Colonìa

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Denominazione di diverse forme di gestione delle aziende agricole, accomunate dalla separazione tra la persona del proprietario della terra da quella del lavoratore ( colono) e dal fatto che quest’ultimo si assume, in toto o in parte, il rischio dell’impresa, di norma corrispondendo al proprietario un’aliquota della produzione realizzata. Le forme di c. tendono ormai a essere superate, mediante l’affrancazione o mediante la loro trasformazione in contratti di affitto.

I diversi modi di essere della c. sono riconducibili a tre tipi fondamentali, tutti di origine molto antica: la c. perpetua, la c. migliorataria (o ad meliorandum) e la c. parziaria. La c. perpetua, originatasi al tempo della repubblica romana sui latifondi privati del Nordafrica, è un’impresa agricola costituita mediante atto unilaterale di occupazione di terre incolte da parte di un coltivatore, senza opposizione del proprietario. In un primo tempo la concessione fu limitata ai lavoratori del latifondo, in seguito fu estesa anche agli estranei. Il colono è obbligato a pagare un canone al proprietario, ma acquisisce, per contro, un diritto reale sul fondo, trasmissibile agli eredi. In Italia sono state riconosciute come c. perpetue – con obbligo di pagamento di un canone annuo – le occupazioni di terreni dei demani comunali protrattesi oltre i 10 anni se accompagnate dall’esecuzione di miglioramenti fondiari (l. 1766/1927). La legislazione attuale non consente la creazione di c. perpetue, tranne che nella forma di rendita fondiaria perpetua costituita dal proprietario mediante alienazione di un immobile (art. 1863 c.c.).

La c. migliorataria è una forma diffusa, in Italia, soprattutto nel basso Lazio; ha origini assai remote e si presenta con caratteristiche analoghe a quelle dell’enfiteusi: un lavoratore agricolo (colono) assume l’obbligo di migliorare un fondo eseguendo, entro dati limiti di tempo (di solito, 5 o 6 anni), una piantagione arborea da frutto e impegnandosi, altresì, a corrispondere al proprietario una quota parte della produzione del frutteto; in cambio, acquista un diritto di soprassuolo che può essere oggetto di vendita (con diritto di prelazione da parte del proprietario) e di trasmissione ereditaria. Sono di pertinenza del proprietario – su cui gravano le imposte fondiarie – gli alberi da legna e le erbe. La gestione dell’azienda è invece esclusivamente a carico del colono. La risoluzione del rapporto può verificarsi per scadenza del contratto, per mancato pagamento del canone, per mancata esecuzione dei miglioramenti. Non è prevista l’affrancazione del fondo, che secondo alcuni giuristi sarebbe tuttavia possibile per analogia con l’enfiteusi.

La c. parziaria non prevede, a differenza delle altre due forme, la costituzione di un diritto reale su fondo altrui, ma un contratto di tipo associativo tra un proprietario e uno o più coloni, allo scopo di gestire insieme una impresa agricola dividendo, secondo dati rapporti, prodotti e spese di produzione. La mezzadria (➔) costituisce un tipo particolare di c. parziaria.

La l. 203/1982, all’art. 27, ha disposto che a tutti i contratti agrari aventi per oggetto la concessione di fondi rustici, stipulati successivamente all’entrata in vigore della l. 203, sarebbe stata comunque applicata la disciplina del contratto di affitto dei fondi rustici (cosiddetta riconduzione all’affitto).

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