CONCILIO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1994)

CONCILIO

K. Corrigan

Il termine c. designa l'adunanza ufficiale in cui vescovi e altri membri della gerarchia ecclesiastica si riuniscono per prendere decisioni riguardanti questioni dottrinali e disciplinari. I c. si articolano in provinciali ed ecumenici; di questi ultimi la Chiesa romana ne riconosce ventuno, quella ortodossa sette.Delibere e sentenze messe a punto nei c. si conservano negli atti e nei canoni, che fin dall'epoca più antica furono raccolti in collezioni, insieme con altri documenti di diritto canonico. In area bizantina esisteva anche la consuetudine di redigere brevi compendi o sinossi, in cui venivano ricordate alcune informazioni essenziali, quali la città sede del c., il nome dell'imperatore che lo aveva indetto, la questione dottrinale affrontata, i pronunciamenti in materia di dottrina e il nome dell'eretico o degli eretici condannati; è possibile che proprio dai frontespizi delle sinossi o delle collezioni dei canoni abbiano avuto origine le immagini dei c. che si trovano rappresentati in Oriente e in Occidente, sia in singole scene sia in sequenze; i cicli monumentali appartengono tuttavia prevalentemente al mondo ortodosso. Quasi sempre le raffigurazioni dei c. si presentano come una sorta di ritratto di gruppo dei partecipanti e non come specifica narrazione dei procedimenti documentati dagli atti.La prima testimonianza di un'immagine relativa a un c. viene fornita da Agatone Diacono (Epilogus; Mansi, XII, coll. 189-196), che attesta che l'imperatore Filippico Bardane (711-713), sostenitore della dottrina monotelita e avverso alle risoluzioni del sesto c. ecumenico, ordinò la distruzione di un'immagine di quel c. posta all'interno del palazzo imperiale di Costantinopoli; lo stesso imperatore commissionò inoltre una serie di scene dei primi cinque c. per l'intradosso della porta del Milion, nel centro della città, facendo inserire, al posto del sesto c., ritratti dell'imperatore e del patriarca Sergio. Il successore di Filippico Bardane, Anastasio II (713-715), che fu antimonotelita, fece mettere al posto di questi ritratti un'immagine del sesto c., a sua volta sostituita dall'imperatore iconoclasta Costantino V (741-775) con scene di corse di cavalli. Le fonti attestano l'esistenza nel sec. 8° di serie di immagini di c., simili a queste, nel nartece o nell'atrio di S. Pietro a Napoli e di S. Pietro a Roma. Le rappresentazioni dei c. dovevano essere intese, in definitiva, fin dal principio, come professioni di fede, proclamanti l'ortodossia nei termini con cui era stata affermata nel c. stesso. Collocate in importanti luoghi pubblici, dove spesso erano esibiti i proclami ufficiali, le serie di immagini conciliari possedevano caratteristiche tali da assumere in qualche caso lo status di documento legale, come sembrerebbe evidenziato dalla composizione semicircolare e simmetrica, usualmente con la figura dell'imperatore al centro, secondo un modello forse influenzato da altre immagini dell'autorità, quali Cristo fra gli apostoli, la Pentecoste, il Giudizio universale e le raffigurazioni cerimoniali dell'imperatore di epoca tardoantica.Le prime rappresentazioni di c. conservate sono costituite da singole scene e non da cicli e rispondono a uno scopo in qualche misura a sé stante. Immagini del c. iconoclasta dell'815 compaiono sia in due salteri bizantini con figurazioni marginali, del sec. 9° (Mosca, Gosudarstvennyj Istoritscheskij Muz., Add. gr. 129, c. 23v; Athos, Pantocratore 61, c. 16r), sia nelle rappresentazioni da esse dipendenti, dei secc. 11°-14°, in cui le illustrazioni svolgono un ruolo attivo nella polemica anti-iconoclasta. In un manoscritto delle Omelie di Gregorio Nazianzieno, dell'879-883 (Parigi, BN, gr. 510, c. 355r), un'immagine del secondo c. ecumenico è utilizzata per sostenere le tesi del committente Fozio contro l'iconoclastia. In essa è già presente la consueta composizione simmetrica tipica di tutte le rappresentazioni di c.: l'imperatore Teodosio è seduto in mezzo a un gruppo di vescovi che occupano un sedile a forma di sigma, davanti a un complesso scenario architettonico; al centro della composizione è un vangelo posto sul trono, a simboleggiare la presenza dello Spirito Santo. Di fronte al trono compare un tavolo su cui si trovano due rotuli e un codice, che forse rappresentano i testi oggetto della disputa. Macedonio, condannato dal c. per eresia, è a sinistra, ai piedi dei membri del c., mentre a destra non si è conservata la corrispondente figura di Apollonio.Singole raffigurazioni di c. compaiono, con scopi diversi, in alcuni manoscritti di epoca mediobizantina. Nel Menologio di Basilio II, della fine del sec. 10° o degli inizi dell'11° (Roma, BAV, Vat. gr. 1613, c. 108r; Walter, 1970), l'immagine di un c. ecumenico introduce la lettura relativa alla giornata del 12 ottobre, che celebra i padri del secondo c. di Nicea. La composizione è simile a quella delle Omelie di Gregorio Nazianzieno di Parigi, ma è priva dello sfondo architettonico: vi è una croce al posto del vangelo e l'eretico sconfitto, insieme ai suoi scritti condannati, è raffigurato nel tipico atteggiamento di proskýnesis. In alcuni lezionari bizantini le immagini dei c. accompagnano le letture delle diverse feste che commemorano i padri dei c. ecumenici: per es. in un manoscritto di New York (Pierp. Morgan Lib., M.639, c. 42r; Walter, 1970, fig. 8) le figure di otto vescovi formano la lettera T, che costituisce l'iniziale della lettura che ricorda il primo c. ecumenico, mentre in basso Ario e Nestorio sono raffigurati in proskýnesis. In un codice delle Omelie di Gregorio Nazianzieno, del sec. 11° (Athos, Dionisio 61, c. 130r; Sieben, 1990, fig. 5), l'immagine del santo che si rivolge a un gruppo di vescovi disposti simmetricamente illustra l'omelia dello stesso Gregorio in occasione del secondo c. ecumenico. Infine in un manoscritto del sec. 12°, contenente la Cronaca di Giovanni Skilitze (Madrid, Bibl. Nac., Vit. 26-2, c. 128r e v; Walter, 1970, figg. 13-14), una serie di scene, di carattere più narrativo, come si conviene a una cronaca, raffigura il sinodo che espelle il patriarca Trifone (928-931).In Occidente le rappresentazioni di c. sono in massima parte reperibili nei manoscritti che contengono le raccolte dei testi conciliari. In una raccolta della metà del sec. 9° (Vercelli, Bibl. Capitolare, CLXV, cc. 2v, 3v, 4r e v; Walter, 1970, figg. 16-18) le raffigurazioni del c. sono molto simili ai primi esempi bizantini: l'imperatore in trono, che qui assume una particolare enfasi, è circondato da un gruppo di vescovi, mentre ai loro piedi si trovano gli eretici sconfitti con i loro scritti condannati. Immagini dei primi sei c. ecumenici sono contenute in un'altra raccolta conciliare che risale al sec. 11°, anche se forse le miniature sono precedenti (Roma, BAV, Vat. lat. 1339, cc. 7v-10r; Walter, 1970, figg. 29-30); in questo caso sia le raffigurazioni sia le iscrizioni che le accompagnano sono fedeli al modello bizantino.Esistono numerosi e importanti manoscritti spagnoli che contengono immagini di c., come per es. il Codex Vigilianus Albeldensis, del 976 (Escorial, Bibl., d.I.2, cc. 85v, 133v, 142r, 161r, 180v, 344r, 428r; Walter, 1970, figg. 20, 21, 24), dove le rappresentazioni dei sinodi della Spagna illustrano un trattato sui c. di s. Isidoro, per lo più mediante la raffigurazione di un vescovo e di un certo numero di chierici impegnati a discutere. Una complessa composizione su quattro registri (c. 142r) rappresenta uno dei c. di Toledo e mostra vari elementi figurativi identificati da un'iscrizione come le mura della città di Toledo, le due chiese in cui si tenne il c., il custode, il vescovo seduto e diversi chierici fiancheggiati da alberelli stilizzati. Un'altra interessante miniatura di questo manoscritto (c. 344r; Walter, 1970, fig. 21) illustra una processione in cui un diacono mostra un documento, in forma di dittico, sul quale sono scritti i canoni. Nel Codex Aemilianus (Escorial, Bibl., d.I.1; Walter, 1970, fig. 21), di poco posteriore (992 ca.), sono in molti casi ripetute le stesse miniature del Vigilianus Albeldensis. In una raccolta conciliare del sec. 13°, il Codex Toledanus (Madrid, Bibl. Nac., Vit. 15-5, c. 12v), i decreti sinodali del c. di Toledo sono preceduti da immagini del re e del vescovo in trono, con varie file di vescovi seduti, tutti posti all'interno di cornici arcuate e trilobate, con facciate e torri nei pennacchi.L'unica raccolta greca di canoni corredata di miniature, del sec. 10°, forse di origine italiana (Parigi, BN, Suppl. gr. 1085), presenta nelle testate delle pagine gli stessi motivi delle cornici del Codex Toledanus; il più elaborato è quello che introduce i canoni del secondo c. di Nicea (c. 97r).Rappresentazioni musive aniconiche dei c. si trovano nella navata della chiesa della Natività a Betlemme: sulla parete meridionale le sinossi dei sette c. ecumenici, racchiuse da doppie arcate separate da candelabri ornati da motivi fitomorfi; sulla parete settentrionale le sinossi di sei sinodi provinciali, racchiuse in cornici architettoniche più elaborate che rappresentano le città sedi dei c. separate da motivi a candelabra; una grande croce gemmata segna il centro della composizione. Questi mosaici sono da riferire alla nuova decorazione della chiesa nel 1169 e costituiscono un programma - commissionato dall'imperatore bizantino con il contributo del re latino di Gerusalemme e del vescovo latino di Betlemme ed eseguito probabilmente da artisti locali - che è stato considerato una decisa affermazione di ecumenismo, come sembrano confermare i soggetti rappresentati. Anche se le complesse cornici architettoniche in cui sono ubicate le immagini dei c. hanno un punto di riferimento nelle miniature citate, i motivi utilizzati a Betlemme potrebbero essere stati influenzati anche dai mosaici aniconici della Cupola della Roccia e della moschea di al-Aqṣā a Gerusalemme, edifici entrambi restaurati nel sec. 11°, sotto il controllo dei crociati. La scelta di un programma aniconico permise di evitare alcuni dei problemi posti dalla tradizione figurativa, come la collocazione dell'imperatore in posizione centrale - che poteva apparire una scelta eccessivamente filobizantina - o la posizione predominante di alcuni vescovi, in particolare di quelli di Roma e di Costantinopoli. Le rappresentazioni aniconiche potevano anche essere sentite come le più idonee a un monumento che intendeva proclamare la fede cristiana, in antitesi alla tesi musulmana che reputava i c. ecclesiastici responsabili della corruzione dell'insegnamento di Gesù. La forma a dittico utilizzata nel rappresentare i c. ecumenici conferisce loro un'autorità ancora maggiore; gli elementi di architettura civile ed ecclesiastica che fanno da cornice ai sinodi provinciali, oltre a ricollegarsi alle cornici dei manoscritti miniati, possono anche riflettere l'interesse già vivo degli artisti locali per le rappresentazioni topografiche.Cicli monumentali di immagini di c. sembra fossero piuttosto comuni nel mondo bizantino; tuttavia quasi tutti quelli conservati sono databili a partire dal sec. 13° e alcuni di essi si trovano al di fuori del territorio bizantino in senso stretto. La maggior parte di tali rappresentazioni si attenne a un tipo di composizione simmetrica convenzionale, con l'imperatore al centro in posizione dominante e la raffigurazione della disputa tra gruppi di chierici ortodossi ed eretici.Frammenti di un ciclo di questo tipo, databile probabilmente al sec. 12° (Walter, 1970, p. 120), si conservano nel nartece di S. Nicola a Myra (od. Demre), in Turchia; un altro ciclo del sec. 13°, anch'esso frammentario, si trova nel nartece della chiesa metropolitana di S. Demetrio a Mistrà, in Grecia. I cicli delle rappresentazioni conciliari erano generalmente raffigurati nel nartece, forse perché si trattava del luogo in cui spesso venivano resi pubblici i proclami religiosi e dal quale i penitenti e i battezzandi potevano seguire la liturgia.Una serie di otto scene di c., di cui oggi ne sono visibili solo parzialmente quattro, decorava le volte del nartece della chiesa del monastero delle Blacherne nei pressi di Arta, in Epiro. Si è ipotizzato che l'ottava rappresentazione possa essere quella del sinodo delle Blacherne, tenuto a Costantinopoli nel 1283, oppure quella del sinodo di Atramyttion del 1284, che rifiutò l'unione delle chiese bizantina e romana; le due donne nella scena sarebbero in questo caso la basilissa Anna Paleologina di Arta e sua sorella, entrambe di idee antiunioniste, che parteciparono al sinodo. In tal senso l'aggiunta della scena di questo ottavo c. costituirebbe una sorta di adeguamento di una più generale professione di fede alla particolare situazione locale.Anche molti cicli conciliari presenti nei narteci delle chiese serbe e macedoni dei secc. 13° e 14° (Arilje, Dečani, Djurdjevi, Stubovi, Mateic, Ochrida, Peč, Sopočani) non sempre contengono la serie completa dei sette c., ma in diversi casi (Arilje, Peč, Sopočani) sono state aggiunte rappresentazioni di importanti c. provinciali. A Sopočani un ciclo di otto scene occupa il centro della parete orientale del nartece: in basso a destra è rappresentato il c. convocato da Stefano Nemanja per condannare il bogomilismo; l'intero ciclo, associato ad altre immagini del nartece che esaltano la dinastia regnante, sembra pertanto inteso a sottolineare il ruolo dei sovrani serbi garanti dell'ortodossia da loro stessi definita. Il medesimo intento di riaffermare l'ortodossia tramandata dalla dinastia dei Nemanja è sotteso alla serie delle quattro immagini conciliari nelle volte dell'atrio della chiesa di S. Demetrio a Mistrà, che comprende, oltre al c. di Stefano Nemanja, anche quello di s. Sava, che di fatto istituiva l'autocefalia della Chiesa serba.La tradizione delle rappresentazioni conciliari che si formò in Serbia ebbe ampia diffusione anche nei territori circostanti; di questa tradizione figurativa esistono numerosi esempi di epoca postbizantina in Bulgaria, Romania e Grecia. In quest'ultima area geografica, in particolare sul monte Athos, immagini di c. decorano le pareti dei refettori monastici; per la maggior parte queste raffigurazioni, pur essendo di epoca tarda, sono probabilmente copie di composizioni precedenti. Nel refettorio del monastero di S. Giovanni Teologo a Patmo rimangono tracce significative del ciclo di immagini conciliari del sec. 13°, nelle quali sia i rappresentanti dell'ortodossia sia i loro oppositori presentano lunghi rotuli che proclamano le loro rispettive posizioni dogmatiche.

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