CORNIENTI, Cherubino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORNIENTI, Cherubino

Fernando Mazzocca

Nato a Pavia il 25 marzo 1816 da Luigi e da Paola Marazzi, fu molto presto incoraggiato al mestiere di pittore dalla famiglia di tradizione artigiana. Così nel 1828, non ancora dodicenne, venne accompagnato a Milano dal fratello maggiore Giuseppe, incisore.

Di Giuseppe mancano i dati biografici; di lui si conserva una buona e numerosa produzione di litografo ritrattista. Come tale viene citato anche da A. F. Sergent-Marceau nel Kunstblatt (1828, p. 234; 1829, p. 42; 1830, pp. 387, 411). Studiò presso la scuola d'incisione dell'Accademia di Brera, dove ebbe come maestro Giuseppe Longhi, e collaborò con Giuseppe Guioni, il litografo ticinese che diresse alla fine degli anni '20 il prestigioso stabilimento litografico Vassalli di Milano. Tra i suoi ritratti, forse il più celebre fu quello di Gian Domenico Romagnosi, pubblicato nel 1831 presso Pietro Bertotti, editore, con il quale Giuseppe collaborerà sino alla fine degli anni Quaranta. Tra i ritratti di personaggi contemporanei, si ricordano ancora quelli di Giocondo Albertolli (litografia Vassalli, 1828), Manzoni (1830), Giovanni Migliara (litografia Bertotti, 1832), Luigi Cagnola (litografia Bertotti, 1836) ed infine quello del fratello, eseguito presso la litografia Corbetta nel 1860, subito dopo la morte (Mostra d. maestri di Brera, 1975, p. 306).

Iscritto all'Accademia di belle arti di Brera, il C. subì il fascino di Hayez, di cui ammirava soprattutto l'espressionismo disegnativo proprio della produzione litografica (in particolare le tavole di illustrazione all'Ivanhoe, pubblicate da G. Vassalli a Milano tra il 1828 e il 1831), prendendo quindi le distanze dall'ancora classicistica tradizione bossiana e sabatelliana che continuava a dettar legge in ambito accademico. Il suo esordio alle esposizioni braidensi avvenne nel 1835 con otto ritratti in disegno, mentre nel 1836 ottenne ex aequo con D. Induno un premio di seconda classe per l'"azione aggruppata in disegno" e nel 1838 un nuovo riconoscimento per l'"invenzione a disegno". Ma solo nel 1839 (l'anno in cui D. Induno vinse il grande premio di pittura) il C. arrivò all'ambito traguardo del grande premio di disegno sul tema proposto: Enrico Dandolo, nonagenario e quasi cieco, portato trionfalmente in S. Marco ad assumere il comando della IV crociata (Accademia di Brera, Depositi). Nel 1842 tentò il concorso di pittura all'Accademia di Venezia, inviandovi il quadro storico Paolo Erizzo nell'atto che volge l'estremo addio alla figlia, un soggetto di storia veneta non molto noto (se ne conserva il bozzetto preparatorio presso la Pinacoteca Malaspina di Pavia). L'esito infelice della prova non gli impedì di concorrere e vincere il gran premio di pittura a Brera nel 1843 con Gian Giacomo Trivulzio innanzi a Luigi XII re di Francia ribatte le accuse del conte di Ligny (Milano, Accademia di Brera, in deposito presso l'Intendenza di Finanza; ill. 431 del catal. del 1975; una replica più tarda, nelle dimensioni di un bozzetto, è conservata presso la Pinacoteca Malaspina di Pavia), opera ancora densa di ricordi palagiani.

Questo successo gli fece ottenere, l'anno dopo, il pensionato per la pittura a Roma, dove terminò un quadro già iniziato a Milano per Giovanni Battista Brambilla e presentato poi a Brera nel 1845: Lodovico il Moro visita Leonardo da Vinci mentre dipinge il Cenacolo (Milano, coll. Brambilla, già in deposito alla Galleria d'arte moderna, dove attualmente si trova un probabile studio preparatorio), accolto come capolavoro innovatore, perché univa il romanticismo lombardo con il purismo romano, tramite la probabile influenza del Podesti. Il saggio del suo secondo anno di pensionato è il quadro La moglie del Levita di Efraim, inviato a Brera nel 1846 insieme a due "accademie disegnate dal vero" e a un disegno a matita rappresentante la "figlia di Jairo resuscitata dal Salvatore".

Con l'elezione di Pio IX, da lui accolta con entusiasmo, prese parte sempre più attiva alle nuove vicende politiche pubblicando una litografia allegorica per celebrare l'amnistia concessa dal pontefice. Nel 1848 rientrò a Milano, dove partecipò alle Cinque giornate, ma alla fine dell'anno tornò deluso a Roma. Qui rafforzò la sua amicizia con il pittore russo residente in Italia K. Brjullov, le cui opere come Gli ultimi giorni di Pompei e Ines di Castro (già esposte a Brera nel 1833 e nel 1834) avevano suscitato in lui una viva impressione. Da Roma inviava i suoi quadri a Milano: nel 1850, infatti, ricomparve a Brera con un "ritratto" di Urbano III, che era stato commissionato dal marchese Luigi Crivelli discendente del pontefice; nel 1851 è la volta di Rinaldo e Armida, soggetto riproposto ancora nel 1853. Frattanto si era cimentato anche nella pittura sacra con una pala eseguita nel 1850 per la chiesa di S. Alessandro a Milano, rappresentante la Vergine con i ss. Paolo, Agostino e Carlo, e con un affresco per il convento dei cappuccini di Tivoli (una lunetta con Cristo in Emaus, dove sono presenti riferimenti raffaelleschi). Intanto il Brjullov, che lo aveva seguito e consigliato nella preparazione del terzo saggio di pensionato, Mosè fanciullo calpesta la corona di Faraone (Milano, Brera) moriva nel 1852 a Manziana, presso Roma. Il C. eseguì il ritratto del cadavere (Roma, Gall. naz. di arte moderna; altra versione a Manziana, casa Tittoni) che inviò, insieme al suo saggio, all'Esposizione braidense del 1853, dove queste opere non furono accolte con favore, nonostante che il Mosè, stroncato da un severo giudizio della commissione accademica, nascondesse un'allegoria patriottica (Mongeri, 1861).

Nello stesso anno rientrò definitivamente a Milano, dove, trovandosi in difficoltà materiali e psichiche, venne aiutato dai suoi due più importanti mecenati: il Brambilla e Carlo Testori (con il quale scambiò una ricca ed interessante corrispondenza tra il 1850 e 1858, in parte pubblicata dal Nicodemi, 1931). Nella villa di quest'ultimo a Garlate presso Lecco egli dipinse nel 1854 le allegorie dell'Abbondanza (tema che secondo Mongeri aveva già affrontato a Roma in una certa villa Cacciarini, di cui si è persa traccia), dove sono rappresentati i prodotti sericoli ed agricoli della Lombardia, dell'Industria serica (1858) accompagnata dal Commercio e dalla Ricchezza. Sempre ad affresco dipinse dei Putti in casa Brambilla ed ancora le Storie di Prometeo avilla Testori, che furono tra le sue opere di maggior impegno, dove si avvicinava agli esiti di pittori tedeschi contemporanei come Kaulbach, Hess e Schnorr. Quest'ultimo affresco è diviso in cinque scomparti rettangolari con le vicende del mitico eroe, mentre nello scomparto centrale, con figure grandi al naturale, è la rappresentazione allegorica dell'Immortalità tra la Giustizia e la Storia. Nel 1855 rientrò momentaneamente a Pavia per la stima delle opere di Pasquale Massacra che erano state lasciate alla scuola di pittura.

Nel frattempo il C. aveva rinunciato ai grandi quadri storici, per specializzarsi nei bozzetti relativi alle vite dei grandi artisti. Del 1856 sono Michelangelo in atto di mostrare il Mosè a Paolo III; Raffaello visitato da Giulio II mentre dipinge l'Eliodoro, esposti a Brera insieme ad un Ritratto della defunta signora B. T., distinta benefattrice del Pio Istituto tipografico; La Preghiera. Costume romano; Ragazza che custodisce un bambino mentre aspetta l'amante; La moglie del brigante; l'Annunciazione e la Natività per la chiesa di Malgrate. Nel 1857 presentò altri due bozzetti: Leonardo da Vinci nel refettorio delle Grazie (Milano, Galleria d'arte moderna, ill. p. 434 del catal. del 1975), Michelangelo mostra al papa i cartoni del Giudizio (Milano, Gall. d'arte mod.), insieme al tema storico romanzesco Le ultime ore della regina Giovanna Grey. Nel 1858 è la volta di un saggio più impegnativo, eseguito su commissione del Brambilla, Leonardo da Vinci mostra a Lodovico il Moro le chiuse del Naviglio della Martesana (Milano, coll. Brambilla; ne esistono due studi presso la Galleria naz. d'arte moderna). Nel 1859 terminava un affresco, rappresentante la Musica, nella villa di Francesco Lattuada presso Casatenovo, mentre una piccola retrospettiva delle sue opere venne allestita a Brera.

Morì a Milano il 12 maggio 1860, alla vigilia della partenza per Bologna, dove era stato nominato, anche per i suoi meriti patriottici, professore di pittura all'Accademia Clementina.

Tra le opere elencate come incompiute dal Mongeri abbiamo un'Adultera e Bonifacio VIII assalito nelle sale del Vaticano... (Milano, Galleria d'arte moderna, Depositi).

Amico di A. Maffei, V. Vela, G. Rovani, L. Borro, il C. occupa una posizione singolare nell'ambito della pittura del romanticismo storico, testimoniando il passaggio dal quadro di impostazione accademica alla libertà strutturale e di stesura propria del bozzetto, anticipando i più tardi esiti di Faruffini e degli scapigliati.

Fonti e Bibl.: Oltre ai cataloghi della Esposizione ... nella Galleria dell'I. R. Accademia dibelle arti, Milano 1835, 1836, 1838, 1839, 1843, 1845, 1850, 1851, 1853, 1856-59, si veda: G. Mongeri, C. C. pittore..., Milano 1861; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli art. nelle prov. di Lombardia dal 1777 al 1862, Milano 1862, pp. 72 s.; C. Dell'Acqua, Ricordi stor.-biogr. pavesi, Pavia 1870, pp. 150 ss.; V. Bignami, La pittura lombardadel sec. XIX, Milano 1900, pp. 57 ss.; G. Natali, C. C., in Boll. d. Società pavese di storia patria, XI (1911), pp. 414-418; G. Nicodemi, Quarantalettere di C. C. e del suo amico C. Testori, in Miscellanea... in on. di E. Verga, Milano 1931, pp. 213-39; C. Accetti, Un precursore della scuola diPavia, C. C., in Il Popolo d'Italia, 15 maggio 1937; M. Merlo, C. C., pittore pavese dell'Ottocento, in Ticinum, maggio 1937; U. Ojetti, T. Cremona egli artisti lombardi del suo tempo, Milano 1938, p. 47; C. Accetti, Disegni di C. C., in L'Esameartistico letterario, VI (1939), pp. 301-06; Id., C. C., Lecco 1939; D. Bonardi, C. C., in Corr. della sera, 7 giugno 1940; D. Morani, Diz. d. pitt. pavesi, Pavia 1948, p. 47; C. C., e i pitt. pavesi dell'Ottocento (catal.), Pavia 1960; G. Nocca, C. C. e i pitt. pavesi dell'Ottocento, in Regisole, novembre 1960, pp. 4 s.; E. Piceni-M. Cinotti, in Storia di Milano, XV, Milano 1962, pp. 476-478; V. Inzaghi, Medaglioni biogr. di ill. pavesi, Pavia 1970, pp. 79 ss.; Musei e Gallerie di Milano, L. Caramel-C. Pirovano, Galleria d'arte moderna, Opere dell'Ottocento, Milano 1975, I, p. 43, tavv. 535-45; Museo ... alla Scala, Milano 1976, I, p. 115, tavv. 226 s., e ad Ind.; Mostra dei maestri diBrera (catal.), Milano 1975, pp. 197-200, (p. 306 per Giuseppe); A. Sartori, in Pavia. Centoanni di cultura artistica (catal.), Milano 1976, pp. 31, 35. 38-43, 172; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 441 s. (anche per Giuseppe).

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