PIZZICOLLI, Ciriaco de'

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

PIZZICOLLI, Ciriaco de'

Fabio Forner

PIZZICOLLI, Ciriaco de’ (Ciriaco d’Ancona). – Nacque ad Ancona con buona probabilità il 31 luglio del 1391 in una famiglia di mercanti, in difficoltà economiche dopo la morte del padre Filippo (1397). Tuttavia, la madre Massiella riuscì a garantire una buona educazione a Ciriaco e ai fratelli Cincio e Nicolosa (Di Benedetto, 1998, pp. 18-21).

Fu affidato alle cure del maestro anconitano Francesco Zampeta, ma un valore formativo importante lo ebbe il lungo viaggio compiuto con il nonno materno Ciriaco Selvatico a Firenze, Padova e successivamente nel Regno di Napoli, in particolare in Calabria (1402-04). Ad Ancona apprese rapidamente il mestiere del mercante nella bottega del cugino Pietro, tuttavia nell’autunno del 1412, a ventun’anni, si imbarcò come semplice «scrivanello» sulla nave di un parente, Cincio de’ Pizzicolli, diretta ad Alessandria, inaugurando la pratica (in seguito da lui reiterata) di viaggi a carattere antiquario-culturale, ma anche commerciale.

Tornato in patria, il 7 ottobre del 1414 fu tra coloro che difesero con successo la città dall’attacco di Galeazzo Malatesta: emerse dunque un aspetto importante della personalità pubblica di Ciriaco, anche in seguito assai attivo nella vita amministrativa, che mostrò attaccamento agli interessi della propria città, pur in una prospettiva politica che, superando le rivalità municipali italiane, lo vedeva sostenitore del ricompattamento di tutte le forze cristiane in funzione antiturca.

In quegli anni si collocano la prima produzione volgare di Pizzicolli (illustrata dal biografo Francesco Scalamonti), e il suo primo interesse per l’opera di Dante (mai venuto meno neppure quando – dal 1421 circa – egli approfondì soprattutto lo studio del latino e del greco (Arbizzoni, 1998, pp. 217-233).

Nel 1417 un nuovo viaggio lo condusse in Sicilia (Messina e Palermo), poi a Venezia; l’anno dopo, un nuovo imbarco come scriba (ancora sulla nave di un parente) lo portò a Costantinopoli, ove incontrò Manuele Paleologo e vide, sempre secondo Scalamonti, importanti monumenti della città.

I primi anni Venti furono occupati dall’attività amministrativa: fuori patria fu podestà di Varano (1420) e curò le attività di Giovanni di Luca da Tolentino. Ad Ancona il legato papale Gabriele Condulmer (poi papa Eugenio IV), presente in città per tre anni sino al 1423, iniziò con la collaborazione di Pizzicolli il rifacimento del porto, e riformò l’amministrazione civica: a Pizzicolli spettò di occuparsi della contabilità, semplificando alcune procedure e alleggerendo gli interessi che gravavano sulla città. Ma contemporaneamente (soprattutto dal 1423) egli consolidò – anche grazie all’aiuto di Tommaso, detto Seneca, da Camerino – le sue conoscenze di latino, studiando in particolare l’Eneide, e apprese i primi rudimenti della lingua greca. Nel marzo di quell’anno, passando per Fano e Rimini, intraprese un viaggio a Venezia. La permanenza nella città lagunare fu breve a causa della peste; Ciriaco si recò così a Pola, dove fu accolto da Andrea Contarini (da lui già conosciuto); il ricco patrimonio di epigrafi romane, presente nelle rovine della città antica, sollecitò il suo interesse e lo spinse a eseguire le prime trascrizioni (Colin, 1981, pp. 29, 36-39).

Il 3 dicembre 1424 o 1425 (ibid., pp. 39 s.) Ciriaco si recò a Roma, ove fu accolto dall’amico cardinale Condulmer nell’antica chiesa di S. Lorenzo in Damaso: trascorse qui quaranta giorni, visitando la città in decadenza e trascrivendo epigrafi: nacque così il primo nucleo dei Commentaria.

Le sue trascrizioni epigrafiche hanno salvato dalla dispersione molte testimonianze dell’antichità e trovano collocazione nelle raccolte epigrafiche moderne (fra gli altri CIL (Corpus Inscriptionum Latinarum) III/1, VI/1, De Rossi cui si rimanda per l’indicazione dei codici latori delle epigrafi). La vicenda e la sorte dei Commentaria, raccolta di vestigia antiche attraverso la quale Ciriaco voleva «far risuscitare i morti», sono complesse e controverse. Secondo Sabbadini (1910, pp. 239-241) i sei volumi dell’opera furono distrutti nell’incendio della biblioteca Sforza a Pesaro del 1514. Stando a recenti studi, copie non ancora identificate potrebbero essersi conservate (Cappelletto, 1998, pp. 71-80). Frammenti sono comunque giunti a noi, per esempio tramite il codice conservato a Milano, Biblioteca Ambrosiana, Trotti 373, studiato dal Sabbadini (1910, V, p. 239) che elenca altri testimoni, o il Siviglia Colombino 7.1.13 (Fiaschi, 2011) o attraverso la stampa (Olivieri degli Abati).

Lasciata Roma dopo il 1° gennaio del 1425 o 1426 (Colin, 1981, p. 40), tornò brevemente ad Ancona, dove accettò nuovi incarichi: fu eletto fra i sei anziani. Nel 1427, ad Ancona, copiò i Fasti di Ovidio e iniziò la sua corrispondenza con il Filelfo (Patitucci, 1999, p. 149). L’anno seguente fu incaricato da Zaccaria Contarini di rappresentarne gli interessi commerciali a Cipro. Prima di recarsi nell’isola, soggiornò però a Bisanzio, dove migliorò le sue conoscenze del greco. Da qui si spostò a Rodi ove conobbe il dotto Andreolo Giustiniani-Banca, grazie al quale acquistò una copia del Nuovo Testamento in greco; da lì si imbarcò per la Siria. Si recò quindi a Beirut e Damasco. Giunto a Cipro, sempre nel 1428 fu eletto vicepodestà di Famagosta. Sul finire dell’anno raggiunse Nicosia dove conobbe il re di Cipro, Giano di Lusignano, e acquistò manoscritti contenenti opere di Omero ed Euripide. Nel 1429, attraverso Gallipoli, si trasferì in Tracia, ad Adrianopoli, ove si occupò dei beni del Contarini e studiò ancora il greco, ascoltando lezioni su Omero e acquistando altri manoscritti. Nel 1430 comprò una schiava che poi, ad Ancona, fece battezzare con il nome di Clara (Colin, 1981, p. 62).

Ritornato l’anno seguente a Gallipoli, dopo aver visitato Filippi e Salonicco, venne a sapere dell’elezione di Eugenio IV e decise di tornare a Roma per farsi ricevere dal nuovo pontefice. L’itinerario toccò Bursa e Costantinopoli (e nelle more, a prova di un’inesausta curiosità per l’antico, Pizzicolli trovò il tempo di visitare alcuni siti archeologici dell’Anatolia). Arrivò a Roma solo alla fine del 1431 e fu ricevuto dal pontefice. L’anno seguente visitò Tivoli e, prima di tornare in patria, si diresse verso Napoli: durante questo viaggio visitò Terracina, Minturno, Sessa, Capua e Aversa e alcuni luoghi virgiliani. Dopo il ritorno ad Ancona andò a Siena per incontrare l’imperatore eletto Sigismondo. Rimase presso la sua corte almeno fino all’incoronazione (31 maggio 1433 a Roma): sua intenzione era quella di perorare la causa della crociata contro i turchi. Lasciata Roma, si diresse a Pisa e, prima di settembre, a Firenze, dove Filippo Brunelleschi lo accompagnò sul cantiere del duomo in costruzione, e dove incontrò, fra gli altri, Cosimo de’ Medici, Leonardo Bruni, Carlo Marsuppini, Niccolò Niccoli e Francesco Filelfo. Proseguì poi verso Milano, passando da Bologna, Modena, Reggio, Parma, Piacenza e Pavia. A Milano incontrò il duca Filippo Maria Visconti e da lì fece tappa a Brescia e Verona per poi ritornare a Milano e partire, fra il 1433 e il 1434, per Mantova e Genova; da qui si mise sulla via del ritorno per Ancona. Nel 1435 si collocherebbe secondo alcuni (De Rossi, 1888, p. 386; Bodnar, 1960, p. 18) il viaggio in Egitto che invece Colin colloca nel 1433 (1981, pp. 385-389) e Patitucci nel 1434 (1999, p. 150).

Anche negli anni 1435-43 l’inquieto Pizzicolli non cessò di intervallare viaggi nel Mediterraneo – come apprendiamo dai suoi diari, a stampa già dal Settecento (Inscriptiones, seu epigrammata Græca, et Latina, 1747; cfr. Bodnar, 1960) – e soggiorni ad Ancona, con due spedizioni importanti, in Dalmazia e ancora una volta in Grecia fra il 1435 e il 1437 (con un veloce ritorno in patria nell’agosto del 1436) e in Toscana e Lombardia fra il 1442 e il 1443. Gli anni fra il 1438 e il 1442, e in particolare il periodo da luglio a novembre del 1439, furono invece spesi principalmente a Firenze per il Concilio: l’unione con i cristiani d’Oriente in funzione antiturca era una delle sue ossessioni (Colin, 1981, pp. 311-317).

Al 1436 risale la polemica con Poggio Bracciolini: questi era sostenitore di Scipione e repubblicano, Ciriaco monarchico e ammiratore di Cesare. Nel 1441 sempre a Firenze Ciriaco partecipò al Certame coronario. Non dimenticò tuttavia la vita civile di Ancona: nel settembre 1437 fu console, nel 1438 magistrato, nel 1440 regolatore (un’alta carica di carattere gestionale), oltre a occuparsi della stipula di un trattato con la città di Ragusa.

Nell’ottobre del 1443 una visita a Ragusa fornì il destro per l’ormai ultracinquantenne Pizzicolli per un ennesimo viaggio – su navi veneziane e genovesi – in Grecia (isola di Chios, monte Athos, Cicladi, Bisanzio). Questo periodo è documentato da stralci anche autografi del diario (Bodnar - Foss, 2003) e da un cospicuo numero di lettere indirizzate soprattutto ad Andreolo Giustiniani-Banca. Ancora nel 1448 Pizzicolli si recò presso l’amico Carlo II Tocco nella Grecia nord-orientale; ma le ultime testimonianze lo mostrano in Italia: a Venezia tra la fine del 1448 e i primi mesi dell’anno seguente, a Ravenna, Padova, Ferrara (presso Leonello d’Este, 8 luglio) e Genova (in agosto per richiedere un salvacondotto) nel 1449.

Le ricerche più recenti (Bodnar, 1998, pp. 60 s.; Colin, 1981, pp. 377-384) collocano la sua morte a Cremona nel 1452 confermando Sabbadini (1910, p. 243) e smentiscono le proposte di Babinger (1957, pp. 729-732).

L’importanza culturale di questo umanista, viaggiatore, cultore dell’antico, è notevole soprattutto sul versante epigrafico: le sue trascrizioni sono ampiamente utilizzate nel Corpus Inscriptionum Latinarum [=CIL] da Theodor Mommsen e Wilhelm Henzen, ma soprattutto da de’ Rossi nelle Inscriptiones christianae urbis (Roma 1888): questi, rivalutandone l’opera e la figura, ha illustrato ampiamente pure vita e manoscritti di Pizzicolli (Vagenheim); ma ancora di recente sono emerse epigrafi inedite (Di Benedetto, 1998, Un codice).

Opere. Itinerarium, ed. L. Mehus, Firenze 1742 (rist. Bologna 1969); Commentariorum Cyriaci Anconitani nova fragmenta notis illustrata [ed. A. Olivieri degli Abati], Pisauri 1763; Anconitana Illyricaque laus et Anconitanorum Raguseorumque foedus (ed. in G. Praga, Indagini e studi sull’umanesimo in Dalmazia, in Archivio Storico per la Dalmazia, XIII (1932-33), pp. 270-278); Naumachia regia (a cura di L. Monti Sabia). Le sue lettere sono state edite più volte: ed. L. Mehus, Firenze 1742; M. Morici, Lettere inedite di C. d’A., Pistoia 1896; Marchi, 1968; Bodnar - Foss 2003 e 2015, Fiaschi, Appendice. Ma cfr. anche l’importante raccolta del ms. Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Targioni Tozzetti, 49. I manoscritti autografi di Ciriaco e i postillati sono elencati da L. Quaquarelli, C. d’A. (C. de’ P.), in Autografi dei letterati italiani, 2/I. Il Quattrocento, a cura di F. Bausi et al., Roma 2014, pp. 111-122. Da integrare con Milano, Biblioteca Ambrosiana, Q 13 sup. segnalato da C.M. Mazzucchi, Un inedito opuscolo greco autografo di C. d’A. sulle antiche magistrature romane, in Italia medioevale e umanistica, LV (2014), pp. 291-302. Anche la Vita dello Scalamonti (preziosa per gli anni sino al 1434, anche se variamente interpretata, e tràdita, insieme ad altri, dal ms. Treviso, Biblioteca capitolare, I 138, da integrare con la copia Treviso, Biblioteca comunale 534/38 (Di Benedetto, 1998, pp. 18-21) è stata considerata un’autobiografia dal Campana (1959, p. 485).

Fonti e Bibl.: Inscriptiones, seu epigrammata Græca, et Latina reperta per Illyricum a Cyriaco Anconitano apud Liburniam designatis locis […], Romæ 1747; G. Colucci, Delle antichità picene, XV, Fermo 1792, pp. I-L, C-CLV; CIL, III/1, a cura di Th. Mommsen, Berolini 1873, pp. XXII s.; CIL, VII/1, a cura di G.B. De Rossi, Berolini 1876, pp. XL-XLII; Id., Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores, II/1, Roma 1888, pp. 856-887 (biografia di Pizzicolli); R. Sabbadini, Ciriaco d’Ancona e la sua descrizione autografa del Peloponneso trasmessa da Leonardo Botta, in Miscellanea Ceriani, Milano 1910, pp. 183-247; F. Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1957, pp. 729-732; A. Campana, Giannozzo Manetti, Ciriaco e l’arco di Traiano ad Ancona, in Italia medioevale e umanistica, II (1959), pp. 483-504; E.W. Bodnar, Cyriacus of Ancona and Athens, Bruxelles 1960; G.P. Marchi, Due corrispondenti veronesi di C. d’A., in Italia medioevale e umanistica, XI (1968), pp. 317-329; J. Colin, Cyriaque d’Ancône, Le voyageur, le marchand, l’humaniste, Paris 1981; F. Scala-monti, Vita viri clarissimi et famosissimi Kyriaci Anconitani, a cura di C. Mitchell - E.W. Bodnar, Philadelphia 1996; C. d’A. e la cultura antiquaria dell’Umanesimo, Reggio Emilia 1998 (in partic. F. Di Benedetto, Il punto su alcune questioni riguardanti Ciriaco, pp. 17-46; E.W. Bodnar, Ciriaco’s Cycladic Diary, pp. 49-70; R. Cappelletto, Ciriaco d’Ancona nel ricordo di Pietro Ranzano, pp. 71-80; Id., Un codice epigrafico di Ciriaco ritrovato, pp. 147-167; G. Arbizzoni, Ciriaco e il volgare, pp. 217-233, G.P. Marchi, Ciriaco negli studi epigrafici di Scipione Maffei, pp. 453-467; G. Vagenheim, Le raccolte di iscrizioni di C. d’A. nel carteggio di Giovanni Battista De Rossi con Theodor Mommsen, pp. 477-519); S. Patitucci, Italia, Grecia e Levante nell’eredità topografica di C. d’A., in Rivista di topografia antica, I (1999), pp. 147-162; Kyriaci Anconitani Naumachia regia, a cura di L. Monti Sabia, Pisa 2000; Cyriac of Ancona, Later travels, a cura di E.W. Bodnar - C. Foss, Cambridge, Mass.-London 2003; L. Calvelli, C. d’A. e la tradizione manoscritta dell’epigrafia cipriota, in Humanistica Marciana. Saggi offerti a Marino Zorzi, Milano 2008, pp. 49-59; S. Fiaschi, Inediti di e su C. d’A. in un codice di Siviglia (Colombino 7.1.13), in Medioevo e Rinascimento, XXII (2011), pp. 307-368; Cyriac of Ancona, Life and Early Travels, a cura di E.W. Bodnar - C. Foss, Cambridge, Mass.-London 2015.

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