COMMODO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

COMMODO (L. Aelius Aurelius Commŏdus Antoninus)

B. M. Felletti Maj

Imperatore romano, figlio di Marco Aurelio e Faustina Minore, nato nel 161 d. C. A sedici anni fu proclamato Augusto ed ebbe la tribunicia potestas; l'anno seguente fu sposato a Bruttia Crispina. Successe nel 18o al padre, regnò fra i diciannove e i trentun anni e fu ucciso nel 192. Subito dopo la morte gli fu decretata la damnatio memoriae, ma in seguito Settimio Severo lo fece consacrare nel 197 d. C. Certamente non tutte le sue immagini furono distrutte, perché sono giunti fino a noi più di cinquanta ritratti, a tutto tondo e a rilievo.

C. giovinetto imberbe è conosciuto da un busto del Museo Capitolino, Sala degli Imperatori, di cui altre copie meno buone si trovano, sempre a Roma, all'Antiquarium Comunale, al Vaticano, Museo Chiaramonti, a Villa Albani e, inoltre, a Rieti, a Venezia, a Parigi (Louvre), a Stoccolma. La diffusione e il livello artistico dell'opera inducono a credere che fosse il ritratto ufficiale dell'erede al trono, eseguito nell'occasione in cui egli fu elevato alla dignità di Augusto. Alla stessa età, o poco dopo, si riporta anche un ritratto di Palazzo Corsini (Roma), che è indipendente dal primo. Seguono, in ordine di tempo, il ritratto del Louvre n. 1123, in cui C. appare già con la prima peluria sul volto, quindi un gruppo di ritratti dove egli ha una breve barba ricciuta; poi il busto paludato del Museo Naz. Romano, la testa del Vaticano (Sala dei Busti, n. 368), quella del Louvre n. 1127, il busto loricato della Loggia Scoperta dei Musei Vaticani. È possibile che l'affinità stilistica e tipologica di queste ultime opere provenga dall'essere varianti di un solo archetipo, che potrebbe riconoscersi nell'originale del ritratto citato della Sala dei Busti, di cui esistono anche altre copie (a Mantova, a Tolosa, a Vienna, a Copenaghen). Si crede che questi siano i primi ritratti di C. diciannovenne, il quale appare infatti con una simile barbula rotond. nelle monete del 18o d. C., mentre nei precedenti conî di Marco Aurelio era raffigurato imberbe.

Si ritrovano nei ritratti imperiali di C. la ricerca del volumetrico propria dell'arte antonina, e soprattutto l'amore pei contrasti tonali, divenuto anzi carattere essenziale dell'opera: i contrasti fra la chiara levigatezza delle carni, il graffito delle sopracciglia, degli occhi, dei baffi, e la massa articolata della chioma, profondamente lavorata dal trapano. Nelle immagini monetali dal 183 in poi si nota che la barba va diventando più volurninosa e va allungandosi in singole ciocche ricciute, sinché nelle emissioni del 185 l'aspetto dell'imperatore è già notevolmente cambiato. Esso, però, è più profondamente trasformato nelle effigi monetali del 188-189 e degli anni seguenti, fino alla morte: la struttura della testa è divenuta improvvisamente voluminosa e massiccia e si impianta su un collo robusto; in talune monete, fra le più tarde, la chioma ricciuta è coperta dalla pelle leonina, attributo di Ercole. Il cambiamento del tipo iconografico è infatti determinato non tanto dalla età quanto dalla volontà dell'imperatore di essere assimilato al dio, di cui egli pubblicamente assume gli attributi e l'appellativo di "Ercole Romano" (Hist. Aug., Comm., 8, 9; Herod., i, 14; Cass. Dio, 72, 22; 15 ss.; 20).

La consacrazione di C. vivente si compie negli stessi modi già usati da Nerone, di cui egli fa trasformare il colosso, posto davanti alla Domus Aurea, in una immagine di C.-Ercole.

Sulla base del confronto coi ritratti sulle monete sono stati datati quelli scultorei, nei quali compaiono corrispondenti carattenstiche. Sebbene il concetto di C.-dio vivente sia affermato particolarmente negli ultimi anni, il ben noto busto del Museo dei Conservatori a Roma, Sala degli Orti Lamiani (se ne conosce una sola copia, nel Museo Provinciale di Hannover), che raffigura Ercole, sembra ancora non lontano dai ritratti giovanili, e si può forse datare intorno al 185; i caratteri stilistici sono quelli sopraccennati e vi si unisce uno straordinario virtuosismo nel rendimento, ciocca per ciocca, delle masse pelose, si da doverlo ritenere un originale e un rappresentativo esempio del "barocco antonino". Il busto vaticano del Braccio Nuovo (altre copie al museo di Erbach, a Copenaghen e all'Ermitage), che è all'incirca della stessa età, ne differisce per la tecnica usata per la barba e per i capelli: con brevi, profondi solchi del trapano sono accentuati i chiaroscuri, trattate invece più uniformemente le ciocche. Questa tecnica è ancora più evidente nella testa su busto loricato della Sala dei Busti in Vaticano (n. 287), che rappresenta il ritratto più vicino agli aurei del 188-189, ispirato alla tipologia di Ercole; qui la chioma e la barba sono sentite come una massa compatta, alleggerita e mossa dal gioco d'ombre e luci suscitato con il trapano. Intermedio fra questi è probabilmente il ritratto del British Museum (altre copie in Houghton Hall, a Dresda e a Roma nel Palazzo Farnese). All'ultimo anno della vita di C. sono state attribuite la testa su busto di Monaco, che ha i caratteri, ancora più accentuati, di quella vaticana suddetta, e la testa colossale del Palazzo Ducale di Mantova (unica copia nei Magazzini Vaticani), che rappresenta C.-Ercole, opera di tendenza realistica non priva di vigoria. Alcuni ritratti provinciali rappresentano C.; uno incoronato, ad Atene, uno proveniente dal Cairo, uno rinvenuto nella Germania romana, ora a Stoccarda, e infine il più notevole, la testa colossale del Louvre proveniente da Markouna, che discende probabilmente da un'opera degli ultimi tempi del regno di C., ma che potrebbe essere stata eseguita anche postuma, tanto evidente è l'intento di rendere al di sopra dell'umano l'aspetto del principe. Anche più idealizzata appare una testa del Museo Naz. Romano, che raffigura C. giovane e imberbe; sul capo aveva la corona radiata metallica, come dio solare: e un'immagine di consacrazione eseguita sotto Settimio Severo, come indicano particolarmente il rendimento dell'occhio e lo sguardo rivolto di lato e verso l'alto, secondo la tendenza dell'epoca, a spiritualizzare la persona dell'imperatore.

Bibl.: J. J. Bernoulli, Römische Ikonographie, II, 2, Stoccarda 1891, p. 226 ss.; M. Wegner, Die Herrscherbildnisse in antoninischer Zeit, Berlino 1939, pp. 66 ss., 252 ss.; H. P. L'Orange, Apotheosis in Ancient Portraiture, Oslo 1947, p. 68 ss. Monete: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire, IV, Londra 1940, p. 689 ss.; M. Squarciapino, in Bull. Com., LXIX; Bull. Mus. Imp., XII, 1941, p. 139 ss.; G. Belloni, in Numismatica, XV, 1949, p. 47 ss.; J. Morris, in Journ. Warburg Courtauld Inst., XV, 1952, p. 33 ss.; A. de Franciscis, in Boll. d'Arte, XXXVII, 1952, p. 289 ss.