Cirrosi

Universo del Corpo (1999)

Cirrosi

Livio Capocaccia

Cirrosi (dal greco κιρρός, "giallo chiaro") è nome generico che designa un'alterazione a carico di vari organi (fegato, polmone, rene ecc.), a carattere degenerativo e necrotico del parenchima e proliferativo dello stroma. Il termine fu usato per la prima volta, nel 1805, da R.-Th.-H. Laënnec nella descrizione degli aspetti anatomopatologici e clinici di una patologia del fegato caratterizzata da tipiche granulazioni giallastre, i cui caratteri anatomici erano già stati rilevati da G.B. Morgagni. Essa è oggi comunemente indicata con il nome di cirrosi epatica o cirrosi di Laënnec.

Morfogenesi e patogenesi della cirrosi epatica

Caratteristiche principali della cirrosi epatica sono la necrosi del parenchima epatico, l'infiltrazione di cellule infiammatorie e connettivali formanti tralci flogistici e connettivali che intersecano la struttura del tessuto epatico, la rigenerazione compensatoria delle isole di tessuto non interessato (cosiddetti noduli di rigenerazione). In assenza di quest'ultimo aspetto non si parlerà di cirrosi, ma di fibrosi epatica.

L'unità funzionale epatica (v. fegato) è costituita dallo spazio portale (dove arrivano le terminazioni afferenti della venula portale e delle arteriole epatiche e da dove partono i duttuli biliari) e dalla zona di parenchima epatico circostante; questo insieme rappresenta l'acino semplice, costituito da travate di epatociti in contatto da una parte con il sistema venoso misto arterioso-venoso (il sinusoide), con l'interposizione degli spazi linfatici, e dall'altra con il sistema biliare. Il sinusoide va verso la vena centrolobulare, mentre il sistema biliare va in senso inverso verso lo spazio biliare. È una struttura funzionale delicatissima che viene profondamente sovvertita nella patogenesi della cirrosi. I principali processi patologici alla base della cirrosi epatica sono l'epatite cronica virale e l'epatite cronica alcolica. Nel primo caso l'infiltrazione di cellule infiammatorie, immunocompetenti e connettivali interessa gli spazi portali e tende a penetrare il lobulo, creando dei setti infiltrativi che vanno verso la vena centrolobulare, scompaginando in tal modo l'architettura del lobulo acinoso; si formano quindi isole di tessuto epatico, che nel tentativo di compensare le parti necrotiche vanno incontro a un processo di ipertrofia vicariante, dando origine ai cosiddetti noduli rigenerativi. Nelle forme postalcoliche, il processo anziché iniziare dagli spazi portali e portarsi verso la vena centrolobulare segue il cammino inverso.

Dalla quantità di tessuto epatico andato perduto e di tessuto neorigenerato dipende la maggiore o minore capacità del fegato di svolgere i suoi compiti: sintesi delle proteine, immagazzinamento dello zucchero, controllo della coagulazione ecc. Invece, dalla quantità della sclerosi connettivale (unitamente allo schiacciamento meccanico prodotto dai noduli) dipende la difficoltà del sangue portale (che porta al fegato il nutrimento intestinale) ad attraversare l'organo, meccanismo alla base dell'aumento della pressione nel letto portale (cosiddetta ipertensione portale) con le sue conseguenze: varici esofagee (il sangue portale deve in qualche modo arrivare al cuore destro e quindi se non può passare per il fegato, cercherà delle vie collaterali, la più semplice delle quali è quella esofagea); aumento di volume della milza; possibilità di sanguinamento; ascite (cioè formazione di liquido libero nella cavità addominale, nella genesi del quale rientrano altri fattori oltre a quello centrale dell'ipertensione portale).

Epidemiologia ed eziologia

La cirrosi è una malattia assai diffusa: si calcola che ogni anno nel mondo circa 300.000 individui muoiano per cause direttamente collegate a essa. In Italia, il numero di decessi per cirrosi è di circa 15.000-20.000 l'anno: nell'Italia settentrionale prevale la cirrosi alcolica e nell'Italia meridionale quella virale; l'Italia centrale si colloca nel mezzo tra questi due estremi.Come si è detto, le due forme di cirrosi più frequenti sono l'alcolica e la virale. L'uso di alcol in quantità di oltre 70 g al giorno per la donna e di circa 100 g per l'uomo (rispettivamente equivalenti a circa 0,75 l e 1 l di vino a gradazione alcolica del 12%) per 10 anni provoca un rischio di sviluppare cirrosi nel 20% circa delle persone. La cirrosi virale segue rispettivamente nel 10% e nel 40% dei casi l'evoluzione dell'epatite cronica da virus B e da virus C. A loro volta queste epatiti croniche costituiscono l'evoluzione dell'epatite acuta B e C, rispettivamente nel 10% e nel 30% dei casi circa. L'evoluzione delle epatiti croniche in cirrosi può essere bloccata in un quarto dei casi circa con l'interferone.Ci sono poi più rare eziologie della cirrosi: autoimmune biliare (cirrosi biliare primitiva), secondaria a stasi biliare cronica (cirrosi biliare secondaria), da accumulo di ferro (emocromatosi) o di rame (morbo di Wilson), secondaria a farmaci e ad altre sostanze tossiche. Quando una cirrosi non riconosce alcune di queste cause viene chiamata cirrosi criptogenetica.

Forme cliniche

La cirrosi può presentarsi sotto tre forme: silente, manifesta e complicata. La cirrosi silente è una cirrosi che non dà segno di sé e può presentare dati di laboratorio normali o ai limiti della norma. Rende conto dei casi scoperti casualmente. Non richiede né terapia né dieta particolare, ma solo un costante controllo clinico per cogliere le prime manifestazioni della malattia, che comunque possono presentarsi dopo molti anni.La cirrosi manifesta è la forma classica di cirrosi, che si manifesta con segni clinici, di laboratorio e strumentali. Il paziente è tipicamente dimagrito, il fegato è sempre aumentato di consistenza e in genere anche di volume, la milza è aumentata di volume e consistenza, la cute spesso assume un colorito giallastro (cute itterica) e con teleangectasie cutanee, l'addome è spesso gonfio per la presenza di versamento liquido (ascite). Le analisi di laboratorio rivelano che le transaminasi sono aumentate, le proteine in genere e l'albumina in particolare sono diminuite, e si hanno difetti nella coagulazione; tipico è l'aumento delle gammaglobuline e della bilirubina, nonché la diminuzione del colesterolo. La gastroscopia mette in evidenza le varici esofagee, l'ecografia dimostra la nodularità del fegato e la presenza dell'ipertensione portale e dei conseguenti circoli collaterali. In questa fase la diagnosi è chiara e non è necessario effettuare accertamenti bioptici. La terapia si basa sull'impiego di diuretici (per tentare di ridurre l'ascite), antiacidi (per proteggere le varici da possibili rotture), β-bloccanti (per diminuire l'ipertensione portale), vitamine (A, B, D, B6 e B₁₂). È molto importante la somministrazione di vitamina K, il cui deficit è in parte causa dei difetti coagulativi. Inoltre, è necessario combattere la stipsi, ricorrendo, per es., alla somministrazione di disaccaridi. È anche opportuna una dieta controllata, che però deve essere ampia e senza particolari esclusioni delle uova e dei grassi in genere. La dieta consigliata è quella mediterranea con circa 2000 kcal giornaliere suddivise in 50% di carboidrati, 25% di proteine e 25% di lipidi. Il sale dovrà essere usato con moderazione; in presenza di ascite, la quota di sale alimentare va ristretta intorno ai 2 g al giorno.Nella cirrosi complicata insorgono eventi che possono compromettere la vita del paziente. Tali complicazioni sono: a) emorragie dovute alla rottura di varici esofagee o a gastriti erosive (ambedue legate all'ipertensione portale), che sono la causa più frequente di morte (oltre il 40%) dei cirrotici; il trattamento di scelta è oggi quello di sclerotizzare o legare per via endoscopica le varici esofagee;b) encefalopatia epatica (presente nel 30% della storia dei cirrotici), legata alla mancata capacità del fegato di disintossicare l'organismo da sostanze neurotossiche (ammoniaca, aminoacidi aromatici ecc.) d'origine azotata (cioè proteica) intestinale. L'impiego di disaccaridi per via orale, che facilitano l'espulsione di tali sostanze dall'intestino, e di aminoacidi ramificati, che si oppongono alla tossicità degli aminoacidi aromatici, ha assai migliorato la prognosi di tale sindrome. Da tener presente, inoltre, che oggi sono ben conosciuti gli eventi che facilitano l'insorgenza dell'encefalopatia epatica (stipsi, infezioni, abuso di diuretici e di proteine alimentari, uso di sedativi ecc.) e si è quindi in grado di prevenirli. La dieta deve prevedere una diminuzione della quota proteica (1 g/kg peso);c) sindrome epatorenale, che compare nelle epatopatie croniche avanzate ed è caratterizzata da un'insufficienza renale progressiva funzionale (cioè, in assenza di vere lesioni organiche renali). Non si conosce il meccanismo di tale sindrome piuttosto rara, che ha una mortalità del 90% e che non si è dimostrata sensibile ai trattamenti disponibili (se non forse al trapianto epatico);d) comparsa di carcinoma epatocellulare, che, analogamente alla sindrome epatorenale, rappresenta un evento sempre più frequente da quando si è allungata la vita del cirrotico. La sua incidenza annuale nei cirrotici è del 2%. A spiegare tale aumento deve essere considerata anche l'introduzione della tecnica ecografica, che ha enormemente facilitato la diagnosi, anche precoce, delle lesioni neoplastiche. La mortalità a 1 anno dal momento della scoperta della lesione in soggetti con cirrosi scompensata è di circa il 50%. Numerosi studi dimostrerebbero la possibilità di aumentare la sopravvivenza iniettando alcol nelle lesioni (alcolizzazione) o sostanze chemioterapiche e inerti nell'arteria afferente (chemioembolizzazione) o, nel caso di piccole lesioni, con la resezione chirurgica. Si tratta comunque di studi non controllati.Il trapianto viene considerato risolutivo per tutti i problemi relativi alla cirrosi. La sopravvivenza è di circa il 70% a oltre 5 anni. Malgrado queste premesse favorevoli, esistono numerosi problemi connessi con tale tipo di intervento, primo fra tutti il fatto che per risolvere il problema cirrosi sul piano mondiale occorrerebbero decine di migliaia di trapianti (e quindi di donatori adatti) all'anno.

Bibliografia

p. gentilini, Il fegato, Torino, UTET, 1991.

g. verme, Epatologia, Torino, UTET, 1989.

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