CHINELLI

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CHINELLI (Del Chino nella prima metà del XVI secolo)

Marco Morin

Dinastia di fabbricanti d'armi - in genere maestri di canne e, nel XVII secolo, anche di proiettili d'artiglieria - di Gardone Val Trompia (Brescia).

Il primo personaggio noto è, forse, Giovanni (Zuan) Del Chino, maestro di balestre nella seconda metà del XV secolo. Seguono un maestro di canne Geronimo che nel 1533 fornì archibugi per l'armeria del Consiglio dei dieci in Venezia; un Giovanni Battista che nel 1542 venne chiamato a Firenze da Cosimo I per impiantare una fucina da canne; un Venturino che nel 1546 fornì 4.000 archibugi a Pier Luigi Farnese.

Nel XVII secolo i C. consolidarono notevolmente la loro posizione economica diventando una delle più potenti famiglie di Gardone. Celebri, nelle cronache della Val Trompia e di Brescia, rimasero i cruenti scontri che si verificarono tra membri della famiglia e i rivali Ferragli e Rampinelli. Si ricordano un Giuseppe ucciso nel 1630, un Angelo che nel novembre 1641 uccise il ben noto Lazarino Cominazzi, un Camillo, pure coinvolto nella sanguinosa faida, un secondo Angelo, protagonista nel 1695 di una sparatoria insieme con numerosi membri di altre importanti famiglie di maestri di canne (Antonio e Giacomo Francino, Bartolomeo Beretta, Pietro e Bartolomeo Cominazzi, e altri).

Nel 1643 tra i "capi maestri principali si trovano un Lorenzo, un Andrea e un Appollonio. La famiglia controllava alcuni degli otto "fuoghi grossi" dove si producevano per fusione le piastre che poi venivano trasformate in canne.

A causa della distruzione degli archivi comunale e parrocchiale di Gardone risulta praticamente impossibile ricostruire con un minimo di attendibilità la genealogia della famiglia e ci si deve limitare quindi ad una elencazione di componenti ricavata dalle rare firme riscontrate su canne esistenti e da sparsi documenti di archivio. Oltre ai C. sopra indicati, si ha notizia di Appollonio (1602), Andrea (1648), Hieronimo di Lodovico (1619), Antonino (1773), Alberto, Camillo, Ercole, Francesco, Gabriello, Gio.Batta, Giulio Cesare, Lodovico, Paolo, Pietro Paolo, Tomaso.

A partire dal settembre 1656 Lorenzo iniziò a fondere palle da cannone e bombe per il governo di Venezia, associandosi poi il fratello Ottavio. Nel 1661, ritenuto responsabile da Giulio Rampinelli della fuga della di lui figlia Lucia, fu oggetto di un attentato da parte di sicari del Rampinelli stesso ma rimase miracolosamente illeso. Continuando a, espandere le sue iniziative industriali e commerciali, negli anni seguenti prese anche in appalto diversi "tezoni" (nitriere artificiali) del territorio bresciano. Nel 1665 lo si trova associato nella fabbricazione di bombe con Agostino Rampinelli: ambedue vantavano crediti nei confronti della Repubblica per una somma di 5.750 ducati. Nel 1675 Lorenzo, insieme con il fratello Ottavio, presentava una supplica al capitanio di Brescia chiedendo il pagamento di cospicui arretrati.

L'ultima notizia che si ha di Lorenzo risale al 1678 quando, con il fratello Ottavio, chiese al Senato di Venezia il regolare e puntuale pagamento delle bombe fornite.

Dietro richiesta dei provveditori alle Artiglierie di Venezia, Ottavio tentò nell'agosto del 1683, ma senza successo, di fondere un mortaio in ferro da cento libbre. Particolarmente bene riuscirono invece le numerosissime bombe da 500 e 1.000 libbre realizzate secondo il progetto del conte di San Felice. Con una di queste, nel 1687, verrà colpito il Partenone. L'ultimo appalto noto a Ottavio risale al 1692, anno probabile della sua morte.

Nel 1605 risulta già attivo Paolo, figlio di Tomaso (Morin, 1977), inventore di un nuovo tipo di moschetto, più corto e più leggero di quelli allora in uso (Gaibi, 1978, figg. 308 s.). Ebbe privilegio di privativa, pensione e contratto di fornitura dal Senato veneto nel 1620.

Agli inizi del 1625 venne coinvolto in un traffico d'armi tra Mantova e Milano: si trattava di vecchi archibugi fuori uso, ma la questione si risolse solo due anni più tardi con la restituzione delle armi sequestrate. Sempre nel 1625 Paolo tentò di far emigrare a Milano alcuni maestri da canne gardonesi; nel settembre passò a Genova, forse per ragioni di commercio. Dopo esser tornato in patria, nel giugno 1629 partì con altri maestri per la Savoia, per poi stabilirsi a Milano dove rimase, quale "ingegnere delle artiglierie", fino al 1636. Tornato a Gardone, chiese ed ottenne gli arretrati della sua pensione ma venne contemporaneamente invitato ad adempiere al vecchio contratto.

In data 22 ag. 1642 il Senato decise di non applicare le penali contrattuali ma lo invitò a soddisfare il suo debito di cinquecento moschetti. L'ultima notizia che si ha di lui risale al 18 marzo 1643, quando gli venne confermato il privilegio di privativa e la pensione di 6 ducati il mese.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei Dieci,Dispacci rettori, buste 19, 29, 30, 33, 38; Ibid., Inquisitori di Stato, buste 20, 229, 230; Ibid., Senato,Deliberazioni Mar, regg. 135, 137, 149; Ibid., ibid., Deliberazioni Terra, regg. 103, 107, 113, 119, 125, 126, 154, 156, 166, 168, 170, 174, 179, 180, 193, 194, 195, 206, 207, 209, 210, 212, 215; Ibid., ibid., Dispacci Rettori Brescia, buste 19, 25, 26, 27, 29, 31, 37, 38, 45, 50, 61, 64, 65, 72, 74, 75, 79, 88, 91, 92, 95; C. Quarenghi, Tecnocronografia delle armi da fuoco italiane, in Atti del Regio Istituto d'incoraggiamento di Napoli, s. 2, XVII (1880), 1, pp. 53-307; XVII (1881), 2, pp. 5-191; J. Støckel, Haandskydevaabens Bedømmelse, København 1938, p. 59; E. Malatesta, Armi e armaioli d'Italia, Roma 1939, pp. 104 s., R. Gardner, Small Arms Makers, New York 1958, p. 245; A. Gaibi, I C. inventori e fabbricanti di armi da guerra, in Armi antiche, Torino 1966, pp. 71-88; Id., Le armi da fuoco portatili ital., a cura di M. Morin, Milano 1978, figg. 55, 98, 294, 308 s., 443, 600 s.; M. Morin, La pistola di Tomaso C., in Diana Armi (Firenze), 1977, n. 8, pp. 41 ss.; M. Morin-R. Held, Beretta,la dinastia ind. più antica al mondo, Chiasso 1980, pp. 45 ss.

CATEGORIE