Clausola

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Diritto

C. compromissoria Uno dei due tipi di convenzione di arbitrato (➔) previsti dal codice di procedura civile. Tradizionalmente si è soliti distinguerla dall’altro tipo di convenzione, il compromesso (➔), poiché con quest’ultimo le parti affidano ad arbitri controversie già insorte, mentre con la clausola c. compromissoria le parti deferiscono ad arbitri le controversie che nasceranno da un determinato contratto. La c. compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso, a norma dell’art. 807 del codice di procedura civile. Per quanto concerne le controversie arbitrabili, valgono gli stessi limiti previsti per il compromesso. Anche la c. compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri, oppure il loro numero, e il modo di nominarli. La validità della c. compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce (art. 808, co. 2).

clausola C. di garanzia monetaria C. che, al fine di preservare il valore delle prestazioni pecuniarie dedotte in un rapporto giuridico obbligatorio, fanno riferimento a parametri quali l’oro, il grano, una certa divisa estera (per es., il dollaro), o a determinati indici, quali quello dei prezzi al consumo, dei prezzi di alcune merci ecc. Nella vigenza del principio nominalistico (art. 1277 c.c.), queste c. permettono di ancorare il valore nominale di una somma di denaro a parametri esterni che tengano conto anche delle variazioni dell’effettivo potere d’acquisto della moneta (per es., a seguito dell’inflazione).

clausola C. di stile C. generiche che le parti inseriscono in un contratto non per farvi derivare una concreta volontà negoziale ma in ossequio a una prassi meramente linguistica (per esempio, quella con cui si dica che l’inadempimento di una qualsiasi obbligazione contrattuale porterà alla risoluzione del contratto stesso). Sono considerate giuridicamente irrilevanti ai fini della determinazione del rapporto contrattuale, ma incombe su chi ne affermi la non volontarietà l’onere di provare che la c. è «di stile».

clausola C. penale Patto, disciplinato dal codice civile (art. 1382 e seg.), con cui si conviene che in caso di inadempimento o di ritardo, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, indipendentemente dalla prova del danno. L’effetto della c. penale è di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, a meno che non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. In quest’ultima ipotesi la parte deve provare di aver subito un danno superiore alla prestazione convenuta. Il creditore può scegliere se chiedere l’adempimento o la penale; la parte può chiedere insieme la prestazione principale e la penale, solo nel caso che questa sia stata pattuita per il semplice ritardo.

Normalmente la c. penale rappresenta un patto accessorio al contratto fonte dell’obbligazione; si configura come patto autonomo specialmente quando si tratta di danno da illecito o di adempimento di obblighi non negoziali. La sua funzione è oggetto di discussione, tra chi la considera una liquidazione preventiva e forfettaria del danno, chi ritiene che serva a rafforzare il credito, esercitando sul debitore una coer;cizione o coazione psicologica, e chi le attribuisce una funzione punitiva. Aderendo all’ultima di queste concezioni, la Corte di cassazione a sezioni unite ha ammesso la riducibilità d’ufficio della c. penale, consentita dal codice civile quando l’obbligazione principale è stata eseguita ovvero se il suo ammontare è manifestamente eccessivo, in considerazione dell’interesse del creditore.

clausola C. risolutiva espressa Esplicita previsione che il contratto si risolverà nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite (art. 1456 c.c.). La risoluzione avviene di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della c. risolutiva. Nell’enfiteusi (➔) la dichiarazione del concedente di valersi della c. risolutiva espressa non impedisce l’esercizio del diritto di affrancazione (art. 973 c.c.).

clausola C. vessatorie Con riferimento all’art. 1341 del codice civile, regole contrattuali predisposte da uno dei contraenti, volte a stabilire limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero a porre a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni o restrizioni della libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, per le quali era richiesta una specifica approvazione per iscritto.

Una nuova disciplina delle c. vessatorie (dette anche, con altra terminologia, c. abusive) è stata aggiunta nell’ordinamento italiano in recezione di una direttiva comunitaria del 1993, dapprima nel codice civile (art. 1469 bis e seg.), quindi, con un solo chiarimento significativo – nullità e non mera inefficacia – negli art. 33-38 (nonché 139-141) del Codice del consumo (d. legisl. 206/2005), ➔ codice. Sono considerate vessatorie le c. inserite in un contratto, concluso tra un professionista e un consumatore, che «malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». La qualifica formale di consumatore – la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale eventualmente svolta – acquista, nelle c. vessatorie, uno specifico significato di parte economicamente debole. Per eliminare questo squilibrio il cosiddetto Codice del consumo considera nulle le c. elencate nell’art. 33, a meno che siano state oggetto di una trattativa individuale.

Tra le c. vessatorie più diffuse, figurano: l’apposizione di una c. penale; l’attribuzione al solo professionista della facoltà di recesso (➔); la c. che consente al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, salvo il caso di giusta causa, o che consente al professionista di modificare unilateralmente le c. del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da offrire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso; la c. che limita o esclude l’eccezione di inadempimento da parte del consumatore; la c. che sancisce a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; la c. che stabilisce come sede del foro competente sulle controversie una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore. Numerose deroghe sono espressamente previste per i contratti che hanno a oggetto la prestazione di servizi finanziari.

Non sono vessatorie le c. che riproducono disposizioni di legge o norme contenute in convenzioni internazionali delle quali siano stati parti contraenti tutti gli Stati dell’Unione Europea. La nullità di una o più c. non si propaga al contratto, che rimane valido per il resto. L’art. 36, nr. 2, indica tre c. che sono sempre nulle. La nullità opera a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Economia

clausola C. della nazione più favorita C. con la quale, in un trattato internazionale, gli Stati contraenti si impegnano a concedersi reciprocamente il trattamento più favorevole che abbiano concesso o eventualmente concederanno in futuro, in una determinata materia (per es. commercio, navigazione, circolazione delle persone ecc.), a uno o più Stati. Tale c. può essere: reciproca o unilaterale, a seconda che obblighi nello stesso senso entrambi gli Stati fra i quali è stata convenuta o uno solo di essi; illimitata o limitata, a seconda che consenta di estendere a un terzo Stato i vantaggi concessi a qualsiasi altro Stato, oppure quelli accordati soltanto a determinati Stati; incondizionata, se è stata stipulata senza alcuna obbligazione corrispettiva; condizionata, se è invece subordinata a una particolare contropartita.

Nel sistema delle fonti del diritto internazionale, la c. della nazione più favorita è una fonte di terzo grado, in quanto prevista da un trattato; da essa scaturiscono infatti per le parti contraenti diritti e obblighi giuridici ulteriori rispetto a quelli incorporati nel trattato stesso.

clausola C. di indicizzazione Esempio tipico di c. di salvaguardia, con cui si vuole tutelare il creditore dal danno derivante dalla possibile svalutazione monetaria, legando il valore di una obbligazione pecuniaria all’andamento di determinati parametri reali.

Una di queste è la clausola c. oro, mediante la quale si stabilisce in un contratto che il pagamento debba essere fatto in oro (clausolac. oro-corso) o in moneta legale aumentata a seconda della svalutazione che tale moneta abbia subito rispetto all’oro o a una moneta straniera pregiata (clausola c. oro-valore o c. valuta estera). Poiché il prezzo dell’oro oggi fluttua fortemente, e inoltre nessuna valuta dà pieno affidamento quanto alla stabilità del suo valore, si preferisce ancorare i contratti ai prezzi di un paniere di merci, i cui aumenti riflettono la svalutazione della moneta. In questo caso si ha la c. merci, che prevede che la somma che il debitore deve pagare vada rivalutata sulla base degli aumenti di tali prezzi.

Linguistica

C. ritmica Conclusione ritmica di una proposizione o di un periodo fondata sulla sequenza di sillabe lunghe e brevi. La c., fissata nel 5° sec. a.C. da Trasimaco di Calcedonia, dominò nella prosa sofistica e fu perfezionata da Isocrate; Demostene le diede poi una grande varietà di forme. Con gli Asiani le cadenze dei membri e degli incisi si fanno più molli, spariscono i ritmi gravi, si tende alla successione di più di due brevi; Egesia di Magnesia (3° sec. a.C.) iniziò una scuola che ebbe fortuna specialmente fra i Romani; Cicerone adattò la c. metrica alla lingua latina. La prosa del periodo imperiale (tranne Tacito), seguì per le c. Cicerone finché alla quantità cominciò a sostituirsi l’accento, alle c. metriche l’alternanza di sillabe toniche e atone e nacque il cursus.

Storia

In diplomatica, formula finale del documento medievale, che sanciva l’osservanza dell’atto ed enunciava la sua formale autenticità.

Approfondimenti di attualità

Compatibilità tra domanda riconvenzionale ed eccezione di compromesso di Fabio Cossignani

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