Cervelletto

Dizionario di Medicina (2010)

cervelletto

Christian Barbato

Il ruolo del cervelletto nell’evoluzione del cervello

La struttura del nostro cervello ha mantenuto le stesse grandi suddivisioni anatomiche degli altri Vertebrati; alla relativa uniformità sul piano dell’organizzazione generale si contrappone la variabilità nelle diverse specie. Per esempio, il cervelletto è molto sviluppato in alcuni Pesci (come il pesce elefante) dotati di un organo che emette deboli segnali elettrici utili per esplorare l’ambiente: essi vengono poi elaborati dal cervelletto. Al contrario, il cervelletto è quasi assente nei serpenti che, per la loro conformazione, hanno meno necessità di coordinare i movimenti. Nel corso dell’evoluzione dei Vertebrati le regioni anteriori del cervello sono diventate sempre più complesse; parallelamente, il cervello è anche aumentato di dimensioni. Oggi il rapporto fra peso del cervello e peso del corpo è maggiore nei Mammiferi e più basso nei Rettili, negli Anfibi e nei Pesci ossei.

La corteccia cerebellare

La corteccia del cervelletto è uno strato di sostanza grigia trilaminare ripiegato in maniera complessa, che riveste le sottili lamine di sostanza bianca che si distendono a ventaglio dalle più estese masse centrali, in modo molto simile alle pagine di un libro parzialmente aperto. Il tessuto corticale che corrisponde a una plica elementare, largo circa 1 mm alla base e con una circonferenza di 3-4 mm, è chiamato folium (lamella); alla base di ciascun folium il tessuto corticale si piega all’indietro nelle due lamelle adiacenti senza soluzione di continuità. Di conseguenza, lo strato corticale tra due lamelle contigue presenta sempre una ripiegatura all’interno con la concavità rivolta verso l’esterno. Le arborizzazioni neuronali sono pertanto sottoposte a una continua trasformazione cartesiana, passando da ‛convesse’ nella parte più alta delle lamelle, a ‛dritte rettangolari’ lungo la loro parte rettilinea, a ‛concave’ rispetto all’interno del cervelletto. Tali trasformazioni cartesiane della rete neuronale modificano radicalmente la ‛geometria’ delle ramificazioni dendritiche e assoniche. La lunghezza delle lamelle varia enormemente non soltanto tra specie con cervelletto di dimensioni molto diverse, ma anche nella stessa specie, a seconda della zona del cervelletto in cui esse sono situate. Tra i Mammiferi, il cervelletto raggiunge il suo massimo sviluppo nell’uomo e nei Cetacei (ma le zone maggiormente sviluppate nel cervelletto dei Cetacei, che costituiscono più della metà degli emisferi, sono di modeste dimensioni nell’uomo).

Sviluppo della corteccia cerebellare nell’embrione

La corteccia cerebellare si sviluppa dalla porzione caudale della lamina cerebellare primitiva. Le cellule del cervelletto sono generate dal 13° giorno in poi: prima le cellule dei nuclei, poi le cellule di Purkinje, infine le cellule di Golgi, del futuro strato granulare. Una fase decisiva dello sviluppo corticale cerebellare si ha al 17° giorno, allorché un gran numero di cellule dà origine allo strato granulare esterno; le cellule di Purkinje si allineano dapprima in parecchi strati, poi in un’unica fila tra lo strato granulare esterno e i nuclei cerebellari profondi. Al 22° giorno le cellule dell’abbozzo del cervelletto si trovano nelle posizioni dalle quali inizierà l’istogenesi cerebellare, ossia il differenziamento e il movimento dei neuroni nelle loro posizioni definitive.

L’aspetto più notevole è l’arborizzazione dendritica piana, disposta ad angolo retto rispetto al decorso delle fibre parallele, che riguarda prevalentemente i dendriti delle cellule di Purkinje. La forma e la disposizione spaziale caratteristiche dell’arborizzazione della cellula di Purkinje, somigliante al candelabro a sette braccia (menorah)

della liturgia ebraica, sono chiaramente interpretabili come un metodo ingegnoso di disporre arborizzazioni dendritiche separate (cioè che non si compenetrano) senza che vi sia perdita di spazio tra di loro.

Cervelletto, evoluzione e cervello

I paleoneurologi concordano nell’ipotesi che l’aumentata encefalizzazione è un’importante dinamica dell’evoluzione del cervello dell’uomo. Possono essere proposte alcune associazioni relative al contributo del cervelletto e degli emisferi cerebrali alle funzioni cognitive, se si esaminano i rapporti della fossa cranica posteriore, dove è alloggiato il cervelletto, con il volume in toto del cranio. Il volume cerebellare varia significativamente rispetto all’intero volume cerebrale fra i vari Mammiferi, e in particolare fra i Primati. Negli australopitechi è stato osservato che gli emisferi cerebrali erano più grandi rispetto al cervelletto se comparati ad altri Ominidi. Questo andamento continuò negli umani anche nel Medio e Tardo Pleistocene, includendo l’uomo di Neandertal e Cro-Magnon. Solo recentemente si è invertito il rapporto, con il cervelletto più grande rispetto al resto del cervello. Sembra che il cervelletto e gli emisferi cerebrali si siano evoluti reciprocamente, e che lo sviluppo del cervelletto negli umani dell’Olocene possa aver permesso un incremento dell’efficienza cognitiva. In termini di volume del cervello, l’uomo della nostra era sembra essere capace ‘di fare di più con meno’, forse proprio grazie a una seconda espansione cerebellare che ha permesso una maggior operatività cognitiva, senza che ci fosse un’ulteriore espansione del volume del cervello. Recenti studi neuroanatomici e di neuro-imaging funzionali hanno infatti dimostrato che il cervelletto gioca un ruolo in diverse funzioni cognitive, e che possiede, tramite il talamo, reciproche connessioni con le principali 14 regioni neocorticali importanti per l’evoluzione cognitiva dell’uomo.

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