CERCHIO MERIDIANO

Enciclopedia Italiana (1931)

CERCHIO MERIDIANO (fr. cercle meridien; sp. círculo meridiano; ted. Meridiankreis; ingl. meridian circle)

Luigi CARNERA

Con questti nome si designa lo strumento astronomico che serve a determinare le coordinate equatoriali degli astri mediante osservazioni fatte nel piano del meridiano. Esso è costituito da un cannocchiale girevole intorno ad un asse orizzontale, in modo che, quando vien fatto rotare il cannocchiale, l'asse ottico descriva il piano del meridiano. Congiunto al cannocchiale vi è un cerchio graduato, che serve a determinare in ciascun istante l'angolo racchiuso fra l'asse ottico del cannocchiale e un piano fisso qualsiasi passante per l'asse di rotazione, e particolarmente il piano verticale. La necessità di dare a questo strumento, destinato al lavoro fondamentale dell'astronomia di posizione, la massima stabilità, indusse astronomi e costruttori a cercare per esso la massima semplicità, e a costruirlo in modo da poter trarre profitto delle particolari condizioni che si verificano quando gli astri si trovano nel piano del meridiano. Sussiste allora infatti fra la distanza zenitale ζ, la latitudine del posto di osservazione ϕ, e la declinazione dell'astro δ, la relazione semplicissima: ζ = ± (ϕ − δ) (ove il segno superiore vale per le stelle, in culminazione superiore, culminanti a sud dello zenit, e l'inferiore per quelle culminanti a nord), la quale permette di ricavare il valore di δ quando siano note la latitudine e la distanza zenitale. Di più si ha ancora che l'istante del passaggio di un astro per il piano del meridiano, se espresso in tempo sidereo esatto, è precisamente l'ascensione retta dell'astro stesso.

Inventato intorno al 1610 il cannocchiale, Römer costruiva già nel 1689 uno strumento dotato delle caratteristiche essenziali del cerchio meridiano e poco più tardi, introdotti alcuni perfezionamenti, allestiva con la "rota meridiana" il più antico cerchio meridiano. Migliore fu il telescopio costruito nel 1722 da Halley, in cui per la prima volta si fece uso della livella per controllare l'orizzontalità dell'asse di rotazione. Rapidi furono poi i progressi, e particolarmente dopo il 1763, in cui riuscì a Ramsden di fabbricare la prima macchina per dividere i cerchi. Ed è allo stesso Ramsden, e più tardi al Cary, al Troughton, al Reichenbach, al Repsold, al Cambey, ecc., che dobbiamo i numerosi strumenti che entrarono nelle specole sul principio del sec. XIX col vero e proprio nome di cerchi meridiani. Si trattava però ancor sempre di strumenti relativamente semplici e piccoli, che non differivano molto fra di loro. Come tipico di quell'epoca può essere considerato lo strumento costruito dal Reichenbach per l'osservatorio di Capodimonte a Napoli (fig. 1).

Ben presto però ci si avvide che anche i migliori strumenti costruiti fino allora lasciavano non poco a desiderare; dovendo pertanto, verso il 1840, A. Repsold costruire i due cerchi meridiani destinati al Bessel (per l'osservatorio di Königsberg) e a G. Struve (per quello di Pulkowa), ritenne necessario introdurre sensibili cambiamenti. Senza entrare in particolari, che non è il caso di accennare qui, va rilevato che con queste costruzioni del Repsold s'inizia la serie degli strumenti non solo maggiori per dimensioni e potenza ottica, ma completamente simmetrici in tutte le loro parti, dotati di due cerchi divisi e di microscopî per la lettura dei cerchi. A questi criterî si attennero da allora tutti i costruttori e particolarmente Pistor e Martin di Berlino, che fornirono cerchi meridiani a gran numero di specole (fra le quali quelle di Palermo e di Parma) verso la metà dello scorso secolo. È solo verso il 1870 che si nota nelle costruzioni del Repsold un primo accenno a una ulteriore modifica del tipo: nel cerchio meridiano di Cordoba del 1867 s'idtravede già il futuro strumento di Strasburgo. Nel 1873, guidati da identici concetti, concretavano contemporaneamente Repsold ad Amburgo, e Troughton e Sims a Londra i progetti dei due nuovi cerchi meridiani, destinati rispettivamente a Winnecke per l'Osservatorio di Strasburgo, e a Winnlock per quello del Harvard College di Cambridge (Mass.). In ambedue questi strumenti si ebbe un abbassamento notevole dei pilastri laterali, che vennero destinati a portare dei castelli metallici, sorreggenti alla loro volta dei tamburi cilindrici, con le generatrici disposte parallelamente all'asse orizzontale di rotazione dello strumento. Nel centro di questi tamburi vennero collocati i supporti dell'asse orizzontale, mentre lungo le generatrici furono fissati i lunghi microscopî per la lettura dei cerchi, che furono ridotti di dimensioni, e sistemati in guisa da trovarsi contrapposti in tutta la loro estensione ai tamburi metallici. Questo nuovo tipo, mentre ebbe ad incontrare immediatamente la piena e completa approvazione di tutti, e conseguentemente ad essere imitato (per es., da Saegmüller per il cerchio meridiano di Cincinnati, da Warner e Swasey, dalla Società ginevrina, da Gautier, ecc.), ebbe pur anche a ricevere ancora ulteriori perfezionamenti sia dal Repsold, sia dal Troughton, fino a raggiungere la massima perfezione negli strumenti di Kiel, Amburgo, La Plata e Cordoba, e in quello del Capo di Buona Speranza. Nella fig. 3 si vede il disegno schematico di quello di Trieste, di Troughton e Sims, dal quale si possono rilevare i particolari costruttivi.

La determinazione delle coordinate equatoriali degli astri mediante il cerchio meridiano presuppone che l'asse ottico del cannocchiale descriva, al rotare dello strumento, un piano coincidente, o per lo meno prossimo quanto più è possibile a quello del meridiano. Onde ottenere ciò è necessario: 1. che l'asse di rotazione sia orizzontale o che sia molto piccolo l'angolo da esso formato con la linea dell'orizzonte (errore d'inclinazione); 2. che l'asse di rotazione sia orientato rigorosamente, secondo la linea che va da Est ad Ovest o che la divergenza sia piccolissima (errore d'azimut); 3. che l'asse ottico risulti perpendicolare a quello di rotazione, o che lo sia almeno molto approssimativamente (errore di collimazione). Ad alterare i risultati delle osservazioni possono poi ancora concorrere altre fonti di errori, di natura sia strumentale sia fisiologica; fra i primi vanno segnalati quelli che possono alterare le misure degli angoli fatte mediante i cerchi graduati, e che sono: 1. gli errori accidentali e sistematici che presentano le divisioni incise sui cerchi; 2. l'errore di eccentricità che può avere il cerchio diviso rispetto all'asse di rotazione; 3. le deformazioni che subiscono i cerchi divisi, e la flessione che si manifesta nel tubo del cannocchiale per effetto della forza di gravità. Gli errori che possono provenire da cause fisiologiche dovute all'osservatore possono essere ricondotti essenzialmente a due cause diverse: alla diversa grandezza o colore che presentano le singole stelle, e al diverso senso del movimento apparente che esse presentano, a seconda che si tratta di stelle osservate nell'una o nell'altra culminazione, ovvero di stelle passanti a nord o sud dello zenit con l'osservatore disposto in due giaciture diverse.

A tutte queste numerose e svariate fonti di possibili errori, la tecnica ha cercato di porre riparo con speciali accorgimenti. Senza addentrarci troppo, accenneremo brevemente ai principali.

Per riconoscere l'orizzontalità dell'asse di rotazione si fa uso d'una livella sospesa direttamente su di esso: dalla posizione della bolla, in due posizioni coniugate, si ricava di quanto l'asse è deviato dalla posizione sua ideale. Altro metodo, forse più rigoroso, è quello di misurare mediante lo specchio di mercurio, disposto sulla verticale della strumento o allo zenit o al nadir, quale sia l'angolo compreso fra il filo centrale e l'immagine sua riflessa. Il valore che così si ottiene, è il doppio della somma o della differenza degli errori d'inclinazione e di collimazione, a seconda della giacitura dello strumento e delle convenzioni che si fanno per l'assegnazione dei segni da attribuire ai detti errori. Se sono incogniti ambedue gli errori, conviene invertire lo strumento, ossia sollevare e girare il cannocchiale, riappoggiandolo poi in modo che vada a posare sui cuscinetti, con le estremità invertite dell'asse. È evidente che dopo fatta l'inversione, mentre l'inclinazione rimane inalterata, risulta invece cambiato di segno l'errore di collimazione. Se pertanto dalla prima misura si aveva la somma (o la differenza) degli errori, dalla seconda si ricava la differenza (ovvero la somma), e dalla combinazione dei due risultati si ottiene il valore definitivo dei due errori. Il più delle volte avviene però che si considera come noto l'errore di collimazione, che per essere soggetto a variazioni piccolissime e molto lente, ci si limita a determinare solo a intervalli di tempo abbastanza lunghi; in tal caso da una sola misura si ottiene l'errore d' inclinazione. L' errore d' inclinazione si può determinare ancora in modo molto preciso paragonando fra di loro gl'istanti dei passaggi in meridiano di un astro, che sia stato osservato una volta direttamente, e una riflesso da uno specchio orizzontale di mercurio. Il valore dell'errore di collimazione si può ottenere da osservazioni fatte con l'ausilio di uno o due cannocchiali collimatori, o con quello d'opportune mire.

La determinazione dell'errore d'azimut, essendo strettamente connessa alla conoscenza della posizione rigorosa del piano del meridiano, che è individuato dalla posizione dell'asse di rotazione celeste, non può esser fatta che con l'aiuto di osservazioni astronomiche. Da semplici considerazioni d'astronomia sferica, si ricava che se gli errori d'inclinazione i, di collimazione c e di azimut a d'un cerchio meridiano collocato in una località di latitudine ϕ, sono così piccoli da poter esser considerati quali infinitesimi di primo ordine, e se le coordinate equatoriali d'un astro sono α e δ, deve sussistere la seguente relazione:

ove T indica il tempo segnato dall'orologio all'istante del passaggio al meridiano strumentale, e t la correzione dell'orologio, e va preso il segno superiore o inferiore a seconda delle convenzioni fatte relativamente al segno da attribuire all'errore di collimazione. I coefficenti I ed A sono dati dalle espressioni:

ove i segni superiori si riferiscono a stelle osservate nella culminazione superiore e gl'inferiori a quelle osservate in culminazione inferiore. È ben chiaro che potendo conoscere, come si è visto, per altra via i valori di i e di c, nell'espressione (1) saranno contenute unicamente due incognite t ed a, e che di conseguenza, osservando due stelle distinte, si potranno ricavare i valori delle due incognite. Con semplici considerazioni si vede poi come convenga scegliere le stelle per ottenere nel modo migliore il valore di queste incognite. È opportuno che una sia circumpolare; meglio se invece di una sono due, ma in culminazione diversa.

Gli errori strumentali, che falsano le determinazioni di declinazione (in realtà delle distanze zenitali) sono: la flessione del cannocchiale, l'eccentricità del cerchio, le sue defrmazioni in conseguenza dell'azione della gravità, e gli errori di divisione. Si è cercato con varî espedienti costruttivi di fare sì che la flessione e la deformazione risultassero praticamente nulle, ma senza raggiungere l'intento: mentre si ottengono buoni risultati con l'uso di appropriati metalli (acciaio e bronzo) per quanto riguarda la costanza e la piccolezza di tali errori, si preferisce determinare caso per caso, e di tempo in tempo, l'ammontare complessivo di questi errori con artifici speciali. Gli errori di eccentricità del cerchio diviso vengono eliminati con l'uso di due o tre coppie di microscopî disposti secondo diametri comprendenti fra di loro angoli eguali. Infine gli errori di divisione, sia sistematici che accidentali, vanno studiati e determinati ancora caso per caso con i diversi metodi basati sul confronto delle letture fatte in regioni diverse del cerchio, quando si fanno subire al cannocchiale successive rotazioni d'identica ampiezza.

Gli errori che hanno origine dalle particolari condizioni fisiologiche dell'osservatore sono in generale i più difficili a rilevare, essendo non solo soggetti a variazione col mutare dell'osservatore, ma essendo anche variabili col modificarsi delle condizioni in cui si trova l'osservatore: la stanchezza, la giacitura del corpo o della testa, ecc., possono dare origine a sensazioni diverse, e quindi far ritenere all'osservatore che i fenomeni si verifichino in un modo piuttosto che in un altro. Il primo accenno a una diversità personale di percezione venne constatato da Maskeline quando dovette accorgersi che il suo assistente Kinnebrock, che nel 1794 osservava i passaggi delle stelle senza differenza sensibile di tempo con lui, vedeva invece un anno più tardi con circa un mezzo secondo di ritardo, e nel 1796 con circa un secondo. Bessel riprese più tardi in considerazione la questione, e confrontando i risultati delle osservazioni sue con quelle di Argelander e di G. Struve, poté chiarire la vera natura di questi errori. Con l'introduzione dei cronografi elettromagnetici si pose in parte riparo a tali errori, che vennero quasi totalmente eliminati con l'introduzione del micrometro autoregistratore impersonale, unitamente al prisma di reversione e ai diaframmi estintori. Mentre con l'uso di questi si ottenne di ridurre la quantità di luce che giunge all'oculare in guisa da far apparire all'occhio dell'osservatore tutte le stelle di grandezza sensibilmente eguale, il prisma di reversione posto innanzi all'oculare altera, a seconda della posizione in cui è tenuto, il senso del movimento apparente degli astri, in guisa da farlo apparire quale si desidera. Il micrometro autoregistratore infine rende automatica la registrazione dei passaggi, in guisa da eliminare completamente i ritardi dovuti ai tempi di reazione più o meno lunghi dell'osservatore. Negli ultimi anni si è tentato di rendere le registrazioni degl'istanti dei passaggi ancor più indipendenti dalle condizioni fisiologiche dell'osservatore servendosi della fotografia, e dell'estrema sensibilità delle cellule fotoelettriche. Ma difficoltà di diversa natura hanno impedito finora una definitiva applicazione di questi nuovi metodi.

Bibl.: Joh. A. Repsold, Zur Geschichte der astornomischen Messwerkzeuge, I e II, Lipsia 1908, 1914; R. Wolf, Handbuch der Astronomie, Zurigo 1892; L. Anbronn, Handbuch der astronomischen Instrumentenkunde, Berlino 1899; W. Valentiner, Handwörterbuch der Astronomie (v. in questo gli articoli speciali di N. Herz: Meridiankreis; di Valentiner: Theilfehler und ihre Bestimmung; di Herz: Persönliche Gleichung); D. Gill, History and Description of the Royal Observatory, Cape of Good Hope, Londra 1913; W. Struve, Description de l'Observatoire de Poulkova, Pietroburgo 1845; Becker, Annalen der Strassburger Sternwarte, I; Publicationen der Küffner'schen Stenwarte, I, ecc.

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