CINEMA INSTALLATO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

CINEMA INSTALLATO.

Bruno Roberti

– La multisensorialità del cinema installato. Bibliografia

Nell’orizzonte ‘transmediale’ che caratterizza il nuovo millennio il c. i. si inserisce come una pratica di confine tra cinema e arti visive in cui il dispositivo di proiezione e le modalità di fruizione dello spettatore rispetto al cinema cambiano radicalmente funzione in direzione di una esposizione ma anche di una espansione delle immagini filmiche in spazi e ambienti (gallerie d’arte, musei, luoghi naturali o urbani) lungo i quali fotogrammi, sequenze, spezzoni di film vengono dislocati e proiettati su schermi, pannelli o superfici preesistenti. Questi ultimi compongono al contempo e frammentano un itinerario entro il quale lo spettatore si muove e si immerge vivendo la condizione del flaneur baudeleriano e poi benjaminiano.

La multisensorialità del cinema installato. –Il c. i. interviene su più fronti: quello percettivo per cui l’attenzione del pubblico viene indotta a una partecipazione, quello spaziale per cui si crea un luogo ‘ibrido’ dove l’artificio dei media si è collegato al paesaggio circostante, quello rappresentativo e performativo per cui la costruzione dell’evento si basa su una pluralità di forme che intrecciano teatralità, proiezione filmica, composizione visuale in una intermedialità (v.) già anticipata negli anni Settanta del Novecento dalle pratiche della videoarte, del cinema d’artista, del cinema underground, in cui l’opera veniva percepita in una multisensorialità totale ed espansa (come nell’expanded cinema di Stan VanDerBeek e Gene Young blood in cui il cinema ‘fuoriusciva’ dallo schermo, o nelle performance di artisti sperimentali o di videoartisti come Pipilotti Rist, Fabio Mauri, Studio Azzurro, Wolf Vostell, Michelangelo Pistoletto, Bill Viola, Nam June Paik, Gary Hill, Fabrizio Plessi).

Anche la scansione temporale delle immagini e il loro montaggio vengono ‘esposti’ e decostruiti in forma di tempi sospesi o ripetitivi e di ‘montaggio esposto’, richiedendo allo spettatore sia un’attenzione concentrata ed empatica come nelle installazioni di Viola (per es., Ocean without a shore, 2007), sia una ‘distrazione’ che si muove verso più punti visuali di attrazione, come in Altered Earth (2012) di Doug Aitken che investe di proiezioni la Grand halle del Parc des Ateliers di Arles. Gli ambienti naturali, o i luoghi deputati dei musei diventano con il c. i. percorsi reali e immaginari a un tempo dove il cinema si dissolve (assimilandosi a tecnologie digitali o video oppure recuperando la ‘grana’ della proiezione in pellicola, o riducendosi a fotogrammi fissi) come nelle opere di Eija-Liisa Ahtila (per es., Horizontal, 2011) e in quelle di Irit Batsry, Francesco Ruiz De Infante, Marlène Puccini; oppure, al contrario, dove il film per la sala si integra alla sua versione installata. Ne è esempio il film di Shirin Neshat Zanan-e bedun-e mardan (2009; Donne senza uomini), preceduto da cinque installazioni poi reinserite nel film, dilatando nel tempo e nei dispositivi la costruzione ‘a tappe’ dell’opera filmica. Il rapporto con la memoria cinematografica è evidente nella ricostruzione dei moduli di rappresentazione del cinema ‘primitivo’, e della sua artigianalità legata al supporto della pellicola, nei lavori di Andreas Bunte (come Künstliche Paradiese, 2009), e in tal senso esemplare anche The clock (2010) di Christian Marclay (premiato alla Biennale Arti visive di Venezia) in cui le immagini di orologi tratte da vari film vengono montate e proiettate nello spazio scandendo i minuti e i secondi di una intera giornata, in tempo reale.

La pratica del c. i. traspone dunque la bidimensionalità del cinema in una tridimensionalità spaziotemporale insieme reale e virtuale, ‘abitata’ dallo spettatore. Il panorama internazionale del c. i. ha visto, fin dagli ultimi due decenni del Novecento, l’affermarsi di artisti quali Rebecca Horn, Douglas Gordon, Yang Fudong, Doug Aitken, Tobias Rehberger, Matthew Barney,Tacita Dean, Stan Douglas, la già citata Ahtila, Dominique Gonzalez-Foerster, Darren Almond, Tobias Rehberger, Pierre Huyghe, Janet Cardiff, Philippe Parreno, Paul Chan, e più recentemente, nel panorama italiano, Gianluca e Massimiliano De Serio, Ciprì e Maresco, Michelangelo Frammartino, Ra di Martino, Carola Spadoni. Anche cineasti come Agnes Varda, Werner Herzog (v.), Jean-Luc Godard (v.), Abbas Kiarostami, Amos Gitai (v.), David Cronenberg (v.), David Lynch, Aleksandr Sokurov (v.), Chantal Akerman in anni recenti si sono dedicati a trasferire le proprie poetiche d’autore nel c. i. spesso implicandovi dati autobiografici e ripensamenti delle proprie immagini in forme inedite.

Bibliografia: M. Senaldi, Doppio sguardo. Cinema e arte contemporanea, Milano 2008; R. Bellour, La querelle des dispositifs. Cinéma – installations, expositions, Paris 2012.

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