TOLOMEI, Claudio

Enciclopedia Italiana (1937)

TOLOMEI, Claudio

Camillo GUERRIERI-CROCETTI

Letterato, nato a Siena nel 1492, visse a lungo a Roma al servigio d' Ippolito de' Medici e a Piacenza presso P.L. Farnese. Alla morte di questo, dimorò a Padova fino al dicembre del 1548; nel 1549, fu nominato vescovo di Corsola. Richiamato in patria, dalla quale era stato esiliato nel 26 per la sua politica medicea, vi occupò cariche altissime e fu inviato ambasciatore in Francia, dove fu anche vescovo di Tolone. Morì a Roma nel 1555, o, come qualcuno suppone, nel 1557.

Scrisse opere varie di critica, di storia e di filologia - alcune delle quali perdute - e anche liriche, tra le quali non privi di valore i suoi sonetti idillici che concentrano come gli epigrammi del Navagero e del Flaminio, nel giro di pochi versi, una visione di paesaggio campestre. Col suo volume versi e regole della nuova poesia toscana (1539) diede precetti per l'applicazione della metrica quantitativa e dei congegni strofici dei classici alla lirica italiana e raccolse esempî di esperimenti del genere infelicemente compiuti da lui e dai suoi seguaci. Il suo tentativo, che sedusse anche il Minturno, si avvantaggia notevolmente su quelli del Dati e dell'Alberti, se non altro per maggiore acume filologico, ma ha il difetto sostanziale di considerare soltanto la quantità senza tener conto dell'accento, mentre nel computo delle lunghe e delle brevi s'irrigidì in criterî astratti e aprioristici.

Per combattere le riforme ortografiche del Trissino, pubblicò sotto il nome di A. Franci il suo dialogo Polito (1525), nel quale, mentre da una parte ritiene inopportuna e arbitraria l'iniziativa del vicentino, ammette dall'altra la necessità di una riforma alfabetica. Di essa il T. trattò privatamente con amici e in certi scritti inediti, e tentò un'applicazione nella prima edizione delle sue lettere, alcune delle quali ispirate a un senso di viva e moderna praticità, mentre altre invece sono pure elucubrazioni filologiche. Ma d'un precoce senso scientifico dà prova nel Cesano, composto verso il 1528, e stampato solo nel 1555 dal Giolito senza l'assenso dell'autore e che è la rifusione d'un precedente trattato andato in parte disperso durante il sacco di Roma. Il T. vi difende la toscanità della lingua contro le dottrine del Castiglione, del Trissino e di A. de' Pazzi, sostenitore quest'ultimo della fiorentinità; il suo trattato ha non soltanto il merito di dimostrare che a poche parole e suoni si riduce la diversità tra Firenze e le altre città della Toscana, e di dare, con felice intuizione filologica che anticipa il Manzoni "un gran peso all'uso vivo delle persone colte"; ma soprattutto di rivendicare la dignità del volgare, le sue possibilità artistiche, nei confronti col latino.

V. anche metrica: Metrica barbara.

Bibl.: G. Carducci, La poesia barbara nei secoli XV e XVI, Bologna 1881; F. Sensi, C. T. e le controversie sull'ortografia ital. nel sec. XVI, in Atti della R. Accad. Lincei, s. 4a, VI (1890), p. 314 segg.; id., Il T. e la rima, in Rass. bibl. lett. it., I (1893), p. 152 seg.; id., C. T. e Celso Cittadini, Siena 1920; F. Zambaldi, Delle teorie ortografiche in Italia, in atti R. Ist. veneto, s. 7a, III (1892), p. 323; P. Rajna, Datazione ed autore del Polito, in Rassegna, XXIV, p. 350 seg.; id., Quando fu composto il Cesano?, ibid., XXV, p. 107.