Cina. L'archeologia storica

Il Mondo dell'Archeologia (2005)

Cina. L'archeologia storica

Maria Luisa Giorgi
Sabrina Rastelli
Ho Chui Mei
Filippo Salviati

L'archeologia storica

di Maria Luisa Giorgi

Il ii millennio d.c.

L'archeologia storica cinese è stata forse più di ogni altra branca della disciplina influenzata dall'eccezionale sviluppo economico verificatosi nel corso degli anni Ottanta e Novanta del Novecento; molti interventi sono stati dettati dall'urgenza di salvaguardare siti minacciati da scavi clandestini, molti altri dalla necessità di seguire lavori di costruzione di opere di ogni genere, altri ancora fanno parte di organici piani d'intervento che hanno portato alla luce resti di città, necropoli, strutture artigianali e industriali riferibili all'intero arco del II millennio d.C.

Uno dei maggiori progetti di ricerca nel settore dell'archeologia urbana di piena età storica ha avuto per oggetto (1991-92) la capitale della dinastia Song Settentrionali (960-1127), Bianliang, coperta dall'odierna città di Kaifeng (Luoyang, Prov. di Henan). L'indagine dei resti, situati a 8-10 m dalla superficie attuale, è resa difficile dalla presenza di edifici moderni; ciò nonostante sono state portate alla luce due porte della cinta muraria esterna e sono stati individuati i resti del palazzo imperiale, del giardino imperiale intorno al laghetto Jinming e di altri complessi architettonici. I nuovi dati hanno dimostrato che, contrariamente a quanto si riteneva, all'interno della città erano presenti due cinte murarie, quella del palazzo e quella, più esterna, della città imperiale.

Le indagini a Lin'anfu (od. Hangzhou, Prov. di Zhejiang), capitale della dinastia Song Meridionali (1127-1279), iniziate negli anni Ottanta, hanno individuato le mura urbane più esterne, il tratto est, nord, parte di quello ovest e due porte della città imperiale, al cui interno sono stati scavati le fondamenta del palazzo e un complesso amministrativo. Sono stati inoltre portati in luce il tempio ancestrale della dinastia e, esterne alla città, le fornaci imperiali con le relative officine. Un altro rilevante progetto è stato quello che ha interessato la capitale della dinastia Jin (1115-1234): le prospezioni, iniziate negli anni Cinquanta, sono continuate negli anni Sessanta e Novanta, quando lo scavo della chiusa è stato incluso tra le dieci maggiori scoperte archeologiche del 1990. Inoltre, l'analisi locazionale delle oltre 200 città Jin, nella sola Provincia di Heilongjiang, ne ha rivelato il pianificato dislocamento, con spiccate caratteristiche difensive, lungo le principali vie di comunicazione intorno alla Capitale Superiore (Shangjing). Un'altra scoperta importante è stata quella della "capitale" della dinastia Yuan (1279-1368) nella Provincia di Hebei. Complessivamente sono state indagate più di 260 città risalenti alle dinastie Liao (907-1125) e Jin nella Provincia di Jilin, e oltre 100 nel Liaoning; nella Mongolia Interna sono state portate alla luce una trentina di città Yuan e ne sono state individuate molte di epoca Jin. Ricerche sono state condotte anche nelle regioni di confine, dove fiorirono indipendenti entità politico-territoriali di cultura non cinese (sebbene da questa fortemente influenzate): nella Provincia di Yunnan, ad esempio, sono stati scoperti siti e strutture architettoniche riferibili ai regni di Nanzhao (748-960) e Dali (960-1254); scoperte dello stesso tipo e rilevanza sono avvenute in Tibet, come, ad esempio, nella zona di Ali, dove è stata indagata la sede del regno di Guge (IX-XVII sec.).

Nel corso degli anni Novanta moltissimi scavi hanno interessato sepolture delle dinastie Song, Liao, Jin, Yuan, Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), tanto che gli archeologi cinesi stimano che nell'ultimo decennio del Novecento sia stato portato alla luce un numero di tombe pressoché pari al totale di quelle scoperte dal 1900 al 1990. Gli scavi hanno portato alla luce sia manufatti di grande pregio tecnologico, artistico e storico, sia pitture e rilievi parietali; inoltre, poiché le sepolture dell'aristocrazia e di funzionari statali nella maggior parte dei casi sono precisamente datate da epitaffi o iscrizioni eulogiche, è stato possibile stabilire l'esatta età dei manufatti facenti parte dei corredi, fornendo così prezioso materiale di confronto per studi storici e storico-artistici. Uno dei ritrovamenti di maggior rilievo è stato quello delle tombe imperiali della dinastia Song Settentrionali (distretto di Gongxian, Prov. di Henan). Sondaggi preliminari datano agli anni Cinquanta; successivamente sono state scavate le tombe di due principi e di un'imperatrice e nelle vicinanze dei sepolcri sono state scoperte la cava di pietra utilizzata per la costruzione dei lingyuan (giardini funerari o mausolei) e la fornace per la cottura di tegole e mattoni dei relativi templi funerari. Negli anni Novanta gli scavi si sono concentrati sugli edifici di culto funebre facenti parte dello Yongdingling, il mausoleo dell'imperatore Song Zhenzong (998-1022). Si è potuto così appurare che l'intero lingyuan dei Song Settentrionali si compone di quattro recinti, con un totale di otto tombe, sette delle quali imperiali, disposte da sud-est a nord-ovest e tutte con una struttura simile: ognuna è formata da un palazzo superiore (shanggong) con due ingressi in sequenza, forniti di due torri (que) ciascuno, che danno accesso alla "via sacra" (shendao). Quest'ultima, fiancheggiata da sculture di pietra (ne sono state scoperte in totale 812), conduce a una cerchia di mura turrite, al centro della quale sorge una piattaforma a tre gradoni digradanti sulla quale si ergeva il tempio funerario. A nord-ovest del palazzo superiore era situata la tomba ipogea detta "palazzo inferiore" (xiagong). A nord-ovest delle tombe degli imperatori sono state individuate le sepolture delle imperatrici e, dietro a queste, altre tombe secondarie: tale impianto, con le sepolture delle imperatrici poste nel recinto del mausoleo imperiale, è piuttosto singolare, ripreso solo nelle tombe imperiali della dinastia Qing. Un altro singolare elemento rituale riguarda la dislocazione delle tombe, che sembra fare eccezione alle regole geomantiche del fengshui: le sepolture sono infatti situate in un terreno digradante verso nord, con le montagne a sud e un corso d'acqua a nord. I recenti scavi hanno permesso di comprendere, poi, l'evoluzione della camera funeraria, che anteriormente al periodo dell'imperatore Taizong (976-997) è singola e di mattoni, fino a Renzong (1023-1063) è ancora singola, ma di pietra, e dopo Yingzong (1064-1067) diventa doppia e a due piani. Si è inoltre chiarito che le diverse dimensioni delle tombe secondarie rispecchiano distinzioni di rango tra concubine e tra funzionari di vario grado. Oltre al mausoleo imperiale, numerose sono le sepolture singole o in gruppo riferibili a membri dell'aristocrazia o personaggi di rango elevato dell'epoca Song Meridionali: ad esempio, le tombe di An Bing e dei suoi familiari in Sichuan, la tomba del maestro taoista Lingbao a Zhangshu nel Jiangxi, la tomba del primo ministro di destra Zhao Xiong a Zizhong nel Sichuan.

Ritrovamenti eccezionali sono quelli relativi al periodo della dinastia Khitan dei Liao; di particolare rilievo due siti nei pressi della città di Chifeng (Mongolia Interna), zona in cui era stanziata originariamente l'etnia Khitan, entrambi risalenti al primo periodo dinastico: una necropoli nobiliare a Baoshan e la tomba di Yelü Yu che, datata al 941 e ricca di dipinti murali, ha restituito una lunga iscrizione e più di 300 preziosi oggetti di corredo. Altre importanti sepolture di epoca Liao sono state scavate nel Liaoning e nel Hebei. A sud della Grande Muraglia, nelle regioni tradizionalmente abitate dall'etnia cinese Han, il ritrovamento più rilevante è stato quello della necropoli Liao di Xiabali, con tombe ornate da splendidi dipinti murali; analoghe pitture con scene di vita quotidiana sono state rinvenute anche nella Provincia di Shanxi in una tomba Liao a Shuozhou. Tombe riferibili alla dinastia Jin, alcune delle quali datate, sono state portate alla luce nelle province di Shanxi, Shaanxi, Henan e Shandong; molte presentano pitture o bassorilievi scolpiti sul rivestimento a mattoni delle pareti, con temi ispirati alla vita quotidiana, compresi danze, esercizi acrobatici ed esibizioni musicali e teatrali. Anche per il periodo mongolo della dinastia Yuan sono state scoperte grandi sepolture di personaggi di rango, come quella all'interno del Palazzo d'Estate (Yiheyuan) a Pechino, appartenente al primo ministro di sinistra Yelü Zhu, o quella, nelle vicinanze della città di Shijiazhuang (Prov. di Hebei), del primo ministro Shi Tianze, o la tomba del calligrafo Xian Yu'ou a Hangzhou (Prov. di Zhejiang). Nonostante le molte ricerche di studiosi sia cinesi che stranieri, non sono state ancora individuate invece le tombe degli imperatori e dei nobili mongoli che, come riportano le testimonianze storiche, furono sepolti in segrete località sugli altipiani della Mongolia. Sono stati rinvenuti però un altare per le offerte agli antenati nelle vicinanze della Capitale Superiore Yuan e, in Mongolia Interna, i resti di una struttura di grandi dimensioni, formata da quattro siti con un muro di cinta di pietra di pianta ovale, sculture di marmo e un altare. Singolare è la scoperta che, tra la dinastia Yuan e la dinastia Ming, tra il 1312 e il 1486, nella penisola di Jiaodong (Prov. di Shandong) era in uso un tipo di sepoltura a forma di pagoda quadrata, in cui il defunto era sepolto, spesso seduto, in un vano sotterraneo di pietra a pianta trapezoidale.

Alcune tombe appartenenti all'etnia dei Jurchen, datate all'epoca Ming, sono state rinvenute in due siti della Provincia di Jilin: le sepolture, a fossa verticale, con defunto supino a membra distese, erano accompagnate da armi e strumenti per la caccia che ne confermano il ruolo nell'economia pastorale dei Jurchen, fondatori nel 1644 della dinastia Qing. Per il periodo della dinastia Ming si è data la precedenza allo scavo di tombe di particolare interesse, tralasciando quelle di gente comune; ad esempio, due sepolture principesche a Jiangling (Prov. di Hubei) e due nella Provincia di Sichuan, dove le tombe, a più camere, hanno strutture di pietra che imitano quelle lignee. Un'altra categoria di sepoltura oggetto di scavo è quella delle tombe degli eunuchi: dagli anni Cinquanta ne sono state scoperte oltre un centinaio nelle vicinanze di Pechino e altre nella vicina Provincia di Hebei. Pur essendo i risultati di tali scavi inediti, sappiamo che le tombe avevano una sola camera rettangolare, di pietra o mattoni, che ospitava il sarcofago di legno e il corredo composto da statuine fittili o lignee, pendenti da cintura di giada, porcellane, sete e oggetti di ambito imperiale con la marca dell'anno di regno. Nelle vicinanze di Nanchino sono state indagate diverse tombe di personaggi eminenti, soprattutto del primo periodo della dinastia: la struttura è a camera singola a pianta rettangolare, a camera doppia con soffitto a volta, o con camera di mattoni e soffitto di pietra; la grandezza varia in funzione dell'importanza del defunto e i corredi erano composti da suppellettili di stagno, bronzo, argento e oro e da cinture d'oro a castoni di giada. Anche in questo caso gran parte dei dati di scavo è inedita.

In occasione di interventi di conservazione e restauro di alcune pagode è stato possibile avere accesso a manufatti rituali e "reliquie" contenuti in depositi votivi alla base delle pagode stesse; sono state oggetto di indagini pagode risalenti alla dinastia Song Settentrionali nelle regioni del Zhejiang, del Hubei e dello Shanxi, pagode di epoca Liao nella Mongolia Interna e in prossimità di Tianjin e di Pechino e due pagode di epoca Ming a Shanghai. Nella Regione Autonoma di Ningxia Hui sono state indagate pagode risalenti alla dinastia tanguta degli Xia Occidentali (Xi Xia, 1032-1227); di particolare rilievo sono la pagoda Hongfota e la pagoda Goufangta del tempio Baisi (distretto di Helan); quest'ultima, andata distrutta nel 1990, ha permesso il ritrovamento di tessili, dipinti e testi in lingua cinese e tanguta, tra cui si segnala quello buddhista tradotto dal tibetano e stampato con matrici di legno a caratteri mobili, una tecnica che si faceva risalire ad alcuni decenni più tardi, all'epoca della dinastia Yuan.

Molti sono i ritrovamenti relativi ai trasporti e alle vie di comunicazione fluviali interne e marittime: per la prima volta è stato portato alla luce un molo fluviale di epoca Song e un ritrovamento analogo è stato effettuato nel 2000 nei pressi della città di Zhengzhou (Prov. di Henan). Nella Provincia di Shanxi, tra il 1996 e il 1997, sulle due rive del Huanghe sono state scoperte le tracce degli antichi sentieri usati per trascinare da riva le barche tramite funi; altri 14 tratti di sentiero sono stati scoperti nel Henan. In entrambi i casi sono presenti iscrizioni rupestri che datano dal periodo degli Han Orientali (25-220 d.C.) fino ai primi decenni del XX secolo. Inoltre, gli studiosi dell'Istituto di Ricerca e Conservazione di Architettura Antica della Provincia di Henan hanno postdatato al periodo Song-Jin il ponte di pietra di Linying (Prov. di Henan), prima considerato di epoca Sui (581-618). Per quanto riguarda i trasporti marittimi, al largo delle province di Shandong, Fujian e Guangdong sono stati individuati i siti di diversi naufragi e nel 1992 sono state condotte le prime ricerche subacquee nelle acque prospicienti il Liaoning, che hanno portato al rinvenimento di un carico di porcellane Cizhou di epoca Yuan, dando inizio a una nuova fase di studi sui commerci e le relazioni marittime dell'antica Cina. Le prime ricerche in oceano aperto, parte del Progetto Archeologico per le Isole del Mare Meridionale del Museo di Storia della Cina, sono state effettuate alla fine del 1998 nelle acque dell'arcipelago delle Xisha (o Paracelsus), dove sono stati rilevati 13 siti a profondità variabili da 1 a 35 m, databili dal X al XIX secolo: in alcuni casi si tratta di porcellane sparse, forse trascinate dalla corrente, in altri dei resti di naufragi ancora in situ consistenti nelle imbarcazioni e nel vasellame di porcellana che ne costituiva il carico. Nonostante gli squarci provocati su alcuni scafi dall'esplosivo che ha causato la frantumazione del vasellame, a testimonianza dell'attività dei cercatori clandestini, i reperti raccolti ammontano a oltre 1500: oltre ad avori, manufatti di ferro e di stagno, la gran parte sono porcellane (céladon, yingqing, porcellane bianche e bianche e blu) provenienti soprattutto da fornaci popolari del Guangdong, del Jiangxi e del Fujian.

Resti di attività estrattive, di raffinamento e fusione dei metalli sono stati rinvenuti nello Shandong e in vari distretti del Henan: in questa regione, in particolare, sono stati scoperti forni di fusione del ferro e resti relativi alla produzione di argento, oro e zinco; miniere a cielo aperto e forni per la fusione di ferro sono stati trovati anche nel Jiangxi. I ritrovamenti nell'Anhui dimostrano che la produzione del rame in questa regione, raggiunto l'apice all'epoca delle dinastie Han e Tang, declinò sotto i Song, probabilmente per l'esaurimento delle vene metallifere. Dopo l'individuazione tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento di gran parte delle principali fornaci della Cina antica, negli anni Ottanta e Novanta si è dato avvio allo studio e allo scavo dei siti manifatturieri: in Mongolia Interna sono stati messi in luce forni datati alle epoche Liao, Jin e Yuan, in vari siti del Henan sono stati indagati forni di epoca Tang, Song e Yuan e altre fornaci sono state scavate nei territori di Ningxia Hui, Hebei, Shaanxi, Shanxi, Zhejiang, Fujian, Anhui, Hubei, Jiangxi, Guangdong, Guangxi Zhuang, Sichuan; ritrovamenti sono stati effettuati anche a Hong Kong e a Pechino, dove è stato rinvenuto un forno che produceva porcellane a invetriatura ferruginosa, dello stesso tipo di quelle céladon di Longquan, in epoca Liao e Jin.

I molti ritrovamenti hanno consentito di approfondire la conoscenza di alcune produzioni: ad esempio, le indagini nelle fabbriche imperiali di porcellana di Jingdezhen, datate all'epoca Ming, avendo portato al rinvenimento di grandi quantità di prodotti del periodo degli imperatori Hongwu (1368-1398), Yongle (1403-1424), Xuande (1426-1435) e Chenghua (1465-1487), hanno permesso di fissare con relativa sicurezza al secondo anno di Hongwu l'inizio del monopolio imperiale. Gli scavi nel Fujian hanno portato a individuare in Zhangzhou uno dei luoghi di produzione delle porcellane del tipo Bianco e Blu esportate in Giappone e nell'Asia Sud-Orientale in epoca Ming e Qing e di altri coevi tipi di vasellame di porcellana con decorazione a smalti policromi prodotti per il mercato giapponese. Una delle scoperte più importanti dell'ultimo decennio è stata quella di una fornace con annesse officine, nei pressi della città di Baofeng (Prov. di Henan), per la produzione di vasellame di porcellana del tipo noto come ru, usato a corte nell'epoca della dinastia Song Settentrionali. Un'altra eccezionale scoperta (1999-2000) è stata quella della fornace Laohudong a Hangzhou, presso il palazzo imperiale dei Song Meridionali, dove sono stati rinvenuti manufatti di porcellana di epoca sia Song sia Yuan. Gli archeologi cinesi hanno identificato il sito con la manifattura imperiale Xiuneisi, una delle due fornaci imperiali della dinastia Song Meridionali. Di pari importanza è stato lo scavo della fornace, e relativa officina, di Shanglinhusi (Prov. di Zhejiang), specializzata nella produzione di porcellane con invetriature del tipo yue, anch'esse destinate alla corte dei Song Meridionali.

Bibliografia

Città:

Jiangsu Yangzhou Song sancheng de kantan yu shijue [Prospezioni e sondaggi delle tre cinte murarie Song a Yangzhou, Jiangsu], in Kaogu, 7 (1990), pp. 608-13; Guge gucheng [L'antica città di Guge], Beijing 1991; Bei Song Dongjing waicheng de kantan yu shijue [Prospezioni e indagini sulla cinta esterna della capitale orientale dei Song Settentrionali], in Wenwu, 5 (1996), pp. 69-75; Luoyang Songdai yashu tingyuan yizhi fajue jianbao [Sullo scavo di una struttura amministrativa con giardino della dinastia Song a Luoyang], in Kaogu, 6 (1996), pp. 1-5; Bei Song huangling [Le tombe imperiali dei Song Settentrionali], Beijing 1997; Yang Yulin, 20 shiji Henan kaogu faxian yu yanjiu [Scoperte e ricerche nel Henan nel XX secolo], Zhengzhou 1997; Yangzhou Song dacheng ximen fajue baogao [Relazione dello scavo della porta occidentale della grande cinta muraria Song a Yangzhou], in Kaogu Xuebao, 4 (1999), pp. 487-517.

Pagode:

Ningxia Helanxian Baisi Goufangta feixu qingli jiyao [Sommario delle indagini della pagoda Goufangta del tempio Baisi, distr. di Helan, Ningxia], in Wenwu, 9 (1994), pp. 4-20; De Xin, Nei Menggu Bali youqi Qingzhou baita faxian Liaodai fojiao Wenwu [Scoperta di reperti buddhisti di epoca Liao nella Pagoda Bianca di Qingzhou, nella Bandiera Destra di Bali, Mongolia Interna], ibid., 12 (1994), pp. 4-33; Wang Youquan, Beijing Miyun Yexianta taji qingli jianbao [Breve rapporto sull'indagine della base della pagoda Yexianta del Miyun, a Pechino], in Kaogu, 2 (1994), pp. 58-61; Qiao Zheng'an, Shanxi Linyi shuangtasi Bei song taji digong qingli jianbao [Breve rapporto sull'indagine del "palazzo celeste" alla base della pagoda del Tempio delle Pagode Gemelle dei Song Settentrionali a Linyi, Shanxi], in Wenwu, 3 (1997), pp. 35-53; Shanghai Jiading Fahuata Yuan Ming digong qingli jianbao [Breve rapporto sull'indagine del "palazzo sotterraneo" della pagoda Fahua di Jiading a Shanghai], ibid., 2 (1999), pp. 4-15; Shanghai Songjiang Lita Mingdai digong qingli jianbao [Breve rapporto sull'indagine del "palazzo sotterraneo" della Pagoda Li sul fiume Songjiang a Shanghai], ibid., pp. 16-31.

Tombe:

Dingling [Le tombe imperiali di Dingling], Beijing 1990; Zhang Yulan, Hangzhoushi faxian Yuandai Xian Yushu mu [Scoperta ad Hangzhou la tomba di Xian Yushu della dinastia Yuan], in Wenwu, 9 (1990), pp. 22-25; Cheng Wenhong, Anhui Wangjiang faxian yizuo Bei Song mu [Scoperta una tomba dei Song Settentrionali a Wangjiang, Anhui], in Kaogu, 2 (1993), pp. 141-43; Jiangling Balingshan Mingdai Liao Jian Wang mu fajue jianbao [Breve relazione della scoperta della tomba del principe Liao Jian della dinastia Ming sul Monte Balingshan a Jiangling], in Kaogu, 8 (1995), pp. 702-12; Xu Cheng - Du Yubing, Xi Xia ling [Le tombe imperiali Xi Xia], Beijing 1995; Yang Zong, Fujian Song Yuan bihuamu chubu yanjiu [Studio preliminare delle tombe con dipinti murali di epoca Song e Yuan nel Fujian], in Kaogu, 1 (1996), pp. 75-81; Jiangsu Nanjingshi nanjiao liangzuo daxing Ming mu de qingli [Sulle indagini di due grandi tombe Ming alla periferia meridionale di Nanchino, Jiangsu], ibid., 10 (1999), pp. 31-38; Jiangsu Nanjingshi Bancangcunn Ming mu de fajue [Sullo scavo della tomba Ming a Bancang, Nanchino, Jiangsu], ibid., pp. 39-44.

Trasporti:

Henan Linying xiao shangqiao diaocha baogao [Relazione dell'indagine sul Piccolo Ponte di Linying, Henan], in Wenwu, 1 (1997), pp. 65-72; Henan Xiaolandi shuiku Wenwu kaogu baogao ji [Raccolta delle relazioni di scavo del bacino di Xiaolandi, Henan], Zhengzhou 1998; Zhang Qingjie, Huang he gu zhandao de xin faxian yu chubu yanjiu [Nuove scoperte e studi preliminari delle antiche strade lungo il Huanghe], in Wenwu, 8 (1998), pp. 48-58; Zhongguo shouci yuanhai shuixia kaogu [La prima ricerca archeologica subacquea della Cina in acque oceaniche], in 1999 Zhongguo zhongyao kaogo faxian [Le maggiori scoperte archeologiche in Cina del 1999], Beijing 2001, pp. 131-35; Zhang Weizhu, Suizhong Sandaogang Yuandai chenchuan [Navi della dinastia Yuan affondate a Sandaogang, Suizhong], Beijing 2001.

Metallurgia:

Anhui Tonglingshi gudai tongkuan yizhi diaocha [Indagine sui resti delle antiche miniere di rame della città di Tongling, Anhui], in Kaogu, 6 (1993), pp. 507-15.

Porcellana:

Dehua yao [Le fornaci di Dehua], Beijing 1990; Guantai Cizhou yaozhi [I resti delle fornaci Cizhou di Guantai], Beijing 1992; Ningxia Lingwu yao fajue baogao, [Rapporto dello scavo delle fornaci di Lingwu, Ningxia], Beijing 1995; Changsha yao [Le fornaci di Changsha], Changsha 1996; Nan Song guanyao [Le fornaci imperiali dei Song Meridionali], Nanjing 1996; Zhangzhou yao - Fujian Zhangzhou diqu Ming Qing yaozhi diaocha fajue baogao zhiyi [Le fornaci di Zhangzhou - Relazione delle indagini e degli scavi dei resti delle fornaci Ming e Qing nella zona di Zhangzhou, Fujian], Fuzhou 1997; Songdai Yaozhou yaozhi [I resti delle fornaci di epoca Song a Yaozhou], Beijing 1998; Zhang Fukang, Zhongguo gu taoci de kexue [La scienza dell'antica porcellana cinese], Shanghai 2000.

An bing, tombe di

di Maria Luisa Giorgi

Sito funerario ubicato circa 1 km a est del villaggio di Shuanghe (contea di Huaying, Prov. di Sichuan) identificato nel 1996 a seguito di ricognizioni condotte tra il 1983 e il 1993 nella regione montuosa dei Monti Huaying.

Le indagini hanno portato al rinvenimento di cinque sepolture, riconosciute, sulla base dell'iscrizione funebre della tomba M2, come appartenenti alla famiglia di An Bing (1148-1221), facoltoso funzionario della dinastia Song Meridionali (1127-1279), nato nel villaggio di Yongxing presso Huaying. I rinvenimenti hanno fornito importanti dati non solo sull'ambiente aristocratico provinciale nell'epoca dei Song Meridionali, ma anche su diversi aspetti dell'architettura, dell'arte e dell'ideologia funeraria. Le cinque tombe, disposte una accanto all'altra con l'ingresso verso ovest, sono strutture a camera sepolcrale di pietra, scolpita a imitazione di un'architettura civile, con tetto a volta; le tombe M2 e M1, simili per struttura e dimensioni e rispettivamente appartenenti ad An Bing e a sua moglie Li (m. 1219), sono le più grandi. Nella tomba M1 un corridoio conduce a una porta che dà accesso alla camera sepolcrale con pareti decorate da bassorilievi, in origine policromi, disposti in registri sovrapposti: in alto sono raffigurati elementi architettonici, nel registro mediano il Drago Verde (simbolo dell'Est e della Primavera) e la Tigre Bianca (simbolo dell'Ovest e dell'Autunno), in quello inferiore bambini e fiori, simbolo di abbondanza; sul fondo della camera si apre una grande nicchia, dove era collocata la tavoletta recante il nome della defunta, decorata con rilievi che raffigurano fanciulle musicanti davanti a una parete, fiancheggiata da ampi tendaggi, di legno riccamente scolpito, al centro della quale è una finta porta chiusa; anche il soffitto imita una copertura lignea a travi e mensole. Del corredo della tomba restavano solo alcune decine di statuine funerarie di ceramica con invetriatura a tre colori. Nella tomba M2 di An Bing le decorazioni scolpite sono ispirate, celebrandola, alla vita pubblica del defunto; sulla parete di destra, ad esempio, è raffigurato un gruppo di funzionari, ciascuno con lo scettro che ne caratterizza il rango, che guardano verso la parete di fondo dove è raffigurato un sontuoso edificio pubblico con scalinata a tre gradini. Su ciascun lato del secondo gradino è scolpito un ufficiale militare, sul terzo, ai lati del portale, due ufficiali civili, mentre sullo sfondo, all'interno dell'edificio, compare lo stesso defunto in abiti da funzionario seduto su un'alta sedia e assistito dalla consorte. Le tombe M3 e M4, anch'esse riccamente decorate, ma con pianta ovale, furono violate negli anni Cinquanta del Novecento; della tomba M5 sono restate integre solo la nicchia di fondo e la piattaforma per il sarcofago, che copriva una fossetta rituale in cui era disposta una composizione simbolica realizzata con monete di bronzo. Davanti alle tombe M1, M2 e M5 sono venuti inoltre alla luce resti di strutture di pietra e componenti architettoniche di ceramica relative agli edifici destinati al culto funebre secondo il tradizionale modello del giardino funerario (lingyuan); l'intero cimitero, dove si giungeva percorrendo la "via sacra" (shendao) fiancheggiata da sculture di pietra, era originariamente circondato da un muro, di cui soltanto alcune porzioni sono rimaste in vista.

Bibliografia

An Bing mu fajue de zhongyao shouguo [Principali risultati dallo scavo delle tombe di An Bing], in Sichuan Kaogu Yanjiu Lunwenji, Chengdu 1996, pp. 101-102; Chen Zujun, Shidiao yishu changlang - Anbing jiazu mudi [La via sacra fiancheggiata da sculture di pietra - La necropoli della famiglia di An Bing], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 777-82.

Baofeng

di Sabrina Rastelli

Contea della Provincia di Henan dove il reperimento fortuito di frammenti ceramici, con caratteristiche tipiche del vasellame ru contraddistinto da spesse invetriature bluastre o verdastre, ricche di crinature, che danno un senso di untuosità, ha permesso di localizzare le fornaci di Qingliangsi.

Gli scavi del 1988-89 confermarono il rinvenimento del centro produttore (250.000 m2) di quel celebrato genere che aveva servito la corte imperiale Song. La prima campagna di scavo svelò che il complesso di Qingliangsi risaliva alla dinastia Song Settentrionali (960-1127) e cessò la sua attività durante il periodo Yuan (1279-1368). Dallo strato inferiore, di periodo Song, vennero alla luce frammenti con invetriatura azzurrognola, caratterizzata da una maglia di incrinature (craquelure) dovuta alla stesura di più strati di vetrina, del tipo detto "ru imperiale"; altri con decorazioni intagliate o impresse sotto la vetrina verde, molto simili alla produzione dei forni Yaozhou, appartengono al tipo detto "ru popolare", altri ancora, che hanno decorazione dipinta in nero su ingobbio bianco o incisa su fondo "perlato", sono del tipo Cizhou; a questi tipi si aggiungono frammenti di ceramica bianca a striature verdi, ceramica a invetriatura color ruggine, nera con effetto "pelo di lepre" e sancai ("a tre colori"). Lo strato superiore, datato al periodo Jin-Yuan (secc. XII-XIII), restituì cocci con vetrina verde, bianca, ruggine, nera e del tipo jun, e con decorazione in nero su sfondo bianco, o ruggine su sfondo nero. Le ricerche si sono concentrate sulla produzione del tipo ru imperiale: gli scavi condotti nel 2000 ne hanno individuato la zona di produzione nell'esteso complesso dei forni di Qingliangsi, chiarendo anche che inizialmente B. fabbricava soprattutto ceramica bianca seguita da quella verde tipo Yaozhou, nera e sancai; il genere con coperta celeste-bluastra tipicamente ru apparve solo in un secondo momento e in breve si affermò come categoria principale, conquistando il 99% della produzione.

Bibliografia

Baofeng Qingliangsi Ru yao zhi de diaocha yu shijue [Ricognizione e scavo preliminare dei forni ru a Qingliangsi, Baofeng], in Wenwu, 11 (1989), pp. 1-4, 59; Wang Qingzheng - Fan Dongqing - Zhou Lili, The Discovery of Ru Kilns, Hong Kong 1991; Baofeng Qingliangsi Ru yao zhi di er, san ci fajue jianbao [Breve rapporto sul secondo e terzo scavo dei forni ru a Qingliangsi, Baofeng], in Huaxia Kaogu, 3 (1992); Baofeng Qingliangsi Ru yao zhi 2000 nian fajue jianbao [Breve rapporto sullo scavo del 2000 dei forni ru a Qingliangsi, Baofeng], in Wenwu, 11 (2001), pp. 4-22.

Baoshan, necropoli di

di Maria Luisa Giorgi

Piccola necropoli (10 tombe circa, tutte saccheggiate) ubicata nei pressi del Monte Baoshan (Mongolia Interna) dove sono stati rinvenuti (1993) importantissimi dati per lo studio dell'arte e dell'ideologia funeraria della popolazione, di lingua protomongola, Khitan (da cui il termine Catai).

Nella necropoli di B. secondo gli studiosi cinesi sarebbero da riconoscere le sepolture dei familiari più stretti di Yelü Abaoji, il fondatore della dinastia Liao (907-1125) che dominò la Mongolia, parte della Manciuria e la Cina del Nord. Nella necropoli di B. sono dunque localizzate le più antiche tombe Liao fino a oggi note, a circa 30 km dal sito della prima capitale della dinastia. La tomba M1, nella zona nord-orientale di B., è una struttura (lungh. 22,5 m) con ripida rampa d'accesso che conduce a un atrio ipogeo, a pianta rettangolare, con pareti di mattoni riproducenti l'atrio porticato, con colonne lignee e tetto a spioventi coperti da tegole, di un'abitazione civile. Da qui una porta, a imitazione di un arco ligneo e sigillata da mattoni disposti "a coltello", conduce alla camera sepolcrale con pianta rettangolare ad angoli arrotondati, soffitto a falsa cupola e pavimento lastricato da mattoni quadrangolari decorati; nella parte centrale, in posizione lievemente eccentrica, è la cosiddetta "stanza di pietra", in fondo alla quale un basso letto di mattoni accoglieva il defunto. Depredata nel 1993, nella tomba nulla è rimasto del corredo e solo i resti scheletrici erano in posto. La sepoltura conservava però, in ottimo stato, pitture parietali dai colori vivaci raffiguranti, oltre a elementi decorativi floreali, scene di vita quotidiana, tra cui di particolare interesse quella in cui una signora riccamente abbigliata svolge, su un apposito tavolo, un testo di sacre scritture. Eccezionalmente molti particolari di tali pitture parietali sono realizzati in foglia d'oro, tecnica mai precedentemente documentata nella pittura murale Liao. Su alcuni resti di tessuto è stata inoltre trovata traccia di una rete in filo d'argento, evidenza che arretrerebbe al X secolo l'uso di questa particolare veste funebre dell'aristocrazia Liao. La precisa datazione della tomba è fornita da un'iscrizione rinvenuta nella camera funeraria che attesta l'anno di seppellimento del defunto, un principe di nome Qinde morto all'età di 14 anni, nel secondo anno dell'imperatore Tian Zan dei Liao, corrispondente al 923. Nella tomba M2, simile per forma e struttura alla M1 (da cui dista 40 m ca.) e come questa depredata (anche i dipinti murali che la ornavano non si sono conservati), sono stati rinvenuti i resti di una donna, oltre a una stele di pietra con un'iscrizione di tre righe, non ancora decifrata, in caratteri Khitan, un tipo di scrittura simile, ma non direttamente derivata da quella cinese.

Bibliografia

Hou Feng, Qidan fengqing - Nei Menggu Baoshan Liaodai bihuamu [Usanze Qidan - Le tombe con pitture murali di epoca Liao a Baoshan nella Mongolia Interna], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, Beijing 2000, pp. 761-69.

Bayucun, necropoli di

di Maria Luisa Giorgi

Necropoli ubicata presso il villaggio di Bayu (distretto di Dali, Prov. di Shaanxi), dove nel 2001 sono state scavate cinque tombe, già danneggiate dall'attività di clandestini, che hanno fornito importanti dati sulla ritualità e l'arte funeraria cinese all'epoca dell'ultima dinastia, quella mancese dei Qing (1644-1911).

L'epitaffio nella tomba 3, quella di dimensioni maggiori (18,6 × 9,8 m), inciso su una lastra di pietra posta nel vano d'ingresso (secondo l'uso invalso dai primi secoli dell'era cristiana) informa che, assieme a tre sue consorti, l'inumato è Li Tianpei, figlio e nipote degli occupanti le tombe M2 e M1, nato nel 10° anno dell'imperatore Daoguan (1830) e morto nel 1° anno dell'imperatore Guangxu (1875). Una lunga rampa conduce alla struttura ipogea, il cui accesso è costituito da una porta a cerchio che si apre in un muro a mattoni per imitare il cortile d'ingresso di una sontuosa abitazione. L'allusione all'architettura civile è reiterata negli ambienti (a pianta rettangolare e soffitto a volta) della tomba vera e propria che, foderata da lastre di pietra incise a risparmio, riproduce in dettaglio le strutture portanti e i tramezzi lignei scolpiti, nonché gli arredi parietali, di un tradizionale dian (padiglione). Il fronte di quest'ultimo, fiancheggiato a sguincio da due pannelli con raffigurazioni di paesaggio, imita la facciata, con porta centrale e due piccole finestre laterali, che nelle abitazioni dei vivi accoglieva i visitatori: agli stipiti della porta sono appesi pannelli con iscrizioni augurali, l'architrave e le finestre sono incorniciati da boiserie a pannelli decorativi, dipinti con temi del genere tradizionale (fiori e uccelli, paesaggi, preziose cose antiche); negli spazi liberi sono infine rappresentate pitture su rotolo verticale appese alla parete. Oltrepassato il vestibolo, fornito di due ripostigli sui lati nord e sud (anche questi incorniciati da boiserie a pannelli decorativi, sovrastata dalla raffigurazione di un dipinto su rotolo orizzontale), tre porte danno accesso ad altrettante camere sepolcrali: quella centrale, più ampia, per Li Tianpei, quella nord per le tre mogli, quella sud non usata. Anche le pareti di fondo di queste camere sono decorate da rivestimenti di pietra scolpita: quella principale a imitazione di un grande paravento a tre ante decorato centralmente da una scena con Immortali taoisti, quella nord e quella sud con decori a imitazione di grandi arazzi raffiguranti, rispettivamente, due fenici in volo sullo sfondo del Monte Kunlun (ove risiede la divinità taoista Xi Wang Mu) e due gru in volo sullo sfondo di un'isola con padiglione (forse l'isola di Penglai, dimora degli Immortali taoisti).

Nel complesso i soggetti dei rilievi esemplificano tutti i temi cari alla pittura tradizionale: noti episodi dal romanzo Il sogno della camera rossa, episodi di pietà filiale (tema confuciano, ma ripreso anche dal buddhismo cinese), il pescatore solitario, un tempio tra i monti innevati o i convegni di Immortali (temi cari al taoismo) e poi i motivi a carattere simbolico-augurale quali lo stagno con fiori di loto, i pini, i crisantemi, le peonie, i pipistrelli, i vasi di fiori associati ad antichi vasi di bronzo. Dei manufatti che facevano parte del corredo solo 268 ne sono stati rinvenuti: oltre a due statuine di pietra ‒ una maschile e una femminile (alt. 1 m ca.) recante uno scettro ruyi ‒, un anello d'oro, spilloni per capelli di bronzo, ornamenti di giada, vasellame di porcellana, monete cinesi di ferro e di bronzo e una moneta di rame di Napoleone III.

Bibliografia

Shaanxi Dali Bayucun 3 hao Qingdai shishimu fajue jianbao [Breve rapporto sullo scavo della tomba a lastre di pietra n. 3 di epoca Qing a Bayucun presso Dali, Shaanxi], in Wenwu, 7 (2003), pp. 45-61.

Hongfota

di Maria Luisa Giorgi

Unico edificio conservatosi di un complesso templare riferibile alla dinastia tanguta degli Xi Xia (1032-1227) situato nel distretto di Helan (Regione Autonoma di Ningxia Hui).

A causa del precario stato di conservazione, nel 1991 la pagoda è stata oggetto di un complesso intervento di anastilosi; sulla cupola è stato scoperto il "palazzo celeste" (tiangong), ovvero un vano murato (alt. 1,63 m, lungh. lato alla base 2,2 m) che racchiudeva reliquie buddhiste. All'interno sono stati rinvenuti vari manufatti riferibili alla dinastia Xi Xia che dominò, con capitale Khara Khoto, parte del deserto del Gobi a nord della Via della Seta. La pagoda, costruita in mattoni e attualmente alta 28,34 m, ha una struttura di tipo misto: la parte inferiore, a pianta ottagonale, si sviluppa su tre piani, mentre la parte superiore conserva la cupola (aṇḍa) dello stūpa di tipo indiano, poggiante su un'alta base a gradoni; sopra la cupola rimangono solo due degli ombrelli (chattra) che originariamente ne formavano il coronamento. Tra i reperti più importanti figurano alcune thangka, stilisticamente vicine alla pittura tibetana dei secoli XII-XV, raffiguranti "i mille Buddha", gli "otto stūpa", Avalokiteshvara a mille braccia, il Buddha in meditazione, dharmapāla ("guardiani della Legge"), divinità yab-yum (unione dell'aspetto maschile della divinità, simboleggiante la compassione, karuṇā, e la controparte femminile simboleggiante la saggezza, prajñā); altri dipinti su seta si rifanno invece alla tradizione pittorica cinese dei Song (960-1279) e dei Liao (907-1125), con soggetti tratti, oltre che dal buddhismo, anche dal taoismo. Nel vano reliquiario sono state rinvenute varie statuette di argilla dipinta, tra cui 8 teste di Buddha (alt. 30 cm), solo in 4 delle quali si è conservato il volto; 18 teste di arhat (cin. luohan), di cui solo 6 ben conservate (alt. 21,7-15,4 cm); 2 teste di guardiani celesti (alt. 9,5 cm) e 12 statuette raffiguranti arhat seduti nella posizione della meditazione a gambe incrociate (alt. 36-49 cm). Tra i reperti degni di nota figurano piccole riproduzioni lignee di pagoda, una statuetta a tutto tondo di legno policromo (alt. 24,4 cm) raffigurante un Bodhisattva stante, una tavoletta di legno scolpito (alt. 28,5 cm) raffigurante una ḍākinī che danza su un grande fiore di loto. Sono stati inoltre trovati tessuti, porcellane e frammenti di testi. Particolare rilievo per lo studio della cultura filotibetana degli Xi Xia, permeata di buddhismo e ancora poco conosciuta, e per la tecnica di stampa dell'epoca rivestono le oltre 2000 matrici xilografiche per la stampa di testi in lingua tanguta.

Bibliografia

Sun Changsheng, Tiangong mizang - Hongfota tiangong Xixia wenwu [Il tesoro del "palazzo celeste" - Reperti Xi Xia nel "palazzo celeste" della pagoda Hongfota], in Zhonguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, Beijing 2000, pp. 720-30.

Jinfeng

di Sabrina Rastelli

Forni situati presso la città di Dujiangyan (Chengdu, Prov. di Sichuan), scoperti casualmente nel 1999; nonostante queste fornaci non siano menzionate tra quelle celebrate nella letteratura cinese classica, la loro produzione dalla fine della dinastia Song Settentrionali (960-1127) all'epoca della dinastia Yuan (1279-1368) fu particolarmente apprezzata dai mercati popolari.

L'analisi stratigrafica ha rivelato che inizialmente i forni di J. fabbricarono soprattutto ceramica bianca di due qualità: grezza o raffinata con vetrina color avorio o ghiaccio stesa su uno strato di ingobbio bianco. Successivamente si dedicarono alla produzione di ceramica con vetrina nera di varia intensità o con effetti color ruggine ("a pelo di lepre", a macchie, a striature e "a goccioline d'olio") ispirati alle coeve vetrine di Jian. Il corpo delle ceramiche nere è caratterizzato da tessitura piuttosto granulosa (dovuta a uno scarso processo di raffinazione delle materie prime) e da un colore grigio più o meno scuro; l'invetriatura appare sempre liscia e brillante. Nella prima fase di attività il vasellame era cotto ponendo i manufatti accatastati entro la camera di cottura, per cui sul fondo delle forme aperte si notano granuli di quarzo, residuo del letto di sabbia usato per separare i singoli pezzi; in seguito fu adottato il metodo della cottura individuale in muffola, il cui fondo veniva comunque cosparso di granuli di quarzo. Di particolare rilievo è stato il rinvenimento delle strutture che testimoniano l'intero ciclo di produzione: vasche per il lavaggio e la raffinazione della materia prima, laboratori dove i manufatti erano modellati e dove avveniva l'applicazione dell'invetriatura. Per quanto concerne le fornaci, in maggioranza esse erano a camera singola del tipo mantou (a "pagnottella"), alimentate a carbone (con cottura superiore a 1370 °C); in un solo caso si è rinvenuta una fornace lunga del tipo "a drago", con ogni probabilità un esperimento settentrionale di un tipo di forno proprio del Sud.

Bibliografia

Dujiangyan shi Jinfeng yao zhi fajue jianbao [Breve rapporto sullo scavo dei forni di Jinfeng a Dujiangyan], in Wenwu, 2 (2002), pp. 53-65; Zhang Zhigong et al., Songdai Jinfeng yao baici gongyi yanjiu [Analisi della ceramica bianca di Jinfeng di epoca Song], in Guo Jingkun (ed.), Gu taoci kexue jishu 5. 2002 nian guoji taolunhui lunwenji, Shanghai 2002, pp. 241-51.

Jingdezhen

di Ho Chui Mei

Importante distretto manifatturiero che prende il nome dalla città di J. (Prov. di Jiangxi); per oltre cinque secoli fu il principale centro di produzione della porcellana con fornaci sia private, sia, le principali, poste sotto il controllo imperiale.

Recenti studi hanno attestato che non solo le fornaci imperiali di J. producevano la migliore porcellana cinese, ma che anche le sue fornaci private fabbricavano porcellane fini e grandi quantità di vasellame d'uso. La produzione iniziò prima del 1000 d.C.; il vasellame di J. ebbe ampia diffusione sia in Cina che in altre aree molto prima che esso incontrasse il favore delle dinastie Ming e Qing (1368-1911). Le ricerche hanno consentito di rilevare che le prime ceramiche invetriate, datate al X sec. d.C., sono rappresentate da esemplari di colore grigio-verde simili al vasellame Yue. Per questo periodo i dati sono costituiti da resti di poche fornaci e limitati rinvenimenti di superficie; ma dall'XI secolo si registrano un incremento della produzione fittile e un ampliamento delle tipologie. Il sito di Hutian, scavato a più riprese a partire dagli anni Settanta del XX secolo, presenta una delle più antiche e vaste concentrazioni di fornaci specializzate nella produzione di porcellane qingbai, un tipo di invetriatura bianca con riflessi celestini o verdastri, in alcuni casi decorata con sopravetrina a macchie marroni o con motivi incisi o impressi sul corpo ceramico. Si ritiene che il vasellame qingbai sia stato inventato a J. e certamente qui ne vennero prodotti i primi esemplari; esso divenne molto popolare e fu copiato da coevi centri della Cina centrale e meridionale.

Nella metà del XIV secolo a J. si verificarono importanti mutamenti: furono introdotti nuovi stili ceramici, tra cui il vasellame bianco bluastro con decorazione rossa sotto la vetrina, che scomparve dopo circa un secolo, e il vasellame shufu con vetrina bianco opaca; la più importante innovazione fu comunque il vasellame Bianco e Blu, vale a dire con motivi dipinti con ossido di cobalto sul corpo bianco sotto la vetrina. Tali ceramiche sostituirono gradualmente il vasellame qinbai alla fine del XIV secolo e furono la principale fonte della prosperità di J., che per almeno tre secoli ne ebbe il monopolio. Fino al XV secolo i vasai di J. cuocevano in fornaci del tipo longyao (forni "a drago"), non molto dissimili da quelle utilizzate in altri centri della Cina meridionale. Una fornace a drago di J. era di solito costruita sul fianco di una collina per una lunghezza di oltre 20 m, in modo che la camera di combustione fosse ubicata alla base e lo sfiatatoio sulla sommità, sfruttando così al massimo la naturale convezione del calore. I prodotti di J. erano smerciati per via marittima in tutta la Cina e sui mercati internazionali dell'Asia, giungendo fino in Ungheria nel XIV secolo. Tra il 1320 e il 1330 apparve la prima dettagliata relazione sull'industria di J., il celebre Taoji ("Relazione sulle ceramiche") di Jiang Qi. I resoconti dinastici ufficiali riportano che le fornaci governative furono fondate nel XIV secolo, sotto gli Yuan e/o all'inizio dei Ming, ma esse non sono state ancora identificate; sono state però individuate sulla collina di Zhushan alcune fornaci imperiali del XV secolo, che operarono ininterrottamente per almeno cento anni.

A Zhushan sono attestati diversi stili: esemplari Bianco e Blu a smalto rosso sopracoperta, vari esemplari monocromi e un nuovo tipo noto come "vasellame a smalti doucai", con motivi dipinti in blu sotto la vetrina successivamente "profilati" o riempiti con smalti di colore rosso, giallo, verde, dati sopra l'invetriatura. Molti di tali frammenti recano marchi che riportano il nome della dinastia e dell'imperatore in carica, un uso che sarebbe divenuto canonico nei secoli successivi. Le fornaci imperiali del XV secolo non erano del tipo a drago, ma strutture note come "fornaci a ferro di cavallo", con un solo ambiente a pianta rettangolare costruito al livello del terreno; esse misuravano solo pochi metri di lato ed erano generalmente concentrate in gruppi, probabilmente per agevolare la produzione di diverse tipologie fittili. Intorno al XVII secolo apparvero a J. due nuovi tipi di fornaci: il primo, una fornace a ferro di cavallo della lunghezza di oltre 15 m, presenta una forma caratteristica, nota come "fornace zhen"; il secondo è una struttura a vari ambienti costruita sui versanti di una collina come quelle a drago, ma articolata in numerosi vani contigui. Generalmente nota con il suo nome giapponese, noborigama, questa nuova tipologia era comunemente in uso nello stesso periodo in Giappone, Corea e in varie aree della Cina; non è a tutt'oggi chiaro in quale area e in quale periodo essa abbia avuto origine.

Dopo una fase di declino alla metà del XVII secolo, la collina di Zhuzhan ridivenne la sede delle fornaci imperiali sotto la dinastia mancese dei Qing. Nel XVIII secolo ci fu una nuova fase di crescita nella produzione di J., particolarmente con Tang Ying, il direttore delle fornaci imperiali dal 1728 al 1758, che riprese antiche tecniche di invetriatura, come il vasellame a smalto flambé di Jun e il vasellame a smalto rosso sotto coperta. Nell'ultimo secolo della dinastia Qing J. subì un netto declino: l'assenza di una adeguata direzione delle fornaci imperiali, tagli al bilancio e una guerra civile ne furono le principali cause. Le fornaci private risentirono di un problema distinto, quello dell'intensificazione della competizione sul mercato internazionale: dagli inizi del XIX secolo, infatti, sia fornaci giapponesi che europee iniziarono a produrre grandi quantità di eccellenti porcellane.

Bibliografia

Xinyuan Liu - Gun Bai, Investigations on Hutian Kiln in Jingdezhen, in Wenwu, 11 (1980), pp. 39-49; R. Kerr, Chinese Ceramics. Porcelain of the Qing Dynasty, London 1986; Xinyuan Liu, Imperial Porcelain of the Yongle and Xuande Periods Excavated from the Site of the Ming Imperial Factory at Jingdezhen, Hong Kong 1989; Ceramic Finds from Jingdezhen Kilns (10th-17th Century), Hong Kong 1992; A Legacy of Chenghua, Hong Kong 1993; Xinyuan Liu, A Study of the Site of the Chenghua Imperial Kiln at Jingdezhen and Related Archaeological Finds, ibid., Hong Kong 1993.

Jin zhongdu

di Maria Luisa Giorgi

Capitale Centrale Jin, alla periferia sud-occidentale dell'odierna Pechino, costruita tra il 1151 e il 1153 all'epoca della dinastia Jin (1115-1234) sullo stesso sito in cui sorgeva Yanjing, capitale meridionale della dinastia Liao (907-1125); fu distrutta dai Mongoli, che misero anche fine alla dinastia.

Il sito fu inizialmente indagato negli anni Cinquanta del Novecento; negli anni Sessanta ne furono individuati il tracciato delle mura e la posizione delle porte, l'area dei palazzi, la griglia viaria e la struttura della città. Negli anni Novanta sono state intraprese ulteriori indagini sull'area palaziale, che hanno portato alla scoperta di 13 piattaforme di terra battuta, sulle quali dovevano ergersi edifici di legno, e all'individuazione della posizione del padiglione Da'andian, una struttura di grandi dimensioni eretta in forma ampliata sopra una precedente dell'epoca Liao. Nel 1991 sono stati intrapresi scavi nella zona di Fengtai, che hanno portato alla luce i resti delle fondamenta di una chiusa che, per il riscontro con fonti scritte, è stata identificata con la chiusa delle mura meridionali; nel 1994 parte del sito è stata musealizzata; nel 1996 è stato effettuato lo scavo del Lago Taiyechi e di due padiglioni dell'area adiacente. La stratigrafia del sito della chiusa consta di sei strati: il primo e il secondo di epoca recente, il terzo riferibile all'epoca delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), il quarto relativo al tardo periodo Yuan (1279-1368), il quinto e il sesto al periodo Jin; i reperti sono per la maggior parte frammenti di porcellane del tipo Bianco e Blu di epoca Qing, tegole, terracotte e porcellane Jin e Yuan, specchi di bronzo e porcellane Jin. I resti relativamente integri della chiusa, con pianta a clessidra (lungh. 147,4 m), sono costituiti dalla struttura di pietra del condotto idrico che attraversava le mura urbane; la larghezza del condotto era di 7,7 m, con i lati orientale e occidentale protetti da due tratti di mura in terra battuta. Le fondamenta della chiusa sono formate da una base di pali di legno coperti da blocchi di pietra che fanno da zoccolo a un secondo strato di pietra sul quale si imposta un muro ugualmente di pietra; nelle varie sezioni dell'opera sono stati rinvenuti paletti di cipresso di diverse lunghezze (da 1 a 2 m ca.). La chiusa sembra essere stata costruita rispettando le regole dettate dallo Yingzao fashi, manuale di architettura di epoca Song, sebbene con adattamenti alle caratteristiche geografiche e geologiche del posto; edificata in epoca coeva alla città, fu distrutta insieme a essa, sebbene il rinvenimento di manufatti più tardi dimostri una certa continuità di occupazione del sito fino a tempi recenti.

Bibliografia

Yan Wenru, Jin Zhongdu [La Capitale Centrale Jin], in Wenwu, 9 (1959), pp. 8-12; Jin Zhongdu de kaogu diaocha yu fajue [Indagine archeologica e scavo della Capitale Centrale Jin], in Beijing kaogu sishi nian, Beijing 1990; Jin Zhongdu nanchengyuan shuiguan yizhi [Resti della chiusa delle mura meridionali della Capitale Centrale Jin], in Zhongguo kaoguxue nianjian - 1991 nian, Beijing 1992, p. 127; Wang Wuyu, Jin Zhongdu shuixi fuyuande zuobiao - Jin Zhongdu shuiguan yizhi [Il recupero della rete idrica della Capitale Centrale Jin. Il sito della chiusa di Jin Zhongdu], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discovery of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 731-35.

Laohudong

di Sabrina Rastelli

Forni situati oltre il muro di cinta settentrionale del palazzo imperiale dei Song Meridionali a Hangzhou (Prov. di Zhejiang), scoperti nel 1996.

Gli scavi condotti fino al 2001 hanno permesso di stabilire che si tratta delle manifatture Xiuneisi attivate nel 1145 e citate in diversi testi dal XIII secolo. Inizialmente la produzione era caratterizzata da corpo ceramico grigio molto scuro, più o meno sottile, rivestito da una vetrina spessa, brillante, di tenue colore verde-azzurro, untuosa come la giada e coperta da una rete di incrinature di varia lunghezza e spessore; la maggior parte del vasellame imitava le forme di bronzi rituali, ma esistevano anche oggetti per uso domestico. Gli esemplari di grosse dimensioni erano cotti appoggiati sul piede privo di invetriatura, mentre quelli piccoli tendevano a essere interamente invetriati e posti su separatori circolari con gli speroni rivolti verso la base. Successivamente le forme per uso domestico prevalsero su quelle rituali e il metodo di cottura più usato divenne quello sul piede nudo, seguito da uno che prevedeva il piede totalmente invetriato e un anello sguarnito sulla base. Tali caratteristiche erano comuni agli esemplari messi in luce negli strati più bassi del sito di Jiaotanxia (2,5 km da L.), dove, secondo alcune fonti, furono impiantate nuove manifatture imperiali, cosa che non determinò la chiusura dei forni di Xiuneisi; gli strati superiori di questo sito, infatti, hanno restituito frammenti di ceramica del tipo ge e iscrizioni in 'Phags-pa (la lingua scritta mongola) che hanno permesso di attribuirli alla dinastia Yuan (1279-1368). Tali dati hanno anche consentito di stabilire che la ceramica ge non fu altro che uno sviluppo ulteriore di quella guan e che era fabbricata dai forni di L. L'area scavata ha rivelato anche due punti da cui i vasai estraevano materiale grezzo che era raffinato nelle vasche di levigazione, sedimentazione ed essiccamento (ne sono state rinvenute quattro). I manufatti erano modellati in laboratori (ne sono stati scavati 10) dove si provvedeva anche all'applicazione dell'invetriatura (sono state messe in luce due grandi giare contenenti materiale da vetrina). I manufatti subivano una prima cottura a bassa temperatura, il biscotto così ottenuto era rivestito di uno strato di vetrina e sottoposto a un'altra cottura a temperatura relativamente bassa (ca. 800 °C) e così si procedeva con successive stesure di vetrina e cotture fino al raggiungimento dello spessore desiderato della coperta; l'ultima cottura era ad alta temperatura (superiore a 1200 °C). Delle sette fornaci scavate, quattro sono del tipo "a mantou" ("a pagnottella") ‒ tipiche della Cina settentrionale ‒ e tre "a drago": sembra che le prime fossero impiegate per la cottura del biscotto e dei vari strati di vetrina a temperature relativamente basse, mentre quelle a drago erano utilizzate per l'ultima cottura ad alta temperatura.

Bibliografia

Hangzhou Laohudong Nan Song Guan yao zhi [I forni guan a Laohudong, Hangzhou, all'epoca dei Song Meridionali], in Wenwu, 10 (2002), pp. 4-31; Du Zhengxian (ed.), Hangzhou Laohudong yao zhi qi jingxuan [Esemplari scelti dai forni di Laohudong a Hangzhou], Beijing 2002; N. Wood - S. Rastelli - C. Doherty, Early Yaozhou Celadon. A True Ancestor to Southern Song Guan Ware?, in Colloquies on Art and Archaeology in Asia, 22 (2004).

Lin’an

di Maria Luisa Giorgi

Capitale della dinastia Song Meridionali (1127-1279) ubicata nell'area dell'odierna città di Hangzhou (Prov. di Zhejiang), in cui è stata identificata e in parte scavata (1995) la più importante tra le strutture rituali della dinastia: i resti del tempio ancestrale, depredato nel 1199 e distrutto dal fuoco nel 1231.

Nell'ultimo cinquantennio sono state scoperte diverse strutture relative a L., come la "via imperiale" e il palazzo imperiale. Secondo le fonti la costruzione del tempio, dove gli imperatori officiavano i riti solenni agli antenati cinque volte l'anno, risale al 1134; il complesso era articolato in 14 sale, in ognuna delle quali era conservata la tavoletta commemorativa di un imperatore. Del tempio sono stati scavati il muro di cinta orientale, la porta est e una grande piattaforma di terra battuta su cui sorgeva un edificio di legno. Il muro di cinta orientale (largh. 1,7 m, alt. attuale 1,5 m) è stato scavato per una lunghezza di 20 m circa; vi si dovevano aprire tre porte, forse fiancheggiate da leoni di pietra, come suggerito da un basamento quadrangolare a lato di una porta. Sul lato interno del muro correva un canale di drenaggio a mattoni largo 1,2 m circa. La tecnica costruttiva del muro consisteva nel disporre, sopra una base di lastre di pietra, altre lastre regolari; la superficie esterna del muro risultava liscia e piatta, mentre l'interno veniva riempito da pietre e argilla. I resti della porta orientale si trovano nella sezione centrale del muro e raggiungono una larghezza di 4,8 m; la base è formata da mattoni rettangolari, che costituiscono anche la pavimentazione della strada che porta al tempio, larga quanto la porta. Sul lato meridionale di quest'ultima era un canale di scolo di mattoni (prof. 0,45 m ca., largh. 0,25 m). La piattaforma di terra battuta di argilla gialla ha uno spessore di 0,5 m circa; finora ne è stata portata alla luce una superficie di 250 m2 circa; sul lato settentrionale correva un muro in mattoni lungo 9 m. Sulla piattaforma sono i resti delle basi quadrate di pietra delle colonne, disposte in fila.

Bibliografia

Du Zhengxian, Nansong Lin'ancheng kaogu fajuede lichengbei - Yueshi taimiao yizhi [Una pietra miliare nell'archeologia della Lin'an dei Song Meridionali - Le rovine del tempio ancestrale reale], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 770- 76.

Lingwu

di Sabrina Rastelli

Contea ubicata nella zona centrale della Regione Autonoma di Ningxia Hui, dove si trovano diversi antichi centri di produzione ceramica.

I più noti sono Ciyaobao e Huiminxiang, molto attivi dalla metà alla fine del regno degli Xi Xia (o Xia Occidentali, 1032-1227) stabilito da popolazioni di stirpe tanguta nel Nord-Ovest della Cina; la produzione dei forni di L. continuò all'epoca della dinastia Yuan (1279-1368), per poi diminuire in quantità e qualità con le dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911). Le prime indagini a L. furono effettuate negli anni Settanta del Novecento ma, dopo una ricognizione intensiva nel 1983, veri e propri scavi avvennero tra il 1984 e il 1986 (i forni di Huiminxiang sono stati sottoposti a ulteriore scavo nel 1997). Tali ricerche hanno aperto un nuovo capitolo nello studio della storia della ceramica cinese, rivelando non soltanto l'esistenza di manifatture di cui si era persa memoria nel corso degli ultimi 200 anni, ma anche che esse produssero in costante contatto (e in concorrenza) con distanti e più noti centri manifatturieri, quali i forni di Ding nel Henan, di Jingdezhen nel Jiangxi e, soprattutto, quelli di Cizhou tra la zona meridionale del Hebei e quella settentrionale del Henan. I dati dimostrano che la produzione dei due centri si sviluppò parallelamente e che all'inizio consisteva prevalentemente di ceramica con vetrina nera o bruna, più una piccola percentuale con vetrina verdastra (tipo céladon); nell'ultima fase del regno Xi Xia i forni di L. fabbricarono anche ceramica a vetrina bianca su ingobbio bianco usato per coprire le impurità del corpo ceramico. Alcuni esemplari mostrano sulla superficie interna una vetrina dal colore diverso rispetto all'esterno, ma i tipi più rappresentativi sono quelli a invetriatura monocroma bruno-nera (orcioli, piccole bottiglie, candelabri, statuine rituali antropomorfe e zoomorfe) o con motivi a serti floreali (continui o entro riserve) a sgraffiato e a risparmio; questa tecnica ricorre più frequentemente su tazze, giare, bottiglie e fiasche, mentre nel caso di ciotole e piatti, la decorazione più frequente è quella formata da gruppi di "corolle" (ciascuna di cinque puntini) dipinte all'ossido di ferro; più rari i decori a stampo, per lo più sotto la sottile vetrina di tonalità verdastra. Indipendentemente dal tipo di invetriatura, le forme aperte erano cotte accatastate l'una sull'altra; per evitare che si attaccassero in cottura, il piede era lasciato scoperto, mentre un anello di vetrina era rimosso all'interno; nel caso della ceramica bianca, anziché togliere l'anello di invetriatura, si cospargeva il fondo del vaso di materiale granuloso. Notevole, in periodo Xi Xia, fu anche la produzione di ceramiche architettoniche e ceramiche di uso liturgico e votivo (tsa-tsa) che rivelano la fede delle genti Xi Xia nel buddhismo esoterico tibetano. Le fornaci di L., del tipo "a mantou" ("a pagnottella"), erano alimentate a carbone fossile, ampiamente disponibile nella regione assieme a buoni depositi di argilla caolinica. Iscrizioni presenti sui manufatti testimoniano che nel periodo Xi Xia le fornaci produssero in alcuni casi sotto il controllo dell'amministrazione statale, in altri privatamente; quest'ultima forma si attestò dopo la fine del regno Xi Xia.

Bibliografia

Ningxia Lingwuxian Ciyaobao yao zhi diaocha [Ricognizione dei resti di forni a Ciyaobao, contea di Lingwu, Ningxia], in Kaogu, 1 (1986), pp. 51-55; Ningxia Lingwuxian Ciyaobao yao zhi fajue jianbao [Breve rapporto sugli scavi dei forni di Ciyaobao, contea di Lingwu, Ningxia], ibid., 10 (1987), pp. 905-13; Ma Wenkuan, Ningxia Lingwu yao [Le fornaci di Lingwu nel Ningxia], Beijing 1988; Ningxia Lingwuxian Huiminxiang ciyao zhi diaocha [Ricognizione dei forni di Huiminxiang, contea di Lingwu, Ningxia], in Kaogu, 3 (1991), pp. 224-26; Ningxia Lingwu yao fajue baogao [Rapporto di scavo dei forni di Lingwu, Ningxia], Beijing 1995; Ningxia Lingwushi Huiminxiang Xi Xia yao zhi de fajue [Scavo dei forni di epoca Xi Xia a Huiminxiang, Lingwu, Ningxia], in Kaogu, 8 (2002), pp. 59-68.

Longquan

di Ho Chui Mei

Con tale termine si indica il vasellame più noto tra i céladon per le sue forme vigorose e per le delicate invetriature di colore grigio-verde opaco; tale termine deriva da quello della contea della Provincia di Zhejiang, nell'alto corso del Lijiang, in cui sono stati identificati oltre 470 gruppi di antiche fornaci, circa il 2% dei quali è stato oggetto di ricerche.

Due di tali gruppi, Jincun e Dayao, hanno restituito abbondanti dati stratigrafici grazie ai quali sono state individuate almeno sei fasi di sviluppo, ma solo durante le ultime tre compare la delicata invetriatura opaca che ha reso celebre il vasellame L. Le prime due fasi documentano influssi di altre tipologie fittili: il vasellame della fase I (fine X-XI sec.) è simile a quello Yue, una tradizione più antica affine ai céladon dell'area settentrionale della provincia, mentre quello della fase II (fine XI - metà XII sec.) mostra chiari influssi di Yaozhou (Prov. di Shaanxi), un importante centro di produzione di céladon. Nella fase III (metà - fine XII sec.) la produzione di L. iniziò ad acquisire caratteri peculiari: i manufatti presentano ancora i motivi floreali incisi tipici delle fasi I e II, ma i corpi assumono tratti distintivi, con una sottile invetriatura trasparente di colore verde scuro e impasto spesso e corposo. La fase IV (fine XII-XIII sec.) è quella più importante, in quanto i vasai riuscirono a eguagliare e forse a superare il vasellame guan ("ufficiale") delle fornaci imperiali di Hangzhou. I più pregevoli esemplari guan e L. di questa fase hanno impasto molto sottile, una spessa invetriatura screpolata e orlo e piede non invetriati o con sottile invetriatura, cotti fino a raggiungere un colore arancio brunito o marrone violaceo. La maggioranza del vasellame L. della fase IV non assomiglia comunque a copie di vasi imperiali, ma compartecipa della più antica tradizione dei céladon con invetriature sottili e impasti spessi. Un numero limitato di ciotole e piatti presenta petali di loto a rilievo sulle superfici esterne; la norma è comunque costituita da vasellame inornato, semplice ed elegante.

Nella fase V (fine XIII - metà XIV sec.) si verificò un notevole incremento della produzione. Il vasellame ottenne fama mondiale, essendo diffusamente usato all'interno della Cina ed esportato in Asia e in diverse aree dell'Africa e dell'Asia occidentale. La migliore testimonianza della qualità e del successo del vasellame L. della fase V proviene da due fonti: le centinaia di vasi recuperati dal naufragio del Sinan, affondato al largo della costa della Corea del Sud negli anni Trenta del XIV secolo, e la collezione dei sultani turchi, iniziata nel XIV secolo, nel Museo di Topkapı Sarayi di Istanbul. I vasi della fase V non sono più imitazioni del vasellame guan: essi appaiono come forme ibride di guan e céladon ordinari, con uno spesso impasto bianco a invetriatura traslucida anch'essa di un certo spessore; sono i vasi di questa tipologia a essere identificati come tipici céladon L. La fase VI (XV-XIX sec.) è meno nota: sembra che la produzione sia perdurata, sebbene con un volume notevolmente ridotto. Presumibilmente le fornaci di L., dopo il 1400, come molte altre fornaci private della Cina, soffrirono delle restrizioni al commercio marittimo imposte dai governi delle dinastie Ming e Qing.

Bibliografia

Sinan Sunken Boat Relics, Seoul 1984; R. Khral, Chinese Ceramics in the Topkapi Saray Museum Istanbul, I, London 1986; C.M. Ho, Problems in the Study of Zhejiang Green Glazed Wares with Special Reference to Ko Kho Khao and Laem Pho-Payang, Southern Thailand, in C.M. Ho (ed.), New Light on Chinese Yue and Longquan Ware, Hong Kong 1994, pp. 187-212; Id., Yue-Type and Longquan-Type Green Glazed Wares Made outside Zhejiang Province, ibid., pp. 103-19; Shilong Ren, The Dual Nature of Longquan Wares. Further Discussion, ibid., pp. 30-45.

Shuijing, distilleria di

di Maria Luisa Giorgi

Sito pluristratificato per la produzione di alcolici (il primo a essere scavato in Cina), identificato nel 1998 a seguito di lavori di ristrutturazione della distilleria Quanxing, in via Shuijing a Chengdu (Prov. di Sichuan).

Scavi (1999) hanno consentito di datare i resti di due distillerie delle fasi precedenti alle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), fornendo importanti dati per ricostruire l'organizzazione dei processi di distillazione. Il ritrovamento di stoviglie per il consumo di alcolici ha dimostrato inoltre che anche la mescita e il consumo delle bevande, come attestato nei testi coevi, avvenivano in loco. Il sito copre un'area di 1700 m2, ma solo 280 m2 sono stati aperti, mettendo in luce resti di diverse strutture, tra cui tre vani di ventilazione in cui si preparava il composto; il vano L3, di epoca Ming, è forse il più antico, ma non ancora del tutto scavato. La pianta è un quadrilatero irregolare (ca. 230 m2, lungh. variabile da 9 a 21,5 m da nord a sud, largh. 12-14 m da est a ovest), con il pavimento leggermente rialzato al centro. I lati orientale e meridionale sono di mattoni, quelli settentrionale e occidentale di lastre di arenaria. Il perimetro della struttura è sottolineato da una canaletta, ancora con fodera di arenaria, che impediva la fuoriuscita dei liquidi. All'angolo nord-ovest si ergevano probabilmente quattro pilastri di arenaria che dovevano sorreggere il tetto di un vano di lavorazione coperto. Sono state scavate inoltre otto fosse di fermentazione con pareti di argilla, alcune parzialmente rinforzate da listelli di bambù; di queste la J5, a pianta rettangolare (all'imboccatura 3,8 × 2,2 m), risale al periodo Qing. Quattro sono le strutture per l'essiccazione dei cereali rinvenute: due (Z1 e Z2) di pianta circolare con la canna fumaria in comune; Z3, in mattoni grigi, risale al periodo Qing, ma ne rimane solo la parte inferiore di 2,85 × 1,5 m. Della stessa epoca anche la piattaforma di distillazione a pianta circolare (diam. 2,25 m); su di essa insisteva la cosiddetta "pentola celeste", nella quale si completava il processo di distillazione e condensazione della bevanda alcolica. I manufatti sono per lo più frammenti di ceramiche e porcellane con invetriature di vari colori, con decoro Bianco e Blu e/o a smalti policromi. Si tratta di prodotti di fornaci popolari, appartenenti soprattutto a stoviglie collegate al consumo di alcolici: bicchieri, brocche, piattini, cucchiai, giare, lampade. Tra i motivi decorativi prevalgono quelli vegetali, spesso associati a iscrizioni con l'indicazione del periodo di fabbricazione, o con scritte di buon augurio (longevità, fortuna, ecc.).

Bibliografia

Sichuan Chengdu Shuijingjie jiufang yizhi [I resti di una distilleria in via Shuijing a Chengdu in Sichuan], in Zhongguo zhongyao kaogu faxian 1999 - Major Archaeological Discoveries in China, Beijing 2000, pp. 127-30; Sichuan Chengdu Shuijingjie jiufang yizhi fajue jianbao [Breve relazione dello scavo dei resti di una distilleria in via Shuijing a Chengdu in Sichuan], in Wenwu, 3 (2000), pp. 4-25; Chen Jian, Zhongguo baijiu diyijiao - Chengdu Shuijingjie jiufang yizhi [La prima cantina cinese - I resti di una distilleria in via Shuijing a Chengdu], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 796-805.

Xiabali, necropoli di

di Maria Luisa Giorgi

Necropoli ubicata presso Xuanhua (Prov. di Hebei) in cui nel 1993 sono state portate alla luce nove tombe di tarda epoca Liao (907-1125) con pareti e soffitti coperti da dipinti murali ben conservati. La zona di Xuanhua fu un importante centro politico, economico e culturale della dinastia Liao (fondata dall'etnia dei nomadi Khitan nel Nord della Cina).

Sulla base delle iscrizioni rinvenute si è potuto stabilire che le otto tombe nella parte orientale della necropoli appartengono alla famiglia Zhang e vanno dal 1093 al 1117, mentre una sola, nella parte occidentale, distante 110 m circa, è di tale Han Shixun, sepolto nel 1111. Il rituale di sepoltura esemplifica una pratica funeraria tipica dei Liao: dopo la cremazione del corpo, secondo le prescrizioni buddhiste, le ceneri erano poste all'interno di un simulacro di legno o paglia di riso del defunto, che era poi vestito e deposto nel sarcofago, sul quale erano scritti alcuni dhāraṇī ("formule magiche"). I soggetti dei dipinti nelle tombe sono di notevole importanza sia per il loro valore storico-artistico che per il valore documentario; l'ottimo stato di conservazione e la qualità delle opere rivelano inoltre la mano di artisti professionisti provenienti da templi buddhisti. Vi sono raffigurati elementi architettonici, complesse decorazioni floreali, peonie e nubi, coppie di fenici e di draghi, paraventi, musicanti, scene di banchetto, bambini che giocano alla corda, servitori, cortei a cavallo, divinità protettrici del buddhismo, guardiani delle porte. Tra i personaggi raffigurati, alcuni sono abbigliati con abiti cinesi, altri con gli abiti tradizionali dei Khitan, l'etnia cui appartenevano i sovrani Liao. Otto dipinti rappresentano la preparazione del tè, sette alcune mappe stellari (che forniscono prezioso materiale per la storia delle scienze) e tre la recita di sūtra. Tra i più di 500 manufatti rinvenuti, di notevole rilievo sono 126 ceramiche (ciotole, tazze, teiere, bacini, piatti, piattini) con invetriatura monocroma gialla o bianca e con invetriatura sancai ("a tre colori"). Di eccezionale importanza è stato anche il rinvenimento di 34 mobili di legno (tavoli, tavolinetti, sedie, poggia-abiti e poggiaspecchi) la cui conoscenza, data la scarsità dei ritrovamenti dovuta alla deperibilità del materiale, era precedentemente data soprattutto dalle rappresentazioni pittoriche.

Bibliografia

Zeng Shaozong, Bihuazhong de Liaoren shenghuo - Xuanhua Xiabali Liao bihua muqun [La vita dei Liao nei dipinti murali - Tombe dipinte Liao a Xiabali, Xuanhua], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, Beijing 2000, pp. 747-54.

Yelü yuzhi, tomba di

di Filippo Salviati

Tomba rinvenuta a Qinglongshan (Nain'an, Mongolia Interna) e scavata nel 1986; ospita i resti della principessa della dinastia Liao (907-1125), nipote dell'imperatore Shengzong (982-1031), deceduta nel 1018, e del consorte.

La sepoltura, ipogea e costruita in mattoni, con pareti intonacate e dipinte, misura complessivamente 16,4 m di lunghezza ed è costituita da una rampa d'accesso, una anticamera con due ripostigli laterali e camera funeraria a pianta circolare di 4,45 m di diametro con volta emisferica, forma che ricorda le tende utilizzate dalle genti seminomadiche da cui i Liao, noti anche come Khitan, discendevano. Nella struttura e nel corredo funerario la tomba evidenzia quanto i Liao, pur restando fedeli alle proprie tradizioni, avessero assorbito molti elementi della cultura cinese. Di ascendenza Tang (618-907) è, ad esempio, l'usanza di decorare le tombe con immagini e scene ispirate alla vita del defunto, ma nella sepoltura di Y. le figure di attendenti e palafrenieri sono, nei tratti somatici e nell'abbigliamento, chiaramente Khitan: il ritrovamento, nel ripostiglio sinistro, di bardature e finimenti equini attesta inoltre l'importanza che il cavallo aveva nella vita delle genti seminomadi. L'ingresso della tomba, di mattoni, riecheggia i sistemi mensolari cinesi dell'architettura lignea del periodo e cinesi sono anche le porcellane dei tipi cizhou e dingyao (rinvenute in quantità nel ripostiglio sinistro), prodotte nelle fornaci della Cina centrale durante il periodo dei Song Settentrionali (960-1127). Nella camera funeraria i defunti erano distesi su un letto funebre di pietra, in origine celato da una tenda di stoffa ricamata, pratica che le fonti Liao indicano come riservata ai defunti di alto rango. Due corone in lamina d'oro lavorata a giorno sono state rinvenute presso le teste, i volti coperti da due maschere funerarie d'oro, secondo una pratica attestata in altre sepolture Liao. L'intero corpo era stato rivestito da una maglia metallica, i piedi calzati in bassi stivaletti d'argento, quelli di Y. impreziositi da motivi, in oro, di fenici in volo. Numerosi gli ornamenti: collane, pettorali e orecchini d'ambra, materiale probabilmente importato dalle regioni del Mar Baltico; pendenti in forma di animali, utensili e scatolette di giada proveniente dalla regione di Khotan; coppette di cristallo di rocca con coperchi d'oro forse utilizzate come contenitori di medicinali o essenze aromatiche. Testimonianza dei contatti su larga scala intrattenuti dai Liao sono inoltre alcuni recipienti di vetro (piatti, bacili, versatoi) di probabile fattura vicino-orientale o centroasiatica.

Bibliografia

Zhu Qixin, The Liao Dynasty Tomb of a Prince and Princess of the Chen Kingdom, in Orientations, 22, 10 (1991), pp. 53-61; Liao Chen guogong zhu mu [La sepoltura della principessa del regno di Chen], Beijing 1993.

Yinchuan

di Maria Luisa Giorgi

Località nei cui pressi, sul versante orientale del Monte Jialan (Regione Autonoma di Ningxia Hui), sono localizzati i "giardini funerari" (lingyuan) dei sovrani della dinastia tanguta degli Xi Xia (1032-1227), tra cui il Lingyuan n. 3, quello meglio preservato, è stato oggetto di indagini di scavo tra il 2000 e il 2001.

I Tanguti Xi Xia avevano costituito uno Stato di religione buddhista e cultura filotibetana che si estendeva nelle attuali regioni di Ningxia, Shaanxi, parti del Gansu, del Qinghai e della Mongolia; il regno Xi Xia fu distrutto da Gengis Khan. Gli scavi del Lingyuan n. 3 (150.000 m2), situato al centro della parte meridionale dell'area delle tombe imperiali, hanno interessato il muro di cinta in terra battuta con quattro terrazze angolari e, al suo interno, le strutture di culto a vista disposte simmetricamente lungo l'asse sud-nord, consistenti in due piattaforme ai lati della porta, due padiglioni per le stele, gli edifici principali della "città della luna" (struttura peculiare di questo sito), con una porta al centro del lato meridionale, e le mura della "città interna", con una torre a ogni angolo e una porta al centro di ciascun lato affiancata da torrette; all'interno di queste mura si trovano, sull'asse sud-nord, le strutture cui solo alcuni membri dell'aristocrazia e del clero buddhista Xi Xia potevano accedere: il padiglione per le offerte funerarie, il chorten (stūpa) e la tomba ipogea, formata da corridoio e sala sepolcrale. La città della luna e le mura interne formano un unico impianto rettangolare con avancorpo centrale; le mura della città della luna (128,5 × 53 m; alt. conservata ca. 1 m) hanno una sola porta (largh. 9 m) sul lato sud con due torrette laterali "trilobate", ciascuna formata da un grosso corpo circolare sul quale si appoggiano due corpi minori ugualmente con pianta circolare. All'interno della città della luna sono disposte diverse strutture rituali (il cui uso non sempre è immediatamente comprensibile), tra cui due file di piattaforme rettangolari di terra rivestita di mattoni che ospitavano sculture di pietra a soggetto buddhista. Le mura rastremate nella parte superiore e coperte con tegole della città interna (181 × 163 m) sono costruite in terra con scheletro di legno (largh. alla base 3,45-3,65 m), secondo una tecnica ampiamente attestata nelle fasce predesertiche del Nord-Ovest cinese e dello Xinjiang almeno dall'epoca Han. Le torri angolari sono a cinque o sette corpi circolari riuniti a corolla, mentre quelle che fiancheggiano le porte sono come le torri della città della luna. Sembra che solo la porta meridionale di queste mura fosse praticabile; le altre parrebbero essere in qualche modo ostruite da un edificio con muri di tamponamento di colore rossastro e con pianta (definita dal modulo cinese del jian, intercolumnio) a due-tre intercolumni per due. Il padiglione per le offerte al sovrano defunto, a pianta ottagonale (lati lunghi 8,9-9,1 m; alt. 1,1 m), era originariamente rivestito di mattoni; al centro della struttura, in un quadrato di 10 m a file di mattoni decorati con motivi fitomorfi, che corrono nelle due direzioni, sono rimaste le tracce dei buchi in cui erano piantate simmetricamente 12 colonne tonde, una a ogni angolo del quadrato e 2 lungo ogni lato; in alcuni buchi sono stati rinvenuti plinti di pietra. Il chorten, situato nella parte settentrionale all'interno delle mura, si presenta attualmente come un cumulo di terra conico a pianta circolare (alt. 21 m, diam. 37,5 m); sul tamburo di base (alt. 0,3-0,5 m), in terra battuta molto dura, è presente uno strato di argilla rossastra e, poiché fino a oggi non sono stati trovati mattoni di rivestimento, sembra ipotizzabile che in origine l'intero chorten fosse rivestito da un intonaco di argilla rossastra.

I manufatti rinvenuti sono quasi tutti elementi architettonici: tegole cilindriche, acroteri a coda di civetta, mattoni quadrati, rettangolari e triangolari, basi a forma di fiore di loto, elementi a forma di leone marino con un solo corno, teste di Buddha di ceramica smaltata. Per quanto riguarda antefisse e gocciolatoi, la maggior parte ha decorazioni a forma di protomi zoomorfe e solo pochi presentano motivi fitomorfi. Sono stati trovati inoltre due teste virili di pietra e frammenti di una scultura di pietra raffigurante un cavallo bardato. Nel loro complesso, le ricerche condotte nel Lingyuan n. 3 della necropoli reale Xi Xia da una parte hanno confermato la vicinanza dell'aristocrazia Xi Xia al buddhismo e alla cultura tibetana, dall'altra hanno contribuito a evidenziare alcuni aspetti originali dell'architettura e della ritualità dei Tanguti Xi Xia, ancora per molti versi scarsamente conosciuti.

Bibliografia

Xi Xia lingqu - 3 hao lingyuan jianzhu yizhi [Complesso architettonico del recinto n. 3 del Mausoleo dei Xia Occidentali], in Zhongguo zhongyao kaogu faxian - Major Archaeological Discoveries in China in 2001, Beijing 2002, pp. 138-43.

Yuanmingyuan

di Maria Luisa Giorgi

Grande complesso palaziale ("Giardino della Perfezione e dello Splendore"; ca. 370 ha) ubicato alla periferia nord-ovest di Pechino; fu progettato intorno al 1737, quale residenza di svago degli imperatori della dinastia Qing (1644-1911), e distrutto dalle truppe anglo-francesi nel 1860.

Scavi intrapresi nel 2001 dall'Istituto di Ricerca per i Beni Culturali di Pechino hanno portato alla luce i resti di due importanti strutture architettoniche: quelle relative alla sala Hanjingtang e quelle della sala Danhuaitang, entrambe situate nel Giardino della Lunga Primavera (Changchunyuan), nell'area sud-orientale dello Y. L'Hanjingtang (300 × 150 m) fu fatta costruire sull'isola centrale del giardino tra il 1745 e il 1770 dall'imperatore Qianlong (1736-1795) della dinastia mancese Qing (1644-1911) come ritiro personale e fu distrutta dall'esercito anglo-francese nel 1860 assieme ai coevi palazzi "all'europea" ispirati a quelli di Versailles e, verosimilmente, di Caserta, commissionati per lo stesso Y. da Qianlong tra il 1740 e il 1747 ai gesuiti, tra cui l'italiano G. Castiglione, ammessi a corte quali esperti di scienze e di tecniche avanzate. Il complesso dello Y. è orientato a sud e comprende il padiglione d'ingresso, la sala Hanjingtang, il padiglione Chunhuaxuan, lo studio Yunzhenzhai e il padiglione Deshenggai. Davanti al padiglione d'ingresso sono tre pailou (portale monumentale) a quattro colonne, uno al centro e due ai lati; il padiglione stesso è a cinque intercolumni (jian), preceduto da una piattaforma che sopporta due leoni

dorati da cui partono tre strade lastricate di pietra dirette ai pailou in cui erano erette le tende dove l'imperatore riceveva gli inviati dei Paesi stranieri. Superato l'ingresso, lungo l'asse sud-nord si incontra l'Hanjingtang, a sette intercolumni e doppio tetto a tegole smaltate. Ai lati sorgevano due padiglioni minori e vicino a essi si trovavano a est la biblioteca a due piani e a ovest un edificio ugualmente a due piani per il culto buddhista. Dietro all'Hanjingtang sorgevano il padiglione Chunhuaxuan, a 2 piani e 7 intercolumni, con una veranda di 12 intercolumni sui lati est e ovest, e altri edifici secondari; più all'interno era situato lo studio Yunzhenzhai, a 7 intercolumni. Verso nord sorgeva un padiglione aperto, il Deshenggai, a tre intercolumni, servito, a est e a ovest, da due ponti, rispettivamente a tre e a cinque arcate. Della sala Danhuaitang sono stati finora scavati il corridoio-veranda sul lato orientale e i padiglioni secondari, oltre a un pozzo per l'acqua e a una conduttura idrica. Oltre ad aver riportato alla luce strutture che si pensava fossero andate del tutto perdute, i recenti scavi condotti nel sito hanno rinvenuto più di 1000 manufatti di giada, porcellana, bronzo, vetro e marmo che, per la qualità dell'esecuzione, rivelano l'originaria destinazione a uso delle più alte gerarchie del Celeste Impero. Tali manufatti, inoltre, offrono preziosi riferimenti per l'esatta attribuzione di molte opere presenti in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, che con ogni probabilità provengono dal saccheggio generale a cui lo Y. fu sottoposto al momento della sua distruzione.

Bibliografia

Yuanmingyuan - Hanjingtang yu Danhuaitang yizhi [Yuanmingyuan - Le rovine delle sale Hanjingtang e Danhuaitang], in 2001 Zhongguo zhongyao kaogu faxian, Beijing 2002, pp. 149-56.

Yuan zhongdu

di Maria Luisa Giorgi

Sito di una delle quattro capitali della dinastia mongola Yuan (1279-1368), la Capitale Centrale (distretto di Zhangbei, Prov. di Hebei), costruita tra il 1307 e il 1311 sotto l'imperatore Wuzong; individuato negli anni Cinquanta del Novecento, diversi saggi vi furono eseguiti negli anni Settanta e Novanta, mentre vere e proprie indagini stratigrafiche sono state condotte dal 1998 al 2000.

Benché si trattasse solo di una residenza imperiale temporanea, conosciuta come Wangwuchadu, la città fu costruita sul modello delle capitali imperiali cinesi, ovvero con la parte più interna dell'intera struttura (la cd. "città interna") articolata sull'asse centrale sud-nord, con gli edifici disposti in modo simmetrico lungo la sua lunghezza. La costruzione della città, però, non fu completata: essa fu utilizzata per soli trent'anni e quindi abbandonata, ciò che ha permesso che si conservasse in buone condizioni. La città è composta da tre cinte murarie concentriche: la cinta più interna racchiudeva la città imperiale, luogo di residenza del sovrano e della corte. La cinta muraria interna, la meglio conservata, aveva pianta rettangolare; le mura erano alte 3-4 m, con una torre a ogni angolo e una porta al centro di ogni lato. La cinta mediana, anch'essa a pianta rettangolare, distava da quella interna 120 m sui lati est, ovest e nord e 210 m sul lato sud; eccetto che per il lato ovest, dove la situazione non è chiara, in ognuno dei rimanenti lati è stata rinvenuta una porta. Della cinta esterna rimangono solo le mura dei lati est, nord e sud, che distano dalla città imperiale rispettivamente 1050, 590 e 1570 m. Poche sono le strutture conservatesi nelle due cinte più esterne, mentre nella città imperiale ne sono state individuate 27; sono stati effettuati scavi approfonditi all'angolo sud-ovest delle mura, dove sorgeva una torretta, e sui siti della porta meridionale e della piattaforma dell'edificio n. 1: la superficie scavata è più di 7000 m2. La base su cui sorgeva l'edificio all'angolo sud-ovest delle mura è una struttura a pianta quadrata, in terra battuta rivestita di mattoni e, agli angoli, di blocchi di pietra; una certa "rastremazione" nelle parti più alte della struttura ha fatto ipotizzare agli archeologi cinesi una qualche influenza dall'architettura tibetana. Della porta meridionale è stato portato alla luce il fornice centrale, pavimentato con pietre di diversa grandezza. Ai lati della porta sorgevano due torrette (jue). La piattaforma dell'edificio n. 1, situato al centro della città imperiale, è a pianta rettangolare con quattro elementi aggettanti su ciascun angolo (una sorta di H ruotata di 180°). Sulla piattaforma, a tre gradoni e rivestita in mattoni, sono state rinvenute basi di pietra per colonne lignee che rivelano la presenza di un edificio imperiale, il cui aspetto non doveva essere molto dissimile da quelli, più tardi, visibili nella Città Proibita di Pechino. Elementi architettonici quali antefisse, gocciolatoi lobati e acroteri zoomorfi di ceramica invetriata, pietra, ferro e legno costituiscono la maggioranza dei rinvenimenti. Dalla piattaforma dell'edificio n. 1 sono venute alla luce oltre 30 teste di drago in marmo che ne ornavano il perimetro e i resti di un pilastro ornato con il motivo del "drago che gioca con la perla luminosa", elemento ricorrente nell'architettura cinese, soprattutto imperiale, a partire dall'epoca Yuan.

Bibliografia

Ren Yashan - Zhang Chunchang - Qin Ruipu, Meng Yuan sidu yanjiu de biaoben - Yuan Zhongdu yizhi [Un esempio per lo studio delle quattro capitali dei Mongoli Yuan - Le rovine della Capitale Centrale Yuan], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 789-95; Hebei Yuan Zhongdu yizhi [Le rovine della Capitale Centrale Yuan nel Hebei], in 2001 Zhongguo zhongyao kaogu faxian, Beijing 2002, pp. 122-26.

Zhongxiang, tomba di

di Maria Luisa Giorgi

Tomba situata 25 km a sud-est di Zhongxiang (Prov. di Hubei); due iscrizioni rinvenute (2001) al suo interno hanno permesso di attribuire la sepoltura a un aristocratico locale, Zhu Zhanji, principe di Liang Zhuang, morto a 30 anni il 6° anno dell'imperatore Zhengtong (1441) della dinastia Ming (1368-1644), e alla sua concubina, morta nel 1451.

La tomba, già oggetto di scavi clandestini, ha restituito oltre 5100 oggetti di ceramica, porcellana, lacca, bronzo, ma soprattutto d'oro, argento e giada; situata su una collinetta e orientata verso sud, in origine era circondata da due cinte murarie che racchiudevano un'area rettangolare entro cui si trovavano un edificio di culto e la struttura ipogea, costituita da una rampa lunga 10,6 m, un piccolo atrio e due sale a pianta rettangolare disposte a T e collegate da un corto passaggio. Entrambe le sale (lungh. complessiva 15,4 m, largh. 7,88 m, alt. 5,3 m) sono scavate nella roccia e rivestite di mattoni grigi. All'interno della seconda sala vi erano due piattaforme per la deposizione delle bare di legno laccato: una grande, di pietra, in posizione centrale, e una più piccola, laterale, di terra e mattoni. Gli ori, rinvenuti intorno e sopra la piattaforma su cui era posto il corpo del principe, superano i 10 kg di peso e comprendono oltre 120 oggetti tra cui caraffe, un tripode (jue), ciotole, bacchette per mangiare, cucchiai forati, coperchi per ciotole, monete, lingotti e oltre 330 gioielli: 20 spilloni per capelli di varie forme, ornamenti per acconciature, armille, braccialetti, anelli, ciondoli, orecchini. Sono state ricomposte quattro cinture d'oro decorate con giade e pietre preziose. La maggior parte degli oggetti d'oro è realizzata a martellatura. Gli argenti, oltre 360, comprendono le stesse tipologie degli oggetti d'oro. Molti sono poi gli ornamenti di giada, perle e pietre dure (cristallo di rocca e agata) che, singoli o composti da più pezzi, si portavano appesi alla cintura. La molteplicità delle tecniche di lavorazione ‒ a rilievo, a giorno, a tutto tondo ‒ e la ricchezza dei motivi decorativi augurali (quali le lepri sotto la luna, una coppia di anatre mandarine, pesci, capre, zucche, peonie e altri fiori, tralci di foglie, nubi e personaggi) dei manufatti di Zh. ha fornito uno dei più ricchi campionari di arte orafa della Cina classica fino a oggi noti, di fondamentale importanza per la comprensione non solo di una categoria di manufatti generalmente poco rappresentata nei musei (sia cinesi che occidentali), ma anche di eccezionale valore scientifico per la valutazione dei livelli di ricchezza nell'ambito dell'aristocrazia imperiale di epoca Ming.

Bibliografia

Hubei Zhongxiang Mingdai Liang Zhuang Wang mu fajue jianbao [Breve relazione dello scavo della tomba del principe di Liang Zhuang Wang della dinastia Ming a Zhongxiang, Hubei], in Wenwu, 5 (2003), pp. 4-23.

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