CHEMOTERAPIA o Chemioterapia

Enciclopedia Italiana (1931)

CHEMOTERAPIA o Chemioterapia

Mario Giordani

È la scienza che studia l'uso di sostanze chimiche quali mezzi di distruzione di agenti patogeni. Essa tratta specialmente le infezioni da protozoi più che quelle di origine battetica, le cui tossine sono meglio neutralizzate per azione dei sieri. Tuttavia le recenti ricerche del Morgenroth hanno dato adito alla speranza di una applicazione antibatterica, dopo i risultati incoraggianti ottenuti con l'optochina e la vuzina nella polmonite e con i derivati dell'acridina nelle infezioni da streptococchi e stafilococchi. Per quanto nelle malattie da protozoi i risultati clinici conseguiti siano importanti, pure la chemoterapia rimane ancora oggi una scienza abbastanza empirica. Ce lo dimostra la mancanza di un rapporto esatto fra il potere terapeutico e le varie funzioni chimiche dei gruppi legati alla molecola del medicamento, ai cui mutamenti a prima vista insignificanti, corrispondono spesso variazioni sensibili nell'effetto curativo (v. antisettici).

Non pochi precursori ebbe la chemoterapia: Lingard, Bruce. Lavern, Mesnil, Nicolle, Thomas, Ehrlich, Shiga, Hata, Morgenroth, Fourneau e molti altri. Ma specialmente all'Ehrlich e alla sua scuola si deve la massima parte delle cognizioni sulla specificità di certe sostanze e sul possibile loro modo di azione.

L'Ehrlich, studiando l'azione dei coloranti iniettati nel sangue degli animali ed esaminandone la ripartizione nell'organismo, constatò l'accumularsi di alcuni di essi su determinati punti del sistema nervoso o sui grassi o altre parti del corpo. Constatò cioè l'azione selettiva della sostanza colorante per alcune cellule, e ammise che dovesse esistere un collegamento di un particolare gruppo della molecola con la sostanza cellulare. Formulò così la sua teoria delle catene laterali. Si riportò per analogia alla teoria che il Witt nel 1876 aveva emessa per i coloranti. Il colore di una sostanza è dovuto alla presenza di certi gruppi cromofori, come per es. il gruppo azoico −N=N−, nitrico −NO2, o chetonico −CO, ecc.; mentre per impartire il potere tingente è necessaria la presenza di un gruppo auxocromo come SO3, H, COOH, ecc., senza il quale il colore non viene fissato sulla fibra.

L'Ehrlich allora raffigurò la materia vivente come rappresentata da uno o più nuclei centrali muniti di una serie di aggruppamenti atomici o catene laterali eminentemente mobili e variabili. Altri gruppi atomici delle sostanze che raggiungono la sfera d'azione di queste catene laterali o recettori possono essere fissati dalla cellula qualora fra i recettori e quei gruppi della sostanza esista un'affinità: gruppi che l'Ehrlich denominò aptofori. Perché la sostanza abbia però una qualsiasi azione sulla cellula, non basta la presenza dei soli aptofori, ma è necessario che essa possegga anche altri gruppi atomici caratteristici detti tossofori. In qualche caso le due funzioni possono essere disimpegnate da un solo gruppo, come può darsi che i recettori manchino, e la cellula allora non risenta l'influenza del farmaco.

Il farmaco poi agisce, generalmente, sul microbio e sull'organismo portatore del microbio. L'azione del medicamento è quindi determinata dalla sua tropia, cioè dalla proprietà di fissarsi sopra un determinato punto dell'organismo o dell'ospite. Diremo così organotropia il fissarsi del farmaco sull'organismo in genere, neurotropia il fissarsi sul cervello, parassitotropia quando il farmaco agisce e vien fissato dal parassita, ecc.

Comunemente i medicamenti hanno ambo le affinità, ma perché possano agire convenientemente senza nuocere all'organismo è necessario che la parassitotropia superi di molto l'organotropia.

Esporre la massa enorme di laboriosissime ricerche e di sostanze preparate non è qui consentito; ci limiteremo alle linee generali e ai farmaci usati nella pratica clinica corrente. Di questi, secondo le infezioni da combattere, ne troviamo fra i coloranti, i composti del gruppo dell'arsenico, fra i derivati del mercurio, della chinina e fra qualche acido grasso superiore. I derivati del rame e del silicio per la tubercolosi, e quelli del piombo nel trattamento dei neoplasmi non hanno ancora sicura applicazione.

Coloranti. - Nicolle e Mesnil hanno studiato a fondo l'efficacia terapeutica di gran numero di derivati della benzidina ottenuti legando le più varie catene laterali ai due gruppi amminici presenti (v. coloranti, Sostanze).

Fra essi il più energico è il Trypanblau, risultante dalla combinazione di una molecola di tolidina con due di acido amminonaftol-disolfonico; è una sostanza a forte potere tripanocida.

Il colorante studiato dall'Ehrlich, il Trypanrot, si ottiene copulando la benzidina solfonata con la disolfonaftilammina; è attivissimo sui tripanosomi, da cui il suo nome. Pare che per ottenere il potere tripanocida sia necessaria la presenza del gruppo amminico NH2 e dei due solfonici in posizione −3, −6.

Nicolle e Mesnil, per analogia con la benzidina, provarono anche derivati della diamminodifenilurea, cioè le uree sostituite, fra le quali l'afridol violetto, ma senza notevoli risultati.

Oggi tali uree simmetriche hanno acquistato grandissimo interesse, dopo la comparsa del "205 Bayer", e dopo le ricerche del Fourneau. È noto infatti come, dopo la guerra, le officine Bayer riuscirono a preparare una sostanza complessa, non contenente né metalli, né metalloidi del gruppo dell'arsenico, con elevato potere parassiticida e assenza quasi di potere tossico.

È un medicamento specifco verso varî tipi di tripanosomi. Inoltre delle cavie, preventivamente immunizzate con dosi piccolissime di "205", sono refrattarie alle infezioni con Trypanosoma Brucei, e interessante è che il siero di queste cavie acquista potere tripanocida, se iniettato in altre cavie infette. Sarebbe quindi uno specifico ideale, se non desse luogo a nefriti spesso croniche.

La costituzione ne è stata tenuta segreta per timore, da parte dei fabbricanti, della concorrenza straniera. La droga veniva fornita solo a medici di provata fiducia, che si impegnavano formalmente a non darne a chicchessia.

Il Fourneau e i suoi collaboratori, dopo lunghe e pazienti ricerche, riuscirono a preparare una sostanza, il "309 Fourneau", che, se non è proptio il "Bayer 205", è ad esso molto simile.

Il "309" i è l'urea simmetrica del metamminobenzoil-metamminoparametil-benzoil-1-naftilammino-4-6-8-trisolfonato sodico; esso ha lo schema:

Può considerarsi una delle più importanti conquiste nel campo della chemoterapia.

Fra i coloranti ci sono ancora dei derivati amminati del trifenilmetano. Il verde malachite o derivato tetrametilato del diamminotrifenilmetano, studiato dal Penzolt ha proprietà spirillicide.

Il verde brillante, che differisce dal precedente per avere dei gruppi etilici al posto dei metili, ha dato al Wendelstadt buoni risultati sul tripanosoma da Nagana, specialmente accoppiato ad arsenico.

I derivati dell'acridina sono molto importanti per la loro azione battericida. Molti di essi presentano il fenomeno della fotosensibilizzazione; cioè substrati organici (fermenti, tossine, cellule isolate e finanche organismi superiori interi), che non sono alterati dalla luce, vengono da questa danneggiati se messi in presenza di tali sostanze.

La tripaflavina o cloruro di 3-6-diammino-10-metil-acridina ha eminenti proprietà tripanocide, da cui il nome, e sui cocchi. Buoni risultati fornisce anche sul bacillo della difterite, in oftalmoiatria, e il Jausian l'ha trovata specialmente attiva nell'infezione gonococcica, per mezzo d'iniezioni endovenose.

Il Morgenroth ha sperimentato il rivanolo o 2-etossi-6-9-diammino-acridina, sugli streptococchi, ma con risultati incostanti.

Il Fourneau però fa rilevare l'analogia di comportamento e di costituzione del rivanolo con i derivati della chinina, preconizzati dallo stesso Morgenroth nella cura della polmonite, e ritiene che tale osservazione può essere un primo passo verso la sintesi di una chinina a nucleo acridinico.

Fra i derivati delle chinominidi vi è il blu di metilene o cloridrato di tetrametiltionina antisettico preconizzato nelle infezioni dell'apparato genito-urinario, nel paludismo e nelle congiuntiviti infettive.

Gruppo dell'arsenico: A) Composti dell'arsenico. - Armand Gautier ha attirato l'attenzione sull'importanza terapeutica dell'arsenico, e all'Ehrlich spetta il merito dell'inizio dello studio di derivati arsenicali dotati d'importanti proprietà spirillicide. Egli dimostrò che l'atossile del Béchamp era un acido fenil-arsenico-paraamminato e non un'anilide, come era stato ritenuto.

Due ordini di fenomeni attirarono l'attenzione dell'Ehrlich: 1) gli inconvenienti piuttosto gravi determinati dalla somministrazione dell'atossile (amaurosi nell'uomo, disturbi giratorî negli animali); 2) la diversità di comportamento di questa sostanza: attiva in vivo, inattiva in vitro. Egli ne dedusse la tossicità dei derivati dell'arsenico pentavalente, orientando le ricerche sue e della sua scuola verso i derivati arsenoici −As−As−, o dell'ossido d'arsina −AsO.

Questi derivati però presentano il grave difetto dell'instabilità, che diede luogo a numerosi inconvenienti nelle prime applicazioni:

Il Fourneau ha dimostrato che le conseguenze spiacevoli della somministrazione dell'atossile erano da attribuire a impurezze di arsenito sodico, contenuto nei campioni ritenuti i più puri, e non erano imputabili alla funzione arsenica. Egli constatò che non esiste nessuna identità di comportamento ha l'azione in vitro e quella in vivo; e che non sempre gli arsenoici sono attivi in vitro. Intraprese quindi lo studio sui derivati dell'acido arsenico, che, quale termine ultimo dell'ossidazione dell'arsenico, rappresenta la forma più stabile: studio ricco di risultati e di speranze.

Per i numerosi derivati chemoterapici (arrhenal, atoxyl o atossile, arsacetina, ectina, stevarsolo, 606, 914, ecc.), v. arsenico; arsenobenzoli.

B) Composti dell'antimonio. - Il numero di questi composti è anch'esso enorme; ma nonostante la stretta parentela di questo metalloide con l'arsenico, i risultati ottenuti non hanno perfettamente corrisposto alle speranze. I saggi sull'antimonilatossile, sullo styenil, e sull'ecma stibinata hanno mostrato che queste sostanze sono attive ma molto tossiche.

C) Derivati del bismuto. - In tale campo non esiste nessun rapporto fra potere terapeutico e costituzione chimica. Le sostanze provate sono molte, specialmente per opera di Balzer, Santon, Giemsa, Levaditi.

Interessante è la constatazione che il potere tossico di tale categoria di composti è inversamente proporzionale al contenuto in bismuto. Una sospensione di bismuto metalloidico, precipitato allo stato di sottilissima suddivisione, per riduzione del tartro-bismutato di potassio (neo-trépol), ha dato buoni risultati.

Grande interesse e molte speranze suscitò l'esperienza del Levaditi e di Nicolan e Yamanouchi, i quali mettendo in contatto, in vitro, dell'atossile con l'estratto di fegato di coniglio, isolarono un composto molto attivo, il tripanatossile. Levaditi e Nicolan mescolarono sali di bismuto in acqua salata fisiologica ed estratti di varî organi, ottenendo dei preparati, bismoxyle, molto attivi in vivo e in vitro; fenomeno che lascerebbe intravedere come l'azione del bismuto nell'organismo potrebbe attribuirsi a formazione di complessi attivi.

Il bismuto sembra poter bene sostituire gli arsenobenzoli come agente di rapida cicatrizzazione delle lesioni specifiche, presentando su essi il vantaggio di una piccolissima tossicità e di una grande facilità di manipolazione.

Derivati del mercurio. - L'uso del mercurio nella cura della sifilide è antichissimo; recentemente qualche composto organo mercurico si è anche adoperato nella malaria.

Se però si riscontrano dei casi favorevoli nei trattamenti mercuriali, non si può ancora asserire di essere riusciti a trovare derivati capaci di avere sui tripanosomi e sulle spirochete l'importanza che hanno alcuni composti arsenicali o del bismuto.

Le forme d'intossicazioni che purtroppo accompagnano sempre le cure mercuriali, dovute alla grande attività del metallo verso la materia vivente (coagulazione dell'albumina, fissazione sulle lecitine, affinità in genere per i lipoidi), ne complicano maggiormente l'applicazione terapeutica. È rara la mancanza di risentimento renale, o del fegato, apparato digerente, ecc.

I sali inorganici presentano tutti le sindromi complete dell'idrargirismo. Fra i derivati organici i più usati sono: l'hermophenyl di Lumière o acido fenol-2-ossi-mercurio-3-4-disolfonico, che però è anche un po' tossico; il mercurofene o ossi-mercurio- o nitro-fenolato sodico disinfettante interno, più energico e molto meno tossico del bicloruro di mercurio; il mercurobromo 220 o sale sodico della dibromomercurifluoresceina, efficace nelle setticemie e infezioni veneree, ma che in iniezioni endovenose produce fenomeni di shock.

Si è tentata l'applicazione anche dei sali doppî come l'asurol o salicilato di mercurio e amminossibutinato sodico, che secondo il Hoffmann avrebbe la proprietà di diffondersi rapidamente nell'organismo. Il Roch osservò però che nella sifilide non si hanno effetti durevoli.

Il novasurol o mercurio-clorofenossi-acetato di sodio e veronal, introdotto da Saxl e Heilig, non coagula l'albumina e può quindi essere usato per iniezioni endovenose; dà pochi effetti secondarî.

Meglio tollerate sembrano le combinazioni di arsenico e mercurio, e forse più efficaci:

l'enesolo o salicilarsinato di mercurio, specifico per la sifilide permette di ottenere nello stesso tempo l'azione antisifilitica del mercurio e quella tossica e dinamica dell'arsenico. Le iniezioni sono perfettamente indolori e poco tossiche;

l'asiphyl è anilarsinato di mercurio; ha proprietà come il precedente. Nell'applicazione clinica di questi due sali, il mercurio non perde però la sua tossicità.

Chinina. - La chinina (v.), alcaloide principale della scorza di china, ha proprietà terapeutiche importantissime, non disgiunte però da effetti secondarî. Antipiretico per eccellenza e specifico contro l'ematozoario malarico, la sua sintesi ha costituito sempre una delle più grandi ambizioni dei chimici, fin da quando le magistrali ricerche di Skraupp, Koenigs e Rabe ne stabilirono la costituzione.

Acidi grassi. - La chemoterapia, che ha dato già forti contributi nel trattamento della spirillosi e della tripanosomiasi, potrebbe dare mezzi efficaci per combattere le affezioni tubercolari. Ma l'indagine richiede molta costanza e grandi mezzi.

Non è facile raggiungere il bacillo nella lesione tubercolare, senza che l'antisettico, qualunque ne sia la forma di somministrazione, venga distrutto, alterato o fissato nei tessuti molto prima di raggiungere la lesione.

Forse l'influenza, indubbiamente benefica, dei sali di calcio, deve trovare la spiegazione in un'azione indiretta sui tubercoli, nel senso di un addensamento del tessuto cellulare che li circonda, con conseguente soppressione dei fenomeni osmotici, che dànno alimento e vita alla cellula tubercolotica e lanciano intorno i prodotti tossici da questa emessi.

Recentemente però, basandosi sull'analogia fra i caratteri morfologici del bacillo di Koch e quelli del bacillo della lebbra, si è introdotto con qualche buon risultato l'uso degli eteri etilici e dei sali sodici degli acidi grassi dell'olio di chaulmoogra e quelli dell'olio di fegato di merluzzo.

Sui lebbrosi l'azione dell'olio di chaulmoogra sembra efficace. Gli acidi di quest'olio finora studiati sono l'acido chaulmoogrico e l'acido idnocarpico, adoperati specialmente e principalmente sotto forma dei loro eteri etilici.

L'acido morruico, che si ricava dall'olio di fegato di merluzzo. sembra una miscela di acido clupanodonico C22H34O2 e di acido terapico C17H26O2: entrambi di struttura ignota.

Si adopera sotto forma di sale sodico o etere etilico.

In vitro questi acidi hanno la proprietà di alterare profondamente la capsula grasso-cerosa che avvolge questi bacilli acidoresistenti, e sembra proteggerli da ogni attacco esterno.

In vivo l'adoperarli non è senza qualche inconveniente, come forti reazioni febbrili sul principio, ed eritema al punto d'iniezione

L'uso dei sali d'oro, sanocrisina o iposolfito doppio di sodio e oro Au (S2O3)2 Na3 e krysolgan o sale sodico dell'acido 4-ammino-2-auro-tiofenol-carbonico, non ha portato ancora a risultati e giudizi concordanti.

Bibl.: M. Nicolle e F. Mesnil, Traitement des trypanosomiases par les couleurs de bendizine, in Ann. Inst. Pasteur, 1906, p. 417; Bhrlich, beiträge zur experimentellen Pathologie und Chemotherapie, Lipsia 1909; Ehrlich e Hata, Die experimentelle Chemotherapie des Spirillosen, Berlino 1910; A. Calmette, L'infection bacillaire et la tuberculose chez l'homme et chez les animaux, 3ª ed., Parigi 1928; M. Fourneau e M.me Tréfonel, Sur une nouvelle série de médicaments trypanocides, in C.-R. Ac. des Sc., 1924; id., id., Recherches de chimiothérapie dans la série du "205" Bayer, in Ann. Inst. Pasteur, 1924, p. 81; Thron, Nouveaux médicaments dans le groupe de alcaloïdes de la quinine, in Z. f. a. chemie, 1924, p. 17; Kaufmann, Gli alcaloidi della china e la loro sintesi, in Rend. I° Congresso della malaria, Roma 1925; Fourneau, État actuel de la chimiothérapie, in Bull. Soc. Chim., 1925, p. i; A. Martinet, Thérapeutique clinique, Parigi 1926; L. Hugounenq e G. Florence, Principes de pharmacodynamie, Parigi 1928.

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