COLONNA

Enciclopedia Italiana (1931)

COLONNA (lat. columna; gr. στύλος; fr. colonne; sp. columna; ted. Säule; ingl. column)

Gamillo AUTORE
*

Nel suo significato generico la colonna è un elemento verticale di sezione circolare, la cui funzione costruttiva più importante è quella di resistere all'azione verticale od obliqua degli elementi che la sovrastano (muro, solai, tetti, archi e vòlte). Sorta da un bisogno pratico, quale fu quello di sostenere, la colonna ha assunto anche funzioni essenzialmente decorative, come nelle colonne onorarie e in quelle commemorative.

Circa l'origine della colonna l'ipotesi più accreditata, che fa capo all'autorità di Vitruvio e di Pausania, sembra sia quella che ne fa risalire l'uso alle antichissime costruzioni in legno e la sua primitiva e rozza immagine è da supporre sia stata quella d'un tronco d'albero grossolanamente digrossato, dal fusto diritto, leggermente conico, in direzione dal basso in alto. Le colonne protodoriche dei palazzi di Cnosso e di Festo, e ancora più quella nella Porta dei Leoni di Micene e in quella del Tesoro di Atreo pur nella loro forma strana ed antistatica del fusto, rastremato in basso, rappresentano il prototipo d'una preesistente costruzione in legno, derivando dall'imitazione del tronco di una speciale palma del tipo Phoenix, l'unica fra gli alberi delle regioni orientali che mostri il caratteristico aumento del diametro del fusto verso l'alto. I più antichi monumenti egiziani ci offrono esempî di colonne che ci si presentano come una riunione di più fasci di rami che imitano quelli delle piante locali. In esse la reminiscenza dell'elemento vegetale come principio ispiratore della colonna è evidente, e vi si riscontra anche un nuovo aspetto, quale quello di più fusti sottili riuniti che formano un insieme solido e resistente.

Nella sua forma completa, la colonna si compone di tre parti distinte, per forma e per funzione, dette rispettivamente capitello (v.), fusto (v.) e base (v.).

La colonna rispetto alla sua funzione statica ha costantemente agito in due modi: o isolatamente, come in quasi tutta l'architettura classica, oppure come elemento collaborante con altri simili, di cui è esempio tipico il sostegno polistilo gotico. Il problema costruttivo più importante che si riconnette alla resistenza della colonna fa capo a due sistemi costruttivi che differiscono essenzialmente per il modo con cui vengono trasmessi gli sforzi. Il primo è il sistema architravato, in cui gli sforzi si trasmettono lungo l'asse dei sostegni e agiscono per semplice compressione, senza cioè provocare spinte. Nel secondo invece la trasmissione degli sforzi produce delle spinte che tendono a rovesciare la colonna, la quale pertanto resiste per contrasto o per l'azione di altre spinte opposte date da altri archi analoghi, come nelle colonne intermedie d'un porticato, o per il contraffortamento di masse addossate, come nei pilastri angolari ove le colonne si affiancano a un solido di forma parallelepipeda. Dal punto di vista espressivo la colonna è uno degli elementi più importanti e differenziali dell'architettura. Ciascun popolo ha creato un proprio tipo di sostegno anche quando ha creduto di derivarlo da altri già esistenti, e lo ha trasformato in modo evolutivo, modificandone gli elementi, le proporzioni e la decorazione.

Quest'ultima è un elemento essenziale, che contribuisce a modificare l'aspetto della colonna e può consistere nelle qualità naturali del materiale di cui la colonna è fatta, o, più spesso, in elementi applicati al fusto, la scelta dei quali, per forma e per posizione, ha grande importanza, influendo perfino a modificare le reali proporzioni di esso. È noto ad esempio che la presenza di elementi orizzontali, come le bugne, dà al fusto un'apparenza di minor altezza, mentre gli elementi verticali, come le scanalature, producono un effetto contrario.

Per quanto riguarda l'uso della colonna, la sua applicazione tipica è quella per cui è disposta in serie ritmica a costituire un colonnato o un portico (v.). In tal caso le colonne si trovano ordinariamente equidistanti e sorreggono la trabeazione corrente sopra di esse, a cui costituiscono sostegno. A partire dalla fine del periodo romano al sistema architravato si è spesso sostituito il sistema arcuato, per il quale, rimanendo alla colonna la funzione portante, gli archi vengono disposti al disopra delle colonne (con o senza intermediario di trabeazione o di pulvini) portandovi le azioni sovrastanti di cui la componente orizzontale si elide per la somiglianza della figura e il mutuo contrasto, e rimane la componente verticale. Il problema statico ed estetico in questi casi è dato dalla disposizione della colonna terminale o angolare ed è stato variamente risolto, specialmente nei portici e nei loggiati del Quattrocento.

Talvolta invece la colonna ha assunto un carattere totalmente o parzialmente decorativo. Nell'architettura romana, nei portici di teatri o anfiteatri, portici di città, archi di trionfo, ecc. comunemente si è adottato il tipo del pilastro che sostiene un arco e ha addossata una parte di colonna sporgente per metà o per un terzo del suo diametro: schema tipico dell'architettura romana, che aveva per elemento essenziale l'arco e la vòlta e aveva quasi sempre ridotto gli ordini architettonici di origine greca a una funzione puramente formale. Tale disposizione riprese importanza di applicazione col ritorno delle forme classiche nel sec. XVI. Ricordiamo fra gli esempî antichi il Colosseo, il Teatro di Marcello, l'Arco di Tito; fra quelli del Rinascimento il cortile dei Palazzi Farnese a Roma e a Caprarola, la Biblioteca del Sansovino a Venezia, ecc. Analoga disposizione è quella delle colonne addossate ai piedritti ma non a contatto con essi, come negli archi trionfali di Settimio Severo e di Costantino, nella Basilica di Vicenza, nei portoni di molti palazzi cinquecenteschi e barocchi.

Oltre a queste, le applicazioni delle colonne sono state e sono numerosissime: dalla colonna isolata, che può aver funzione di ricordo monumentale, come nelle colonne onorarie e coclidi di cui sono esempio quelle di Traiano, di Antonino, di Foca, o di termine (colonne confinarie), o di misura (colonne militari), alle colonne che il Rinascimento spesso dispose sulle facciate degli edifici, talvolta secondo un ritmo semplice, talvolta con più complessa disposizione, quale quella dell'aggruppamento binato come nel palazzo Vidoni di Raffello a Roma e in quello Bevilacqua del Sammicheli a Verona. Durante il periodo barocco, per ottenere maggior chiaroscuro senza aumentare l'aggetto delle colonne addossate alle pareti, si usò incastrarle entro un incavo a nicchia che ne seguiva la rotondità.

Gli stili non classici usarono le colonne modificandone spesso le proporzioni e le combinazioni. Gli esempî migliori si trovano nelle tozze colonne e nei pilastri polistili del romanico e del gotico.

Quanto alle forme delle colonne, a quella normale, in cui il fusto è rastremato di 1/6, ha un'altezza oscillante fra sei e dieci diametri ed è fornito di base e di capitello, possono aggiungersi svariate forme d'eccezione. Ricordiamo la colonna tortile, in cui il fusto prende la forma d'una spirale, la rudentata, dalle scanalature riempite fino a un terzo da bastoncini detti rudenti, la bugnata o rustica, il cui fusto è interrotto o addirittura rivestito di bugne, la colonna a balaustra, dal fusto a profilo movimentato.

La colonna rispetto ai periodi stilistici. - Egitto. - Si distinguono tre gruppi di colonne; il primo comprende colonne che si presentano sotto l'aspetto di semplici forme geometriche (le cosiddette colonne protodoriche del tempio di Deir el-Bahrī); il secondo comprende tipi di colonne dal fusto ornato di elementi vegetali; appartengono infine al terzo gruppo quelle che derivano da questo secondo gruppo rappresentandone le forme sintetiche e semplificate. Hanno per lo più il fusto liscio su cui vengono talvolta incisi i geroglifici ravvivati da vivaci colori. Si ebbero generalmente le colonne isolate, ma talvolta, come a File, esse rimasero collegate per la loro parte inferiore da un muretto.

Colonna persiana. - La colonna persiana del tipo più noto è quella dei palazzi reali di Persepoli. Si presenta in un aspetto singolarissimo per il suo snello fusto alto circa 11 diametri, attraversato nel senso della sua altezza da delicate scanalature a spigolo vivo. Non mancano esempî di colonne lisce, come quelle del palazzo di Ciro a Pasargade. Per la loro non comune altezza, come per il loro largo intercolunnio e la speciale disposizione e conformazione del capitello, esse sono fra gli esempî più tipici che ricordano un'originaria costruzione in legno.

Colonna indiana.- L'India presenta una straordinaria varietà di sostegni isolati provvisti di base e capitello. Oltre alle forme lisce se ne hanno di quelle ornate presentanti forme che risentono più o meno tutte della lavorazione al tornio, probabilmente residuo della costruzione in legno.

Colonna micenea. - Il suo fusto si presenta come un tronco di cono rovesciato. Ha superficie liscia, talvolta attraversata longitudinalmente da una fitta scanalatura o tappezzata da un disegno a zig-zag.

Colonna greca. - La colonna greca è ornata semplicemente da scanalature e da elementi geometrici che ne aumentano per effetto ottico l'altezza, e per la loro incavatura ne arricchiscono il chiaroscuro. Non mancano esempî di colonne istoriate. Le proporzioni suppongono un lungo periodo di ricerche, le cui varie tappe ci sono rese note attraverso la lunga evoluzione degli ordini architettonici a cui la colonna servì di elemento fondamentale (v. ordini architettonici).

Colonna etrusca. - Ricorda quella greca dorica, di cui ha perfino conservato qualche elemento arcaico. Ha sempre base e capitello.

Colonna romana. - Uno dei caratteristici aspetti della costruzione romana trova modo di esplicarsi nella combinazione dell'arcata con gli ordini greci. Si ebbe in ciò un nuovo ufficio della colonna, quale è quello di decorare il muro. Al pari di quella greca ebbe il fusto liscio o scanalato, fu composta di varî rocchi o monolitica, scanalata rudentata, o rudentata al solo terzo inferiore, e la parte superiore conformata a spirale. Ma la decorazione del fusto più originale è quella a scomparti geometrici, a losanghe e a rombi ornati nei campi da delicati elementi figurativi. Sono forme caratteristiche le colonne istoriate con la rappresentazione di fatti storici come la Traiana e l'Antonina a Roma (v. coclide, colonna).

Colonna bizantina. - La colonna bizantina, pur conservando all'incirca le proporzioni del corinzio classico, ne varia talvolta l'aspetto sia nei riguardi del capitello sia nella decorazione del fusto, che talvolta si arricchisce di mosaici a scomparti geometrici. Adottò il fusto liscio, scanalato e rudentato, di preferenza monolitico.

Colonna araba. - Le colonne che sorreggono le arcate arabe seguono tipi già noti all'arte classica, come il fusto rudentato, lo scanalato e ad elica, e ne differiscono solo nelle proporzioni tendenti a una grande esilità, nelle forme. Tipi più proprî dello spirito dell'arte araba hanno il fusto ricoperto da una fitta rete di arabeschi, e di ornati diversi.

Colonna romanica. - Nell'arte romanica, accanto alle colonne di spoglio vengono, in armonia con l'arte contrastata di quel periodo, adottate in un primo tempo le colonne tozze in opposizione all'esilità di altre. Viene abbandonata la concezione dell'ordine e dell'adozione di un'unica unità di misura, e ciò probabilmente in conseguenza della natura diversa dei materiali adoperati e del carico variabile per colonna. Si ebbero le colonne tortili d'una varietà di aspetti straordinaria, dalla spirale semplice a quella complicata da bastoncini o da sagome intrecciate, talvolta ricoperte da intarsî; alle scanalature verticali si opposero per un tratto del fusto quelle inclinate susseguendosi in una molteplicità di modi. I.e colonne stesse si intrecciano e si attraversano compenetrandosi fra di loro nel modo più bizzarro come se fossero costituite da materiale elastico flessibile. Gli esempî più belli li troviamo nei chiostri, come in quelli cosmateschi di Roma (S. Paolo, S. Giovanni) e in quello di Monreale, oltre che nelle serie di arcatelle delle facciate delle chiese romaniche di Toscana.

Colonna gotica. - Nell'architettura gotica, il sostegno polistilo raggiunge la sua più alta espressione. Esso è formato dall'unione di sottili colonne cilindriche a sezione circolare o ellittica poggianti per lo più mediante singole basette su di un unico zoccolo e inserite per una loro parte ad un forte nucleo centrale. Su di esse vengono ad impostarsi, direttamente o mediante interposto dado, gli archi. Ebbero largo impiego le colonne isolate ridotte a un'apparenza di straordinaria esilità, nel dividere finestre, nei tabernacoli, nei candelabri, negli altari, e ricevettero ricchi ornati d'intarsî e di mosaici, come nel sepolcro di Adriano V a Viterbo e nel Tabernacolo di Orsanmichele dell'Orcagna. La colonna perde talvolta il capitello e la base, altre volte non continua in basso, ma si arresta ad una certa altezza, poggiando su di una mensola simile al tipico cul-de-lampe francese. In altri esempî la colonna, anziché poggiare su di una mensola, si ripiega a ginocchio verso il muro.

La colonna nel Rinascimento. - Nel Rinascimento la colonna ritorna ad avere le funzioni di sostegno isolato e assume, come tutti gli elementi dell'ordine, proporzioni fisse ricavate dai rilievi dei monumenti antichi nel modo fissato dai trattatisti (Alberti, Serlio, Palladio, vignola). Essa è rastremata di circa 1/6 del suo diametro, è provvista di base e capitello poggiando normalmente su di un piedistallo che nei casi comuni corrisponde all'altezza media del davanzale di finestra. Ebbe generalmente il fusto liscio, conservando un più robusto aspetto di sostegno, ma non mancano esempî di colonne dal fusto riccamente ornato, come nel cortile del Palazzo della Signoria a Firenze. Talvolta l'effetto di tali ornati altera il profilo della colonna, richiamando nel fusto quello rigonfio di un vaso o la forma a candelabro più usata a decorare finestre o piccole composizioni architettoniche ed eccezionalmente come vero elemento di sostegno, come nel portale del Palazzo Landi a Piacenza, in quello del duomo di Como e nelle bifore quattrocentesche della Certosa di Pavia. Fu usata la colonna bugnata, a bugnato continuo o alternato con parti lisce del fusto. Si decorarono le colonne disponendo al terzo inferiore del fusto anelli e fasce decorate variamente. La colonna nel Rinascimento non fu isolata, come nei cortili e nelle navate delle chiese, ma spesso, sull'esempio dei Romani, fu incastrata nei muri, e si accompagnò a semicolonne, pilastri e semipilastri.

Colonna barocca. - Nel periodo barocco si continuano ad applicare i medesimi tipi di colonna del Rinascimento. Come tipi sono adottate le forme lisce con entasi talvolta marcatissima che si fa notare per la caratteristica rastremazione alle estremità del fusto e per un rigonfiamento verso il terzo inferiore. Raggiungono però espressioni di alto pregio artistico le forme decorate. Fra esse notiamo le colonne tortili o a spirali, spesso ornate nei loro elementi da intarsiature di marmi a varî colori. Per gli esterni, il Barocco preferì le colonne lisce, a cui diede tutto il valore espressivo di elemento di forza. Le usò isolate, ma più spesso connesse alle facciate, non dando però loro vita indipendente, ma collegandole a elementi vicini, come semicolonne, pilastri e semipilastri e talvolta riunendo perfino i capitelli con festoncini o altri elementi ornati, talaltra incassandole addirittura nel muro come a costituire un maggiore legame fra esse e vincolarle sempre più al muro, che le assorbe nell'effetto più generale, costituito dall'intera massa dell'edificio.

Colonna moderna. - La colonna moderna segue i concetti di semplificazione e di sintesi degli altri elementi architettonici di oggi. Nella forma completa, il capitello e la base assumono le forme più semplici e le più essenziali. Talvolta tende a prevalere la colonna ridotta al solo fusto, non di rado privo di entasi, lasciando di essa il puro necessario, nobilitato da un'opportuna scelta del materiale. Forma tipica, essenzialmente moderna e suscettibile di sviluppo, è la colonna littoria, in cui la scure e il fascio di verghe sono insieme elementi decorativi e simbolici.

V. tavv. CLXV-CLXX.

Bibl.: A. Choisy, Vitruvii De Architectura: voll. 4, Parigi 1909; I. Barozzi, Regola dei cinque ordini d'architettura (rist.), Torino 1929; A. C. Quatremère de Quincy, Dictionnaire d'architecture, Mantova 1842; E. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné de l'architecture française, Parigi 1875; E. Bosc, Dictionnaire raisonné d'architecture, Parigi 1877; G. Semper, Das Stil in der technischen und tektonischen Kunsten oder praktische Ästhetik, Monaco 1878; Perrot e Chipiez, Histoire de l'art Kunsten oder praktische ısthetik, Monaco 1878; Perrot e Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, Parigi 1881-84; P. Planat, Encyclopédie de l'architecture, Parigi 1888-92; Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Parigi 1892; G. Foucart, Histoire de l'ordre lotiforme, Parigi 1897; L. Borchardt, Die Ägyptische Pflanzensäule, Berlino 1897; H. D'Espouy, Fragmentes antiques, Parigi 1897-1905; G. Uhde, Die Konstruktionen und die Kunstformen der Architektur, Berlino 1904; I. R. Egle, Baustil und Bauformenlehre, Stoccarda 1905; H. Pfeifer, Die Formenlehre Ornaments, Stoccarda 1906; I. Gaudet, Éléments et théorie de l'architecture, Parigi 1910; C. Enlart, Manuel d'archéologie française, I e II, Parigi 1920; G. Giovannoni, Stili architettonici, Roma 1920; U. Tarchi, Arte musulmana in Egitto e in Palestina, Torino 1922-23; G. Jéquier, Manuel d'archéologie égyptienne, Parigi 1924; M. Hurlimann, Indien, Berlino 1928; M. Salmi, Architettura romanica in Toscana, Roma 1928; G. Giovannoni, L'ordine protodorico greco, in Architettura e arti decorative, 1930.

TAG

Ordini architettonici

Settimio severo

De architectura

Unità di misura

Viollet-le-duc