CINES

Enciclopedia del Cinema (2003)

Cines

Stefania Carpiceci

Casa di produzione cinematografica, fondata nel 1906 e sciolta nel 1958. Insieme alla Titanus, fu una delle istituzioni più durature della cinematografia italiana, in grado di mantenere inalterato il proprio marchio di fabbrica per più di cinquant'anni, nono-stante le interruzioni e i mutamenti avvenuti.

Quale trasformazione in società per azioni della Manifattura di pellicole per cinematografi Alberini & Santoni, la C. nacque ufficialmente a Roma il 31 marzo 1906, con un capitale iniziale di circa 250.000 lire e uno stabilimento in vicolo delle Tre Madonne, nel quartiere San Giovanni. A Filoteo Alberini (che assunse l'incarico di direttore tecnico) e Dante Santoni, si affiancò con una quota azionaria maggioritaria Adolfo Pouchain, un ingegnere appartenente a una famiglia di industriali e finanzieri, che divenne amministratore unico. A partire dall'anno successivo non solo il capitale raddoppiò, ma si rivelò finanziariamente provvidenziale la partecipazione del Banco di Roma, al quale fu ceduta una quota azionaria: essa permise tra l'altro la costruzione di un secondo teatro di posa in via Veio. Questi primi anni furono caratterizzati dall'ambiziosa politica cinematografica di Alberini, che promosse la realizzazione di film destinati a lasciare un segno sia sulla scena nazionale sia su quella internazionale. Soprattutto a partire dal 1910, anno in cui Pouchain fu sostituito da Alberto Fassini, la C. visse infatti un periodo d'oro, contrassegnato da kolossal storico-mitologici di grande successo ‒ tra cui La Gerusalemme liberata (1911), Marcantonio e Cleopatra (1913) e Quo vadis? (1915) diretti da Enrico Guazzoni ‒ e dalla presenza di registi come Nino Oxilia, Carmine Gallone, Augusto Genina, Amleto Palermi.

La fine di quel decennio vide la ditta passare dapprima a un gruppo italo-francese e poi riparare sotto l'egida dell'UCI (Unione Cinematografica Italiana), che dal gennaio 1919 tentò invano di riunire e tutelare alcune delle principali ditte nazionali (tra cui anche la Fert Film, la Caesar, la Itala Film). Il progetto fallì, e nel 1923 la C. interruppe la produzione. Nel 1926 l'imprenditore genovese Stefano Pittaluga, sostenuto finanziariamente dalla Banca commerciale italiana, assorbì l'Unione all'interno della sua SASP (Società Anonima Stefano Pittaluga). Da quel momento la C. visse la sua 'seconda stagione', con la denominazione Cines-Pittaluga. Tra il 1929 e il 1930 i teatri di posa di via Veio furono sottoposti a un'ambiziosa e radicale ristrutturazione, legata all'arrivo del sonoro. Vi venne così realizzato il primo fonofilm italiano, La canzone dell'amore di Gennaro Righelli, uscito nell'ottobre del 1930. Alla morte di Pittaluga (aprile 1931) subentrò Guido Pedrazzini, poi sostituito da Ludovico Toeplitz, che nominò lo scrittore Emilio Cecchi direttore artistico. Pur producendo nel biennio 1932-33 opere di un certo livello, come Gli uomini, che mascalzoni... (1932) di Mario Camerini o La tavola dei poveri (1932) di Alessandro Blasetti, e non lavorando mai in perdita, alla fine del 1933 la produzione cessò, anche a causa delle difficoltà della Banca commerciale: ebbe così fine il progetto di azienda integrata e verticalizzata di Pittaluga. Subentrò quindi l'ingegnere Carlo Roncoroni, che acquistò gli stabilimenti, adottò una nuova sigla (Società italiana stabilimenti cinematografici), e per lo più affittò ad altre ditte gli impianti di via Veio, dove, nonostante l'incendio del settembre 1935, le attività continuarono a svolgersi ininterrottamente fino al 1937, quando fu decisa la demolizione degli edifici per destinarne l'area ad abitazioni. Nel 1941 la ditta fu ricostituita dall'allora direttore di Cinecittà, Luigi Freddi. Furono quelli gli anni di La cena delle beffe (1942) o di Quattro passi fra le nuvole (1942) di Blasetti, ma anche di La locandiera (1944) di Luigi Chiarini. Tra il febbraio 1944 e l'aprile 1945 vi fu la fallimentare esperienza del cinema della Repubblica di Salò, che vide il trasferimento degli stabilimenti della C. a Venezia. Chiusa questa ingloriosa parentesi, nonché quella della difficile ricostruzione degli assetti produttivi nel primissimo dopoguerra, nel maggio 1949 la C. riprese l'attività, e visse, con il direttore generale Carlo Civallero, ancora un momento florido nel periodo 1949-1955, durante il quale venne rilanciato il genere della commedia con due noti film blasettiani, Altri tempi ‒ Zibaldone n.1 (1952) e Tempi nostri ‒ Zibaldone n.2 (1954). Fu sotto la direzione di Aldo Borelli (già direttore del "Corriere della sera") che iniziò il declino della celebre ditta: nell'ambito di una politica statale ormai orientata allo scioglimento di molte società cinematografiche, la C. venne infatti definitivamente smantellata il 13 marzo 1958.

Bibliografia

R. Redi, Ti parlerò... d'amor. Cinema italiano tra muto e sonoro, Torino 1986; R. Redi, La Cines. Storia di una casa di produzione italiana, Roma 1991; G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, Roma 1993², passim.

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