Citochine

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Citochine

Alberto Mantovani

Con il termine generale citochine si intendono dei mediatori polipeptidici non antigene-specifici che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e fra queste e diversi organi e tessuti. Dunque, c., fattori di crescita, ormoni polipeptidici, sono un gruppo di proteine regolatorie coinvolto nei circuiti di comunicazione extracellulare; queste molecole polipeptidiche hanno similitudini e si sovrappongono, mantenendo, tuttavia, caratteri distintivi che permettono di definire le diverse famiglie di molecole. Infatti, alcune proprietà di carattere generale distinguono le c. dai fattori di crescita e dagli ormoni: i fattori di crescita non emopoietici, a differenza delle c., tendono a essere prodotti in modo costitutivo e i loro bersagli principali sono formati da cellule non emopoietiche; gli ormoni di crescita endocrini sono in genere prodotti da cellule specializzate o da tessuti specializzati; al contrario, le c. sono in genere prodotte da una varietà di tipi cellulari o, nel caso in cui la produzione sia ristretta a cellule linfoidi come nel caso di interleuchina-2 (IL-2) e interferone-γ (IFNγ), questa è solo una delle tante funzioni che caratterizzano la cellula producente. Gli ormoni sono rilasciati in circolo e agiscono a siti distanti, mentre le c. agiscono in genere a breve distanza, di regola non si ritrovano nel circolo ematico in quantità significative in condizioni normali e la loro produzione è transitoria. Gli ormoni polipeptidici sono spesso limitati nella loro azione a un ristretto numero di bersagli cellulari, con eccezioni importanti quali l'insulina. Al contrario, molte c. sono pleiotropiche, nel senso che agiscono su una grande varietà di cellule e di tessuti. Ancora, a differenza degli ormoni, c. strutturalmente diverse, come è il caso di interleuchina-1 (IL-1) e del fattore di necrosi tumorale (TNF), hanno azioni che in larga misura si sovrappongono. Nessuna di queste caratteristiche distintive è assoluta: per es., il transforming growth factor-β (TGFβ) e il fattore di stimolazione delle colonie M (M-CSF) sono presenti in circolo in quantità cospicue in condizioni normali; ancora, IL-6 è prodotta in risposta a segnali infiammatori locali, ma agisce a distanza sul fegato contribuendo alla risposta di fase acuta. Dunque, i criteri sopra delineati definiscono i confini dell'universo delle c. in modo non rigido e assoluto.

Le c. possono essere classificate utilizzando criteri diversi (Mantovani, Dinarello, Ghezzi 2000) che riguardano caratteristiche di tipo strutturale, la classe di recettori riconosciuta e le loro caratteristiche funzionali. Ciascuno di questi criteri classificativi ha pregi e difetti. Una classificazione utile dal punto di vista operativo è quella di distinguere le c. sulla base delle loro proprietà funzionali. La classificazione funzionale è, ovviamente, una ipersemplificazione e deve essere considerata più uno strumento di orientamento che un modo accurato di definire la funzione di queste molecole. Una classificazione funzionale distingue: c. emopoietiche (per es., i fattori di crescita dell'emopoiesi detti CSF); c. infiammatorie primarie (per es., IL-1 e TNF); c. antiinfiammatorie o immunosoppressive (IL-10 e TGFβ); c. infiammatorie secondarie (chemochine); c. dell'immunità specifica (per es., IL-2). In questa sezione si focalizzerà l'attenzione sulle c. infiammatorie primarie e sulle chemochine. Infatti, da una parte la scoperta della superfamiglia delle chemochine ha avuto un impatto trasversale in settori diversi della biologia che vanno dalla ricerca sul virus dell'HIV all'immunologia; dall'altra, le scoperte sull'immunobiologia delle c., quali IL-1 e TNF, hanno portato allo sviluppo di strategie terapeutiche innovative per malattie come l'artrite reumatoide e le malattie infiammatorie intestinali.

Citochine infiammatorie primarie

Le c. infiammatorie possono essere distinte in primarie e secondarie (Mantovani, Dinarello, Ghezzi 2000; Mantovani, Locati, Vecchi et al. 2001; Medzhitov 2001; Mantovani, Sozzani, Locati et al. 2002). Le c. infiammatorie primarie costituiscono un trio di mediatori fondamentali o, meglio, di molecole che costituiscono il prototipo di intere famiglie: IL-1, TNF e IL-6. In generale, le c. infiammatorie primarie sono estremamente pleiotropiche, nel senso che il loro spettro di azione comprende una grande varietà di cellule e di tessuti: infatti, molecole come IL-1 e TNF agiscono praticamente su tutte le cellule e su tutti i tessuti dell'organismo. Inoltre, sebbene queste tre molecole interagiscano con recettori strutturalmente diversi, le loro attività si sovrappongono in modo importante. IL-1 e TNF sono in modo inequivocabile c. infiammatorie primarie, nel senso che hanno la capacità di mettere in movimento l'intera cascata di mediatori caratteristici di una risposta infiammatoria; IL-6 tende a essere in una certa misura un mediatore secondario, nel senso che costituisce la molecola responsabile per risposte quali la produzione di proteine di fase acuta. Le c. infiammatorie primarie IL-1 e TNF, a livello locale, inducono la produzione di molecole di adesione, chemochine, fattori di crescita e mediatori lipidici quali prostaglandine, ossido nitrico (NO). Questi mediatori, essenzialmente locali, amplificano il reclutamento leucocitario e la sopravvivenza dei leucociti reclutati nel tessuto. L'aumento di leucociti a livello locale amplifica localmente i meccanismi dell'immunità innata, e questo attiva l'immunità specifica, grazie in particolare a molecole quali IL-12. Inoltre, l'amplificazione dell'immunità innata è fondamentale per orientare l'immunità specifica a polarizzarsi in risposte di tipo I, caratterizzate dalla produzione di IFNγ, o in risposte di tipo II caratterizzate dalla produzione di IL-14 e IL-13. A livello sistemico, IL-1 e TNF agiscono mediante IL-6 sul fegato; la risposta a IL-6 del fegato è caratterizzata dalla produzione di proteine dette di fase acuta, che verranno discusse più avanti in questo capitolo. Il significato generale della produzione di proteine di fase acuta è quello di amplificare a livello sistemico i meccanismi dell'immunità innata e del rimodellamento tissutale.

La cascata delle c. infiammatorie è soggetta a circuiti di regolazione negativa, che agiscono a livello locale o a livello sistemico. Un primo circuito di regolazione negativa è costituito da c. antiinfiammatorie, che sono prodotte principalmente (IL-10 o anche TGFβ) dalle cellule stesse che producono IL-1 e TNF, i monociti-macrofagi. Un secondo circuito di regolazione negativa che spegne la produzione di IL-1 e TNF è costituito dall'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Infatti, IL-1 e TNF agiscono sull'ipotalamo inducendo la produzione di fattori di rilascio (releasing factors) che provocano la produzione di ormone adrenocorticotropo (ACTH) da parte dell'ipofisi, che a sua volta induce il surrene a produrre ormoni glucocorticoidi. Gli ormoni glucocorticoidi tendono a spegnere la produzione di IL-1 e TNF. Avendo visto la cascata delle c. infiammatorie nel suo insieme, si esamineranno ora più in dettaglio le proprietà molecolari e biologiche dei mediatori singoli.

Interleuchina-1 (IL-1)

IL-1 costituisce il prototipo di una c. infiammatoria. IL-1 è, in realtà, costituita da due molecole distinte, IL-1α e IL-1β, codificate da geni distinti, che hanno attività simili e interagiscono con gli stessi recettori, benché dal punto di vista strutturale abbiano una omologia di sequenza solo di circa il 20%.

IL-1 è un sistema complesso costituito da due molecole agoniste, un antagonista di cui esistono diverse isoforme e un complesso sistema recettoriale. IL-1α e IL-1β vengono sintetizzati come propeptidi di peso molecolare di circa 33 kilodalton. I propeptidi vengono processati all'interno della cellula in una forma matura di peso molecolare di 17 kilodalton, la quale viene secreta attraverso meccanismi non convenzionali dato che IL-1β non possiede una sequenza segnale. Il propeptide di IL-1β viene processato dall'enzima caspasi-1 (o ICE, IL-1 converting enzyme). L'enzima di conversione di IL-1 è stato il primo membro identificato della famiglia enzimatica delle caspasi, le quali giocano un ruolo cruciale nella regolazione dell'apoptosi. I principali produttori di IL-1 sono i monociti macrofagi, anche se questa c. è prodotta da una varietà di tipi cellulari. Una varietà di stimoli proinfiammatori inducono la produzione di IL-1, ma particolarmente importanti sono i prodotti microbici ligandi dei recettori della famiglia Toll, e c. primarie. Infatti IL-1 è indotta da IL-1 stessa e da TNF, innescando così un meccanismo di amplificazione della risposta infiammatoria.

La famiglia di IL-1 comprende oltre alle due molecole agoniste, IL-1α e IL-1β, un antagonista recettoriale (IL-1ra, IL-1 receptor antagonist). IL-1ra è prodotto dalle stesse cellule che producono IL-1 ed è indotto in generale dagli stessi segnali, anche se c. antiinfiammatorie inducono la produzione preferenziale di IL-1ra. Quest'ultimo è un antagonista nel senso che lega il recettore, non dà alcuna risposta biologica e, infine, impedisce alle molecole agoniste di interagire con il recettore. IL-1 interagisce con un recettore costituito da due catene, IL-1RI e catena accessoria (AcP). L'antagonista recettoriale interagisce soltanto con la catena IL-1RI, impedendo così la formazione di un complesso recettoriale attivo da parte delle molecole con attività agonista. Esiste un secondo recettore di IL-1, detto IL-1RII o decoy receptor, che ha caratteristiche peculiari: infatti, IL-1RII, in forma legata alla membrana o libera nei liquidi biologici, lega IL-1 ma non dà luogo ad alcuna trasduzione del segnale. Agisce, in altre parole, come una sorta di trappola molecolare che lega le molecole con attività agonista e impedisce loro di interagire con i componenti recettoriali che attivano la risposta cellulare. Il recettore decoy forma anche un complesso recettoriale con agonista e catena accessoria (AcP), che non trasduce alcun segnale. In questo modo si comporta da dominante negativo, sottraendo la catena accessoria che è essenziale per la formazione di un complesso recettoriale che trasduca segnali.

Esistono dunque due circuiti di regolazione negativa intrinseci al sistema IL-1. Il sistema IL-1 è, infatti, regolato negativamente dall'antagonista recettoriale di IL-1 (IL-1ra) e da un falso recettore (decoy receptor) che funziona da trappola molecolare per l'agonista. La complessità dei circuiti di regolazione negativa sottolinea l'importanza di questa molecola che è potenzialmente devastante per l'integrità dell'organismo (Mantovani, Locati, Vecchi 2001). A valle del complesso recettoriale che segnala, IL-1 attiva una cascata di trasduzione del segnale che è centrata sull'adattatore MyD88. Questa cascata è analoga a quella attivata dai recettori della famiglia Toll-like receptor, ed è innescata grazie alla presenza di un dominio TIR già discusso a proposito dei recettori dell'immunità innata. Risultato finale dell'attivazione cellulare da parte di IL-1 è l'attivazione di fattori di trascrizione, quali NFκB e AP-1. IL-1 agisce praticamente su tutte le cellule e i tessuti dell'organismo ed è sufficiente l'impegno di un numero limitatissimo di recettori, forse uno per cellula, per attivare la risposta cellulare. Molti degli effetti di IL-1 sono indiretti, nel senso che l'effetto finale dipende dalla induzione di mediatori secondari. Fra i mediatori secondari, particolarmente importanti sono IL-6 e i fattori di crescita emopoietici (GM-CSF e M-CSF). IL-1 agisce innanzitutto sulle cellule emopoietiche (precursori emopoietici, linfociti T e B); gli effetti sono in genere di stimolazione della proliferazione e della differenziazione e sono in generale mediati dalla produzione di fattori di crescita e da IL-6. Un secondo importante bersaglio dell'azione di IL-1 è costituito dal sistema nervoso centrale. IL-1, infatti, è stata inizialmente identificata anche come un potente pirogeno endogeno. L'effetto pirogenico di IL-1 è indiretto, nel senso che IL-1 induce a livello dei centri ipotalamici la produzione di IL-6 e la produzione di prostaglandine, che costituiscono i mediatori ultimi dell'effetto pirogenico. Inoltre IL-1, a livello del sistema nervoso centrale, induce anoressia e astenia, componenti evidenti della risposta infiammatoria sistemica. Infine, IL-1 agisce sui centri ipotalamici inducendo la produzione di releasing factors, che a loro volta inducono a livello ipotalamico la produzione di ACTH; l'ACTH funziona a livello surrenalico inducendo la produzione di ormoni glucocorticoidi; questi ultimi hanno effetti complessi, fra i quali la capacità di spegnere la risposta infiammatoria. Infatti, gli ormoni glucocorticoidi inibiscono la produzione delle c. infiammatorie, quali IL-1, e aumentano la produzione di molecole antiinfiammatorie, quali il recettore decoy di IL-1. L'attivazione, quindi, dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene costituisce un'ansa di feedback negativo dell'attività proinfiammatoria delle c. primarie dell'infiammazione.

Uno dei bersagli principali dell'attività di IL-1 è costituito dalle cellule dell'albero vascolare. IL-1 induce, infatti, a livello dell'endotelio vascolare la produzione di chemochine e di molecole di adesione, amplificando il reclutamento di cellule infiammatorie a livello locale; inoltre, IL-1 induce l'espressione di enzimi che portano alla sintesi di prostaciclina (PGI2) e di NO (queste molecole hanno attività vasodilatatoria); infine, IL-1 modifica profondamente le proprietà anticoagulanti dell'endotelio vascolare. Infatti, in condizioni basali, l'endotelio vascolare è caratterizzato da proprietà anticoagulanti, costituendo una superficie non trombogenica: IL-1 modifica questa situazione, inducendo innanzitutto la produzione di attività procoagulante o tissue factor, che attiva la cascata coagulativa; ancora, IL-1 inibisce l'asse anticoagulante costituito dalla proteina C e dalla trombomodulina, attivando a livello dell'endotelio vascolare un programma genetico proinfiammatorio e protrombotico. Le cellule del tessuto osseo, cartilagineo, della sinovia e dei tessuti connettivi in generale costituiscono un bersaglio importante dell'azione di IL-1. In queste cellule, IL-1 induce la produzione di proteasi e di prostaglandine, ossia di molecole che causano dissoluzione e danno del tessuto e fenomeni quali il riassorbimento osseo osservato in molte condizioni patologiche. A livello epatico, IL-1 induce la produzione di proteine di fase acuta. L'induzione di proteine di fase acuta è in larga misura indiretta nel senso che il mediatore ultimo responsabile di questo effetto è IL-6. Infine, a livello cardiaco, IL-1 e, soprattutto, TNF inibiscono direttamente la contrattilità cardiaca e, a livello del muscolo scheletrico, favoriscono il catabolismo proteico.

Il fattore di necrosi tumorale (TNF)

TNF deve il suo nome all'attività necrotizzante esplicata nei confronti di alcuni tumori sperimentali. Si tratta, però, di un termine fuorviante, nel senso che l'effetto antitumorale non costituisce la principale o più importante attività biologica di TNF che, similmente a IL-1, è una c. primaria fondamentale nelle risposte infiammatorie; come per IL-1, anche per TNF esistono due isoforme, il TNFα e il TNFβ o linfotossina (quest'ultima è prodotta principalmente da cellule linfoidi). TNFα, per brevità TNF, è un mediatore centrale delle risposte infiammatorie che condivide buona parte dei suoi effetti biologici con IL-1. TNF è sintetizzato come un precursore di 26 kilodalton ed è una proteina transmembrana di tipo II, ossia con l'N-terminale all'interno della membrana plasmatica. La forma di membrana di TNF viene processata da una metalloproteasi, detta TNFα-converting enzyme (TACE), che dà luogo alla forma matura presente nei liquidi biologici di 17 kilodalton. Sia la forma di membrana di TNF sia la forma solubile sono capaci di interagire con il recettore, quindi di attivare risposte biologiche. Come nel caso di IL-1, le sorgenti principali di TNF sono i fagociti mononucleati, anche se altri tipi cellulari sono in grado di produrre questa citochina. TNF interagisce con due tipi di recettori, detti di tipo i, o p55, e di tipo ii, o p75. TNF è un omotrimero e, interagendo con il recettore, causa la multimerizzazione delle catene recettoriali. La formazione di omotrimeri recettoriali attiva la via di trasduzione del segnale. Schematicamente, si può dire che il recettore di tipo I, o p55, è un recettore di morte, che attiva cioè un programma di morte apoptotica centrato sull'attivazione di una cascata di enzimi proteolitici detti caspasi; il recettore di tipo ii o p75 è, invece, un recettore che attiva funzionalmente la cellula e, anzi, alcuni dei geni indotti dal recettore di tipo ii hanno la funzione di inibire la morte cellulare attivata dal recettore p55. La cascata di trasduzione del segnale attivata da p75 e, in qualche misura, da p55 porta all'attivazione di NFκB e, quindi, all'induzione di un programma genetico proinfiammatorio. Il programma proinfiammatorio attivato da TNF è in larga misura sovrapponibile a quello di IL-1. Fanno eccezione gli effetti sui precursori emopoietici, dove TNF ha funzione inibitoria. L'inibizione dei precursori emopoietici è probabilmente responsabile degli effetti sulle cellule circolanti associati a patologie croniche con iperproduzione di TNF, quali, per es., l'anemia associata a patologie croniche.

Le chemochine

Gli stimoli chemiotattici svolgono un ruolo cruciale nel processo di reclutamento leucocitario (Mantovani 1999; Gerard, Rollins 2001; Gordon 2003). Questi stimoli non sono soltanto importanti perché direzionano la migrazione dei leucociti attraverso la barriera endoteliale verso il sito infiammatorio, ma anche perché svolgono un ruolo fondamentale nell'aumentare la loro adesività alla parete vascolare. Il termine chemochina (in inglese chemokine, da chemotactic cytokine, citochina chemiotattica) identifica una superfamiglia di proteine dotate di attività chemiotattica. Nell'uomo sono state classificate 47 molecole appartenenti alla famiglia delle chemochine, che condividono alcune caratteristiche strutturali. Sono proteine basiche di dimensioni relativamente piccole (60-80 aminoacidi) con massa molecolare compresa tra 8 e 10 kilodalton e caratterizzate dalla presenza di quattro cisteine che danno origine a due ponti disolfuro, precisamente tra la prima e la terza e la seconda e la quarta. Questo motivo strutturale determina una struttura tridimensionale cruciale per l'interazione con i recettori. La posizione relativa delle prime due cisteine consente di identificare quattro sottofamiglie. Nella prima di esse il tandem cisteinico è interrotto da un terzo aminoacido, diverso da caso a caso, per cui si parla di Cys-X-Cys (o CXC) o di chemochine α. La seconda famiglia, invece, è caratterizzata da una coppia di residui cisteinici contigui e viene identificata con il nome di Cys-Cys (o CC) o chemochine β. Due chemochine identificano altrettante ipotetiche ulteriori famiglie: la prima (linfotactina) è una proteina che possiede soltanto due delle quattro cisteine (la seconda e la terza) e viene identificata come famiglia delle C chemochine o δ; la seconda (fractalchina) è caratterizzata, invece, da tre aminoacidi che separano le due cisteine (CX3C, o chemochine δ). Nell'uomo, i geni delle chemochine α sono in massima parte localizzati sul cromosoma 2, mentre le chemochine β sono localizzate sul cromosoma 17.

Le proteine appartenenti alla famiglia delle chemochine vengono identificate tramite la nuova nomenclatura che utilizza i prefissi CXCL, CCL, CL o CX3CL, e un numero progressivo. Le chemochine α (quelle che possiedono il motivo 'ELR', ossia gli aminoacidi Glu-Leu-Ala) sono attive sui polimorfonucleati neutrofili e sui linfociti T e B; le chemochine β (CCL) sono attive sui leucociti mononucleati, quali monociti, linfociti, cellule natural killer (NK), e sugli eosinofili e basofili; linfotactina e fractalchina sono attive sui linfociti T e sulle cellule NK; CXCL8 (IL-8) rappresenta un segnale chemiotattico importante per i neutrofili; CCL2 (MCP-1) svolge un ruolo importante nel reclutamento dei monociti, mentre CCL11 (eotassina) è attiva sui granulociti eosinofili. Le chemochine agiscono attraverso recettori di membrana che appartengono alla famiglia dei recettori di tipo rodopsinico, caratterizzati da sette domìni transmembrana. Questi recettori sono associati a proteine G eterotrimeriche la cui attivazione causa l'aumento della concentrazione di calcio intracellulare e del metabolismo dei fosfolipidi di membrana a opera delle fosfolipasi C, D e A2. Sono stati identificati 10 recettori per le chemochine α (da CCR-1 a CCR-10), e cinque per le chemochine β (da CXCR-1 a CXCR-5). I recettori generalmente legano più di una chemochina, purché esse appartengano alla stessa famiglia, e spesso una chemochina può legare più di un recettore.

Le chemochine sono dotate essenzialmente di azione chemiotattica, tuttavia in presenza di agenti primari dell'infiammazione, quali TNF α o IL-1, le chemochine sono anche in grado di indurre l'attivazione di altre risposte biologiche, quali la degranulazione e la produzione di intermedi reattivi dell'ossigeno. Inoltre, le chemochine sono anche in grado di attivare la trascrizione di geni funzionalmente coinvolti nel processo di migrazione, quali recettori per chemochine, proteasi utilizzate dal leucocita per degradare la matrice extracellulare e chemochine stesse. Queste funzioni svolgono un ruolo rilevante nell'amplificare la risposta infiammatoria.

bibliografia

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A. Mantovani, C.A. Dinarello, P. Ghezzi, Pharmacology of cytokines, Oxford-New York 2000.

G. Gerard, B.J. Rollins, Chemokines and disease, in Nature immunology, 2001, 2, 2, pp. 108-15.

A. Mantovani, M. Locati, A. Vecchi et al., Decoy receptors as a strategy to regulate inflammatory cytokines and chemokines, in Trends in immunology, 2001, 22, 6, pp. 328-36.

R. Medzhitov, Toll-like receptors and innate immunity, in Nature reviews. Immunology, 2001, 1, 2, pp. 135-45.

A. Mantovani, S. Sozzani, M. Locati et al., Macrophage polarization: tumor associated macrophages as a paradigm for polarized M2 mononuclear phagocytes, in Trends in immunology, 2002, 23, pp. 549-55.

S. Gordon, Alternative activation of macrophages, in Nature reviews. Immunology, 2003, 3, p. 23.

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