FERRI, Ciro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FERRI, Ciro

Laura Falaschi

Nacque a Roma, nella parrocchia di S. Maria in Trastevere, il 3 sett. 1633 da Clara Bonilla, romana, e Antonio Auriga "alias Ferri" (L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 245 n. 2), mentre i suoi principali biografi (Pascoli, ibid., pp. 242, 244; Baldinucci [1725-30] p. 134) lo ricordano erroneamente figlio del genovese Giovanni Stefano Ferri e ne indicano l'anno di nascita rispettivamente nel 1634 e nel 1628. La sua formazione artistica, di cui rimangono solo poche testimonianze grafiche (Davis, 1986, pp. 3, 82-98, 110), si attuò presso la bottega di Pietro Berrettini da Cortona negli anni immediatamente successivi al 1647, quando quest'ultimo, tornato da Firenze dopo aver iniziato gli affreschi di palazzo Pitti, diede avvio alla stagione più feconda della sua carriera artistica assumendo la direzione dei vasti cicli decorativi di S. Maria in Vallicella (1647-51), di palazzo Pamphili (1651-54), di S. Pietro (1652-59), di S. Marco (1653-57) e della galleria di Alessandro VII al Quirinale (1655-59).

La giovane età e la mancanza di un'esperienza precedente portarono il F. ad occupare un posto privilegiato accanto al maestro e a maturare, rispetto ad altri artisti gravitanti nella stessa cerchia - quali G. F. Romanelli, G. Gemignani, L. Baldi, G. Courtois (il Borgognone) e P. Testa - uno stile volutamente vicino ai suoi modi con una consapevolezza che emerge chiara tanto agli occhi dei suoi contemporanei, quanto nella dichiarazione che rilasciò alla congregazione della Fabbrica di S. Pietro quando, alla morte di Pietro da Cortona, si propose come l'artista più idoneo a proseguirne l'opera lasciata interrotta (Giannatiempo, 1977, p. 29; Davis, 1986, p. 4).

L'esordio ufficiale avvenne nel generale intervento di ristrutturazione della chiesa di S. Marco, affidato da N. Sagredo, ambasciatore veneziano a Roma, a Pietro da Cortona, che coinvolse anche Courtois e Baldi. Sono databili alla metà del sesto decennio la tela con La Vergine e s. Martina, già sull'altare della terza cappella a sinistra, ora nella sala capitolare accanto ad una copia ad essa contemporeanea (Waterhouse, 1976, p. 77), e l'affresco con S. Nicola di Bari sul pilastro sinistro della stessa, a pendant del S. Francesco di Baldi; al 1656 gli affreschi, ora assai deteriorati, dei lunettoni della cappella del Ss. Sacramento con il Martirio di s. Caterina di Alessandria e il Martirio dei ss. Cipriano e Martina, in cui operò accanto a Courtois, autore delle tre tele sottostanti (Davis, 1986, pp. 6-8).

Secondo Casale (1984, pp. 752-54), il F. sarebbe precedentemente intervenuto nel compimento della sala rossa nella chiesa di S. Maria in Vallicella, lasciata incompiuta da N. Tornioli alla sua morte nel 1652.

La padronanza dei mezzi espressivi e pienamente conquistata nell'affresco, decisamente cortonesco, di Re Ciro che libera gli Israeliti dalla prigionia babilonese, eseguito per il ciclo pittorico della galleria di Alessandro VII al Quirinale, diretto da Pietro da Cortona tra il 1656 ed il 1657 (Wibiral, 1960, pp. 136 s.).

Della fase ideativa, per la cui analisi si rimanda al Davis (1986, pp. 76, 111-14), rimangono un disegno preparatorio all'Albertina di Vienna (inv. n. 897) ed il bozzetto ad olio a palazzo Corsini, che mostra uno stadio intermedio rispetto all'opera finale. Il prestigioso incarico - che lo vide, a poco più di venti anni, operare accanto ad artisti già affermati, tra cui ricordiamo per la parte rilevante che avranno nel suo futuro G. F. Grimaldi e C. Maratta - segnò il pieno riconoscimento del suo valore sulla scena artistica romana e lo introdusse nell'ambito delle committenze papali.Il 3 giugno 1657 fu ammesso nell'Accademia di S. Luca (Kurzwelly, 1915, p. 479). A questo evento si dovrebbe l'esecuzione, secondo il Davis (1986, p. 10), della tela centinata con il Martirio di s. Lazzaro della Galleria dell'Accademia di S. Luca (Marabottini, 1956, pp. 21 s.), proveniente dalla cappella di S. Lazzaro della chiesa dei Ss. Luca e Martina, oggi non più esistente, dove la ricorda nel 1674 il Titi (p. 219); la datazione è rifiutata dal Noehles (1969, pp. 110 s.), che la colloca dopo la morte di Pietro da Cortona, allorché il F. assunse la direzione dei lavori della chiesa. È comunque a quest'epoca che risalgono i suoi primi contatti con il card. Francesco Barberini, sotto il cui patronato era posta Ss. Luca e Martina: sappiamo dai documenti che il 3 ag. 1658 ricevette 45 scudi per un quadretto rappresentante la Natività e nel gennaio 1659 per un altro dello stesso soggetto, forse destinato a Filippo IV di Spagna (Aronberg Lavin, 1975, pp. 3, 15; Davis, 1986, p. 11).

Presente nel cantiere di S. Pietro, accanto a Pietro da Cortona, quando venivano eseguiti i mosaici della seconda cupola della navata destra, come prova un disegno risalente al 1657-59 (Davis, 1986, p. 85), il F. era contemporaneamente impegnato nell'esecuzione del quadro di S. Ambrogio che risana un infermo, ricordato come "Historia assai copiosa ... da tutti celebrato" dal Titi (1674, pp. 98 s.), per l'altare maggiore di S. Ambrogio in Pescheria, dove fu collocato, insieme a quelli laterali del Martirio di s. Stefano di Pietro da Cortona e della Deposizione del Romanelli, intorno al 1660 e dove era visibile fino al 1839 (Nibby, 1839, III, p. 73; Briganti, 1982, pp. 262 s.). Al 1658 datano, invece, la tela con l'Adorazione dei pastori al Prado (Bean, 1959, p. 39 n. 68; Davis, 1986, p. 114) e quella con Dio Padre e la Vergine Immacolata per l'altare maggiore della chiesa di S. Filippo Neri a Perugia (Kurzwelly, 1915, p. 479).

Il 6 ott. 1659 il F. sposò Orsola Simonini nella parrocchia di S. Maria in Trastevere (L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 245 n. 2). Una lettera, spedita il 5 luglio 1659 da M. Monanni, inviato toscano a Roma, al granduca attesta che Pietro da Cortona a quella data aveva già preso la sofferta decisione di affidare al F., sotto la sua diretta supervisione, il completamento della decorazione pittorica dell'appartamento granducale a palazzo Pitti, iniziata nel 1641 su incarico di Ferdinando II e lasciata interrotta nell'ottobre 1647.

Il ciclo, episodio fondamentale per l'aggiornamento al barocco della scena fiorentina, svolge un tema unitario dettato dall'erudito F. Rondinelli, bibliotecario del granduca: l'esaltazione delle virtù necessarie al principe, dalla gioventù alla vecchiaia, espresse di volta in volta dalle cinque divinità planetarie che danno il nome alle stanze e da scene tratte dal mito e dalla storia antica. Come attesta un disegno a Düsseldorf (Kupferstichkabinett, KP 14.150), identico all'affresco eseguito, il F. con il sussidio di ulteriori "soggetti di poesia" inviati dal Rondinelli eseguì per la volta della sala di Apollo nuovi cartoni, modificando la prima idea compositiva di Pietro da Cortona (progetto nel foglio 124.327 del Fondo Corsini al Gabinetto nazionale delle stampe), che aveva già eseguito "quattro o cinque figure", identificabili con quelle di Ercole, Apollo, il Principe e la Fama. Eliminò la figura di Minerva nella parte centrale e intorno alla cornice dispose figure allegoriche femminili, forse alludenti ai dodici mesi dell'anno. Disegni del F. e di Pietro da Cortona per lo studio delle singole figure attestano un costante rapporto di collaborazione e limitano quasi completamente il ruolo inventivo del primo. Anche per i pennacchi, raffiguranti quattro coppie di Muse, e per le quattro scene con personaggi dell'antichità sono noti studi di Pietro da Cortona del 1647, cui F. apportò solo leggere variazioni (oltre al catalogo del Campbell, 1977; cfr. Aldega, 1977; Pampalone, 1980, p. 33). Sempre nell'autunno del 1659 il F. si recò a Firenze ed affrescò la sala in quindici mesi, coadiuvato da un assistente, per un compenso di 1.500 scudi. Gli affreschi, scoperti il 23 febbr. 1661, ricevettero pieno consenso nel mondo fiorentino come testimonia la lettera inviata da Pietro da Cortona al granduca.

Durante il soggiorno fiorentino, nel 1660, il F. dipinse per la chiesa di S. Francesco a Cortona il quadro d'altare con L'Immacolata Concezione, s. Luigi di Francia, la beata Margherita da Cortona ed il beato Guido da Cortona per 180 scudi (Davis, 1986, p. 13). Ritornato a Roma, affrescò le due lunette delle pareti laterali della cappella Cesi a S. Prassede, raffiguranti l'Assalto a papa Gelasio II e S. Elena che fa erigere una statua alla Vergine (ne esiste un disegno preparatorio al Gabinetto dei disegni degli Uffizi; inv. n. 102.865), restaurati nel 1954-55 (Waterhouse, 1976, p. 77; Davis, 1986, pp. 13 s., 116).

L'intervento, per l'unità del progetto decorativo e per i motivi compositivi che presuppongono la conoscenza degli esempi cortoneschi a palazzo Pitti, è databile al periodo compreso tra il 1661 ed il 1663, allorché è documentata l'esecuzione degli affreschi della volta e delle due tele laterali da parte del Borgognone (S. Prosperi Valenti Rodinò, Disegni di G. Cortese nelle collezioni del Gabinetto nazionale delle stampe, Roma 1979, pp. 36-41).

Altra tappa fondamentale nella carriera artistica del F. è la partecipazione con un ruolo di primo piano all'ideazione delle diciotto stampe del Messale di Alessandro VII Chigi, edito a Roma nel 1662, incise da F. Spierre e C. Bloemaert sotto la direzione di Pietro da Cortona, che scelse come collaboratori Nicolas Lorrain ed un gruppo di artisti già coinvolti nella decorazione pittorica della galleria del Quirinale.

Il F. fornì i disegni per ben sei tavole, La Circoncisione, L'Ultima Cena, La Crocifissione, La Resurrezione, La Pentecoste, I ss. Pietro e Paolo in carcere, nonché per la piccola stampa di S. Martina orante (Baldinucci, 1686, pp. 63, 105; Gori Gandellini, 1808, I, p. 99; III, p. 212; per i numerosi disegni preparatori cfr. L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 250 n. 15). Il suo interesse per le stampe di illustrazione, uno degli aspetti più peculiari della cultura barocca, si era del resto già manifestato nell'esecuzione del frontespizio con Le prediche di s. Pietro e di s. Paolo per il primo volume delle Prediche dette nel palazzo apostolico da G. P. Oliva, inciso da G. Chasteau e pubblicato a Roma nel 1659 (P. Santamaria Mannino, in Bernini in Vaticano, catal., Roma 1981, p. 91 n. 70) e rimarrà costante nel corso della sua vita.

Il 3 luglio 1663 il F. tornava nuovamente a Firenze per affrescare la sala di Saturno a palazzo Pitti: tema centrale è L'apoteosi del principe portato in volo dalla Prudenza e dal Valore verso l'Eternità che gli porge la corona; intorno sono quattro lunette con episodi relativi a Ciro, Silla, Scipione e Licurgo.

Testimonianze grafiche e documentarie ne confermano la piena responsabilità al F., mentre a Pietro da Cortona si deve la ricca decorazione in stucco posta in opera nel 1663 (Briganti, 1982, pp. 98, 148-50, 236-39, 275, 402, 404; Vitzthum, 1967, pp. 113-16; Giannatiempo, 1977, pp. 24-28; Davis, 1986, pp. 12-15, 77, 82 s., 115-18, 126 s.). Riferibile a palazzo Pitti è anche un progetto architettonico per la sala del trono (Dreyer, 1969, pp. 35 s. n.72), cui si collegano un gruppo di schizzi nella Kunstbibliothek a Berlino (Jacob, 1975).Subito dopo aver terminato l'opera, scoperta il 14 luglio 1665, giorno del compleanno del granduca Ferdinando II, il F. si trasferì a Bergamo, dove risiedette dal settembre 1665 al settembre 1667, impegnato nella decorazione ad affresco della volta della navata destra della basilica di S. Maria Maggiore (Bottari-Ticozzi, III, 1822, pp. 352-54; Vitzthum, 1967, pp. 115 n. 32, 116 n. 55a). Come sappiamo dalla fitta corrispondenza con il granduca ed il conte L. Magalotti (Bottari-Ticozzi, II, 1822, pp. 47-60), in cui accenna alla contemporanea produzione pittorica per la corte e la committenza privata, il F. rimase in questo periodo in stretto contatto con i protettori fiorentini, interessandosi delle grandi committenze granducali, degli artisti emergenti, quali L. Mehus, degli eventi contemporanei, in particolare dei progetti del Bernini per il Louvre e la statua di Luigi XIV (Baldinucci [1725-30], pp. 138, 146; Kurzwelly, 1915, p. 479; Davis, 1986, pp. 15 s., 31 s., 60 s.).

Intorno al 1670 eseguì un dipinto con le Vergini vestali (Roma, Galleria Spada; cfr. E. Carnelli Burgio, in La pittura in Italia..., 1989, p. 736), destinato alla granduchessa Vittoria Della Rovere, e schizzi per la tela con L'Assunzione della Vergine per la volta della chiesa della Ss. Annunziata a Firenze, commissione di tutto rilievo, lasciata interrotta, in cui avrebbe dovuto affiancare il Mehus e B. Franceschini il Volterrano (Bottari-Ticozzi, II, 1822, pp. 50-52, 54-57; M. C. Fabbri, in Il Seicento fiorentino, II,Firenze 1986, p. 340; si ricorda l'esistenza di un bozzetto citato nell'inventario del 1880 della galleria dei principi Corsini e di un disegno preparatorio all'Albertina, inv. n. 1.092).

Se non è per il momento documentabile un probabile viaggio a Venezia tra il 1667 ed il 1668, di cui egli stesso avvertiva l'esigenza per affinare le sue qualità coloristiche (Bottari-Ticozzi, II, 1822, pp. 50 ss.; Davis, 1986, p. 18), lo è invece la presenza a Roma dopo la morte di Pietro da Cortona, avvenuta il 16 maggio 1669. Da questo momento il F. si propose come il suo più diretto erede artistico e, appoggiato dal cardinale Barberini, ottenne l'incarico di continuarne l'opera nella direzione della decorazione musiva delle tre cupolette della navata destra di S. Pietro, di cui rimaneva interrotta la prima, detta del Crocifisso (1669-74, pagamenti nel 1681, per una sintesi delle fasi di realizzazione cfr. L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 248 n. 12), e dei lavori della chiesa dei Ss. Luca e Martina, in cui nel 1670 si progettava di realizzare anche la sala dell'Accademia (Montagu, 1970, p. 291; Noehles, 1969, pp. 101, 109, 110- 114; Blunt, 1982, p. 73).

Nel 1669 il F. risulta presente in una seduta dell'Arciconfraternita di S. Giovanni dei Fiorentini, per cui diresse il compimento, tra il 1673 ed il 1676, della cappella maggiore, cosiddetta Falconieri, rielaborando il progetto lasciato interrotto da F. Borromini (1665-67) e da C. Fontana (1667-69) sulla base di quello iniziale di Pietro da Cortona risalente al 1634 (per il ruolo avuto e le modifiche apportate cfr. L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, pp. 248 s. n. 13).

Due disegni del Fondo Corsini (inv. nn. 124-470, 124-470v; cfr. Giannatiempo, 1977, p. 55), cui se ne potrebbe collegare un altro a Monaco (Staatliche graphische Sarnmlung, inv. n. 12.258; cfr. Davis, 1986, p. 144 n. 48), provano che il F. fornì schizzi anche per i Geni in stucco ai lati dei due monumenti sepolcrali, citati dal Titi nel 1686 (p. 395) come opera di "Filippo Carcani, Pietrino Senese, Francesco Aprile e Monsù Michele". Probabilmente modellati sotto la direzione del Ferrata, cui rimandano anche le analogie con l'Angelo di ponte S. Angelo e con le statue delle fontane di palazzo Borghese, sono databili tra il 1669 ed il 1683, anno in cui fu inaugurata la cappella (Salemo-Spezzaferro-Tafuri, 1973, pp. 249-51).

L'11 sett. 1670 il F. stipulò un contratto con G. B. Pamphili per affrescare la cupola di S. Agnese entro il giugno 1674 per un compenso di 6.000 scudi, rinnovato e prorogato di quattro anni nell'aprile 1676.

L'opera, strettamente ispirata a quella cortonesca di S. Maria in Vallicella, procedette con lentezza a causa forse di difficoltà tecniche, tanto che venne lasciata incompiuta e terminata, dopo la morte del F., da Sebastiano Corbellini, peraltro ignoto alle fonti (Canestro Chiovenda, 1959; L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 25 1 n. 18, con ulteriori indicazioni bibliografiche; inoltre Trottmann, 1991, pp. 9-18). Non è da escludere che G. B. Gaulli, già autore dei pennacchi sottostanti (1666-72), fosse stato incaricato di approntare attorno al 1675 un progetto alternativo che non ebbe seguito. Del resto che il Gaulli e il Maratta, entrambi citati dal Pascoli (p. 243) quali possibili continuatori dell'opera in luogo del mediocre S. Corbellini, fossero all'epoca gli artisti considerati più validi con cui il F. veniva posto a confronto è attestato anche dal fatto che i loro nomi insieme a quelli del F. e di G. Brandi costituiscono la rosa dei quattro finalisti approntata nel 1672 per scegliere l'autore della volta della chiesa del Gesù, poi risultato il Gaulli. Tutti e quattro, inoltre, risultano impegnati tra il 1672 ed il 1679 nella decorazione di S. Andrea al Quirinale, voluta sempre dal Pamphili. Il F. doveva decorare la prima cappella a sinistra dedicata alla Vergine, per cui eseguì il Riposonella fuga in Egitto, oggi disperso (Titi, 1686, pp. 271 s.; per un sintetico riepilogo delle vicende connesse alla cappella cfr. L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 246 n. 8).

All'ottavo decennio del XVII secolo risalgono anche i primi contatti con G. B. Borghese: dai documenti di archivio risulta che nel 1672 il F. si occupò dell'inventario dei quadri della galleria del palazzo e della parte ornamentale dei due mezzanini del piano superiore, affrescati da F. Lauri, G. Dughet e L. Garzi (Boisclair, 1976, p. 7); tra il 1675 ed il 1676 dipinse i putti sugli otto specchi che adornavano la galleria, collaborando con i pittori di fiori A. Bosman e N. Stanchi nell'ambito di un progetto diretto da G. F. Grimaldi; nel 1675 coadiuvò C. Rainaldi nell'allestimento di una scena teatrale (Hibbard, 1962, p. 10).

In una lettera inviata il 5 dic. 1672 a P. Falconieri il F. accennava per la prima volta alla realizzazione del ciborio di S. Maria in Vallicella, che, già previsto come parte integrante del rinnovamento della chiesa nel '53 da Pietro da Cortona, verrà terminato nel 1684, in parte modificato per quanto riguarda la parte superiore (Noehles, 1961; Montagu, 1989; L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 249 n. 14). In questa occasione il F. si occupò non solo del progetto grafico, ma anche del modello in argilla a grandezza naturale, in cui fu coadiuvato da C. Marcellini, suo allievo nell'accademia fiorentina. L'accademia fu diretta dal F. e dal Ferrata tra il 1673 ed il 1686 a palazzo Madama e nel suo ambito furono eseguiti i bassorilievi invetriati per le stazioni della Via Crucis del convento di S. Pietro a Montelupo Fiorentino (Montagu, 1971 pp. 122 s.; Davis, 1986, pp. 40 s.).

Il F. non si occupava solo della sezione di pittura, ma forniva schizzi e modelli anche agli scultori, secondo una consuetudine più volte emergente nel corso della sua carriera. Infatti, oltre agli interventi già ricordati a S. Agnese, per cui approntò un progetto non realizzato per l'altare maggiore e forse coadiuvò il Ferrata per la decorazione in stucco (L. Falaschi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 252 n. 18), e nella cappella Falconieri a S. Giovanni dei Fiorentini, sappiamo che anteriormente al 1674 fornì il disegno architettonico per la cappella Barberini a S. Sebastiano e per la statua marmorea del santo scolpita da A. Giorgetti (Davis, 1986, pp. 35, 170, 177 s.); tra il 1674 ed il 1677 fu inoltre impegnato nella cappella Gavotti a S. Nicola da Tolentino, dove era già presente accanto a Pietro da Cortona nel 1668, non solo per completare gli affreschi della cupola raffiguranti Angeli musicanti e l'altare nella parte al di sopra dei capitelli, ma anche per fornire schizzi per il rilievo marmoreo dell'altare ed il sarcofago con rilievi sotto la mensa, realizzati dallo scultore Cosimo Fancelli (Giannatiempo, 1977; L. Falaschi, in Pascoli [1730], 1992, p. 247 n. 10). Questo intervento, secondo la Montagu (1970, p. 289), sarebbe ipotizzabile anche per l'altare con il rilievo di S. Eutichio e s. Damaso a S. Lorenzo in Damaso, per cui sappiamo che eseguì anche due statuette d'argento, rappresentanti S. Lorenzo e S. Damaso, attualmente disperse (Titi, 1763, p. 122).

Mentre era impegnato nei lavori ai Ss. Luca e Martina (1674-75-77-79, Noehles, 1969), tra il 1675 ed il 1685 il F. progettò per Cosimo III il coro di S. Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze, che può essere considerato il suo intervento architettonico-scultoreo più personale e completo: per l'altare realizzò anche la tela con S. Maria Maddalena dei Pazzi che riceve l'abito carmelitano dalla Vergine (datata 1684; cfr. Davis, 1986, pp. 39 s., 70, 77, 172, 180 s.). A questi anni risale anche la sua stretta collaborazione con il Grimaldi, che dirigeva le importanti imprese decorative nella già ricordata galleria di palazzo Borghese, nella villa Falconieri a Frascati e nel palazzo Muti-Papazzurri a Roma.

Nella villa Falconieri eseguì i suggestivi affreschi, databili tra il 1675 ed il 1677, raffiguranti le allegorie dell'Inverno, l'allegoriadell'Autunno e della Primavera, in cui la struttura di base cortonesca evolve in forme preludenti al rococò (Negro, 1980; Davis, 1986, pp. 78, 107 s., 121). La Batorska (1978, p. 212) presume che abbia partecipato nelle parti decorative della galleria di palazzo Muti-Papazzurri, sotto la direzione del Grimaldi probabilmente tra il 1677 ed il 1680, con il rilevante intervento di G. Calandrucci (M. B. Guerrieri Borsoi, in Pascoli [1730], ed. crit. 1992, p. 755 n. 32).Proseguiva intanto intensa l'attività nel campo della pittura: anteriormente al 1678 (dopo il 1666) il F. eseguì per G. B. Borghese la tela con La visione di s. Antonio da Padova per la chiesa di Monteporzio Catone, in cui lavorarono anche il Borgognone e il Brandi (Davis, 1986, p. 34); per il cardinale F. Barberini dipinse nel 1672 un Noli me tangere ed una S. Martina, nel 1677 una Samaritana, nel 1679 un Matrimonio di Abramo e Rachele (Aronberg Lavin, 1975, p. 15, docc. 124 ss.) e tra il 1677 ed il 1678 eseguì schizzi per i cartoni di tre degli arazzi con Scene della vita di Urbano VIII Barberini (Barberini, 1968, pp. 92-100; Giannatiempo, 1977, pp. 51-53; Davis, 1986, pp. 35-38). Né abbandonò i progetti in campo scultoreo: realizzò per Innocenzo XI il progetto per il coronamento della vasca battesimale del battistero lateranense (Montagu, 1970, p. 288; Giannatiempo, 1977, pp. 50 s.), terminato nel 1689, anno entro il quale è ascrivibile l'esecuzione di un reliquiario bronzeo per la cattedrale di S. Giovanni a La Valletta a Malta, attribuitogli dal Kruft assieme alla tomba del committente, il granmaestro dell'Ordine, Gregorio Carafa (Kruft, 1981).

Tra il 1687 ed il 1689 eseguì, su legato di C. Massei, otto statuette per l'altare di S. Ignazio di Loyola e di S. Francesco Saverio al Gesù (Galassi Paluzzi, 1962, pp. 3-7; Davis, 1986, pp. 42 s.). Frattanto nel 1681 era stato chiamato a dirigere i lavori musivi per la cappella del coro di S. Pietro, di cui realizzò solo i cartoni per i due pennacchi con il Profeta Giona ed il Re David (Di Federico, 1978, pp. 71-81, 1983, pp. 68 s.); nel 1682 intraprese il progetto dell'altare maggiore di S. Stefano dei Cavalieri a Pisa (Noehles, 1969, pp. 94-103; Davis, 1986, pp. 40 s.); nel 1686 fu proposta la sua collaborazione con il Maratta per decorare la terza cappella a sinistra di S. Francesco a Ripa (incarico che non si è mai concretizzato; cfr. Titi, 1686, p. 39; Davis, 1986, p. 44) e nel 1687 Vittorio Amedeo di Savoia lo considerava possibile autore di un affresco in alternativa al Brandi ed al Maratta. Nel 1684 dipinse una tela con S. Giovanni Battista, s. Pietro e s. Andrea per il cardinale Pamphili ed inviò due disegni di Danae e S. Giovanni Battista a Cosimo III, mentre nel 1686 firmò e datò la tela con il Matrimonio mistico di s. Caterina, ora al Museo di palazzo Venezia a Roma (Davis, 1986, pp. 43 s., 71) .

Si occupò anche di apparati effimeri: nel 1686 eseguì il progetto per la macchina di giochi di fuoco per la presa di Buda, nel 1687 i progetti per l'ingresso trionfale a Roma di lord Palmer, conte di Castelmaine, e di Francesco Maria dei Medici, nel 1688 per quello del cardinale Rinaldo d'Este (M. Fagiolo dell'Arco-S. Carandini, L'effimero barocco, Roma 1977, I, pp. 308 s.; II, ibid. 1978, p. 121; Fusconi, 1984, pp. 80-97). Nel 1689 eseguì la tela con l'Annunciazione per la chiesa di S. Maria Assunta a Valmontone, ultima sua opera nota (Davis, 1986, p. 44).

Dai documenti archivistici sappiamo che morì a Roma il 13 sett. 1689, come riporta il Pascoli ([1730], ed. crit. 1992, p. 243; L. Falaschi, ibid., p. 252 n. 19).

È invece errato tanto l'anno indicato dal Baldinucci ([1725-30] 1975, p. 140), il 1690, che quello che compare nel ritratto realizzato da A. Masucci per le Vite di N. Pio (Clark, 1967), il 1692. In quell'anno sono registrati negli Stati d'anime della stessa parrocchia, quella dei Ss. Celso e Giuliano - nella quale risultano a partire dal 1687 - la moglie Orsola, i figli Pietro, Francesca ed Isabella. Il testamento è stato segnalato nell'Archivio di Stato di Roma da Del Piazzo (1969, p. 30 n. 266).

Notevole è anche la produzione grafica del F., esaminata soprattutto dal Davis (1986); si ricorda inoltre l'esistenza di circa 180 disegni di architettura conservati al Gabinetto degli Uffizi, frutto di un ambizioso programma di rilevazione integrale di edifici romani del Cinquecento e del Seicento, svolto dall'artista in accordo con l'editore De Rossi (Morolli, 1987), nonché l'intensa produzione nel campo dell'incisione relativa agli anni 1670-80: per bellezza e qualità tecnica basti ricordare la celebre stampa per P. F. Falconieri raffigurante Ilsacrificio di Augusto (1676-78) e quella per l'abate Rimbaldesi con L'allegoria di Casa Medici (1686), entrambe incise da F. Spierre (Baldinucci, 1686, p. 105).

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