CLASSIFICAZIONE

Enciclopedia Italiana (1931)

CLASSIFICAZIONE

Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO
Federico *RAFFAELE
Giuseppe MONTALENTI
Augusto BEGUINOT
Maria PIAZZA
Gastone DEGLI ALBERTI
Pino FORTINI

Operazione con la quale si riconduce una molteplicità di oggetti a un certo numero di tipi gerarchicamente ordinati, per potersi orientare tra di essi conoscendone la dipendenza reciproca. Essenziale al pensiero fin dalla sua più elementare considerazione della realtà, l'attività classificatoria cominciò ad esser presa ad oggetto di teorizzazione scientifica già con Socrate, il cui concettualismo mirava a ordinare in tipi ideali la molteplicità delle azioni umane; ma solo da Platone essa ottenne quella fondamentale determinazione teorica da cui avrebbero dovuto prendere le mosse tutte le dottrine posteriori. Dall'ipostatizzazione platonica dei concetti socratici e dalla loro sistemazione gerarchica deriva infatti la concezione che le idee debbano essere ordinate a seconda della loro estensione e (nel rapporto inverso) della loro comprensione, discendeudosi dalle idee più estese e meno comprensive a quelle meno estese e più comprensive: la stessa dialettica platonica, in quanto conoscenza delle relazioni tra le varie idee, è in primo luogo basata sulla διαίρεσις, e cioè sulla progressiva divisione (per lo più dicotomica) di ciascuna idea in quelle ad essa immediatamente inferiori per estensione. In Platone, le idee di cui si componeva tale gerarchia erano, insieme, γένη e εἴδη "generi" e "specie"; in Aristotele si consolidava invece già la distinzione per cui le specie erano la determinazione del genere: ed ecco fissati i due termini che dovevano poi restare tipici in ogni classificazione.

Del resto, la platonica gerarchia dei generi e delle specie noi solo restava a fondamento di tutta la logica aristotelica (che la presupponeva infatti tanto nei suoi motivi essenziali della deduzione e dell'induzione quanto nella teoria della definizione, da farsi per genus proximum et differentiam specificam) ma veniva a quadrare nel modo più perfetto con lo stesso interesse di classificazione naturalistica, che era tipico di Aristotele. Di qui l'importanza essenziale che il metodo classificatorio assunse fin d'allora per le scienze naturali stricto sensu, e cioè per quelle in cui più immediatamente poteva constatarsi una coincidenza fra quella ideale forma di classificazione e l'effettivo sistema dei generi e delle specie animali e vegetali; e di qui, insieme, la tendenza a considerare come genuine solo tali classificazioni, in cui la gerarchia logica coincideva con la gerarchia degli essenziali caratteri biologici, distinguendone invece tutte quelle meramente mnemoniche o cagionate comunque da altro fine pratico, estrinseco alla natura degl'individui classificati. S'intende che tale distinzione era poi di carattere relativo; come dovevano riconoscere gli stessi naturalisti, quando si accorgevano (con le dottrine evoluzionistiche) che le stesse specie zoologiche e botaniche non possedevano vera stabilitb, ma erano piuttosto tipi nei quali si cristallizzava, per semplificazione, il loro continuo divenire. Parimenti, mentre dal punto di vista della scienza naturalistica e della conseguente filosofia non solo la realtà naturale in senso stretto ma tutta quanta la realtà doveva presentarsi conoscibile solo per classificazione - apparendo addirittura come culmine della scienza la stessa classificazione delle scienze, cioè la suprema classe delle classi (v. comte) - la critica empiristica e idealistica, dagli stoici (può dirsi) fino ai filosofi contemporanei, doveva invece, in vario modo, insistere nell'osservazione che la scienza naturalistica, in quanto mera classificazione del reale, non ne offriva che l'impoverito schema. Sotto il quale aspetto, è chiaro come lo sviluppo dell'idea di classificazione venga per gran parte a risolversi in quello delle idee di concetto, d'induzione e di scienza naturalistica, distendendosi quindi minutamente attraverso tutta quanta la storia del pensiero occidentale.

La classificazione nelle scienze biologiche. - Nella zoologia e nella botanica, la classificazione è l'operazione mentale che ha per scopo di unire in gruppi subordinati gli uni agli altri le piante e gli animali secondo le loro somiglianze e le loro differenze. Le classificazioni possono avere scopi ed essere fatte in base a criterî diversi. Se si parte, per es., dal presupposto che gli esseri viventi sono stati creati quali sono, con tutte le loro forme e i loro attributi, la classificazione si propone di rintracciare il disegno che ha presieduto alla creazione, e tende a ricostruirlo. Poiché si presentano a prima vista tra i varî esseri certe somiglianze, o caratteri comuni, si può ritenere che essi appartengano a un piano creativo fondamentale, variato poi nei suoi particolari per i singoli gruppi inferiori. Tale era ritenuto il compito dai sistematici, che non discutevano il dogma della creazione, accettando la narrazione biblica. Carlo Linneo, il fondatore della sistematica zoologica e botanica, lo espresse nettamente quando affermò: tot numeramus species quot ab initio creavit supremum Ens. Ma, con l'affermarsi dell'interpretazione evoluzionistica dell'universo, la classificazione, nella zoologia e nella botanica, mirò a raggruppare gli esseri viventi secondo il loro supposto grado di parentela, considerando le affinità naturali come effetto di consanguineità.

Tanto nell'uno, quanto nell'altro caso, la classificazione deve rappresentare l'espressione più prossima al vero delle relazioni di somiglianza esistenti in natura; deve cioè tendere ad essere, come suol dirsi, una classificazione naturale. Ma poiché in nessuno dei due casi si possiede la chiave del mistero, qualsiasi ordinamento degli esseri viventi rappresenta un'interpretazione della cui legittimità non si può essere mai sicuri: e pertanto la storia delle classificazioni è data da un continuo costruire e demolire gruppi e sottogruppi, in base a criterî che continuamente vanno cambiando.

A modificare i criterî che servono di base a una classificazione, contribuisce naturalmente il grado di conoscenza degli oggetti che si vogliono classificare, e, prima di tutto, il numero e la varietà degli oggetti stessi. Le classificazioni si sono perciò modificate: 1. a misura che nuovi oggetti venivano conosciuti; 2. con l'approfondirsi delle conoscenze intorno ai singoli oggetti; 3. con il conseguente moltiplicarsi delle comparazioni fra di essi.

Esaminiamo ora l'influenza avuta da questi tre fattori. Con l'estensione delle conoscenze geografiche e paleontologiche, con i viaggi di esploraziorie, l'intensificarsi e perfezionarsi dei mezzi di ricerca e di raccolta, con l'acuirsi dell'interesse per le produzioni naturali dei diversi paesi, il numero di animali e di piante conosciuti è andato rapidamente aumentando; le circa 5000 specie di animali e le 10.000 di piante, che conobbe Linneo, sono divenute oggi, rispettivamente, circa mezzo milione e circa duecentomila. Lo studio dei fossili ha reso necessario includere nelle classificazioni le forme estinte, portando un nuovo e sempre crescente contributo di forme da catalogare e sistemare.

Le ricerche anatomiche, embriologiche, fisiologiche, ecologiche, in una parola, la sempre più completa conoscenza degli esseri viventi, sotto tutti gli aspetti, hanno fornito man mano nuovi elementi per la classificazione. Mentre sul principio l'esame degli animali e delle piante si limitò al loro aspetto esterno e in base a questo furono stabilite somiglianze e differenze, l'anatomia comparata, con l'esame e la comparazione dell'organizzazione interna degli esseri, fornì criterî di valutazione che condussero a modificare talora profondamente i raggruppamenti precedentemente stabiliti. L'invenzione del microscopio e l'estendersi e il perfezionarsi delle ricerche microscopiche, mentre svelarono da una parte l'esistenza di un mondo di viventi, che fino allora si era sottratto all'esame, permisero altresì di analizzare la minuta struttura degli organismi, estendendo il campo dell'anatomia; e l'embriologia, che progredì di pari passo con il perfezionarsi della tecnica microscopica, venne ad allargare e completare le nostre conoscenze; la scoperta dei varî modi di riproduzione e di molte forme larvali, prima ignote o male interpretate, fornì nuovi criterî di classificazione. La comparazione, che nei primordî della moderna biologia era limitata a un numero relativamente piccolo di forme e a pochi elementi forniti da esami superficiali e parziali, dovette prendere in considerazione un numero sempre crescente di oggetti da paragonare e una sempre maggiore quantità e varietà di criterî di comparazione.

È avvenuto così che le classificazioni, sotto l'influenza di questi tre fattori, si sono andate continuamente modificando e sostituendo e, può anche dirsi, perfezionando, con il soddisfare a un sempre maggior numero di condizioni rese necessarie dal progresso delle scienze naturali. Uno dei risultati della più completa analisi dei caratteri posti a base delle classificazioni è stato la creazione di gruppi intermediarî; un altro, l'aumento delle categorie di ciascun gruppo. Così con il crescere del numero delle specie conosciute, è stato spesso necessario aumentare quello dei generi: ma spesso si è dovuto anche ricorrere alla creazione di sottospecie, piccole specie o varietà locali, e di sottogeneri. Così pure è andato aumentando il numero delle famiglie e si è sentito in varî casi il bisoguo di suddividerle in sottofamiglie; e lo stesso è avvenuto per gli ordini e i relativi sottordini, per le classi e le relative sottoclassi, e finalmente per le categorie più comprensive, ossia per i tipi animali, che poi anch'essi, in certi casi, si sono dovuti smembrare in sottotipi. Altre categorie interposte in alcuni aggruppamenti hanno ricevuto il nome di legione, tribù, superfamiglia, ecc. S'intende che le suddivisioni dei gruppi di qualsiasi ordine dovranno essere tanto più numerose quanto più il gruppo è ricco di numero e varietà di forme.

I varî sistemi proposti successivamente dagli autori hanno in genere avuto di mira: 1. di rispecchiare quanto più fedelmente fosse possibile le vere relazioni naturali degli organismi; 2. di facilitare l'ordinamento o il riconoscimento delle forme nella maniera più completa e più comoda per lo studio delle medesime. È superfluo dire che le classificazioni tendono a una perfezione non mai raggiunta, né raggiungibile e risentono sempre della loro origine, cioè dei criteri personali dei singoli autori; e però non lasciano di essere più o meno arbitrarie, né mai possono pretendere alla qualifica dì classificazioni naturali.

Classificazione degli animali. - I primi tentativi d'una classificazione degli animali in base ai loro caratteri morfologici, risalgono ad Aristotele, che divise il regno animale negli otto grandi generi (μέγιστα γένη) seguenti: 1. τετράποδα ζῳοτοκοῦντα ἐν αὐτοῖς, quadrupedi vivipari (Mammiferi); 2. ὄρνιϑες, Uccelli; 3. τεράποδα καὶ ἄποδα ᾠοτοκοῦντα Quadrupedi e Apodi ovipari (Rettili e Anfibî); 4. ἰχϑύες, Pesci; 5. μαλάκια, Molluschi (Cefalopodi); 6. μαλακόστρακα, Crostacei (Malacostraci); 7. ἔντομα Insetti (compresi Aracnidi, Miriapodi, Vermi segmentati); 8. ὀστρακοδέρματα, Testacei (Molluschi con guscio, balani, ascidie, Echinodermi, Spugne). A questo sistema, che dimostra una conoscenza non superficiale dell'organizzazione degli animali, non furono, per lungo tempo, apportate modificazioni. Durante tutta l'antichità, il Medioevo e il Rinascimento, le poche conoscenze che si aggiunsero a quelle tramandate da Aristotele, non valsero ad abbatterne le teorie biologiche, né a modificare gli schemi ch'egli aveva stabiliti. L'indagine era diretta per altre vie, e anche l'opera di zoologi come Edward Wotton (1492-1555) e dei cosiddetti enciclopedisti, Conrad Gesner (1516-1565), Ulisse Aldrovandi (1522-1605), ecc., era rivolta piuttosto alla descrizione più minuta di singole forme animali, o anche all'istituzione di gruppi meno vasti, come quelli che noi chiamiamo oggi generi, famiglie, ecc. Importante a questo riguardo fu l'opera di John Ray (1628-1705) che apri la strada a Linneo.

Con Linneo (1707-1778) culmina questo periodo sistematico della zoologia. La sua vastissima e poderosa opera di classificazione costituisce il fondamento della zoologia moderna. La preoccupazione principale di Linneo era di definire le specie, che considerava come entità sistematiche fisse e immutabili. Riconobbe anche la possibilità di stabilire un'affinità fra le singole specie e di riunirle quindi in gruppi sempre più comprensivi, generi, famiglie, ordini, ecc., cercando d'interpretare il piano secondo cui il Creatore le aveva disposte. Di fondamentale importanza fu l'introduzione della nomenclatura binomia, tuttora in uso, per cui ogni specie è caratterizzata da due nomi latini, uno (generalmente un sostantivo) generico, comune cioè a un certo numero di specie, l'altro (generalmente un aggettivo) che insieme col primo serve a caratterizzare una determinata specie: cosi ad es., Canis familiaris, Canis lupus, ecc. Ma poiché Linneo si basava, quasi esclusivamente, sui caratteri morfologici esterni senza troppo preoccuparsi dell'anatomia, non riconobbe l'unità del piano di organizzazione dei varî gruppi animali, e quindi la sua divisione del regno animale in sei classi: Mammalia, Aves, Amphibia, Pisces, Insecta, Vermes, è inferiore alla classificazione aristotelica.

Lo svilupparsi dei concetti di evoluzione e quindi di parentela fra gli esseri, e i tentativi che ne seguirono per ordinare gli animali secondo una scala, o secondo alberi genealogici, la creazione della morfologia e dell'anatomia comparata, per opera principalmente di Lamarck, Cuvier, Geoffroy Saint-Hilaire, al principio del sec. XIX, e lo studio comparato dello sviluppo degli animali, iniziatosi con il von Baer, furono altrettanti fattori che consentirono di giungere all'idea di tipo di animale. Fu il Cuvier che, nel 1812, in base alle sue vaste conoscenze dell'anatomia degli animali, compì una riforma della sistematica. Divise gli animali in quattro grandi gruppi, embranchements, come edi li chiamò, o tipi, come furono detti più tardi dal De Blainville, fondandosi soprattutto sui rapporti topografici delle parti. Gli embranchements del Cuvier erano i seguenti:1. Vertebrati, in cui riunì le classi dei Pesci, Rettili, Anfibî, Uccelli e Mammiferi, fin'allora separate (il primo a riunirle sotto tale nome era stato in realtà il Lamarck): sono animali metamerici, con cuore ventrale e sistema nervoso dorsale. 2. Molluschi, animali non metamerici, per lo più ricoperti di un guscio calcareo, col sistema nervoso che forma un cingolo periesofageo e un'ansa ventrale. 3. Articolati, con evidente metameria interna ed esterna, cuore dorsale e sistema nervoso formato da ganglî sopraesofagei, collegati, per un cingolo periesofageo, a una doppia catena ventrale di ganglî. 4. Raggiati, con gli organi disposti secondo un'evidente simmetria raggiata.

Con il progredire delle conoscenze zootomiche, si poté riconoscere che alcuni tipi distinti dal Cuvier erano in realtà poco omogenei, specie quello degli Articolati e quello dei Raggiati. Il von Siebold (1848) suddivise questi due tipi in un certo numero di altri: così degli Articolati fece due tipi: gli Artropodi, a metameria eteronima, provvisti di appendici articolate, e di scheletro cutaneo chitinoso, e i Vermi, in cui comprese anche altri animali, già classificati fra i Raggiati, ma non provvisti di evidente simmetria raggiata. Dai Raggiati tolse pure gli animali unicellulari, e creò cosi il tipo dei Protozoi, chiamando i rimanenti zoofiti o animali-piante. Poco più tardi il Leuckart riconobbe che fra gli Zoofiti erano compresi animali appartenenti a due tipi di organizzazione differenti, che chiamò rispettivamente Celenterati, con simmetria 4- o 6-radiata, unica cavità gastro-vascolare (celenteron) e sistema nervoso costituente un anello periferico, ed Echinodermi, con cavità digerente e vascolare d-stinte, simmetria esterna 5-radiata (in realtà lo sviluppo e le condizioni anatomiche dimostrano che essa è bilaterale), provvisti di un caratteristico sistema acquifero e col sistema nervoso costituente un anello intorno all'esofago, da cui partono tanti cordoni radiali. In seguito si aggiunse ai tipi del Leuckart quello dei Tunicati, a simmetria bilaterale, con sistema nervoso dorsale e il sistema respiratorio in relazione con la parte anteriore dell'intestino.

Con il progredire degli studî, si riconobbe ancora la necessità di suddividere alcuni dei tipi esistenti e di crearne altri, mentre s' individuavano piccoli gruppi di animali, che difficilmente possono ricondursi ai tipi principali, e per i quali occorrerebbe creare altrettanti tipi. Si è tentato di riunirli in gruppi, tutti più o meno eterogenei, e furono così creati diversi tipi, come Vermidei, Molluscoidi, Trimetameri, Scolecidi, ecc., ma di solito vengono trattati in appendice a qualche tipo con cui presentino maggiore analogia. Fra questi gruppi sono, per es., i Rotiferi, i Nemertini, i Sipunculoidi, gli Enteropneusti, i Chetognati e altri. Trascurando questi gruppi, si può dire che le modificazioni essenziali portate in seguito alla classificazione riferita, furono le seguenti: la separazione dai Celenterati dei due tipi dei Poriferi, senza sistema nervoso e muscolare differenziati, con ontogenesi assai diversa da quella degli altri metazoi e dei Ctenofori, che differiscono dai Celenterati propriamente detti o Cnidarî soprattutto per la presenza di un vero e proprio mesoderma; l'unione dei vertebrati e dei Tunicati in un unico tipo, dei Cordati avente come caratteristica la presenza di una corda dorsale, come organo permanente o transitorio, e di sistema nervoso dorsale a questa, e infine lo smembramento del tipo dei vermi, quanto mai eterogeneo. Le discussioni su quest'ultimo punto non sono ancora chiuse; alcuni tipi sono risultati omogenei e facilmente delimitabili, come quello dei Platelminti, con corpo piatto, cavità gastrovascolare unica, come i Celenterati, dai quali però differiscono per la presenza di un parenchima e d'un apparato escretore; gli Anellidi, con corpo cilindrico, evidente metameria interna corrispondente a quella esterna, sistema circolatorio distinto; e i Nematelminti, con corpo cilindrico, non segmentato, coperto di una spessa cuticola, privo di elementi ciliati, e provvisti di una cavità del corpo che per lo più non è da considerarsi come una vera cavità celomatica. Altri gruppi di animali, ad alcuni dei quali si è fatto cenno, risultarono da questo smembramento, e non furono potuti riunire in tipi.

Concludendo, i tipi principali in cui oggi è suddiviso il regno animale sono: Protozoi, Poriferi, Celenterati s. s. o Cnidarî, Ctenofori, Platelminti, Anellidi, Nematelminti, Artropodi, Molluschi, Echinodermi, Cordati. Si sogliono poi riunire tutti gli animali, il cui corpo è formato da molte cellule connesse da intimi rapporti morfologici e fisiologici e riunite in tessuti e in organi, sotto il nome di Metazoi, e gli animali tipicamente costituiti da una sola cellula, sotto il nome di Protozoi. Il sottoregno dei Protozoi comprende il solo tipo omonimo, quello dei Metazoi tutti gli altri. Per alcune forme che difficilmente si potrebbero ascrivere all'uno o all'altro di questi due sottoregni, qualcuno ha creato divisioni speciali: i Mesozoi, che comprendono i Diciemidi e gli Ortonettidi, e i Parazoi, che compiendono i Poriferi (per la bibl. v. zoologia).

Classificazione dei vegetali. - Il numero ristretto delle specie, lo spirito di comparazione poco sviluppato e il prevalente indirizzo pratico, sia terapeutico sia agrario, furono le cause principali che tennero gli antichi studiosi di botanica lontani dal cimento delle classificazioni. La distinzione in erbe, suffrutici, arbusti ed alberi che si trova nella Storia delle piante di Teofrasto (371-286 a. C.) è puramente artificiosa e superficiale e altrettanto si dica degli aggruppamenti fatti da Dioscoride e da qualche altro in base alle proprietà medicinali: i nomi di graminacee, leguminose, ecc. che s'incontrano nelle opere dell'antichità classica sono dedotte dal linguaggio comune e rappresentano semplici intuizioni. All'epoca della Rinascenza la maggior parte dei cultori della botanica furono medici e, quindi, questa scienza risorse sotto le vesti di materia medica. Le piante, che costituivano quasi tutti i semplici del tempo, erano studiate e illustrate più che altro dal punto di vista drogologico, ma l'assillo di rintracciare quelle specie a cui gli antichi avevano attribuito virtù quasi miracolose; la scoperta di nuove che erano a quelli rimaste ignorate e che tuttavia si descrissero e si sperimentarono, via via aumentandone il numero; i viaggi in paesi extraeuropei e in regioni di recente scoperta come l'America, che misero gli studiosi a contatto di piante molto diverse dalle nostrane; l'istituzione degli orti botanici e l'uso delle collezioni secche (erbarî), contribuirono ad acuire lo spirito di comparazione, a fare usare un linguaggio più preciso e una metodologia sempre più rigorosa nei raffronti e nei raggruppamenti. Nacquero cosl le classificazioni e nacquero principalmente in seno a quelle opere botaniche che si dissero flore e che segnarono, anche per il sempre minore contenuto medico-farmaceutico, un perfezionamento rispetto alle opere puramente descrittive e largamente semplicistiche.

Uno dei primi posti per l'epoca e per il merito intrinseco spetta ad Andrea Cesalpino (1519-1603) il cui metodo di classificazione si trova esposto nel suo libro De plantis (Firenze 1583): metodo che alcuni ammiratori dissero addirittura naturale rispetto a quelli che fiorirono in seguito. E ne ha la fisionomia e le movenze: studiare la pianta nel complesso dei suoi membri cercando di precisarne le origini, le funzioni e le finalità, trascegliere per le divisioni primarie gli organi e i caratteri più importanti subordinando a questi i secondarî (principio della subordinazione), trovare alcuni di essi negli organi della fruttificazione meno soggetti a variare con le influenze ambientali, e via dicendo. Ma a parte le idee erronee del tempo, il linguaggio oscuro di cui si servi, e l'indeterminatezza nella comprensione delle unità sistematiche e nella nomenclatura, sta il fatto che il Cesalpino non seppe prescindere dal prendere in considerazione la durata della vita e si servì anzi di questo carattere per le due primarie divisioni che sono da una parte gli alberi e i frutici e dall'altra i suffrutici e le erbe. Basta questa nota per scemare molto l'importanza del sistema; tuttavia l'avere insistito sugli organi della fruttificazione fu merito grandissimo e noi lo vediamo non solo seguito da alcuni botanici eminenti (Federico Cesi e Pietro Castelli in Italia, Morison, Ray, Hermann, Berhaave all'estero), ma troviamo appunto negli schemi classificatori da questi proposti, ulteriori felici sviluppi. Cosi nel sistema dell'inglese Ray (1628-1705) e in quello del belga Boerhaave (1668-1738) fanno la loro apparizione nella scienza i gruppi delle Dicotiledoni e delle Monocotiledoni, la cui istituzione solitamente si attribuisce ad A.-L. de Jussieu; ma essi erano subordinati al criterio della durata della vita: il che portava a raggruppamenti innaturali. Altri tassonomi poggiarono i loro schemi sul calice, quale il Magnol, ovvero sulla corolla, quali Rivinus, Ruppius, Tournefort al quale ultimo (1656-1706) la scienza deve, oltre che importanti lavori d'insieme una precisa definizione d'un grandissimo numero di generi per la massima parte conservati dalla botanica moderna. Ma gli schemi di classificazione sono forse più artificiosi dei precedenti.

Restava, nell'ambito del fiore, a prendere in considerazione l'apparato staminale (androceo) e fu appunto quello da cui Carlo Linneo trasse i caratteri di 20 delle sue classi, mentre altre 3 sono fondate sulla distribuzione dei sessi e la 24ª (Cryptogamia) riuniva le piante prive di fiori ed a sessi vix visibiles. Né Linneo lasciò da parte gli organi della fruttificazione (propriamente lo stilo), ma se ne servi per raggruppamenti minori subordinando in ogni caso l'apparato femminile a quello maschile. Il nome di sessuale dato a questo sistema che vide la luce nella prima edizione del Systema naturae (1735) e venne sviluppato più ampiamente in posteriori lavori, è, dunque, pienamente giustificato, ma l'influenza che esso esercitò sui contemporanei e anche dopo non è certo pari all'intrinseco valore suo. Gli sfuggì, tra l'altro, la distinzione già fatta di Monocotiledoni e Dicotiledoni, di guisa che rappresentanti dei due gruppi si trovano ravvicinati in molte delle classi perché presentanti lo stesso numero di stami: nessun cenno di separazione ed anzi mescolamento nella stessa classe di Angiosperme e Gimnosperme, ecc.; ma anche questo sistema contiene alcuni aggruppamenti naturali e basti per tutti citare la classe XV Tetradynamia collimante con la nota famiglia delle Crucifere, in cui tutti i generi sono muniti di 6 stami dei quali 4 lunghi e 2 corti.

Ma a collocare il metodo tra gli artificiali, oltre che il generale consenso dei botanici moderni, ci autorizza lo stesso Linneo (Classes plantarum, 1738) che ad esso contrapponeva il metodo naturale fondato non su un solo carattere, ma sul complesso degli organi vegetativi e riproduttivi e il solo che potesse condurre ad aggruppamenti esprimenti le naturali affinità. Ma aggiungeva che quest'ultimo, un po' per la difficoltà dell'argomento, un po' per lo stato delle conoscenze ancora imperfette, non era stato trovato e poteva tutt'al più essere costruito a mezzo di frammenti che non davano il filo conduttore seguito dalla natura nella costruzione del suo edificio. Si provò tuttavia a metterlo assieme e ne risultò quel gioiello intitolato Fragmenta methodi naturalis (1737), nel quale Linneo riunisce i generi a lui noti in 65 ordini, di cui una buona metà corrispondono alle famiglie naturali quali sono oggidì ammesse. A spiegare la grande voga che ebbe il metodo sessuale concorsero molte cause e prima di tutto l'averlo il Linneo stesso adoperato nelle molteplici sue opere che apparivano un ringiovanimento delle ormai vecchie trattazioni del Tournefort, per la facilità del suo impiego, per la riforma della nomenclatura trasformata da polinomica a binomica e per la esatta comprensione delle specie di cui il botanico svedese fu il più felice diagnosta del sec. XVIII. Ma aggiungiamo subito che esso andò incontro a critiche e ad opposizioni ancora vivente l'autore. Ricordiamo solo che nel 1759 Bernard de Jussieu (1699-1776), preposto al giardino botanico del Trianon presso Parigi, ne aveva ordinato le piante in ordini secondo un metodo che poteva dirsi naturale e che, nulla avendo pubblicato egli in materia, ebbe il suo battesimo scientifico e la meritata divulgazione nella classica opera del nipote A.-L. de Jussieu (Genera plantarum, Parigi 1789) nella quale gli ordini, in numero di 100, sono inquadrati in un sistema di classificazione comprendente 15 classi alla loro volta dipendenti da tre divisioni primarie: le Monocotiledonì e le Dicotiledoni (i cui nomi erano già apparsi in qualche metodo anteriore all'800) e le Acotiledoni corrispondenti alla 24ª classe (Cryptogamia) di Linneo, escluse le Naiades che sono Monocotili. Il tutto è concepito, come del resto aveva già fatto Linneo, indipendentemente dalla durata della vita e orientato in base a caratteri (numero dei cotiledoni e loro mancanza), che, senza avere valore assoluto (v. monocotiledoni e dicotiledoni), hanno tuttavia una larghissima diffusione e sono correlativi ad altri, più facilmente riconoscibili, che nel loro complesso permettono di assegnare una pianta all'una o all'altra categoria. Sono, dunque, caratteri essenziali, per usare il linguaggio dell'autore, ai quali subordinò altri, non sempre felicemente scelti, desunti dalla corolla e dagli stami, con cui si arriva alle classi comprendenti un certo numero di ordini che corrispondono alle famiglie quasi sempre ben definite e accettate dai moderni. Quanto vi è di buono e di duraturo nel metodo escogitato dal botanico francese si deve all'avere egli preso in considerazione e dato importanza ai caratteri svelanti il complesso della organizzazione delle piante; i suoi ordini sono naturali perché rispecchianti tale criterio, che segna un reale progresso in questa difficile materia.

Durante il sec. XIX e nel corrente molti botanici si cimentarono al perfezionamento del metodo naturale dapprima con criterî morfologicocomparativi, quindi facendo convergere sulla sistematica il lume e le risultanze di disparate branche della fitologia. E, prima di tutto, l'embriologia che condusse a scoprire insospettate affinità; poi il criterio morfo-geografico che trovò nel Wettstein di Vienna un autorevole assertore e che fece risentire la sua influenza e importanza nel raggruppamento delle specie affini di un dato genere riferite all'area distributiva da esse occupata: e affatto recentemente l'applicazione alle piante della siero-diagnosi che confermò, ad esempio, la parentela fra Conifere e Licopodine, mentre diede esito negativo tra le Cicadine e le Ginkgoine, tra le Araucarie e le restanti Conifere che, senza dubbio, sono strettamente imparentate (il che significa che il metodo non ha valore assoluto e deve essere in casi dubbî integrato). Ma il perfezionamento maggiore si tentò di raggiungerlo sotto l'influsso del crescente predominio, nel campo delle scienze naturali, della dottrina della discendenza, in quanto un metodo di classificazione veramente naturale deve rispecchiare la filogenesi e diventare genealogico. Era, quindi, necessario considerare gli avanzi fossili e introdurre il criterio cronologico.

Fatti importantissimi, orientati secondo la dottrina evoluzionistica, la paleontologia ha rivelato nei gruppi delle Pteridofite e delle Gimnosperme, mentre la contemporanea comparsa (geologica) nel Cretacico superiore di quasi tutte le famiglie angiosperme, dalle meno alle più evolute, ha reso sin qui problematica la ricostruzione genealogica, ed è tuttora in discussione se la primitività spetti alle Monoclamidee come ritiene il Wettstein, o ad alcune famiglie di Dialipetale a caratteri atavici come sosteneva, fra l'altro, il Delpino (Applicazione di nuovi criteri per la classificazione delle piante, in Mem. Accad. Sc. Ist. di Bologna, 1889). In ogni caso sono universalmente accettate, in base principalmente alla morfologia comparata e al criterio biologico, le altre tesi delpiniane che non le Dialipetale, come ritenne A. P. de Candolle, ma le Gamopetale (o Simpetale) sono le Fanerogame più evolute e che le Monocotili non sono Angiosperme primitive, ma scaturite da antichissimi ceppi dicotiledoni.

Ciò premesso passiamo in rapida rassegna i principali metodi di classificazione dell'ultimo periodo a cominciare da l'esquisse di A. P. de Candolle, prodotta e giustificata nella sua Théorie élémentaire de la Botanique, (Parigi 1813; 2ª ed., Parigi 1819) e poi inquadrata nelle due grandi opere sistematico-speciografiche: Regni vegetalis systema naturale (1818-21) e Prodromus systematis naturalis regni vegetalis, completata dal figlio Alphonse de Candolle (1824-1873). In questo schema le cotiledonee sono chiamate vascolari per la presenza nei loro tessuti di vasi, in contrapposizione alle cellulari o acotiledoni che non hanno altro che cellule. Le prime sono distinte in esogene (dicotiledoni) nelle quali i vasi (fasci) sono disposti in serie concentriche e di essi, secondo le idee del tempo, i più giovani sono i periferici e comprendono due gruppi, l'uno a perigonio doppio (Diclamidee), l'altro semplice (Monoclamidee). Le Diclamidee alla loro volta abbracciano le Talamiflore con i petali distinti inseriti sul ricettacolo (e che il de Candolle concepiva le più evolute), le Caliciflore con gli stami inseriti sul calice e le Corolliflore a petali saldati corrispondenti alle Simpetale e nelle quali gli stami sono inseriti sulla corolla. L'altro gruppo di vascolari è chiamato endogene con vasi (fasci) sparsi di cui i più giovani sarebbero al centro e distinte in Fanerogame (Monocotiledoni) e in Crittogame comprendenti le Naiadi e le Pteridofite: gruppo eterogeneo e infelicemente inquadrato. Finalmente le cellulari abbracciano i muschi, le epatiche, i licheni, le alghe ed i funghi. Queste ultime, in quanto il loro corpo è un tallo, sono chiamate Thallophyta da Endlicher (1836-43) in contrapposizione alle piante in cui il corpo è un cormo (germoglio) e che disse Cormophyta, nelle quali comprese anche le Briofite, ciò che è tuttora controverso e forse erroneo. Quasi contemporanamente Adolphe Brongniart (1843) ideò un sistema nel quale riuniva tutte le piante prive di fiori in un unico gruppo che chiamò Crittogame in contrapposizione all'altro, delle Fanerogame, comprendente le Monocotiledoni e Dicotiledoni, queste ultime distinte in Angiosperme (Gamopetale e Dialipetale) e in Gimnosperme, ma la posizione di queste ultime è falsa, trattandosi d'una divisione primaria. Come tale venne riconosciuta da R. Braun (1864) che distinse le piante a fiori o Anthophyta in Gimnosperme ed Angiosperme, le seconde in Mono- e Dicotiledoni e queste in Apetale, Simpetale ed Eleuteropetale (Dialipetale), mentre meno opportunamente le Crittogame erano spartite fra le Briofite (alghe, funghi, licheni, muschi) e le Cormofite (felci).

Maggiore considerazione merita il sistema di A. W. Eichler (1883) che, nelle sue linee fondamentali, ricorda i più recenti. Le piante vengono suddivise in Crittogame e Fanerogame: le prime in tre divisioni, e, cioè, Tallofite, Briofite e Pteridofite; le seconde in Gimnosperme e Angiosperme, queste ultime in Monocotiledoni e Dicotiledoni. In questo sistema permane la vecchia distinzione dei funghi e delle alghe, ma lo studio sempre più approfondito di questi organismi in tutti gli organi e nell'intero ciclo di sviluppo ha condotto a riconoscere parecchie distinte linee filetiche e da ciò il loro smembramento. Così dai funghi furono staccati come tipi a sé le Schizofite e le Mixofite e le classi in cui erano divise le alghe furono considerate tipi indipendenti e il nome stesso di alghe abbandonato.

È ciò che si constata nei sistemi di classificazione più recenti di cui noi ci limitiamo a prendere in esame due soli. Il primo, modificazione e adattamento di quello dell'Eichler, è dovuto ad A. Engler: esso trovò il suo sviluppo nella grandiosa opera in collaborazione col Prantl Die natürlichen Pflanzenfamilien (Lipsia 1897-1915) e fu compendiato con qualche variante nelle varie edizioni sino alla 9ª-10ª (Berlino 1924) del Syllabus der Pflanzenfamilien. Secondo la nomenclatura di quest'ultima edizione, l'Engler spartisce le piante nelle seguenti 13 grandi divisioni: 1. Schizophyta (Batteriacee e Cianoficee); 2. Phytosacordina (Myxothallophyta); 3. Flagellatae; 4. Dinoflagellatae; 5. Bacillariophyta (Diatomee); 6. Coniugatae; 7. Chlorophyceae (Alghe verdi); 8. Charophyta; 9. Phaophyceae (Alghe brune); 10. Rhodophyceae (Alghe rosse); 11. Eumycetes; 12. Embryophyta asiphonogama (Archegoniatae); 13. Embr. siphonogama (Fanerogame). La 12ª divisione comprende le Briofite e Pteridofite, la 13ª le Gimnosperme e Angiosperme, queste ultime divise in Mono- e Dicotiledoni e le Dicotiledoni in Archiclamidee (Monoclamidee e Dialipetale) e in Metaclamidee o Simpetale.

Non presenta sostanziali differenze da questo il metodo di R. v. Wettstein sviluppato in un pregevole trattato di botanica sistematica la cui 3ª ed. venne tradotta in italiano (Torino 1926-27) avvertendo che qui le Embriofite sono chiamate Cormofite distinte in Archegoniate e Antofite, le Archiclamidee col nome più vecchio di Coripetale e le Monocotiledoni stanno in fondo al sistema. Tale opera, scritta da un convinto assertore dell'evoluzione, ha un ampio sviluppo nella direttiva filogenetica.

Bibl.: Oltre quella già citata nel testo, v.: F. Cesi, Tabula phytosophycae, Roma 1651 (ristampato dalla R. Accad. dei Lincei a cura di R. Pirotta, Roma 1904); J. Ray, Methodus plantarum nova, Amsterdam 1682, Londra 1703; J. P. Tournefort, Institutiones rei herbariae, Parigi 1700; S. Endlicher, Genera plantarum secundum ordines naturales disposita, Vienna 1836-50; A. Brongniart, Énumération des genres de plantes cultivés au Muséum d'hist. nat. de Paris, Parigi 1843; A. Braun, in P. Ascherson, Flora der Provinz Brandenburg, Berlino 1864; T. Caruel, Andrea Cesalpino e il libro "De Plantis", in Nuovo giornale botanico italiano, IV (1872), pp. 23-48; id., Pensieri sulla tassinomia botanica, in Mem. R. Accad. lincei, s. 3ª, X (1881); J. P. Lotsy, Vorträge über botanische Stammesgeschichte, I-III, 1907-11; H. Hallier, L'origine et les système phylétique des Angiospermes exposés à l'aide de leur arbre généalogique, in Arch. néerland. sc. nat. et ex., 36, I (1912), pp. 146-234; C. Gobi, Essai d'un système phylogénétique du règne végétal, 1916; C. Mez, Die Bedeutung der Sero-Diagnostik für die Stammesgesch. Forschung, in Bot. Arch., XVI (1926), pp. 1-23; id., Zur Theorie der Phylogenetik, ibid., pp. 414-434; id., Die Bedeutung des experim. System für die stammgesch. Forschung, in Leopoldina, II (1926), pp. 132-150; Mez e Ziegenspeck, Der Königsberger serodiagnostische Stammbaum, in Botan. Archiv., XIII (1926), p. 483.

Classificazione dei minerali. - La scelta dei criterî di classificazione offre nei minerali particolari difficoltà.

Le proprietà morfologiche, che sembrerebbero, per analogia con le altre scienze naturali, le più adatte, sono invece da escludersi sia perché le masse minerali in natura mancano generalmente della possibilità di un libero sviluppo sia perché molte volte si osserva che composti di composizione chimica eguale si presentano in forme diverse e viceversa si dànno minerali in cui a una grande diversità di composizione corrisponde somiglianza di forma. Prendendo questo carattere a base di una classificazione, si avrebbero vicine specie minerali con somigliante forma cristallina, ma con composizione chimica molto diversa.

Da ciò si deduce che base fondamentale delle classificazioni deve essere la costituzione chimica. Da Werner in poi il criterio chimico è stato generalmente adottato: ogni successiva classificazione presenta i perfezionamenti necessarî conseguentemente ai progressi della chimica. Tra le classificazioni precedenti a quella di Werner, tutte fondate su concetti arbitrarî, basta ricordare quella di Brunner che divide i minerali in quattro classi: terre, sali, bitumi, metalli.

Classificazioni naturali antiche. - Werner (1792), in base alla loro composizione chimica, divise i minerali in quattro classi. La prima delle terre e pietre formata da minerali che entrano nella costituzione delle rocce e comprendente nove generi (diamante, zircone, ecc.). La seconda dei sali distinti in quattro generi corrispondenti ai quattro acidi: carbonico, citrico, muriatico, solforico; la terza dei combustibili divisa anch'essa in quattro generi: zolfo, bitume, grafite, resina; e infine la quarta classe dei metalli con ventiquattro generi. I nomi dei generi derivano tutti dalla composizione chimica. Sembra a prima vista che il solo principio chimico abbia guidato il Werner nella classificazione; invece egli spesso lo sacrifica per disporre i minerali di una classe secondo i caratteri esterni.

Classificazione di Haüy (1801). - La classificazione di Haüy è basata anch'essa sul solo criterio chimico: si divide in quattro classi e varie appendici comprendenti i minerali esclusi dalle precedenti, gli aggregati minerali e i prodotti dei vulcani. La prima classe delle sostanze acidifere distinte in acide libere, acide terrose, acide alcaline, e acide alcalino-terrose; la seconda delle sostanze terrose comprendente i silicati; la terza delle sostanze combustibili non metalliche; la quarta delle sostanze metalliche divisa in ossidabili immediatamente, ossidabili e riducibili immediatamente, ossidabili ma non riducibili immediatamente. In questo sistema i sali sono ordinati secondo le basi e l'ordinamento dei metalli è perfetto per le conoscenze dell'epoca.

Classificazione di Berzelius (1819). - Berzelius credette opportuno modificare la classificazione di Haüy per aggiornarla con i progressi della chimica ed ebbe il gran merito di riconoscere la validità della legge delle proporzioni multiple per i minerali, che raggruppa nel suo sistema secondo l'elemento elettronegativo comune. Si ha il vantaggio per l'isomorfia frequente delle basi, di aver contigui minerali con forma analoga, ma il difetto di allontanare corpi che hanno tra loro la più grande analogia. Divide i minerali in due classi. La prima comprende i corpi classificati secondo i principî delle combinazioni inorganiche (composti binarî e binarî tra loro) divisa in tante famiglie quanti sono i corpi semplici dal più elettronegativo, ossigeno, al più elettropositivo, potassio. Si divide in ossigeno e corpi combustibili comprendenti a loro volta i metalli elettronegativi, e i metalli elettropositivi, entranti nella composizione degli acidi o delle basi. La seconda comprende i corpi formati secondo la natura dei corpi organici, combinazioni ternarie e quaternarie, anche in combinazione con le binarie. Berzelius divise le famiglie in ordini secondo gli elementi elettronegativi con i quali il più elettropositivo è combinato, così solfuri, carburi, carbonati, ecc. silicati. Il numero degli ordini cresce con l'approssimarsi dell'elemento più elettropositivo della serie. Nei silicati la classe si divide in sottodivisioni, poi questi in ordini, e gli ordini in specie. La specie è costituita da minerali formati degli stessi ingredienti nelle stesse proporzioni.

Classificazione di Beudant (1824). - Beudant adottò come base della classificazione dei minerali l'elemento elettronegativo, che chiamò modificante e li distinse secondo l'analogia degli elementi in base alla classificazione chimica di Ampère, nei tre grandi gruppi: Gazoliti, elementi elettronegativi, solidi, liquidi, aeriformi, capaci di dare gas permanente con ossigeno, idrogeno, fluoro. Leucoliti, elementi elettronegativi solidi che dànno composti bianchi con gli acidi e non dànno gas permanenti. Croicoliti dànno invece soluzioni colorate con gli acidi. Le famiglie con elemento elettronegativo comune costituiscono i generi, i generi con formule eguali le specie.

Classificazione di Brongniart (1825). - La classificazione di Brongniart ha anch'essa base chimica; si differenzia però dall'altra nell'aggruppamento delle specie in generi. Brongniart si sottrasse all'esigenza scientifica di un principio unico nelle classificazioni e ordinò secondo l'elemento elettronegativo le sostanze pietrose silicate e secondo l'elettropositivo i metalli. Divise i minerali in tre classi: corpi inorganici o dei veri minerali, che comprende quasi tutti i minerali; corpi organici e corpi organizzati. Questa classificazione somiglia a quella di Haüy per le basi e a quella di Beudant per i metalli.

Classificazione di Dufrénoy (1844). - Anche Dufrénoy seguì il principio di non ricorrere ad un unico criterio per l'aggruppamento delle specie mineralogiche. Preferì, d'accordo con Beudant, per i metalli la classificazione secondo le basi, perché in tal modo i minerali appartenenti ad una stessa specie, hanno somiglianza in molte proprietà fisiche e chimiche ed eguale giacitura. Per i silicati, gruppo molto omogeneo, il raggruppamento secondo l'elemento elettronegativo. Ordinò poi i generi secondo l'elemento elettropositivo, e le specie in essi in rapporto alla composizione e alle proprietà chimiche. La classificazione comprende sei classi: 1. corpi semplici, 2. alcali, 3. terre alcaline e terre, 4. metalli, 5. silicati, 6. combustibili di origine organica. La prima classe è formata dagli elementi essenziali dei minerali elettronegativi che dànno gas permanente con l'ossigeno o in combinazione con altri elementi della stessa classe. Gli alcali sono sali solubili in acqua con sapore pronunciato. Le terre alcaline e terre hanno aspetto pietroso e sono, in generale, bianche. La classe dei metalli comprende corpi con lucentezza metallica, metalli e combinazioni dei metalli tra loro, e combinazioni dei metalli con l'ossigeno o con gli acidi prive di questa proprietà. I silicati sono distinti in anidri e idrati e infine i combustibili comprendono sostanze d'origine organica.

Classificazione di Leymérie (1859). - Tra le classificazioni naturali più recenti si può ricordare quella del Leymérie che seguì il criterio di Werner e divise i minerali in due grandi classi: la prima dei corpi inorganici comprendenti i gas, gli aloidi, i sali, le pietre e i metalli; e la seconda dei corpi organici distinti in resine, bitumi e carburi.

Classificazione di Zirkel (1877). - È quella di Naumann, adottata da Zirkel, sempre a base chimica, che comprende sei classi: 1. Elementi, divisi in metalli o metalloidi. 2. Zolfo, selenio, tellurio, arsenico, antimonio e bismuto e loro composti; solfuri e solfosali. 3. Ossidi e idrossidi. 4. Sali aloidi. 5 Sali ossigenati. 6. Formazioni organiche e loro prodotti di decomposizione.

Classificazione di Dana (1892, ultima ediz.).- Tra le classificazioni naturali recenti la più notevole e tuttora seguita, anche per la sua semplicità, in quasi tutti i trattati e nell'ordinamento di quasi tutte le collezioni dei minerali, è quella del Dana. In essa l'ordinamento dei minerali si basa, in accordo con la chimica, sull'aggruppamento dei corpi semplici. La classificazione per opera dello stesso autore ha subito successive modificazioni. Dapprima i minerali erano divisi in cinque classi: elementi nativi, solfuri e arseniuri semplici e doppî, alogenuri, composti ossigenati e composti organici e resine; in cui, se si escludono gli elementi e le sostanze organiche, i minerali sono ordinati secondo l'elemento più elettronegativo. Successivamente le classi diventarono sei per divisione di quella degli aloidi. Nell'edizione più recente del sistema di Dana (1892), la classificazione generale comprende otto classi per lo sdoppiamento della classe dei solfuri in due: classe dei solfuri, arseniuri, ecc. e dei solfosali, per la distinzione dei composti ossigenati in ossidi e sali ossigenati e infine per la divisione della classe dei composti organici in classe dei sali degli acidi organici e dei composti idrocarbonati. Gli alogenuri, invece, si riuniscono di nuovo in una classe. Nell'ordinamento delle classi e degli ordini l'autore tiene sempre conto delle proprietà chimiche e soltanto nelle ulteriori minori divisioni, talvolta, delle proprietà morfologiche anche per far risaltare l'isomorfismo.

Bibl.: H. Brongniart, Traité élémentaire de minéralogie, Parigi 1807; C. C. Leonhard, Taschenbuch für die gesammte Mineralogie, Francoforte 1809 (classificazione di A. Werner); J. J. Berzelius, Nouveau système de minéralogie, Parigi 1819; R. J. Haüy, Traité de minéralogie, 2ª ed., Parigi 1822; F. S. Beudant, Traité élémentaire de minéralogie, 2ª ed., Parigi 1830; P. A. Dufrénoy, Traité de minéralogie, II, Parigi 1845; A. Leymérie, Cours de minéralogie, voll. 2, parigi 1857-59; C. F. Naumann e F. Zirkel, Elemente der Mineralogie, 15ª ed., Lipsia 1907; J. D. Dana, A System of Mineralogy, 6ª ed., New York 1892-1915.

Classificazione dei cristalli. - Sono 32 e si riferiscono agli elementi di simmetria proprî dei cristalli. Ogni classe corrisponde a un tipo di simmetria possibile (v. cristalli).

Classificazione delle rocce. - I criterî che si possono seguire per una classificazione delle rocce sono l'origine, la giacitura, la composizione chimica, la composizione mineralogica, la struttura.

Secondo il criterio genetico, generalmente accettato, si distinguono le rocce in eruttive o endogene, sedimentarie o esogene e scistose cristalline o metamorfiche. Nelle ulteriori suddivisioni si osservano notevoli differenze nei criterî adottati dai diversi petrografi. Ancora per la genesi le rocce endogene, formate nel raffreddamento dei magmi eruttivi e costituite essenzialmente di materiali autigeni, si distinguono in intrusive o plutoniche, a struttura granitoide, se il raffreddamento è avvenuto entro la crosta terrestre e in rocce effusive superficiali o lave, a struttura porfirica, generalmente accompagnate da tufi, se invece il raffreddamento è avvenuto alla superficie della terra. Le intrusive, poi, in base ad un criterio chimico-mineralogico, si possono dividere in famiglie a partire dalle più acide, più ricche di SiO2 e Al2O3, per giungere alle più basiche, più ricche di MgO e FeO. Si distinguono, dunque, in ordine decrescente di acidità: graniti, sieniti, sieniti eleolitiche, dioriti, gabbri, essexiti e teraliti, fergusiti e ijoliti, ed infine peridotiti. Le rocce effusive si dividono in dieci famiglie, in ciascuna delle quali hanno nomi diversi le rocce paleovulcaniche o preterziarie e neovulcaniche terziarie e post-terziarie. Le prime sei famiglie: porfidi quarziferi e lipariti, ortofiri e trachiti, fonoliti, porfiriti e andesiti, diabasi, melafiri e basalti, tefriti e basaniti, sono i rappresentanti effusivi delle prime sei famiglie di rocce intrusive. La settima delle leucititi e basalti leucitiche e l'altra delle nefeliniti e basalti nefeliniche corrispondono a quelle delle fergusiti e ijoliti. Le rocce melilitiche non hanno corrispondenti nelle rocce intrusive e le picriti rappresentano la forma effusiva dei magmi peridotici.

Classificazione di Rosembusch. - Un'altra classificazione nota delle rocce eruttive è quella di Rosembusch secondo i giacimenti geologici. Egli distingue: 1. rocce di profondità o massicce; 2. rocce di espandimento o effusive; 3. rocce filoniane. In quest'ultimo gruppo, riprovato dalla maggior parte dei geologi, il Rosembusch unì rocce varie che compaiono quasi sempre. in forma filoniana e sempre in derivazione genetica di masse intrusive; escluse dal gruppo i filoni derivati da rocce effusive, e considerò tali rocce come filoni satelliti di rocce intrusive. Se non erano differenziati li chiamava aschisti, se differenziati diaschisti o schizoliti; di tipo aplitico se differenziati in senso leucocrato, di tipo lamprofirico se in senso melanocrato. Ma si conoscono schizoliti anche fra le rocce effusive e quindi tutte le schizoliti sono opportunamente trattate, secondo Artini, come appendici dei due rispettivi gruppi.

Classificazione francese. - La classificazione classica francese proposta nel 1879 da A.-M. Lévy fu accettata, con poche modificazioni, dal comitato dei petrografi francesi nel 1890. Le classi si dividono in famiglie per il criterio chimico e le famiglie si suddividono a loro volta, in base alla struttura: 1. rocce feldspatiche, caratterizzate dalla presenza dei feldspati; si dividono nelle famiglie dei graniti, delle gieniti, e delle sieniti nefeliniche in cui predomina il feldspato alcalino; e nelle famiglie delle dioriti, gabbri e gabbri nefelinici con predominio dei feldspati calcico-sodici; 2. rocce senza feldspati a feldspatoidi con la famiglia delle ijoliti e missouriti; 3. rocce senza elementi bianchi con olivina o senza, famiglia delle peridotiti. Tale classificazione, secondo la struttura, s'accorda bene con la giacitura; in grandi linee plutoniti a tipo granitico e vulcaniti a tipo microlitico.

Classificazione americana (di Cross, Iddings, Pirrson, Washington). - A base puramente chimica, senza tener conto di nessun altro carattere, è la classificazione di alcuni petrografi americani. I pesi trovati per ciascun costituente in base all'analisi quantitativa, divisi per i relativi pesi molecolari, determinano le proporzioni molecolari per i singoli ossidi, che poi si uniscono a formare molecole minerali tipiche, che dànno la norma o composizione virtuale, che nulla ha a che vedere con quella reale. Le rocce si dividono in classi in base al rapporto tra molecole saliche prevalentemente di silice, allumina ed alcali e molecole femiche ricche di magnesio e ferro

la classi in ordini per il rapporto del feldspato al quarzo o del feldspato al feldspatoide; gli ordini in ranghi per il rapporto

e in sottoranghi per quello

La nomenclatura delle rocce appartenenti alle diverse suddivisioni è molto complicata.

Rocce sedimentarie. - Esse hanno avuto origine ed hanno tuttora origine da sedimentazione nell'acqua e nell'aria e sono più varie delle eruttive sia per la composizione mineralogica, sia per la chimica e costituite da materiali autigeni o allotigeni di natura minerale od organica. Secondo una classificazione generalmente adottata dai petrografi italiani si distinguono: 1. rocce clastiche, risultanti da sedimentazione di detriti, suddivise a loro volta in rocce psefitiche e psammitiche, conglomerati o arenarie; in rocce pelitiche, rocce argillose; e nel terreno; 2. rocce di deposito chimico o organico, dovute al deposito di sostanze sciolte in acqua per via chimica o per via organogena; 3. rocce di deposito di detriti di origine vulcanica o piroclastiche.

Molti autori non considerano le rocce piroclastiche, cosicché si hanno rocce clastiche, rocce di deposito chimico e rocce organogene.

Rocce scistose-cristalline. - Esse hanno avuto origine da trasformazione di rocce sedimentarie o eruttive per azione di metamorfismo. Nella divisione di esse non si applica il criterio genetico e, secondo l'Artini, non si possono distinguere famiglie poiché manca l'analogia nei costituenti e invece alle sottodivisioni, basate sulla composizione minerologica, si dànno nomi di gneiss e granuliti; micascisti e quarziti filladi e scisti sericitici.

Rocce anfiboliche e pirosseniche, eclogiti, prasiniti, scisti cloritici, talcosi e serpentinosi; rocce calcaree e dolomitiche; scisti ferriferi, smeriglio, che si considerano come gruppi. A seconda che il metamorfismo abbia trasformato rocce originariamente eruttive o originariamente sedimentarie, le rocce scistose-cristalline si dividono in ortogneiss o ortoscisti e in paragneis o parascisti.

Bibl.: E. Artini, Le rocce, Milano 1923; J. de Lapparent, Leçons de pétrographie, Parigi 1923; F. Rinne, La science des roches, Parigi 1928; H. Rosembusch, Mikroskopische Pysiographie der massigen Gesteine, II, Stoccarda 1907-1908; Cross, Iddings, Pirrson e Washington, The qualitative System of classification of igneous Rocks, Chicago 1903; I. P. Iddings, Igneous Rocks, I, New York 1907.

Classificazione delle navi. - Le navi mercantili vengono distinte, a seconda della qualità della loro costruzione e dello stato in cui si trovano, in varie classi. Procedono a tale operazione degli enti, costituiti nei principali paesi marittimi. Il più antico e autorevole è il Lloyd's Register of British and Foreign shipping, sorto verso la metà del sec. XVII tra assicuratori di navi mercantili, che è costituito attualmente da un comitato di armatori, costruttori e assicuratori residenti a Londra, con rappresentanze in tutti i porti del mondo. Una nave, per ottenere la classificazione, deve non solamente essere costruita secondo le regole prescritte, ma essere anche sorvegliata durante la costruzione. L'iscrizione in una classe ha sempre una durata determinata e la nave deve assoggettarsi a visite periodiche per conservarla. Oltre alle visite ordinarie o annuali, vengono eseguite sulle navi perizie speciali o periodiche, e qualora abbia a constatarsi che le lamiere, le ordinate, i bagli e altre parti dello scafo abbiano perduto 1/4 del loro spessore, i regolamenti di tutte le società di navigazione esigono che queste parti siano rinnovate. Speciali indicazioni simboliche definiscono la classe di una data nave, prendendo in esame separatamente le condizioni dello scafo e dell'apparato motore. L'indicazione, per es., 100 A del Lloyd's Register serve a rappresentare una nave di ferro o di acciaio, la quale riunisca tutte le migliori qualità tanto nel materiale quanto nella struttura. Una nave che non possegga un'alta caratteristica di classificazione non solo è soggetta ad un premio più alto di assicurazione, ma troverà anche difficoltà per il noleggio quando si tratti di carichi speciali. Oltre al Loyd's Register esistono nel mondo società similari: The British Corporation a Glasgow; il Registro Italiano; il Lloyd Germanico; il Bureau Veritas francese, il Norske Veritas in Norvegia, l'American Record, ecc., le cui regole in linea generale non differiscono sostanzialmente da quelle del Lloyd inglese.

Il Registro Italiano. - Prima del 1860 le navi italiane venivano classificate presso il francese Bureau Veritas, che aveva allora assunto un carattere internazionale e universale estendendo all'Europa, alle due Americhe e alle colonie la propria azione, mentre quella del Lloyd's Register restava, più che altro, confinata entro i limiti del Regno Unito. Nel 1861 l'Associazione di Mutua Assicurazione Marittima - istituita a Genova nel 1857 - fondò il Registro Italiano. Questo ebbe dapprima una vita stentata, ma seppe poi gradualmente farsi conoscere e apprezzare negli ambienti esteri. Nel frattempo (1870) l'istituto era stato riconosciuto di pubblica utilità ed eretto in ente morale; poco dopo (1880) i certificati da esso rilasciati furono dallo stato riconosciuti equivalenti alle visite prescritte dal Codice della Marina Mercantile. Varie modifiche subì il Registro, anche nella denominazione, sino a pochi anni or sono (è opportuno accennare che nel 1921 esso si fuse col triestino Veritas Adriatico), restando però sempre controllato da interessi privati che erano largamente rappresentati nel consiglio di amministrazione, dal quale emanava un comitato esecutivo. Ma nel 1926 (r. d.-l. 11 novembre, n. 2138) ebbe luogo una riforma sostanziale; lo stato assunse un'ingerenza diretta nel funzionamento dell'istituto, sia creando un comitato direttivo di nomina regia (in sostituzione dell'esecutivo), sia stabilendo controlli sui bilanci e sulle direttive di massima. Al Registro fu assegnato un contributo finanziario statale; la classificazione fu resa obbligatoria per determinati tipi di navi; all'istituto furono delegati speciali incarichi: stazzatura delle navi, assegnazione della linea di massimo carico, esecuzione delle visite relative alla sicurezza della navigazione, ecc. Nel 1927 e nel 1929 fu poi, rispettivamente, estesa la competenza del Registro agli aeromobili commerciali e ai natanti adibiti alla navigazione interna. Il Registro ha stipulato accordi con gl'istituti esteri similari per la classificazione delle navi.

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Antichità classica

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