Cinici

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I rappresentanti del movimento filosofico iniziato nell’età di Socrate da Antistene e perpetuatosi in tutto lo sviluppo della cultura antica. Il nome deriva dal ginnasio di Cinosarge, il luogo di riunione dei giovani ateniesi figli di madre non cittadina in cui insegnava Antistene, o dallo stile di vita (κυνισμός «imitazione del cane») che i c. professavano; il primo ad avere tale soprannome fu Diogene di Sinope, scolaro di Antistene.

Il razionale dominio sulle passioni, che Socrate predicava e che attuava in molti aspetti della sua vita, fu interpretato da Antistene nel senso estremo della maggiore possibile esclusione di ogni desiderio che potesse compromettere l’autonomia dello spirito. Ideale dei c. è quello dell’ eudemonia, quale si realizza nell’autosufficienza dello spirito che considera ogni bene esterno come ‘indifferente’, e quindi tale che non possa smuovere l’animo dalla sua assoluta ‘apatia’. Di qui il disprezzo del piacere e l’esaltazione dello sforzo, il rifiuto di tutto quanto possa implicare accrescimento di bisogni, e cioè di ogni cultura e civiltà, stigmatizzata come ‘convenzione’ di fronte alla ‘natura’, la negazione della religione tradizionale e delle istituzioni sociali, nonché delle consuetudini vigenti, che conduce i c. a ostentare costumi affatto naturali e animaleschi. È l’ἀναίδεια, la «svergognatezza» cinica; ma è anche la prima energica esperienza del valore della libertà individuale; così anche la παρρησία, la libertà di linguaggio e di giudizio, è scuola di dura sincerità morale.

La scuola cinica ebbe una vita lunga, mantenendo una sua propria fisionomia accanto alla scuola stoica e protraendosi fino al 4°-5° sec. d.C. Letterariamente essa dette luogo al genere, molto rigoglioso, delle diatribe, o prediche popolaresche, di argomento morale. Al cinismo più antico, e filosoficamente più importante, appartengono, oltre Antistene e Diogene, anche Cratete Tebano, sua moglie Ipparchia e suo cognato Metrocle di Maronea; la seconda fase è rappresentata, nell’età ellenistica, da Bione, Menippo e Meleagro di Gadara e Cercida. Il cinismo rifiorì, con accentuazioni rigoristiche, nell’età imperiale con Demetrio, Demonatte, Dione Crisostomo, Peregrino, per estinguersi in forme di misticismo e religiosità con Massimo e Sallustio.

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