai simboli Al, Ca, dei suoi principali costituenti) per opera del Wicking-Konzern, in forni elettrici. Per tale scopo non furono costruiti nuovi tipi di forni ma si adoperarono sia i forni a truogolo come quelli usati per la fabbricazione del ferro silicio e del corindone artificiale, sia i forni chiusi usati per la preparazione della ghisa. Anzi si cercò perfino di associare la fabbricazione del ferro-silicio nel forno elettrico alla produzione d'una scoria che risultasse un buon cemento fuso ma senza tuttavia, finora, raggiungere praticamente l'intento.

È indubbio che le qualità sopra indicate per il cemento fuso ne fanno un prodotto nuovo di grande interesse per il costruttore, data la rapidità del suo indurimento. Il suo prezzo, quasi più del doppio di quello del cemento Portland, e i grandi perfezionamenti attuati dal 1924 da oggi nella preparazione di quest'ultimo iemento, fanno sì che la preparazione di cementi fusi si mantenga ancora in limiti abbastanza modesti.

Da circa due anni anche una fabbrica italiana (Pola) prepara con le bauxiti dell'Istria questo prodotto col sistema Lafarge e ha portato la sua produzione a oltre 50 mila quintali all'anno.

Aggiungeremo anche che recenti esperienze fanno ritener possibile la fabbricazione di ottimi cementi alluminosi senza bisogno di portare la massa a fusione, ma con la semplice clinkerizzazione della miscela.

Cementi pozzolanici. - Le pozzolane si possono considerare come tufi vulcanici incoerenti, formati da lapilli o da ceneri vulcaniche, o meno di frequente dal disfacimento di rocce laviche, specialmente trachitiche e augitiche. Devono il nome al materiale estratto dagli antichi romani dalle cave di Pozzuoli presso Napoli (Pulvis puteolanus) e hanno proprietà simili a esse la terra di Santorino, alcuni tufi, e i tras dell'Europa del Nord, il nome dei quali proviene dal latino terras.

Tutte le sostanze sopra ricordate, miste a calce grassa, sono capaci di dare buone malte idrauliche, che sono state gli unici cementi conosciuti dagli antichi.

Il primo uso di questi materiali pozzolanici fu assai semplice nella pratica applicazione, perché fungevano da sabbia. In questo caso però si tratta di una sabbia non inerte perché esercita un'azione idraulica sulla calce grassa. Le proprietà di tali malte di pozzolana non sono molto costanti per la mancanza di omogeneità delle pozzolane, le quali variano da località a località, e anche nella stessa cava e presentano in tipi assai diversi. Tuttavia i resti delle antiche costruzioni. romane dimostrano che dette malte possono raggiungere col tempo una consistenza lapidea e resistere perfettamente all'azione corrosiva del mare (vedi Pozzolana).

Cemento Portland artficiale di pozzolana. - Come con le scorie d'alto forno si fabbrica il cemento Portland artificiale, così allo stesso modo lo si può fabbricare con la pozzolana.

Dobbiamo aggiungere che la rassomiglianza fra scorie e pozzolane permette di preparare, con le stesse norme, cemento Portland in cui le scorie sono sostituite da pozzolana. Con una miscela calcolata per cemento Portland si prepara, infatti, nel forno rotante un clinker che può essere macinato con forte aggiunta di pozzolana, pur conservando notevoli resistenze. Questa fabbricazione dovrebbe avere importanza per l'Italia che possiede giacimenti di buone pozzolane; e in effetti uno stabilimento grandioso in provincia di Roma si è già specializzato nella fabbricazione dei cementi pozzolanici, che la legislazione italiana sottopone alle stesse norme dei cementi d'alto forno. Non occorre ripetere che il diagramma di lavorazione e le prescrizioni per l'uso sono quasi uguali a quelli della fabbricazione artificiale del cemento Portland di scorie.

Circa questa utilizzazione, è da osservare che mentre la fabbricazione del cemento Portland artificiale di scoria ha il vantaggio enorme di avere sempre una materia prima omogenea e costante, questo vantaggio enorme viene a mancare nella fabbricazione del cemento Portland pozzolanico. È dubbio quindi che l'utilizzazione delle pozzolane come materia prima per fabbricare artificialmente clinker di cemento Portland abbia un grande avvenire.

Industria dei cementi in Italia.

Il primo sviluppo di quest'industria data dal 1850, quando cioè s'iniziarono le prime costruzioni ferroviarie. A quell'epoca le poche fabbriche di calce in zolle del Casalese, che complessivamente non smerciavano più di 50 mila quintali di calce all'anno, andarono aumentando, e il bisogno di calce idraulica per le costruzioni ferroviarie era così sentito, che la Società delle ferrovie dell'Italia settentrionale fece nel 1859 un impianto a Palazzolo sull'Oglio per la fabbricazione della calce idiaulica questo per evitare d'importarne dalla Francia, il che costituita un disagio e un onere gravissimo.

In precedenza si faceva uso, per i lavori nei quali si richiedeea un legante con requisiti d'idraulicità, della pozzolana mista con calce grassa; uso però molto limitato nell'Italia settentrionale, perché la pozzolana riusciva troppo costosa a causa del trasporto. Le pozzolane invece furono sempre molto usate nell'Italia centrale e meridionale, ove si trovano in abbondanza.

L'industria della calce idraulica si sviluppò così dapprima nell'Italia settentrionale; quella della calce idraulica in zolle, nel Monferrato, fabbricata mediante cottura in forni a fiamma laterale di marne argillose eoceniche, e quella della calce idraulica in polvere, in Lombardia, fabbricata mediante cottura in forni a tino di marne silicee appartenenti alla formazione stratificata del Lias medio.

I calcari argillosi del Monferrato non sono tutti di uguale composizione chimica, ma da banco a banco presentano proporzioni diverse d'argilla e di carbonato di calcio. Vi sono banchi dello spessore variabile da 3 a 6 metri, che sono più o meno argillosi (più o meno duri anche) e le denominazioni locali di marmorina, dura, bastardella, molla, magro, venon, ecc., indicano appunto calcari sempre più argillosi (sempre più teneri). La composizione di ogni singolo banco non è sempre omogenea nel senso dello spessore, ma in generale è più argillosa nella parte inferiore variando regolarmente dal basso in alto.

Nel 1876 nel Casalese si comprese che, calcinando sino a principio di fusione la marna da calce limite, si poteva ottenere un eccellente Portland naturale, e da quell'anno l'industria iniziò un nuovo periodo di vitalità, trasformandosi radicalmente. Da allora non fu più né la marmorina né la dura la marna apprezzata, bensì quella più argillosa da calcelimite corrispondente alla composizione del Portland. Tutti i banchi furono ben studiati riguardo alla loro composizione chimica, in modo che banchi già scavati in galleria per circa metà del loro spessore nella parte superiore più calcarea, furono di nuovo ripresi, per cavarne anche la parte inferiore più argillosa, divenuta preziosa. In poche regioni si è scavato e si scava tanto nel sottosuolo, come nel Monferrato.

Quasi uguale trasformazione avvenne in Lombardia. Gl'industriali che per la fabbricazione della calce idraulica utilizzavano i calcari silicei del Lias, compresero che erano i calcari più ricchi in silice fina (solubile) quelli che fornivano le migliori calci idrauliche e i migliori grappiers. Essi, utilizzando calcari sempre più ricchi di silice fina, e spingendo la cottura, arrivarono a produrre eccellenti cementi silicei, e, vista la buona riuscita del Portland naturale di Casale, ne imitarono l'esempio, cuocendo fino a inizio di fusione quei banchi di marna di calce limite che presentavano garanzia di omogeneità. I giacimenti di Pilzone e di Tavernola sul Lago d'Iseo e di Pradalunga, Albino e di Commenduno in Val Seriana furono studiati in modo particolareggiato (figg. 41-46).

In tal modo dopo il 1880 in Piemonte e in Lombardia si sviluppò l'industria dei cementi: in Piemonte per merito di Cerrano, Sosso, Musso e altri; in Lombardia per merito di Bergamaschi, primi fra i quali il dottor Piccinelli e i fratelli Pesenti.

Siccome in quell'epoca la fornitrice dell'Italia era la Francia, gli industriali italiani erano necessariamente spinti da esigenze commerciali ad imitare nella fabbricazione dei cementi e delle calci la svariata produzione francese dei cementi a rapida presa alluminosi e poco cotti, dei cementi di grappiers silicei e più cotti e dei cementi fusi uso Portland a lenta presa.

Così avvenne che, mentre in Germania fin dal 1876 si fondava l'associazione dei fabbricanti di cemento Portland artificiale, allo scopo di perfezionare, sviluppare e limitare a questo solo prodotto artificiale le produzioni dei diversi stabilimenti, in Italia la fabbricazione del cemento artificiale fu trascurata, perché in un primo tempo prese sviluppo esclusivamente la fabbricazione del cemento Portland naturale. Ciò si spiega con la rinomanza acquistatasi subito dal Portland naturale casalese, e da un tentativo di fabbricazione di cemento Portland artificiale fatto nel 1873 nell'officina di Palazzolo sull'Oglio, tentativo che pur dando ottimi risultati tecnici, non poté aver seguito, per il costo eccessivo del prodotto.

La rinomanza del cemento Portland naturale di Casale crebbe specialmente dopo la pubblicazione di una serie di esperienze comparative fatte dal generale Arlorio (1903) che misero in rilievo le eccellenti qualità del prodotto.

Si deve certamente a tale rinomanza, e anche alla fabbricazione più semplice e più economica, se la maggior parte degl'industriali italiani, in luogo di adottare la fabbricazione artificiale, si diede alla ricerca di calcari acconci alla fabbricazione del Portland naturale, ricerca tanto febbrile, che intere regioni furono oggetto di dettagliati studî e rilievi completi. Dal Piemonte alla Lombardia, al Veneto, all'Emilia e alla Toscana; e poi più tardi nelle Marche, Umbria e Abruzzi, e infine nella Venezia Giulia, le ricerche portarono a scoprire giacimenti marniferi; onde sorsero molte fabbriche di cemento Portland naturale, alcune delle quali oggi importantissime. Nel 1904, per opera della Società Zamboni c Stock, venivano messe in valore le marne eoceniche delle colline facenti corona a Spalato (Dalmazia) e sorse colà, per iniziativa italiana, il primo stabilimento oggi affiancato da altri. L'abbondanza della marna dalmata, e la vicinanza dei banchi al mare permisero poi che sorgessero stabilimenti lungo le coste italiane, specialmente dell'Italia meridionale e della Sicilia per la sua utilizzazione.

D'altra parte l'evoluzione che andò compiendo l'arte del costruire fece sì che i costruttori italiani sentissero maggiormente il bisogno del controllo delle svariate qualità di cemento naturale che l'industria metteva in commercio, così che numerosi sorsero, in Italia, i gabinetti d'assaggio governativi e privati.

Spetta ai professori Benedetti, quidi e Cavenazzi il merito di avere nel 1903 chiamato a raccolta in Bologna i tecnici italiani specialisti, per gettare le basi dell'associazione italiana per gli studî sui materiali da costruzione e stabilire i punti di un accordo sulla scelta dei metodi d'assaggio da adottarsi in Italia. Nel gennaio 1907 venivano emanate le prime norme ufficiali per il controllo dei cementi e delle calci, in modo che la svariata produzione italiana di cementi Portland naturali fu severamente e razionalmente controllata. Questo costante controllo da parte dei consumatori, esercitò anche un benefico effetto sulla tecnica dell'industria, determinando una naturale selezione delle marche commerciali, a scapito di quelle meno buone.

Più tardi, il grandissimo sviluppo delle costruzioni pubbliche, industriali e private, con conseguente simultaneo consumo di quantitativi ingenti di cementi, nonché le aumentate esigenze di carattere tecnico costruttivo, misero in evidenza, l'opportunità e convenienza di dare estensione anche in Italia alla produzione del cemento Portland artificiale, il cui costo, col continuo perfezionarsi dei mezzi di fabbricazione, era andato diminuendo. Fu incentivo a ciò anche la necessità economica di avere fabbriche distribuite in luoghi convenienti, affinché venissero a diminuire le forti spese di trasporto, gravanti eccessivamente sui materiali poveri.

Cosi nel 1900 sorse la grandiosa fabbrica di cemento artificiale di Civitavecchia, più tardi quella di Pontechiasso; poi via via moltissime, anche nei centri come la Lombardia e le Venezie, di forte produzione di cemento naturale. Alcune fabbriche di naturale si sono trasformate in artificiale e in località diverse ne sorsero altre nuove, modernissime e perfette, sia dal punto di vista della lavorazione delle materie prime, sia da quello dei meccanismi di macinazione, di dosaggio, di miscela e di cottura. L'aumento delle fabbriche fu seguito di pari passo dal perfezionamento dei sistemi di produzione e dal miglioramento dei prodotti. Si progredì sempre: dall'escavazione a mano con mm. 2 di foro da mina in otto ore, alle perforatrici ad aria compressa con mm. 40 di foro da mina in otto ore; dai forni a tino ai Dietszch, agli Allborg, ai Pesenti, agli Steiger, ai Manstaedt, ai più perfezionati forni rotativi (che ora vengono costruiti anche in Italia); da una cottura di q. 50 si è arrivati a quella di oltre 2000 in 24 ore; dalla macinazione primitiva a palmenti orizzontali e verticali che macinavano dai 5 ai 10 q. all'ora, si è giunti ai mulini a palle, ai Compound, ai separatori a vento che giungono a polverizzare da 100 a 150 q. all'ora. Tutto ciò porta naturalmente a una progressiva riduzione della mano d'opera.

La tecnica di fabbricazione del cemento Portland ha raggiunto così un alto grado di perfezione ed è possibile ormai fabbricare cementi Portland naturali o artificiali che dànno resistenze doppie e anche triple di quelle prescritte; non solo, ma si possono fabbricare cementi Portland il cui indurimento è talmente rapido (pur essendo di presa lenta) da dare dopo tre e anche dopo soli due giorni, le resistenze oggi prescritte a 28 giorni (cementi Portland a rapido indurimento di alla resistenza o di alto valore).

La produzione è in continuo aumento, specie in quest'ultimo decennio, tanto che ormai essa figura ragguardevolmente nei confronti della produzione europea. Il consumo interno, pur avendo già raggiunti valori notevoli, andrà prendendo proporzioni sempre maggiori, in conseguenza anche della constatata necessità di costruire le strade in calcestruzzo e manto di cemento, affinché possano corrispondere alle crescenti esigenze del traffico automobilistico.

L'esportazione si mantiene tuttora assai limitata ed è quasi tutta assorbita da tipi speciali di cemento. Le fabbriche di cemento italiane sono andate sorgendo infatti là dove le materie prime erano e sono abbondanti, e possibilmente in vicinanza dei maggiori centri di consumo interni, senz'alcuna particolare finalità di esportazione. Anche le fabbriche sorte in prossimità del mare - con l'intento di avvantaggiarsi nel costo del carbone o di ricevere con economia e facilità le marne provenienti da Spalato - non furono create con previsioni di sfruttamenti per l'esportatazione. Le esportazioni sono rese difficili dalle spese per far giungere la merce ai porti d'imbarco; mentre poi la mancanza di adatti servizî marittimi, le elevate tariffe portuali e i forti costi di nolo concorrono a togliere ogni incentivo all'esportazione, che non può reggere alle concorrenza degli altri paesi.

La produzione mondiale del cemento si può oggi calcolare di circa 70 milioni di tonnellate, così divise tra i varî continenti: America da 32 a 34 milioni, Europa da 28 a 30 milioni, Asia da 5 a 6 milioni, Australia da 1 a 2 milioni, Africa circa 1 milione. Poco meno della metà della produzione mondiale è data dunque dall'America. In Europa il primo posto è tenuto dalla Germania, con quasi 7 milioni di tonnellate: seguono la Francia e l'Inghilterra con 5 milioni di tonnellate, poi l'Italia con circa 4 milioni e mezzo, il Belgio con oltre 3 milioni.

Esportano larghe quantità di cemento la Germania, l'Inghilterra, il Belgio, la Iugoslavia (Dalmazia).

In Italia la Federazione nazionale produttori di cemento si costituì solamente nel 1919, però dopo 10 anni dalla costituzione il numero degli stabilimenti di cemento posseduti dalle ditte controllate dalla Federazione era di 148, con 800 forni, di cui 760 verticali e 40 rotativi, e circa 20 mila operai. Le fabbriche di cemento Portland sono più di 150, con una potenzialità di produzione che, nel 1928 per le sole ditte controllate, si calcolava di tonn. 3,5 milioni, di cui 2,2 milioni di cemento naturale e 1,3 di cemento artificiale.

I centri principali di produzione del cemento sono in provincia di Bergamo (Alzano Maggiore, Albino, Calusco d'Adda, Comenduno, Coslago, Lisso, Membro, Rivo di Sotto, Villa d'Almè, ecc.) e in provincia d'Alessandria (Casale Monferrato, Ozzano Monferrato, Marano Po, Sarezzano, ecc.). Altri centri di produzione si hanno nel Vercellese (Trino Vercellese), nel Bresciano (Palazzolo sull'Oglio), nel Comasco (Ponte Chiasso) e un po' per tutte le altre regioni d'Italia.

L'industria italiana del cemento utilizza largamente materia prima locale. Nel 1927 la produzione di calcare di cemento nei diversi distretti minerarî del regno fu la seguente: Milano 1.300.000 tonnellate, provenienti soprattutto dai giacimenti del Bergamasco e del Comasco; Torino 620.000 tonnellate, provenienti dai giacimenti del Casalese; Firenze 508.000 tonnellate, dovute ai diversi giacimenti della regione; Bologna 332.000 tonnellate; Roma 293.000; Trieste 246.000; Padova 198.000; Carrara 105.000; Caltanissetta, Iglesias, Napoli e Trento meno di 100.000 tonnellate ciascuno.

Il più importante organismo cementizio italiano è la società anonima Italcementi di Bergamo, che. sorta nel 1864, si è andata mano a mano sviluppando, tanto che attualmente produce da sola quasi la metà della produzione italiana.

L'importazione di cementi in Italia è soggetta a dazio. Le misure di protezione sono giustificate da peculiari ragioni d'ordine geografico, industriale ed economico. Bisogna ricordare però che le marne dalmate, importate per alimentare le fabbriche costiere produttrici di cemento, entrano in franchigia.

Legislazione - La produzione del cemento in Italia per lungo tempo non ebbe disposizioni legislative che la disciplinassero. I cementi - tutti tipo naturale - erano conosciuti e apprezzati a seconda delle provenienze: ogni industriale li denominava e li suddivideva in categorie e qualità a piacer suo. Onde la relatività assoluta di meriti e di giudizio, mentre il compratore si orientava a seconda della maggiore o minore fama di un prodotto, o della maggiore o minor fiducia in una fabbrica, o simpatia verso il venditore. Solo nel 1907, come si è detto, - in seguito allo sviluppo che andavano prendendo i cementi armati e tesoreggiando le conclusioni cui erano pervenuti scienziati e tecnici in una serie di congressi e di scritti - il governo intervenne con disposizioni legislative a fissare i requisiti essenziali cui dovevano soddisfare gli agglomeranti; limitatamente però all'esecuzione di opere pubbliche e con prescrizioni non certamente troppo rigorose, dato lo stato ancora arretrato dell'industria e la produzione limitata quasi esclusivamente ai cementi naturali. Il periodo della guerra e l'immediato dopoguerra portarono poi a trascurare molto la produzione. Sennonché industriali produttori da una parte e tecnici e costruttori dall'altra associarono la loro opera per spingere il governo all'emanazione di norme più severe e più consone ai tempi in maniera da accreditare come si meritava l'industria degli agglomeranti e da dare piena tranquillità.

Così con successivi decreti e norme - ultimo il r. decr. 18 luglio 1930. n. 1133 - vennero disciplinati la produzione e l'uso dei cementi, che in qualità, pur tendendo sempre a perfezionarsi, tengono già fin d'ora degnissimo posto tra la migliore produzione mondiale.

Le norme di legge per l'accettazione e l'uso dei cementi dei vari tipi variano da stato a stato; in genere però classificano i cementi per qualità e natura e fissano le prove cui essi debbono sottostare.

I cementi si sogliono classificare in base ai valori di presa allo stato di pasta pura e di resistenza alla trazione e alla compressione allo stato di malta sabbiosa normale.

Per quanto riguarda la presa si distinguono:

1. cementi a rapida presa (principio della presa dopo un minuto, fine entro 30 minuti);

2. cementi a lenta presa tipo Portland (principio della presa dopo un'ora, e fine non prima di 6 ore e non dopo 12 ore).

Per quanto riguarda la resistenza alla trazione e alla compressione della malta normale (uno di cemento e tre di sabbia), le prescrizioni italiane sopra citate distinguono:

Le prove fisiche eseguite generalmente sui cementi riguardano la finezza di macinazione; il peso specifico (densità assoluta); la densità apparente: l'acqua d'impasto, pasta normale; la durata di presa; la defomabilità.

Le prove meccaniche generalmente eseguite sono quelle di trazione, di compressione cubica, di flessione semplice.

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Riviste: Baumaterialenkunde Internationale Rundschau, Stoccarda 1897-1913; Zement, Charlottenburg; Tonindustrie Zeitung, Berlino; Cement and Cement Manufacture, Londra; Le ciment, Parigi; Il cemento, Milano; Rock Products, Chicago; Concrete, Chicago; L'industria italiana del cemento, Roma.

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