Che polivalente

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

che polivalente

Giuliana Fiorentino

Definizione

In italiano standard la congiunzione che è propria di alcune frasi subordinate: le oggettive (vedo che ti stai comportando bene; ➔ oggettive, frasi), le soggettive (è possibile che io sia in ritardo domani; ➔ soggettive, frasi), le dichiarative (su questo siamo d’accordo, che la crisi sta mettendo in ginocchio il paese; ➔ dichiarative, frasi) e le relative quando l’antecedente del pronome relativo è un soggetto o un complemento oggetto (l’uomo che ha preso la parola è suo fratello; la ragazza che hai incontrato è una nostra studentessa; ➔ relative, frasi). Si trova inoltre in molti altri tipi di subordinate avverbiali, spesso associato al modo congiuntivo.

Nella lingua d’oggi, soprattutto nell’italiano parlato colloquiale o di uso medio (➔ colloquiale, lingua), è però diffusa la tendenza a estendere l’uso del che, con significato generico, anche come introduttore di subordinate che nell’italiano standard avrebbero più spesso congiunzioni subordinanti semanticamente più precise. Il che polivalente si associa qui inoltre all’indicativo. Questo fenomeno viene comunemente considerato un tratto pan-italiano, connesso coi più generali fenomeni di ristrutturazione e ristandardizzazione della lingua contemporanea (Berruto 19984: 68).

In particolare si parla di che polivalente nel caso in cui la congiunzione sia utilizzata per introdurre frasi di significato esplicativo-consecutivo (come in 1), frasi causali (2), frasi consecutivo-presentative (3), frasi relative temporali (4), frasi finali (5), frasi in cui che ha valore enfatizzante-esclamativo (6), frasi pseudorelative (7):

(1) vieni che ti pettino

(2) vai a dormire che ne hai bisogno

(3) io sono una donna tranquilla che sto in casa, lavoro (Sornicola 1981: 70-71)

(4) maledetto il giorno che ti ho incontrato

(5) fai in modo che è tutto pronto al mio arrivo

(6) che sogno che ho fatto (Berruto 19984: 69)

(7) li vedo che scendono (Berruto 19984: 69)

Come accennato, in molti casi l’accettabilità della subordinata nella lingua standard dipende dal modo verbale: l’indicativo fa rientrare la frase introdotta dal che polivalente in un registro più colloquiale (8) rispetto alla frase al congiuntivo (9):

(8) a. guarda che non fa sciocchezze

b. mi meraviglio che non ha detto nulla

(9) a. guarda che non faccia sciocchezze

b. mi meraviglio che non abbia detto nulla

Rientra tra i casi del che polivalente anche l’uso generalizzato della congiunzione che nelle frasi relative in sostituzione di un pronome relativo cui o il quale (➔ relativi, pronomi) preceduti dalla preposizione appropriata (che il che in questo contesto sia un pronome, è però messo in discussione dagli studiosi):

(10) ho sentito delle cose che al limite non avevo fatto caso [= delle cose a cui non avevo fatto caso]

(11) il paese che sono stato domenica scorsa si chiama P. [= il paese in cui sono stato]

(12) l’amico che stavo parlando un attimo fa è una vecchia conoscenza [= l’amico con cui stavo parlando]

In alcuni casi il che polivalente si accompagna a un pronome clitico che sostituisce l’elemento relativizzato:

(13) è una cosa che l’ha detta il ministro [= è una cosa che ha detto il ministro]

(14) sono cose che uno ne deve parlare [= di cui uno deve parlare]

(15) c’è stata una grande festa che c’ero io lì a mette’ musica (LIP, FB14-649)

Gli esempi (10-15) sono dello stesso tipo di (4), si tratta cioè di casi in cui che è usato con valore temporale, anche se non godono della stessa accettabilità nello standard.

I due tipi di costrutti appena visti, cioè frasi relative in cui che è usato in sostituzione di un pronome relativo seguito o meno da un pronome di ripresa (➔ pronomi di ripresa), sono diversamente distribuiti nella lingua. In genere la ripresa pronominale ricorre quando è relativizzato un oggetto, un beneficiario, perlopiù animato, e in qualche caso un complemento di luogo (nel qual caso la ripresa è realizzata mediante un avverbio di luogo, come nell’es. (15): in questo contesto che sostituisce dove e la sostituzione è favorita dal verbo esserci presente nella frase relativa (Berruto 19984: 125). Invece gli altri complementi selezionano il tipo senza ripresa. L’uso dei pronomi di ripresa infine è favorito dalle relative di tipo appositivo, mentre quelle di tipo restrittivo ricorrono più spesso senza ripresa.

L’uso del che polivalente, soprattutto con valore relativo, costituisce un caso piuttosto comune di errore che si commette nello scritto o nel parlato poco controllati.

Aspetti diacronici e diatopici

Il che polivalente è attestato già in italiano antico. Gli usi più remoti sono di tipo relativo-temporale (come in 16; ma cfr. anche 4), e causale (17; cfr. anche 2), in cui che viene spesso trattato come ➔ aferesi di perché e scritto quindi con l’accento (ché):

(16) E più di cortesia fece una notte che poveri cavalieri

entrarono nella camera sua (Novellino 815, 13)

(17) Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita (Dante, Inf. I, 1-3)

Non mancano attestazioni letterarie antiche (19-20) di forme oggi sentite chiaramente popolari, come il che avverbiale di espressioni come (18):

(18) che buono che è!

(19) O che lieve è inganar chi s’assecura! (Petrarca, Canz. CCCXI, 9)

(20) Vedi che dolcemente i piedi e gli occhi move

per questa di bei colli ombrosa chiostra (Petrarca, Canz. CXCII, 7)

Pietro ➔ Bembo, nelle Prose della volgar lingua (1525: III, liv), commentando gli usi del che polivalente, li condannò a vantaggio delle alternative più ricche di informazione sintattica, e cioè dei pronomi relativi (22) e delle congiunzioni subordinanti appropriate (21):

(21) È alle volte che la medesima Che si legge in vece di Sí che o In modo che: il medesimo Boccaccio: E seco nella sua cella la menò che niuna persona se naccorse.

(22) E ancora in vece di Nel quale assai nuovamente il pose una volta il Petrarca: Questa vita terrena è quasi un prato, / che ’l serpente tra fiori e l’erba giace.

Se l’intervento del Bembo sancì l’abbandono del che polivalente nella norma dell’italiano, le sue attestazioni tuttavia persistono lungo tutto l’arco della storia della lingua, ristrette però, in epoca più recente, alla letteratura verista e neorealista, e in generale utilizzate per marcare una scelta stilistica di tipo popolare (23-25):

(23) in fondo al cortiletto della straduccia del Nero, che c’era il muro basso e dal mare si vedeva tutta la casa (Giovanni Verga, I Malavoglia, cap. 10)

(24) una soffitta che ci si saliva per la scala grande (Cesare Pavese, La luna e i falò, p. 35)

(25) libri che lei non se ne fa niente (Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, p. 124)

L’ampliamento della distribuzione del che polivalente è attestato anche in altre varietà romanze (per es. si ritrova in francese per la congiunzione que e in spagnolo per il suo omologo).

Aspetti diafasici e diastratici

Il che polivalente compare tanto nelle varietà diastraticamente basse dell’italiano quanto nelle varietà poco controllate di parlato o scritto, anche di parlanti colti.

La distribuzione in diafasia è piuttosto articolata ed è connessa al singolo sottotipo. Si è già accennato alla maggiore accettabilità degli usi del che relativo-temporale anche nello standard o comunque nell’italiano medio colloquiale; del pari, per alcune congiunzioni, in particolare causali, finali e consecutive, si è osservato come una stessa sequenza possa essere percepita come più o meno standard e accettabile in base alla co-occorrenza col modo congiuntivo. Invece in altri casi l’uso del che polivalente costituisce una violazione più forte delle regole sintattiche di formazione della frase relativa, viene esplicitamente stigmatizzato ed escluso dalla norma grammaticale, e caratterizza decisamente l’enunciato come popolare (➔ italiano popolare); se ne veda un esempio in (26):

(26) tu mi hai fatto convincere a me di una cosa che io prima non ero convinto (Fiorentino 1999: 101)

Ristretto solo a un registro basso è anche l’uso del che polivalente come rafforzativo di un’altra congiunzione (27), uso peraltro più diffuso nell’Italia settentrionale e di cui pure esistono attestazioni nella lingua antica (28):

(27) quando che ci vediamo (Cortelazzo 1972)

(28) onde che Zenone, parte per paura, parte per il desiderio aveva di cacciare, […] concesse a Teodorico ... (Niccolò Machiavelli, 383, in GDLI III: 29)

Infine sono tipici di varietà diafasicamente marcate come basse e popolari i casi di che polivalente il cui valore sintattico non può essere stabilito, non solo rispetto alla semantica del che, ma anche rispetto alla possibilità che si tratti di coordinazione e non di subordinazione (29-31):

(29) a. prestami la penna che te la do subito

b. prestami la penna, te la do subito

(30) a. largo che passa la signora

b. fate largo, passa la signora

(31) voi dovreste trovare un lavoro che la domenica restate libera (Fiorentino 2007: 64).

Fonti

GDLI (1961-2008) = Battaglia, Salvatore, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET.

LIP (1993) = De Mauro, Tullio et al.,Lessico di frequenza dell’italiano parlato, Milano, ETAS libri.

Studi

Berruto, Gaetano (19984), Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, Carocci (1a ed. 1987).

Cortelazzo, Manlio (1972), Lineamenti di italiano popolare, in Id., Avviamento critico allo studio della dialettologia italiana, Pisa, Pacini, 3 voll., vol. 3º.

Fiorentino, Giuliana (1999), Relativa debole. Sintassi, uso, storia in italiano, Milano, Franco Angeli.

Fiorentino, Giuliana (2007), Relative ‘pragmatiche’ in italiano, in Relative e pseudorelative tra grammatica e testo, a cura di F. Venier, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 53-71.

Sornicola, Rosanna (1981), Sul parlato, Bologna, il Mulino.

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