CESARE Strabone, Gaio Giulio

Enciclopedia Italiana (1931)

CESARE Strabone, Gaio Giulio (C. Iulius Caesar Strabo, detto anche Sesquicolo e Vopisco)

Gino Funaioli

È una delle figure del patriziato romano che più spicca nella vita politica e letteraria al principio del sec. I a. C. Figlio dell'edile L. Giulio ed edile curule egli stesso nel 90, ponendo illegalmente la sua candidatura al consolato prima ancora che fosse pretore, nell'anno 88, diede origine a disordini durante i quali, nell'87, trovò la morte insieme con altri di parte aristocratica per opera di Mario e Cinna. Col suo fiero avversario, P. Sulpicio Rufo, e con C. Aurelio Cotta, C. emerse nell'eloquenza tra la generazione dei giovani subito dopo la morte di Crasso (a. 91), e, di loro certo letterariamente più temprato, lasciò scritta qualche orazione. Il brio e l'arguzia, in che egli superò a giudizio di Cicerone (De off., I, 108; Brut., 177) gli oratori vecchi e nuovi, sono, più che il vigore, una sua caratteristica; onde Cicerone nel De oratore affidò a lui la trattazione del ridicolo come motore di affetti. Esordì nell'eloquenza nel 103 con una pubblica accusa contro T. Albucio pretore di Sardegna, e fiorì specialmente dalla sua edilità in poi riuscendo a guadagnarsi l'animo del popolo. Queste qualità portò anche nella tragedia, dove egualmente s'affermò, a fianco ma a distanza e in contrapposto di Accio: primo tra i patrizî a coltivare questa forma letteraria. Novità sua fu qui di saper temperare il tragico senza offendere la gravità, smorzare i toni cupi soffondendo tutto d'un mite colore di serenità. Non a caso, quindi, dovette mettere nella tragedia Tecmrsa al primo posto la sposa d'Aiace, anziché l'eroe secondo la tradizione sofoclea.

Bibl.: Sui dati biografici: Corpus Inscr. Lat., I, 2ª ed., p. 198; Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, II, 3ª ed., Lipsia 1887, pp. 633-34; in genere: Drumann e Groebe, Geschichte Roms, III, 2ª ed., Lipsia 1906, p. 123; sull'eloquenza: A. Tartara, I precursori di Cicerone, in Annali Università Toscane, XVIII (1888), p. 510 segg. e Berger e Cucheval, Histoire de l'éeloquence romaine, II, p. 300 segg.; i frammenti: in H. Meyer, Orat. Roman. Fragm., 2ª ed., Zurigo 1842, p. 330; sulla tragedia, O. Ribbeck, Die römische Tragödie, Lipsia 1875, p. 610 segg.; id., Gesch. der römischen Dichtung, I, Stoccarda 1887, p. 187 segg.; id., Tragicorum Rom. Fragm., 3ª ed., Lipsia 1897, p. 263.

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