GIACOBINI, Club dei

Enciclopedia Italiana (1932)

GIACOBINI, Club dei

Alberto Maria Ghisalberti

La più importante tra le associazioni politiche francesi del periodo della Rivoluzione.

Ebbe modeste origini. Dal Club Breton (ché i più dei suoi componenti furono di Bretagna), nucleo di deputati che, dopo l'apertura degli Stati generali, si riuniva in determinate sere per accordarsi sui lavori della Assemblea al Reposoir di Versailles, nacque la Société des Amis de la Constitution, composta di membri influenti della Costituente, dal Sieyès al Barnave, dal giansenista Camus a L. de Noailles, meglio noto allora come Jean sans Terre, da A. Duport e i Lameth, futuri triumviri, ai direttori di domani, La Reveillère-Lépeaux e Rewbell, da Mirabeau a Lafayette "Gilles César". E con loro era il gruppo dei nobili riformatori, il duca d'Orléans, Larochefoucauld-Liancourt, Montmorency-Laval, De Aiguillon, e c'erano già Bailly, Pétion, Volney, Boissy d'Anglas, Talleyrand e Robespierre: quasi tutto lo stato maggiore della rivoluzione. Nel novembre del 1789 la società ebbe forma definitiva a Parigi, ove si installò nell'ex-convento dei domenicani (Jacobins), in rue Saint-Honoré, vicino alla sede della Costituente. Accresciutasi rapidamente (1100 soci nel 1790), ebbe una completa e complessa gerarchia di cariche e di uffici, impose formalità rigorose e la prestazione di un giuramento politico agli aspiranti e una rigida disciplina ai suoi membri, sempre sotto la minaccia di essere epurés. E l'epurazione o espulsione, decretata dopo un vero e proprio processo politico contro quanti erano o apparivano contrarî ai principî della Rivoluzione, aprirà più tardi ai colpiti, in genere elementi moderati, la via della ghigliottina.

Le sedute dei giacobini divennero pubbliche e quotidiane solo in un secondo tempo (14 ottobre 1791), e l'ammissione del pubblico esercitò grande influenza sulla società. I discorsi degli oratori furono allora indirizzati più al popolo delle tribune che ai soci e per appagare quello s'abbondò in promesse e se ne accettarono imposizioni. Attorno al primitivo gruppo dei deputati si raccolsero altri, prevalentemente professionisti, borghesi agiati, moderati e prudenti, dapprima, ma fedeli alla Rivoluzione. L'alta quota d'iscrizione escludeva i rappresentanti dei minori ceti sociali. Tra questi frères et amis estranei all'Assemblea si distinsero Choderlos de Laclos, che redigeva il Journal de la Société, il duca di Chartres, Laharpe, M.-J. Chénier, Chamfort, Talma, L. David, H. Vernet.

Fino alla metà del 1790 i giacobini furono prevalentemente monarchici costituzionali, sia pure in grado diverso. Ma ben presto il timore della reazione, l'ostilità contro gli emigrati e i preti refrattarî (i curati costituzionali piegarono verso i giacobini, che avrebbero voluto il culto in francese e il matrimonio del clero) li spinsero a concezioni più radicali, che provocarono la secessione o l'espulsione dei moderati e favorirono l'influenza di uomini come Marat e Robespierre. A poco a poco la società assunse veste e carattere di grande organizzazione di controllo e di propaganda rivoluzionaria. E questa gigantesca e paurosa forza di polizia al servizio della Rivoluzione estese per tutta la Francia associazioni similari (406 alla fine della Costituente), vere succursali di quella di Parigi, più insigne per il luogo e per la qualità dei suoi membri. I rapporti tra i giacobini di Parigi e quelli delle provincie ebbero gran peso sugli eventi successivi.

La scissione dei foglianti (v.) parve minacciare la dissoluzione del club, ma Robespierre lo salvò e contribuì a dargli un'impronta più radicale, allargandone le basi, accogliendo fautori aperti di repubblica e affidando alla Société fraternelle il compito di educare agl'ideali giacobini gli operai e il popolo minuto.

Ma con tutto questo i giacobini, troppo rigidi e formalisti, troppo legati dalla loro disciplina, non ebbero sulle masse popolari l'efficacia dei Cordeliers (v.). Borghesi dottrinarî, vero clergé révolutionnaire, meno popolari e meno audaci dei colleghi dell'altro convento, ebbero nella perfetta organizzazione la base della loro potenza. Nel generale disordine essi erano i soli organizzati; nell'incertezza delle altre formazioni politiche essi apparvero sicuri, coerenti, infallibili. E il carattere inquisitoriale della società, alla cui sorveglianza non si sottrassero né uomini né istituzioni, giovò a rafforzarla, sebbene non infrequenti fossero le proteste e le ribellioni contro la dittatura e l'intolleranza giacobina.

Accaniti e tenaci nella lotta contro tutti gli avversarî, i giacobini non furono gli autori delle giornate del 20 giugno e del 10 agosto 1792. Meno potenti allora di quanto asserissero partigiani e avversarî (l'Assemblea non avrebbe fatto che dare esecuzione ai loro ordini, secondo questi ultimi) non determinarono la caduta della monarchia, ma dopo il 10 agosto furono francamente repubblicani. E sotto la guida del proprio pontefice e oracolo Robespierre, il clergé révolutionnaire, divenuto ormai clergé de Robespierre, impose l'esecuzione del re, lottò contro il federalismo in favore dell'accentramento unitario, abbatté girondini, hebertiani, dantonisti, moderati e ci-devants, volle purificare nel sangue la Francia, celebrò l'Ente Supremo, esaltò la dictature de la Vertu e diffuse l'idea della guerra rivoluzionaria.

I due nomi giacobini e Robespierre quasi s'identificarono. Questo fece sì che la crisi termidoriana dell'anno II travolgesse in una catastrofe unica il capo e i gregarî, centoventi dei quali seguirono il primo sulla ghigliottina. Con la morte di Robespierre la vita del club è finita: la sede, chiusa temporaneamente, fu riaperta dopo qualche tempo, ma invano i giacobini rigenerati tentarono di opporsi alla reazione. L'energia spietata della jeunesse dorée, l'ostilità della Convenzione termidoriana, le vendette dei superstiti girondini impedirono che i giacobini tornassero ad aver voce. Il 21 brumaio anno III (11 novembre 1794) un decreto dell'Assemblea ne vietò le sedute e pochi giorni dopo i muscadins, alleati a elementi di varia origine, li dispersero. Ufficialmente soppressi, i giacobini cercarono di vivere nascostamente: molti entrarono nelle file del Club du Panthéon di Babeuf (novembre 1795-febbraio 1796). Nel luglio 1799 un nuovo tentativo di resurrezione fu quello del Club du Manège, nome del locale ove si adunò la Réunion des amis de la legalité et de la liberté (luglio 1799). Ma invano si tentò una lotta democratica contro il Direttorio e le correnti moderate. Avversati dall'opinione pubblica, caddero ancora una volta, lasciando il nome in eredità al sec. XIX, che vide designati spesso come giacobini i partigiani delle idee liberali e democratiche.

Bibl.: F.-A. Aulard, La société des Jacobins, Parigi 1889-1897, voll. 6; P. Leuilliot, Les J. de Colmar, Strasburgo 1923; L. de Cardenal, La province pendant la Rév. Hist. des clubs J., 1789-1795, Parigi 1929; C. Riffaterre, Le mouvem. antijac. et antiparisien à Lyon et dans le Rhône-et-Loire en 1793, Lione 1912; A. Mathiez, Robespierre terroriste, Parigi 1921; A. Godard, Le procès du 9 thermidor, Parigi 1912; L. Barthou, Le 9 thermidor, Parigi 1926.

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