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COKE

di Gerolamo ZUCCHI - Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)
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COKE (X, p. 706)

Gerolamo ZUCCHI

La fabbricazione del coke dopo la guerra mondiale si è fortemente sviluppata sia nella potenzialità degl'impianti sia nei criterî tecnici che ne costituiscono la base.

A ciò si è giunti da un lato cercando di ottenere la massima economia nei consumi interni e cioè il massimo rendimento termico dei forni e dall'altro cercando di produrre e utilizzare nel modo più razionale i due prodotti principali coke e gas.

Per il primo punto si è studiato attentamente il processo di trasformazione del carbone in coke nelle sue varie fasi e si è riusciti a fissare, per ogni qualità di carbone, i varî comportamenti e conseguentemente i criterî per il suo trattamento (v. appresso).

Per il secondo punto i criterî seguiti sono stati i seguenti: anzitutto il grande sviluppo preso dal trasporto del gas a distanza ha reso possibile una economia comune fra cokeria e altre industrie e ha favorito la costruzione dei forni Compound che possono funzionare anche a gas povero (permettendo quindi di utilizzare combustibili scadenti) o a gas di alto forno, lasciando disponibile tutto il gas di distillazione, particolarmente adatto nell'industria dell'acciaio, del vetro e in altre ancora.

D'altra parte, la perfezione raggiunta nella depurazione del gas ha pure permesso impianti per la produzione di gas illuminante e nel contempo di coke utilizzabile in metallurgia e in fonderia, ciò che non si era ancora raggiunto nelle comuni officine da gas. Tali impianti, poi, sono destinati ad aumentare di importanza perché la tecnica del riscaldamento domestico si sta orientando verso l'utilizzazione di coke duro e calibrato, in luogo del coke prodotto dalle comuni officine da gas, troppo poroso e perciò troppo facilmente combustibile.

Nel campo chimico, poi, l'elevato tenore in idrogeno del gas ha favorito la costruzione di grandi cokerie abbinate a fabbriche di ammoniaca sintetica, e quindi di concimi, esplosivi, ecc., di enorme importanza per l'economia di ciascuna nazione.

L'aumento considerevole del consumo di coke, di gas e dei sottoprodotti ha portato, favorito dalla perfetta conoscenza delle caratteristiche dei varî carboni fossili e quindi dei coke prodotti, all'impianto di grandi cokerie a ciclo rapido di distillazione, capaci di produrre migliaia di tonnellate di coke al giorno, adottando forni a grandi camere, costruiti con mattoni di silice, capaci di sopportare alte temperature.

L'altezza delle camere, arrivata anche a 6 metri (vedi forni Still) obbligò a modificare i vecchi sistemi di distribuzione del gas nei piedritti nonché i sistemi di captazione, raffreddamento, ecc., del gas.

La forte produzione oraria e le esigenze dei consumatori di coke in rapporto alla sua struttura, fecero adottare speciali sistemi di spegnimento, di trasporto e di vagliatura.

L'adeguamento di perfetti mezzi meccanici ha ridotto al minimo la mano d'opera ottenendo risultati economici importanti in rapporto alla tecnica dell'anteguerra.

La fig. 1 mostra l'impianto d'una moderna batteria di forni a coke (Coppée).

Controllo dei carboni. - La diversità di comportamento dei varî carboni alla cokificazione dipende dalla loro maggiore o minore proprietà di agglomerazione, di gonfiamento, dal loro grado di viscosità durante il periodo di fluidità, ecc.

Queste varie proprietà e il loro grado d'intensità nei diversi carboni vengono controllati dapprima con uno studio strutturale, quindi, mediante speciali apparecchi (viscosimetri, dilatometri, penetrometri), seguiti nel loro completo ciclo di cokizzazione.

Come risulta anche dal suo aspetto esterno, lo stesso pezzo di carbone non è omogeneo, ma risulta formato dalla sovrapposizione di diversi strati di carbone di diversa qualità e fortemente compressi.

Si è convenuto di identificarne tre che vennero denominati: vetrite (vitrain, Glanzkohle), durite (durain, Mattkohle), fusite (fusain, Russkohle).

Orbene, la vetrite ha forti proprietà agglomeranti e nel contempo di gonfiamento; la fusite, invece, non ha alcun potere agglomerante e non ha la proprietà di aumentare il suo volume; la durite, infine, ha proprietà intermedie.

Dalla maggiore o minore preponderanza di uno di questi costituenti deriva la maggiore o minore proprietà di cokizzazione del carbone trattato singolarmente.

La conseguenza diretta di questo studio fu quindi la possibilità di mescolare varie qualità per sé stesse inadatte a produrre buon coke in una massa omogenea e adatta a essere cokizzata.

Anche le proprietà del coke come la durezza, fragilità, porosità e resistenza all'abrasione vengono accuratamente controllate con apparecchi speciali; particolare attenzione viene portata sulla reattività del coke, che si può definire la sua attitudine a reagire in presenza di CO2 per produrre CO, attitudine di enorme importanza specialmente nei varî processi siderurgici. Secondo Koppers il grado di reattività di varie qualità di coke si può determinare misurando la lunghezza della fiamma prodotta dall'insufflazione di eguale quantità di aria in recipienti contenenti eguale quantità di coke.

Moderne proporzioni dei forni, refrattarî impiegati e apparecchiatura. - La capacità produttiva di coke dei forni venne elevata aumentando le proporzioni delle singole camere e abbreviando il periodo di distillazione.

Normalmente i forni moderni hanno un'altezza di 4 0 5 metri ed una larghezza di 0,45-0,55 m. con una capacità di infornamento da 22 a 25 tonnellate. Si è arrivati a costruire forni alti sino a 6 metri ed una capacità di infornamento di 28 tonn.

Naturalmente l'altezza delle pareti ha obbligato i costruttori a ricorrere ad espedienti per allungare la fiamma nei piedritti allo scopo di uniformare la temperatura nelle varie altezze della massa di carbone infornato.

Alcune ditte hanno risolto questo problema elevando il punto di incontro dell'aria col gas nel piedritto (Coppée: fig. 2); altre sono ricorse ad immissione di aria secondaria (Still-Lecocq: fig. 3); altre ancora col diluire il gas reintroducendo in ciclo i gas combusti (Koppers: fig. 4).

Per ridurre le ore di cottura si è elevata la temperatura media nel piedritto sino a 1300° arrivando a distillare anche in 15-16 ore. Si è dovuto però abbandonare il materiale silico-alluminoso e usare mattoni di silice che resistono sino a 1600°.

In questi mattoni la silice deve essere contenuta in proporzione dal 93 al 95% e sotto forma di tridimite che ha un coefficiente di dilatazione inferiore al quarzo e alla cristobalite (v. refrattarî, materiali, XXVIII. p. 977, fig. 1).

I mattoni di silice hanno inoltre maggiore resistenza agli attacchi chimici, specialmente a quelli del cloruro di sodio; hanno una maggiore conducibilità e inoltre una maggiore resistenza pirometrica, il che ha permesso la costruzione di camere molto alte.

La distillazione troppo rapida nei forni influisce sulla pezzatura del coke per modo che quando occorre produrre del coke grosso per uso industriale bisogna scendere a 20-22 ore.

Il carbone, che viene raccolto nelle grandi torri, viene dapprima scaricato mediante carrelli a motore ripartitamente in quattro o anche cinque tramogge, viene pesato e quindi trasportato sopra il forno e, attraverso tubi a telescopio, collocati sotto le tramogge stesse, versato nel forno (fig. 6).

La grande altezza delle porte ha reso necessarî apparecchi elettrici per il loro spostamento, applicati da un lato dei forni sulla sfornatrice, indipendente dal lato sfornamento. La chiusura ermetica delle porte non si ottiene più plasmando argilla ma mettendo in contatto il ferro delle porte con il ferro del telaio fissato ai forni (fig. 5); qualche ditta ha adottato anche trecce di amianto obbligate in canaletti ricavati nelle porte stesse.

Nelle grandi batterie lo spegnimento non avviene più sopra rampe e mediante getti di acqua a lancia; tutto il coke di una sfornata viene scaricato in un carrello mobile che viene trainato in una torre e sottoposto a una potentissima inaffiatura per pochi minuti, dopo di che viene riportato davanti a una rampa e quivi scaricato per venire poi ripreso da nastri trasportatori e convogliato ai grigliatoi.

Pezzature del coke. - Le singole industrie consumatrici di coke si sono orientate a richiedere, con le speciali caratteristiche chimiche, anche quelle di pezzatura e di durezza: anche il riscaldamento domestico pretende pezzature proporzionate alle superficie dei focolai dei forni e delle stufe. Da ciò la necessità di calibrare il coke in varie dimensioni.

Sono ormai abbandonati i vecchi vagli rotativi e vengono adottati vagli a risonanza oppure vibro-vagli di grande potenzialità e di modeste proporzioni.

Le pezzature richieste in Italia sono: 1. grosso oltre i 90 mm.; 2. 60-90; 3. 40-60; 4. 20-40; 5. 10-20; 6. pisello e polverino.

Gas e sottoprodotti. - Importanti innovazioni vennero introdotte nelle valvole di isolamento dei forni dal bariletto che sono a chiusura idraulica, e nelle colonne montanti molto corte rivestite di refrattarî impedendo così la formazione di incrostazioni grafitose e catramose.

Nelle colonne montanti molte ditte iniettano del vapore per impedire lo sviluppo nell'aria dei primi gas di distillazione.

Il gas appena captato nel bariletto viene irrorato con abbondanti acque ammoniacali che lo raffreddano e facilitano la condensazione del catrame.

Per il ricupero dell'ammoniaca si usa dappertutto il processo semidiretto facendo gorgogliare tutto il gas in saturatori con H2SO4 e distillando, in speciali colonne, le acque ammoniacali prodotte nella circolazione di raffreddamento del bariletto.

Ricupero del calore dal coke sfornato. - Questo ricupero è oggetto di grande attenzione per il suo notevole valore economico. Per ora vi è il sistema Sulzer che ha trovato qualche applicazione basata sul principio di rinchiudere tutto il coke incandescente in una camera a chiusura ermetica sottoponendolo a forti correnti di gas inerti che assorbono il calore e lo cedono per produzione di vapore a tubi collettori che rivestono la camera.

Il coke prodotto è notevolmente migliorato nella sua struttura, ha pochissima umidità - vi è però una maggiore proporzione di coke minuto. Viene calcolato un ricupero di 300-400 kg. di vapore per tonnellata di coke prodotto.

L'applicazione del sistema trova però ostacoli specialmente nell'elevato costo degl'impianti e nel facile deperimento.

La produzione di coke in Italia. - La possibilità di completa utilizzazione dei sottoprodotti della distillazione del carbone ha provocato, negli ultimi anni, anche in Italia il sorgere di poderosi impianti abbinati a industrie consumatrici specialmente di gas di cokerie.

Con gl'impianti da ultimare entro il 1938 si provvederà a tutto il fabbisogno di coke in Italia sopprimendone l'importazione la quale richiede in valuta la stessa cifra che occorre per importare il carbone fossile necessario a produrre lo stesso quantitativo importato, con l'enorme vantaggio del ricupero di tutti i sottoprodotti, preziosi specie in regime autarchico.

Nelle cokerie di Vado e San Giuseppe il gas viene ceduto a industrie per la produzione di ammoniaca sintetica. A Marghera il gas viene ceduto in parte a una fabbrica di cristalli, in parte come gas illuminante alla città di Venezia e il residuo per un impianto di ammoniaca sintetica.

A Cornigliano il gas viene ceduto all'azienda municipalizzata del gas di Genova per uso cittadino.

Tutte le cokerie hanno il completo ricupero di catrame, benzolo, solfato.

La tabella qui sopra riporta la produzione e l'importazione del coke in Italia: la produzione non comprende quella destinata alla produzione di ghisa negli alti forni e quella delle officine a gas ma soltanto quella delle cokerie impiantate a precipuo scopo di sostituire l'importazione del coke.

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