Cometa

Enciclopedia Dantesca (1970)

cometa

Giovanni Buti
Renzo Bertagni

La c. è un corpo celeste composto di una testa splendente (nucleo) e di una lunga striscia vaporosa (chioma). Il nome (greco χωμήτης, latino cometes o cometa) significa appunto " stella chiomata o crinita ".

In D. il termine ricorre una sola volta, in Pd XXIV 12: le anime giravano su sé stesse fiammando, volte, a guisa di comete. L'espressione coglie la caratteristica distintiva del corpo celeste e ha valore visivo, potenziato dalla grandiosità che, qui come altrove, il riferimento ai fenomeni celesti conferisce alle notazioni dantesche. S'è fatto rilevare da parte di qualche studioso l'esiguità dei riferimenti danteschi alle c., quando si pensi alla notorietà di esse, quali premonitrici di eventi fortunosi (Isidoro Etym. III LXXI 16 " Cometes stella est dicta eo quod comas luminis ex se fundat. Quod genus sideris, quando apparuerit, aut pestilentiam, aut famem, aut bella significat "). Famosa, a tal proposito, la cometa apparsa nell'autunno del 1301, e ritenuta, a Firenze, come premonitrice della rovina della città, in connessione con l'entrata in Firenze di Carlo di Valois avvenuta il 1° novembre di quell'anno. A questo episodio, ricordato anche dal Villani (VIII 48) e dal Compagni (II 19), fa sicuramente riferimento D. in Cv II XIII 22 in Fiorenza, nel principio de la sua destruzione, veduta fu ne l'aere, in figura d'una croce, grande quantità di questi vapori seguaci de la stella di Marte; e prima aveva detto che l'accendimento di questi vapori significa morte di regi e transmutamento di regni (cfr. Alb. Magno Meteor. I IV 9). Secondo calcoli più recenti si è potuto stabilire che si trattò della c. di Halley, effettivamente una delle più belle e più grandi.

D. parla invece più frequentemente delle stelle cadenti (Pg V 37-39, Pd XV 13-18), fenomeno molto meno appariscente (si tratta di frammenti di corpi celesti che s'incendiano per attrito nell'atmosfera terrestre; ma D., con Aristotele, crede trattarsi di effetto di vapori [Pg V 37] esalati dalla terra che, giunti in alto, ardono accesi, come le c., più o meno a lungo, per opera del calore del sole).