GIOVANILE, cinema

Enciclopedia del Cinema (2003)

Giovanile, cinema

Federico Chiacchiari

L'espressione cinema giovanile, o youth movie, non delimita semplicemente uno specifico genere né un periodo della storia della produzione cinematografica, quanto piuttosto un percorso che attraversa, in particolare, il cinema statunitense a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e individua una categoria trasversale di film che si snodano nell'ambito di strutture narrative consolidate, compresi i generi classici hollywoodiani.

Fu infatti nel secondo dopoguerra che la presenza dei giovani cominciò a imporsi con forza nelle produzioni statunitensi. In precedenza, figure di giovani erano comparse soprattutto nei film prodotti dalla Warner Bros. negli anni Trenta, come, per es., il gruppo dei cosiddetti Dead End Kids ‒ i ragazzi protagonisti di Dead end (1937; Strada sbarrata) di William Wyler, con Humphrey Bogart, e di altri film ‒, espressione di un cinema 'sociologico' che, in linea con le direttive del New deal roosveltiano, cercava di rappresentare le difficoltà di crescere e maturare in contesti sociali poveri e problematici. E un attore come John Garfield, in grado di esprimere profonde inquietudini esistenziali derivanti da esperienze in ambienti degradati, ben rappresentava questo sociologismo ancora dominante negli anni Quaranta in film come The fallen sparrow (1943; Il passo del carnefice) di Richard Wallace, Body and soul (1947; Anima e corpo) di Robert Rossen, He ran all the way (1951; Ho amato un fuorilegge) di John Berry.Il dopoguerra negli Stati Uniti fu anche caratterizzato da quella che alcuni sociologi hanno chiamato l'invenzione del teenager, ovvero di una figura sociale creata dalla nuova società dei consumi che aveva messo in crisi una serie di valori portanti, primo fra tutti la famiglia, ma anche il modo di concepire il lavoro. In questa nuova realtà, l'inizio dell'età adulta risultò spostato in avanti, con la conseguente dilatazione dei tempi del 'non lavoro' e la presenza di una nuova generazione di giovani, meno controllati dalle famiglie e con maggiore tempo libero e disponibilità economica, destinati perciò a divenire 'nuovi consumatori'. Nuovi soggetti cioè capaci di imporre stili di vita e tendenze innovative che contribuirono alla nascita delle cosiddette sottoculture giovanili. Il cinema statunitense degli anni Cinquanta non rimase estraneo a queste trasformazioni e attori come Montgomery Clift, primo antieroe giovanile, scontroso e introverso, e Marlon Brando, che invece della giovinezza incarnava la durezza ma anche la vulnerabilità ("sono sbarcati i marziani" scrissero i giornali dopo la sua apparizione in The wild one, 1953, Il selvaggio, di Laslo Benedek), divennero gli idoli di un pubblico ben individuato anagraficamente. Proprio in quegli anni fu pubblicato The catcher in the rye (1951; trad. it. Vita da uomo, 1952, poi con il tit. Il giovane Holden, 1961) di J.D. Salinger, romanzo cult e sorta di manifesto delle nuove generazioni percorso da uno spirito di ribellione piccolo-borghese e anticonformista, e dal 1950 fecero la loro comparsa i Peanuts, personaggi dei fumetti con cui l'ideatore, il disegnatore Ch. Schulz, volle rappresentare degli eterni adolescenti che avevano tra loro rapporti di tipo adulto basati sull'incomunicabilità. Ma fu quello anche il periodo in cui esplose il fenomeno di massa del rock and roll, che, insieme ai fumetti, alla letteratura di fantascienza e al cinema, contribuì in breve tempo a delineare l'orizzonte di riferimento in cui si elaborarono i miti del nuovo 'immaginario giovanile'.'L'era del rock and roll' arrivò al cinema con il film The blackboard jungle (1955; Il seme della violenza) di Richard Brooks, che nelle scene iniziali lanciava l'hit di Bill Haley Rock around the clock. Si trattava comunque di un'opera ancora pensata per un pubblico adulto (i ragazzi infatti a questo tipo di film preferivano gli horror, i b-movies e la frequentazione dei drive-in). Il cambiamento cruciale nella rappresentazione delle inquietudini giovanili arrivò con James Dean, che con tre soli film (East of Eden, 1955, La valle dell'Eden, di Elia Kazan; Rebel without a cause, 1955, Gioventù bruciata, di Nicholas Ray; Giant, 1956, Il gigante, di George Stevens) e, soprattutto, a causa della prematura morte in un incidente stradale, divenne il primo vero e proprio 'mito giovanile'. James Dean aveva in sé la rabbia e la violenza di un Marlon Brando, la delusione e il tormento di un Montgomery Clift e il cinismo e la fredda disperazione di Holden Caulfiend, il protagonista del romanzo di Salinger. Nel 1956, un anno dopo la morte dell'attore, si affermò Elvis Presley, il primo grande interprete del rock and roll 'bianco'. Presley divenne l'idolo della gioventù della seconda metà degli anni Cinquanta, imponendosi a livello internazionale con la sua voce 'nera' e il modo di muoversi che alludeva esplicitamente a una libertà sessuale tutta ancora da scoprire. Interpretati spesso dallo stesso Elvis, nacquero in quegli anni i primi bad films, incentrati sulle canzoni e sui teenager. Vennero realizzati Don't knock the rock (1956; I frenetici) di Fred F. Sears, Rock, rock, rock! (1956; Il re del rock and roll) di Will Price, Jailhouse rock (1957; Il delinquente del rock'n'roll) di Richard Thorpe, Rock, pretty baby (1956; Gli indiavolati) di Richard H. Bartlett, e decine di altri con la parola magica rock nel titolo, fino alla comparsa di prodotti più consapevolmente mirati come quelli della AIP (Ameri-can International Pictures) di Samuel Z. Arkoff e James H. Nicholson, e più tardi Roger Corman, tra cui The fast and the furious (1954) di John Ireland ed Edwards Sampson, e Teenage doll (1957) dello stesso Corman. Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta il rock movie andò in crisi e si profilò invece il successo del filone dei beach movies, contemporaneamente all'affermarsi delle 'facce pulite' del rock come Frankie Avalon, Pat Boone, Bobby Wee ecc. A partire da allora, comunque, l'esigenza dei giovani di esprimersi e affermare il proprio punto di vista, attraverso movimenti di massa e particolari sottoculture, divenne sempre più forte e diffusa sino all'esplosione del Sessantotto. In particolare, nell'Inghilterra di quegli anni, più caratterizzata rispetto agli Stati Uniti dalle rivendicazioni di una gioventù proveniente dalla classe operaia, il movimento degli Angry Young Men e quello pressoché contemporaneo del Free Cinema esprimevano la necessità di un profondo cambiamento che tenesse conto delle esigenze sociali e culturali di una realtà in rapida trasformazione. Tali fermenti furono pienamente rappresentati da film come Look back in anger (1959; I giovani arrabbiati) e The loneliness of the long distance runner (1962; Gioventù, amore e rabbia) entrambi di Tony Richardson, Saturday night and Sunday morning (1960; Sabato sera, domenica mattina) di Karel Reisz, che descrivono il rifiuto nei confronti del 'lavoro dei padri' da parte delle nuove generazioni. Inoltre l'esplosione del gruppo rock The Beatles ‒ prima in Inghilterra e poi nel resto d'Europa ‒ cambiò per sempre il mercato e l'universo giovanile. L'avvento della band di Liverpool suscitò i primi veri e propri casi di fanatismo giovanile, rappresentati con ironia da un cineasta come Richard Lester che volle i componenti del gruppo come protagonisti di A hard day's night (1964; Tutti per uno) e Help! (1965; Aiuto!), film dissacranti e irriverenti, caratterizzati da un ritmo straordinario. Negli Stati Uniti, nel corso degli anni Sessanta, una rinnovata e più matura coscienza sociale trovò i propri eroi prima in personaggi consapevoli ma dagli spiccati tratti individualistici, come quelli interpretati da Paul Newman e da Steve McQueen, e in seguito nei protagonisti di film impegnati a raccontare il nuovo universo giovanile, come Easy rider (1969) di Dennis Hopper, Alice's restaurant (1969) di Arthur Penn e The strawberry statement (1970; Fragole e sangue) di Stuart Hagmann.

Dopo la contestazione del 1968 e la successiva crisi dei movimenti, agli inizi degli anni Settanta si impose nel cinema la rappresentazione delle angosce urbane e della violenza estrema in film come A clockwork orange (1971; Arancia meccanica) di Stanley Kubrick, Badlands (1974; La rabbia giovane) di Terrence Malick e The warriors (1979; I guerrieri della notte) di Walter Hill. Punto di 'non ritorno' della cultura giovanile furono però il punk e la generazione del no future, che si servì del travestitismo e del métissage culturale per esprimere il proprio rifiuto della società, imporre la provocazione, denunciare la rappresentazione dei corpi ormai mercificata. Furono anni di conflitti che il cinema registrò con film sul mondo della disco-music, come Saturday night fever (1977; La febbre del sabato sera) di John Badham che, con Grease (1978; Grease ‒ Brillantina) di Randal Kleiser, lanciò John Travolta, e di ambientazione punk (come The great rock and roll swindle, 1980, di Julien Temple) fino all'affermazione del cinema demenziale.Dagli anni Ottanta si è verificata una netta diminuzione della presenza degli adulti nelle sale e i giovani si sono imposti come pubblico e, conseguentemente, come protagonisti dei film. I filoni del c. g. si sono così moltiplicati nell'ambito della produzione cinematografica non solo hollywoodiana, con un considerevole sviluppo delle commedie (di cui uno specialista è stato John Hughes, con film come Breakfast club, 1985). Solo in alcuni film d'autore si è continuato a guardare all'universo giovanile del passato, con un pizzico di nostalgia: basti pensare a registi come George Lucas (American graffiti, 1973), John Milius (Big Wednesday, 1978, Un mercoledì da leoni), Francis Ford Coppola (The outsiders, 1983, I ragazzi della 56ª strada; Rumble fish, 1983, Rusty il selvaggio), A. Penn (Four friends, 1981, Gli amici di Georgia) e a film come Fandango (1985) di Kevin Reynolds.

Il c. g. alla fine del 20° sec. e agli inizi del 21° ha finito per coincidere con il cinema tout court, in una prospettiva in cui mode e innovazioni culturali sembrano appartenere quasi necessariamente alle giovani generazioni, imponendosi come luogo di sperimentazione ma anche e soprattutto di controllo dell'immaginario da parte dell'industria cinematografica.

Bibliografia

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