COLIGNY, Gaspard II de, signore di Châtillon

Enciclopedia Italiana (1931)

COLIGNY, Gaspard II de, signore di Châtillon

Federico Chabod

Nato il 16 febbraio 1519 a Châtillon-sur-Loing, ebbe rapida e brillante fortuna, nonostante rimanesse ben presto orfano del padre, Gaspare I di Châtillon, maresciallo di Francia, grazie al fatto di essere, per via della madre Luisa di Montmorency, nipote del potente Anna di Montmorency, connestabile di Francia. Secondogenito, diveniva capo della famiglía, per essere il primogenito, Odet, passato alla vita ecclesiastica; e fu quindi, la sua, la vita del nobile di alto lignaggio dedito alla milizia: combatté in Fiandra nel '43, in Piemonte, nel nord della Francia (1545). Nel 1547, fu così creato colonnello generale della fanteria francese; nel 1551 ammiraglio di Francia: e se dell'ammiraglio egli non ebbe mai modo di adempiere le funzioni, il nome gli rimase, onde fu poi popolarmente chiamato l'Amiral. Militarmente però, vera e propria fama gli doveva venire soprattutto dalla difesa di S. Quintino, nel 1557, contro gli Spagnoli guidati da Emanuele Filiberto: egli resisté infatti, anche dopo la celebre sconfitta del connestabile di Montmorency, sino al 29 agosto. Fatto prigioniero, ritornava in patria solo dopo la pace di Cateau-Cambrésis, nel 1559.

Doveva cominciare allora il secondo periodo della vita di C., che rientrava in Francia già conquiso dalle dottrine calviniste. E fu la sua una conversione profonda e totale. Natura diritta e rigida di soldato, C. non era uomo da dissimulare sotto il pretesto religioso moventi meno disinteressati e nobili; fra tutti i capi del calvinismo francese d'allora, egli fu certo il più sinceramente convinto. La sua nuova fede lo allontanava però dall'intimità del connestabile di Montmorency, e lo conduceva fatalmente ad opporsi alla politica regia di Enrico II e di Francesco II, avversa ai riformati, e a parlare chiaramente, in seno al consiglio del re, contro i propositi di repressione.

Fermo sostenitore de' suoi correligionarî, egli era però ad un tempo nemico di ogni risoluzione che armasse i calvinisti contro la monarchia: onde fu ostile alla congiura di Amboise; e più tardi, nella primavera del '62, cercò fino all'ultimo d'impedire lo scoppio della guerra civile; e sempre, sino al 1570, disapprovò le prises d'armes, pur trovandosi per forza di cose coinvolto in esse, e pur essendo costretto a combattere, una volta aperte le ostilità, in difesa dei suoi. In fondo, sino alla morte del Condé (1569), egli, pur figura di primissimo piano nel calvinismo francese, ebbe influenza politica assai relativa, soverchiato come era dagl'intrighi del Condé. Capo effettivo del calvinismo francese, C. fu soprattutto nel breve periodo intercorso tra l'editto di S. Germano e la notte di S. Bartolomeo (1570-72): e allora egli, tempra vera di uomo politico, che già prima aveva arditamente, se pur vanamente, cercato di aprire alla Francia le vie dell'espansione coloniale, inviando spedizioni nel Brasile (1555) e nella Florida (1562-1565), tentò di attuare i suoi grandi piani, rivolti ad abbassare la potenza spagnola e a dare alla Francia un peso preponderante nella vita europea. Presupposto di ciò era la pacificazione in Francia e l'alleanza tra la monarchia e il calvinismo; primo, immediato obiettivo, l'intervento contro la Spagna nei Paesi Bassi, a fianco dei gueux. E già nel maggio-giugno 1572 C., riguadagnatasi la simpatia di Carlo IX, era sul punto di riuscire. Ma l'ostilità del partito cattolico, segnatamente dei Guisa, e soprattutto l'ostilità di Caterina de' Medici (v.), mutarono di colpo la situazione. Il 22 agosto 1572, C. veniva ferito da un sicario di Caterina e dei Guisa, il capitano Maurevel; la notte del 24 veniva trucidato nella sua casa dai sicarî di Enrico di Guisa.

Bibl.: Cfr. specialmente Delaborde, G. de C., voll. 3, Parigi 1879-1883; E. Marcks, G. v. C., I (l'unico pubbl.), Stoccarda 1892; A. W. Whitehead, G. von C., Londra 1904. Mediocre C. Merki, L'amiral de Coligny, Parigi 1909; da vedere invece, per il periodo 1554-1562, i lavori importantissimi di L. Romier, di cui nella bibl. di caterina de' medici.

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