CHERONEA

Enciclopedia Italiana (1931)

CHERONEA (Χαιρώνεια, Chaeronēa)

Doro LEVI
Giulio GIANNELLI
Aldo FERRABINO

Antica città della Beozia, verso il confine con la Focide e a 20 stadî dalla cittadina focese di Panopeo, e quindi con popolazione mista di Beoti e di Focesi. L'antica città, nella località odierna di Cáprena, era situata sul versante settentrionale della catena del Turio; la sua acropoli occupava la duplice vetta dell'altura del Pétraco, sulla quale si conservano ancora ruderi della cinta poligonale di epoca classica sulla vetta orientale, e tratti di mura poligonali rimaneggiate sulla vetta occidentale, più malsana, la cui più antica costruzione risale fino all'epoca micenea; sul fianco dell'acropoli, tra altri ruderi, sono i resti d'un teatro scavato nella roccia, uno dei più piccoli conservatici di tutta la Grecia. Erano famosi nell'antichità i balsami e i profumi prodotti da Cheronea coi fiori del suo territorio.

Nei pressi di Cheronea è stata scavata un'importante stazione della civiltà preistorica che ha fiorito nella Grecia centrale, chiamata "elladica" (v. cretese-micenea, civiltà).

Nella storia è fatto raramente il nome di Cheronea in epoca classica, probabilmente perché fino alla metà del sec. V a. C. non fu indipendente, ma appartenne alla vicina Orcomeno; durante la guerra del Peloponneso è menzionata soltanto in relazione delle agitazioni democratiche del 424. Nella descrizione che degli ordinamenti della lega beotica dà l'Anonimo di Ossirinco la troviamo come componente della lega. Durante le guerre Focesi, assediata invano da Onomarco nel 353 e conquistata nel 351 da Faleco, fu tosto ripresa dai Tebani.

Il nome di C. è però legato perennemente alla storia delle due battaglie ivi avvenute nel 338 e nell'86 a. C. Nel 46 d. C. vi nacque il grande scrittore Plutarco, che ci lasciò importanti notizie sulla sua patria, e la cui memoria vi fu per lungo tempo venerata. La storia della città ha fine col grande terremoto del 551 d. C., che la distrusse completamente.

Bibl.: Oberhummer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2033 segg.; Bursian, Geographie von Griechenland, I, Lipsia 1862, p. 205 segg. Per gli scavi preistorici vedi G. Sotiriadis, in Ephem. Arch., 1908, p. 63 segg.; D. Fimmen, Die kretisch-mykenische Kultur, Lipsia 1921, 4, 2ª ed., p. 40 segg.

Le battaglie di Cheronea. - 1. Col nome di Cheronea passò alla storia la prima battaglia ivi combattutasi, il 7 Metagitnione (i sett.) dell'anno 338 a. C., fra l'esercito di Filippo II di Macedonia e quello dei Greci collegati contro la Macedonia. Di essa possediamo solo una relazione, breve ma assai chiara e precisa, in Diodoro (XVI, 85, 86), oltre al cenno succinto di Plutarco (Aless., 9) e alle notizie frammentarie di Polieno (IV, 2, 2; 7) e di Frontino (II,1, 9).

Dopo aver ottenuto la capitolazione di Anfissa e di Delfi, Filippo accennò a marciare su Tebe, girando la posizione che gli alleati occupavano presso Parapotamioi (a nord-ovest del lago Copaide). Questi furono allora costretti a ripiegare su Cheronea e ad accettare qui battaglia campale. Le forze dei Macedoni ammontavano a 30.000 fanti e 2.000 cavalli; pressoché uguale era il numero degli alleati, il cui nerbo era costituito dagli eserciti dei Tebani (6-7.000 opliti) e degli Ateniesi (circa 8.000 opliti). Al momento della battaglia, i due eserciti si trovarono schierati lungo una linea, della lunghezza di circa 3 chilometri, fra Cheronea e il Cefiso: con fronte a nord-ovest gli alleati, a sud-est i Macedoni. Tenevano la destra, presso il Cefiso, i Tebani con Teagene avendo dinnanzi la sinistra macedone al comando del giovane principe Alessandro; la sinistra degli alleati era invece formata dai contingenti ateniesi, comandati da Carete, Liside, Stratocle; tenevano il centro gli alleati minori, fra i quali i Corinzî e gli Achei. Il re decise di spingere all'offensiva la sua ala sinistra contro i Tebani, tenendo egli fermo alla destra: la falange tebana non poté resistere all'impeto di Alessandro; il famoso "battaglione sacro" si lasciò distruggere sul posto. La sconfitta dell'ala destra costrinse il resto degli alleati alla fuga. Soltanto degli Ateniesi mille furono i morti, duemila i prigionieri. La via della Beozia fu così aperta al vincitore.

Il leone di pietra ancor oggi sorgente, ricomposto, a NE. di Cheronea non è forse un monumento ai caduti tebani, bensì quello eretto da Filippo in onore dei suoi caduti macedoni. Per identificarlo invece, secondo l'ipotesi tradizionale, col monumento ai Tebani, bisogna ammettere col Kromayer, nel secondo momento della battaglia, uno spostamento delle fronti e un arretramento dei Tebani sino al luogo segnato dal monumento stesso.

Bibl.: J. Kromayer, Antike Schlachtfelder, I, Berlino 1903, pp. 158 segg.; Sotiriadis, in Athen. Mittheilungen, XXVIII (1903), 301 segg.; J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., III, i, Berlino e Lipsia 1923, p. 567 segg., p. 299 segg. Per la topografia, E. Oberhummer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2033 segg.; per il monumento di Cheronea, Overbeck, Griech. Plastik, II, 147. Vedi anche: V. Costanzi, in Riv. di Filologia, 1923, p. 61 segg.

2. La seconda battaglia di Cheronea fu combattuta da Silla contro Archelao, generale di Mitridate re del Ponto, nell'anno 86 a. C. (prima guerra mitridatica). Le fonti che ne parlano si contraddicono in parte anche su punti meno secondarî. Varie ricostruzioni sono state proposte dai moderni. Alla vera e propria battaglia dette inizio la espugnazione romana di un presidio che Archelao aveva messo sopra il colle Ortopago a ovest della città. Poi il centro romano rese inefficace l'assalto dei carri falcati asiatici con un'abile manovra, che consisteva nell'allargare gl'intervalli delle file, così che i carri si avanzassero nel vuoto. In seguito, i due centri si azzuffarono, mentre la destra di Archelao aggirava la sinistra di Silla, minacciando seriamente di schiacciarla. Fu il momento critico. Silla si risolse a soccorrere la sua sinistra distaccando truppe dalla destra, riuscì nell'intento, ritornò a destra abbastanza presto da salvare anche quella. E da quella finalmente poté muovere all'offensiva, soverchiando il nemico, affaticato e turbato da manovre tanto ardite e tanto veloci. La sconfitta di Archelao determinò la fuga generale; un'ulteriore resistenza dentro l'accampamento risultò vana essa pure.

Fonti: Il racconto ci è dato da Appiano, Mitridatica, 42 segg., e da Plutarco, Silla, 16 segg., sulla cui validità i moderni dànno giudizi controversi. Vi si riflettono senza dubbio le Memorie dello stesso Silla.

Bibl.: Th. Reinach, Mithridate Eupator, Parigi 1890, p. 168 segg.; H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, I, Berlino 1920, 3°, ed., I, 471; J. Kromayer, Antike Schlachtfelder, II, Berlino 1907, p. 349 segg.; A. Ferrabino, in Memorie della R. Accademia di Torino, s. 2, LXV (1915), n. 5.

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