SARDI, Cesare

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 90 (2017)

SARDI, Cesare

Renzo Sabbatini

– Figlio di Raffaello di Giovanni Sardi e di Giovanna di Gaetano Giorgini nacque a Lucca il 18 giugno 1853.

Rimasto orfano del padre, che era stato deputato all’assemblea toscana del 1859, all’età di 11 anni, Cesare sviluppò un «solido rapporto non solo di affetto, ma di stima, di fiducia, di confidenza» (Trebiliani, 1992, p. 180) con la madre, donna dalla forte personalità, nipote di quel Niccolao che era stato uno dei personaggi di primissimo piano sia del Principato dei Baciocchi che del ducato, e sorella di Giovan Battista (lo zio Bista), professore di diritto a Pisa e a Siena, uomo politico prima nel granducato e poi nel Parlamento italiano, apprezzato letterato e lessicografo, amico di Massimo D’Azeglio e genero di Alessandro Manzoni. In tale ambiente familiare e più ampiamente parentale Cesare si formò nell’ambito del cattolicesimo liberale; e all’impegno cattolico, sia di studio sia di azione caritatevole concreta e fattiva, rimase fedele in tutta la vita, nella modalità del continuo tormentato ripensamento che lo caratterizzò.

Frequentò il Reale collegio di Lucca, conseguendo una formazione prevalentemente umanistica, e poi l’Università di Pisa. Con la morte del fratello Ottavio (1849-1878), diventò il vero capo della famiglia, nonostante la longevità dello zio Luigi Giuseppe (1810-1893). Nel 1877 sposò l’aristocratica fiorentina Clementina di Alessandro Martelli, dalla quale ebbe sei figli: Alessandro e Luisa Amalia, morti in tenera età, Adelaide (1879-1930), Carlo (1884-1968), Virginia (1887-1962) e Giovanni (1892-1973).

Agli studi storici si dedicò fin da giovane e in alcuni momenti vi guardò anche come una – irrealizzata – prospettiva di impegno professionale: nel 1878 partecipò senza successo (nonostante un avvicinamento a Salvatore Bongi e l’aiuto di Cesare Guasti) a un concorso per archivista dell’Archivio di Stato di Lucca; in una lettera a Giuseppe Toniolo del 1898, a proposito delle università cattoliche, espresse il desiderio di «un’occupazione stabile, una cattedra p.e. per la filosofia della storia e per gli studi d’erudizione» (Trebiliani, 1992, pp. 182, 202).

La sua prima opera storica (Cristina regina di Svezia in Lucca nel 1658, Lucca 1873) gli dette motivo di intrecciare un rapporto, divenuto poi amicizia, con Guasti, che non gli fu mai avaro di consigli e suggerimenti. A questa prima pubblicazione moltissime fecero seguito, in gran parte testi di conferenze, relazioni, discorsi, interventi pubblici legati alla sua attività assistenziale e caritativa, ma anche opere più strettamente storico-erudite, tra le quali – tutte stampate a Lucca – si possono ricordare: Dei mecenati lucchesi del secolo XVI (1882); I capitani lucchesi del secolo XVI (1902); Vie romane e medioevali nel territorio lucchese (1907); Ricchezza e miseria nelle nostre campagne (1910); Esecuzioni capitali a Lucca nel secolo XIX (1911); Le contrattazioni agrarie del Medio Evo studiate nei documenti lucchesi (1914). Di maggior respiro, Vita lucchese nel Settecento (Lucca 1905) e Lucca e il suo ducato dal 1814 al 1859 (Firenze 1912).

Nel primo dei due volumi, Sardi dichiarava, in apertura, che l’ispirazione gli era venuta leggendo Vernon Lee (Studies of the eighteenth century in Italy, London 1880; trad. it. Il Settecento in Italia: letteratura, teatro, musica, Milano 1881); l’idea era appunto quella di coordinare «i fatti locali a quell’ampio tessuto di memorie che offrirono alla scrittrice inglese una magnifica tesi generale» (p. 27). E poiché di letteratura, teatro e musica si erano precedentemente occupati Cesare Lucchesini (Della storia letteraria del ducato lucchese libri sette, in Memorie e documenti per servire all’istoria del ducato di Lucca, X, Lucca 1831), Almachilde Pellegrini (Spettacoli lucchesi nei secoli XVII-XIX, Lucca 1914, edizione postuma) e Luigi Nerici (Storia della musica in Lucca, Lucca 1879), Sardi scelse di raccontare «i fatti della vita pratica [...] di qualche interesse più dal lato della curiosità che da quello dell’erudizione» (pp. 27 s.). Lo studio è basato su documenti pubblici, ma soprattutto privati: cronache, diari, carteggi, in parte tratti dall’archivio di famiglia, ma anche dallo Zibaldone di storia lucchese dell’abate Iacopo Chelini (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardini, 165-176) e dai Memoires ou notices à l’usage de Louise Palma Mansi (ibid., Archivio Arnolfini, 191). A tale impostazione Sardi si mantenne fedele: da qui i limiti oggi evidenti sul piano del metodo storiografico, ma anche la godibilità di lettura di racconti e aneddoti sempre basati su precise testimonianze documentali.

Caratteristiche analoghe (ma non sul piano della leggerezza narrativa) presenta il più ampio e impegnativo Lucca e il suo ducato, nel quale Sardi riconobbe agli ultimi trent’anni di autonomia statuale, «a merito del governo borbonico ‘astrazion fatta delle prevenzioni politiche’, l’aver saputo dare impulso ad una intensa vita culturale, artistica, economica» (Trebiliani, 1992, p. 17). Il lavoro utilizza le carte dell’archivio di famiglia e le opere di Antonio Mazzarosa (Storia di Lucca dalla sua origine fino al MDCCCXIV, I-II, Lucca 1833) e di Carlo Massei (Storia civile di Lucca dall’anno 1796 all’anno 1848, I-II, Lucca 1878), ma soprattutto segue da vicino le Memorie del marchese Pietro Provenzali (Archivio di Stato di Lucca, Biblioteca manoscritti, 187-210). «Il carattere in prevalenza aneddotico del lavoro del Sardi deriva appunto dall’aver utilizzato il diario come filo conduttore della narrazione storica, e non come una testimonianza della mentalità prevalente tra i patrizi lucchesi» (Camaiani, 1979, p. 483). Ciò non toglie che continui a essere un’utile fonte di informazioni e notizie su un trentennio, con aspetti ancora da approfondire, della storia dello Stato lucchese.

Infaticabile la sua partecipazione alla vita pubblica, sia per impegno politico-amministrativo (consigliere e assessore per l’Istruzione pubblica al comune di Lucca, consigliere provinciale, consigliere scolastico, consigliere della Cassa di risparmio, segretario dell’esposizione provinciale del 1877, presidente degli Ospedali e ospizi), sia – soprattutto – per l’organizzazione e la gestione di istituzioni e attività assistenziali (la Pia casa di beneficenza, il Real collegio, il Regio Istituto di S. Ponziano, l’Ospizio per i poveri vecchi, l’asilo infantile, la scuola M. Civitali, la Pia casa per il lavoro dei ragazzi, il circolo ricreativo intitolato a Lucchesini, la Misericordia).

La Confraternita di Misericordia fu «il campo prediletto di azione del conte Cesare Sardi», come si esprimeva Pietro Pfanner nella commemorazione tenuta il 18 ottobre 1924 (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardi, 205, n. 9): dopo anni di intensa collaborazione, ne fu il proposto per un ventennio, a far data dal 1900. E proprio questo impegno, sempre più totalizzante, nel movimento delle Misericordie fu vissuto da Sardi come personale, concreta risposta alla fase in cui, a cavallo tra Otto e Novecento, l’intransigentismo cattolico stava (almeno in parte) cambiando natura: da atteggiamento antistatale motivato dalla ‘questione romana’ a polemica contro lo Stato motivata soprattutto dalla necessità di appoggiare la spinta all’emancipazione delle masse popolari escluse e sfruttate, per fronteggiare le spinte al socialismo sul loro stesso terreno. Sardi era passato da un cattolicesimo, che potremmo dire manzoniano, respirato in famiglia, all’adesione all’intransigentismo nel 1887, al VII Congresso cattolico italiano, tenutosi a Lucca nell’aprile (anche se aveva chiuso il proprio intervento citando Augusto Conti).

Suoi punti di riferimento erano in primo luogo Toniolo e Stanislao Medolago Albani. Soprattutto con il primo collaborò sulle posizioni dell’Unione cattolica per gli studi sociali e strinse una duratura amicizia. Nel 1894 Sardi fu tra i firmatari del Programma dei cattolici di fronte al socialismo; ma dall’anno successivo prese avvio un progressivo distacco dalle organizzazioni dell’Opera dei congressi. Certo il rapporto con Lorenzo Bottini (con il cui Esare aveva in una prima fase collaborato) si era deteriorato, ma la scelta di Sardi di «rannicchiarsi» – come scriveva a Toniolo nel 1897 (Trebiliani, 1992, p. 201) – ebbe motivazioni più profonde, generali e sofferte (Stanghellini - Tintori, 1958, pp. 224-234). Nel 1898, nonostante le insistenze dell’amico economista, si defilò dal comitato lucchese dell’Unione e nel contempo si riavvicinò ai vecchi amici della Rassegna nazionale. Nel solco di un impegno sociale che non venne mai meno, la parabola del suo modello di cattolicesimo si può inserire nel percorso del movimento cattolico italiano, anche se – come ha scritto Maria Luisa Trebiliani (1992, p. 190) – «Sardi non è mai stato un intransigente alla Paganuzzi e rivendica sempre una forma di autonomia anche quando collabora con i cristiano-sociali».

Morì a Lucca il 22 settembre 1924.

«L’amicizia con Toniolo, i rapporti con Medolago Albani, come pure gli scontri con Lorenzo Bottini, fanno di Cesare Sardi una figura di rilievo che presenta un particolare interesse per la storia dei cattolici dell’800» (p. 179). Figura, dunque, complessa, nella quale «spiccarono doti di intelligenza e di carità unite ad un carattere esatto e meticoloso, atto a considerare ogni evento, tanto nella vita familiare quanto in quella pubblica, nelle giuste proporzioni di umanità e di equilibrio». Un equilibro e una probità ampiamente riconosciuti, come testimoniato dal fatto che nelle disposizioni testamentarie di più di un concittadino Sardi fu indicato come esecutore di lasciti e legati (Nelli, 2000, pp. 168 s.).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardi, 166-175, 187-202, 205 n. 9, 208.

[S. Bongi], Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, III, Lucca 1880, pp. 22, 35 s.; M. Stanghellini - U. Tintori, Storia del movimento cattolico lucchese, Roma 1958, pp. 224-234; M. Bernardini Stanghellini, Bottini, Lorenzo, in Dizionario biografico degli Italiani, XIII, Roma 1971, pp. 469-471; C. Brezzi, Cristiano sociali e intransigenti. L’opera di Medolago Albani fino alla “Rerum Novarum”, Roma 1971, pp. 270-272, 408-415, 420-423; P.G. Camaiani, Dallo stato cittadino alla città bianca. La «società cristiana» lucchese e la rivoluzione toscana, Firenze 1979, passim; M.L. Trebiliani, S. C., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia. III, 2, M-Z. Le figure rappresentative, Casale Monferrato 1984, ad vocem; B. Nardi, Il movimento cattolico a Lucca dalla fine del secolo ai primi del Novecento, in Actum Luce, XV (1986), n. 1-2, pp. 55-94 (in partic. pp. 55 s., 59); M.L. Trebiliani, Studi storici lucchesi. Personaggi, avvenimenti, società nel XIX secolo, Lucca 1992 (in partic. C. S. e la sua Storia di Lucca [1967], pp. 9-23; C. S. nel quadro dei movimenti cattolici italiani [1989], pp. 179-203); S. Nelli, Archivio Sardi. Introduzione, in Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, VIII, a cura di L. Giusti - S. Nelli, Lucca 2000, pp. 153-176; F. Conti, Giorgini, Giovan Battista, in Dizionario biografico degli Italiani, LV, Roma 2001, pp. 334-338; Id., Giorgini, Niccolao, ibid., pp. 338-340; L. Trezzi, Medolago Albani, Stanislao, ibid., LXXIII, Roma 2009, pp. 186-189.

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