Centro

Enciclopedia Dantesca (1970)

centro (centrum)

Emilio Pasquini

Sostantivo mancante in Rime, Fiore e Detto, e parola-chiave delle ‛ geometrie ' paradisiache, vale in primo luogo, genericamente, " parte centrale di uno spazio orizzontale o sferico ": della terra come c. di gravità, in Cv III III 2 la terra sempre discende al centro; e insieme del mare, in III V 6 [Platone scrisse] che la terra col mare era bene lo mezzo di tutto, ma che 'l suo tondo tutto si girava a torno al suo centro; e per estensione, in quanto si colloca nel cuore dell'orbe terracqueo, è detto dell'Inferno (infima lacuna / de l'universo, Pd XXXIII 22-23), c. della terra e del mondo, quindi punto più basso dell'universo creato: If II 83 qua giuso in questo centro / de l'ampio loco [l'Empireo]; XVI 63 'infino al centro pria convien ch'i' tomi; XXXIV 107. Con graduale allargamento di prospettiva, sulla terra e sul mare visti nel loro complesso come punto mediano dell'universo, in Cv III V 7-8 basta... sapere che questa terra è fissa e non si gira, e che essa col mare è centro del cielo. Questo cielo si gira intorno a questo centro continuamente: scarno riepilogo figurativo della cosmologia aristotelico-tolemaica. Anche riferito ai cieli: ciascuno cielo mobile si volge intorno al suo centro, lo quale, quanto per lo suo movimento, non si muove (II XIII 3).

In un senso particolare e con ingegnosa metafora, si travasa nella corrispondente parola latina in un passo della Vita Nuova (XII 4), dove Amore dice di essere tanquam centrum circuli, cioè " il centro del circolo, di cui tutti gli amanti occupano la circonferenza, e per ciò fanno capo a lui gli affanni di tutti " (Todeschini): di qui il suo pianto pensando al dolore della ‛ donna-schermo ' per l'abbandono da parte di D. e insieme il rimprovero al poeta (tu autem non sic...) che non cessa dalle sue finzioni letterarie, insensibile alle sofferenze altrui (Di Benedetto, ad 1. e p. XIII).

Inteso come punto geometrico, c. di una circonferenza ideale o astrattamente configurata, in Pg IV 42 la costa [era] superba più assai / che da mezzo quadrante a centro lista, cioè " il pendio era molto più ripido che una linea tracciata dalla metà di un quadrante [sia questo la quarta parte della circonferenza, corrispondente a un angolo al centro di novanta gradi, o altrimenti - a norma della glossa di Benvenuto - lo strumento usato dagli astronomi per determinare l'altezza delle stelle, il sestante] al c. del cerchio ": in ogni caso, " l'inclinazione del monte era alquanto superiore a quarantacinque gradi ". E per normale annessione al piano della natura, in Pd XIV 1 Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro / movesi l'acqua in un ritondo vaso, quantunque applicato (con chiasmo) a immagine di un colloquio paradisiaco; e dí nuovo, per una figurazione celeste, in Pd XXVIII 51 nel mondo sensibile si puote / veder le volte tanto più divine, / quant'elle son dal centro più remote, cioè nell'universo le sfere rotanti sono (Buti) " tanto più affocate da l'amore divino " e quindi " tanto più veloci ", quanto più s'allontanano dal loro c. geometrico e cosmico, dalla terra.

Di qui si perviene all'accezione " perno " di un movimento, nel sintagma ‛ fare c. di qualcosa a qualcos'altro ', che vale " servirsi di qualcosa come di perno per altra cosa ": Pg XIII 14 fece del destro lato a muover centro, / e la sinistra parte di sé torse, " facendo perno sul lato destro della persona, fece rotare il fianco sinistro " (Sapegno), cioè " si girò verso destra ".

In altro caso tuttavia il nesso appare (restando imprecisato lo scopo) con la mera connotazione di un movimento simultaneo, per via di gerundio, e apparente abbandono dell'immagine geometrica: Pd XXI 80 del suo mezzo fece il lume centro, / girando sé come veloce mola, " lo spirito fece asse nel suo punto mediano, cominciando a girare rapidamente su sé stesso a mo' di macina ". Tale luogo può meglio di ogni altro introdurre alla variazione semantica che D. ha saputo produrre del medesimo stilema, col semplice espediente di riferirlo a persona anziché a cosa. ‛ Fare c. di qualcuno ' significherà - pur con originaria indicazione di moto circolare - " lasciarlo nel mezzo ", esclusa ogni precisa funzione di ‛ perno ' che non sia ideale attenzione e deferenza all'eccezionale pellegrino e alla sua guida: Pd X 65 Io vidi più folgór vivi e vincenti / far di noi centro e di sé far corona; dove la giustapposizione dei due sintagmi garantisce insieme il rispettivo e reciproco valore: " rendere noi c. " e " rendere sé stessi circonferenza ", " attribuire a noi funzione e posizione centrale (d'immobilità) e a sé funzione e posizione esterna (di circolazione) ". Analogamente, la locuzione ‛ farsi c. in ' equivarrà a " porsi nel mezzo di ": Pd XIII 51 e vedräi il tuo credere e 'l mio dire / nel vero farsi come centro in tondo, cioè (in brachilogia) " e ti accorgerai che la tua opinione [circa la sapienza di Adamo e Cristo] e la mia dissertazione [riguardo a quella di Salomone] ti si porranno, ti appariranno nel mezzo della verità proprio come il c. si situa nel mezzo di un cerchio ". Il Sapegno invece, più sottilmente, mette in rapporto questo passo con Cv IV XVI 8 e Vn XII 4, e spiega: " non si contrappongono fra loro, come due opinioni di cui una sia vera e l'altra falsa, bensì si accordano in un unico vero, sono cioè entrambi veri.., tutte le verità parziali si fanno, stanno in un identico rapporto, con la verità assoluta ".