CASTIGLIONI, Cesare

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CASTIGLIONI, Cesare

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Nacque ad Arluno (Milano) il 14 gennaio 1806 da Giuseppe e da Rosa Pogliani. Dopo aver compiuto in Milano gli studi liceali, si laureò in medicina nell'università di Pavia nel 1831. Subito dopo la laurea fu nominato medico assistente alla cattedra di terapia speciale e clinica medica di Pavia e per alcuni mesi esercitò le funzioni dimedico aggiunto alla direzione dell'ospedale civico di quella città.

Dopo essere stato per breve tempo a Vienna nell'autunno dell'anno 1832, l'anno seguente il C. cominciò a prestare la propria opera nell'Ospedale Maggiore di Milano, presso il quale egli era stato nominato medico assistente.

Dal 1833 al 1852 il C. fu attivissimo, interessandosi di numerosi problemi ospedalieri; nello stesso tempo condusse anche ricerche scientifiche e pubblicò vari lavori, alcuni dei quali gli valsero riconoscimenti ufficiali, dimostrando una particolare attitudine alle indagini statistiche e alla accurata documentazione bibliografica. Nel 1844 gli fu affidato l'incarico di compilare la sezione intitolata "Igiene pubblica e privata" del giornale Spettatoreindustriale, fondato in quell'anno a Milano da un gruppo di studiosi guidato da E. Maranesi e cessato dopo non molto tempo per motivi economici. Nel 1845 fu nominato membro dell'Accademia fisio-medico-statistica di Milano, fondata da G. Ferrario, e ne divenne vicepresidente. Nel 1849 e nel 1850, dopo la chiusura delle università di Pavia e di Padova in conseguenza degli avvenimenti politici, impartì, nei corsi approntati dall'Ospedale Maggiore, le lezioni di clinica medica. Nel 1850 fu nominato medico primario dell'Ospedale Maggiore per altri due anni.

Tra i suoi numerosi studi di questo periodo, notevole fu un'indagine anatomica e sperimentale sull'arterite, per la quale ottenne il premio messo in palio dalla Società medico-chirurgica di Bologna: in un lavoro di rilevante mole, di oltre 200 pagine (Risposta al tema pubblicato dalla Società..., in Memorie d. Soc. med.-chir. di Bologna, IV[1847], pp. 1-209), il C. eseguì una dettagliata e analitica descrizione dei fenomeni evolventi nel corso dei processi flogistici e delle alterazioni provocate dalla imbibizione cadaverica a livello delle pareti arteriose. Le conclusioni alle quali giunse, pur se non confermate dalle successive indagini microscopiche rese possibili dalle più progredite tecniche istologiche, rappresentano comunque una valida dimostrazione della sua rigorosa impostazione metodologica e speculativa.

Nel maggio del 1844, nella seduta mensile dell'Ospedale Maggiore, illustrò un caso di grave cachessia e anemia dipendenti, come poté essere dimostrato dall'esame autoptico, dalla presenza di centinaia di anchilostomi nel digiuno: fu questa la prima descrizione clinica dell'anchilostomiasi, citata da A. Dubini - che l'anno prima aveva scoperto il parassita - a p. 110 della sua opera Entozoografia umana...(Milano 1850) e da A. Bertani nei Rendiconti delle sedute mensili tenute nell'Ospedale Maggiore di Milano nell'anno 1844 (in Gazz. med. di Milano, V[1846], p. 130).

Nel 1852 il C. fu nominato direttore dell'ospedale psichiatrico della Senavra: ebbe allora inizio un periodo intenso e laborioso della sua vita, nell'ansia di migliorare le condizioni di degenza degli infelici ospiti di quel nosocomio.

Soltanto dalla fine del XVIII secolo gli alienati non venivano più sottoposti ad atroci e inumani trattamenti, e grazie soprattutto agli studi di T. Daquin e di V. Chiarugi erano considerati veri malati e curati con criteri medici. Tuttavia i luoghi di ricovero per questi pazienti erano in Italia ancora in uno stato deplorevole, ricavati dall'approssimativo adattamento di vecchi depositi o chiostri. Tra i peggiori di questi nosocomi si poteva senz'altro annoverare la Senavra, un palazzotto destinato al ricovero dei pazzi della provincia di Milano dal decreto firmato il 5 sett. 1780 dall'imperatrice Maria Teresa: da quell'anno, per circa un secolo vi sarebbero stati ospitati i malati di mente, perché la recettività dell'ospedale S. Vincenzo di Milano, presso il quale erano stati in precedenza regolarmente ricoverati, era divenuta insufficiente.

Colpito dalle condizioni materiali decadenti del nosocomio del quale aveva assunto la direzione, il C. intraprese un paziente e tenace lavoro. Intanto richiamava l'attenzione sulle condizioni di insalubrità dell'edificio (Su l'accresciuta insalubrità del pubblico manicomio di Milano, in Annali universali di medicina, t. CXLII [1852], pp. 225-268); quindi metteva in evidenza i progressi realizzati in Francia, in Belgio e in Inghilterra, ove si era recato per visitarvi i manicomi, della cui organizzazione e delle cure che si praticavano dava una chiara e documentata descrizione (Sopra un viaggio ai più riputati manicomi d'oltralpi e d'oltremare, ibid.,t. CLV [1856], pp. 225-280); e, ancora, forniva le indicazioni e le premesse per la realizzazione di un moderno e degno istituto (Studii su le quistioni preliminari per la costruzione di un nuovo pubblico manicomio, ibid., s. 4,XXVII [1857], pp. 5-67, 260-333, 457-496). La sua attività fu continua e instancabile: in breve riuscì a ottenere l'aumento del personale medico e ausiliario, a migliorare le condizioni di vita dei degenti, soprattutto a richiamare l'attenzione delle autorità sulla gravità del problema. La necessità della costruzione di un nuovo manicomio per l'intera Lombardia fu finalmente avvertita, dapprima dal governo austriaco che decise di acquistare a tale scopo un terreno nel comune di Desio; poi, con l'avvento del Regno d'Italia, dalla provincia di Milano, che affidò all'architetto Pestagalli e allo stesso C. l'incarico del progetto di un luogo di ricovero per alienati capace di 500 posti. Tuttavia, nell'un caso e nell'altro la grandiosità, invero eccessiva, dei progetti ne impedì la realizzazione. Finalmente, nel 1863 fu acquistato lo storico palazzo Crivelli di Mombello, che, ingrandito e adattato alla ricezione di tre o quattrocento alienati, divenne la succursale della Senavra e accolse i primi pazienti il 1º ag. 1865. Il vecchio nosocomio fu poi abbandonato definitivamente, in seguito alle decisioni della seduta del Consiglio provinciale del 18 sett. 1872, e gli alienati furono ricoverati esclusivamente presso Mombello.

Il C. fu pure un convinto assertore della necessità di ricerche anatomo-patologiche nei casi di alienazione mentale e, nel tentativo di raggruppare alcune forme morbose contrassegnate da peculiari aspetti clinici e patologici, condusse accurati studi su varie malattie di interesse neuropsichiatrico (Documenti perservire alla storia delle alterazioni patologiche..., ibid., t. CLIII [1855], pp. 225-248; t. CLVI [1856], pp. 87-109). Si occupò inoltre di ricerche di ordine statistico e legislativo sui vari aspetti delle alienazioni mentali.

Tra le varie pubblicazioni del C. merita ancora di essere ricordata una interessante monografia sulla scrofolosi (Della scrofolosi omalattia scrofolare, Milano 1862), opera che concorse all'assegnazione del premio Cagnola e fu giudicata degna della medaglia di bronzo e della pubblicazione negli Atti della Fondazione Cagnola; tuttavia la commissione giudicatrice la ritenne troppo compilativa e poco originale, quindi non meritevole dell'assegnazione del premio. Questo lavoro, in relazione ai tempi eccezionalmente ricco di citazioni bibliografiche, costituisce comunque un'ottima testimonianza della singolare attitudine del C. allo studio scrupolosamente accurato, attento, paziente.

Nel 1864 il C. fondò l'Associazione italiana per il soccorso ai feriti e ai malati di guerra, e fino alla morte fu presidente del comitato milanese: questa organizzazione fu menzionata elodata all'estero, e nel 1866 nella conferenza internazionale tenutasi a Parigi fu assegnata al C. una medaglia d'argento.

L'Associazione faceva parte dell'organismo internazionale sorto a Ginevra nell'ottobre 1863 in seguito alle risoluzioni del comitato istituito dalla Società di pubblica utilità con l'incarico di esaminare e discutere le proposte di J. H. Dunant: questi, vinto dallo spettacolo delle sofferenze cui aveva per caso assistito alla battaglia di Solferino, aveva illustrato nel suo libro Un souvenir de Solferino (Genève 1862) il progetto di un'organizzazione costituita da personale volontario per recare soccorso ai feriti in guerra, di qualunque nazionalità, sotto la protezione di un impegno internazionale. Al Dunant, cui si deve quindi la nascita del primo nucleo dell'attuale Croce Rossa, fu conferito nel 1901 il primo premio Nobel per la pace.

Nel 1867 il C. divenne presidente del R. Istituto dei sordo-muti di Milano, di cui già nel 1863 era stato eletto dalla giunta municipale membro del Consiglio direttivo. Sempre pieno di zelo, il C. si adoperò per migliorare l'assistenza ai sordo-muti e soprattutto per curarne l'educazione, indicando nella parola il metodo migliore e già largamente sperimentato all'estero, secondo la preziosa esperienza che direttamente aveva potuto acquisire in Francia, Germania e Svizzera.

Il C. appartenne a numerose società e accademie scientifiche e letterarie, italiane e straniere.

Morì a Milano l'8 ott. 1871.

Bibl.: A. Verga, Il dottor C. C., in Ann. universali di medicina, CCXVIII (1871), pp. 675-679; S. Biffi, Commemorazione di C. C.,in Rend. d. Ist. lombardo, s. 2, V (1872), pp. 31-53; G. Riquier, Medici milanesi nella tradizione neuropsichiatrica, in Riv. sper. di freniatria e med. legale delle alienaz. mentali, LXVI (1942), pp. 6-37; F. Ugolotti, Panorama stor. dell'assistenza ai malati di mente in Italia, in Note e riv. di psichiatria, LXXV (1949), pp. 73-148; L. Belloni, La scoperta dell'Ankylostoma duodenale, in Gesnerus, XIX(1962), pp. 101-118; Id., Nascita e prima attività della Croce Rossa italiana, in Pag. storia med., IX (1965), 5, pp. 3-8; B. Viviano, Da Granada a Milano. Quattro secoli di psichiatria, in Fatebenefratelli, n. s., XXXI (1966), pp. 29 s.; D. Furfaro, L'opera di C. C. e il suo viaggio ai manicomi esteri, in Atti del XXIV Congr. naz. di storia della med.,Taranto-Bari 1969, pp. 512-518. Per le notizie riguardanti J. H. Dunant e l'origine della Croce Rossa, si veda: R. Margotta, Medicina nei secoli, Milano 1967, p. 262; Enc. medica ital.,III, col.150, sub voce Croce Rossa.

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