CIAGHATAICO o Giaghataico

Enciclopedia Italiana (1931)

CIAGHATAICO o Giaghataico

Luigi Bonelli

Lingua letteraria turca (v. turche, lingue) dell'Asia Centrale, elaboratasi principalmente sotto i Timuridi e la cui area coincideva, però solo approssimativamente, col territorio che Giaghatāi, figlio di Genghīz Khān, dal quale essa prese il nome, ereditò da suo padre: si considerano infatti come ciaghataiche anche opere provenienti dall'antico khanato di Chiva, e Herāt, che, come Chiva, esorbita da quel territorio, ma fu uno dei centri più attivi di quella letteratura. In senso lato si dicono ciaghataiche anche tutte quelle produzioni turche centralasiatiche dei secoli XIII-XVIII, la provenienza e la lingua delle quali non si prestano, per ora, a una più precisa determinazione.

L'epoca del migliore sviluppo di questa letteratura che è in massima parte un riflesso di quella persiana, va dal regno di Tamerlano (della cui autobiografia in ciaghataico si ha solo una versione persiana) fino a quello di Bāber, e poiché da fonti storiche risulta che l'area di cui sopra era abitata, in quell'epoca, da elementi etnici svariati parlanti naturalmente dialetti diversi, la lingua letteraria suddetta risente di tali varietà dialettali, delle quali può considerarsi un risultato, però artificiale. Notevole negli scrittori ciaghataici, come del resto in genere fra i Turchi, eminentemente conservatori (tipici i Tatari di Kazan′), è la tendenza ad usare forme arcaiche e, oltre a ciò, una quantità enorme di voci e locuzioni arabe e persiane. Benché quasi tutte le opere di coloro che più illustrarono quella letteratura nei secoli XV-XVII (come il poeta e uomo di stato Mir Ali Shīr Nevā'ī, il sultano Bāber, lo storico Abū'l-Ghāzī, ecc.), assieme con moltissime opere minori, siano giunte fino a noi, è da supporre che una quantità forse ancora maggiore ne sia andata perduta per la pedanteria di dotti aventi in dispregio la lingua volgare. Alcune opere (come il Mi rāéǵnāmeh, raccontante l'ascensione di Maometto al cielo, la Tedhkereh-i Evliyā o raccolta di biografie di santi e il Bakhtiyārnāmeh di genere narrativo) sono redatte in caratteri nigurici, procedenti però in linee orizzontali, da destra a sinistra; tuttavia, nel periodo aureo della letteratura, l'uso dell'alfabeto arabo divenne generale e quasi esclusivo: l'ortografia dei vocaboli turchi è però solo convenzionale e spesso incoerente.

La letteratura ciaghataica moderna (ossia l'uzbeca e la sartica), succeduta alla precedente, conserva generalmente le stesse caratteristiche di quella dei secoli XV e XVI; così i popoli turchi che hanno preso a scrivere la propria lingua (a Kazan′ e nelle repubbliche recenti di Turkmenistan, Uzbekistan, Azerbaigian e Crimea), compresi i Kirghisi, subiscono ancora l'influenza di quell'antica letteratura, che però va sempre più cedendo il posto ai dialetti locali e al turco di Costantinopoli.

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