Condominio e lastrico solare

Il Libro dell Anno del diritto 2017

Condominio e lastrico solare

Antonio Scarpa

Cass., S.U., 10.5.2016, n. 9449, ha affermato che dei danni per infiltrazioni d’acqua subiti dall’appartamento sottostante al lastrico solare o alla terrazza a livello non comuni a tutti i condomini rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del bene, ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, rimanendo il concorso delle rispettive responsabilità regolato, salvo prova contraria, dalla misura proporzionale indicata nell’art. 1126 c.c.

SOMMARIO 1. La ricognizione. Cass., S.U., n. 9449/2016 2. La focalizzazione. Dall’obligatio propter rem alla responsabilità 3. I profili problematici. Solidarietà e legittimazione passiva

La ricognizione. Cass., S.U., n. 9449/2016

Cass., sez. II, ord. 13.6.2014, n. 13526, aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione del risarcimento dei danni da infiltrazioni all’appartamento sottostante, provenienti da un terrazzo a livello di proprietà esclusiva avente funzione di copertura del fabbricato condominiale. Il giudice del merito aveva fatto applicazione del principio affermato da Cass., S.U., 29.4.1997, n. 3672, secondo cui di tali danni devono rispondere, in base alle proporzioni stabilite dall’art. 1126 c.c., tutti i condomini ai quali il bene stesso serva da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo del lastrico o del terrazzo nella misura del terzo residuo.

Cass., S.U., 10.5.2016, n. 9449, accoglie l’invito al ripensamento della questione posto con l’ordinanza di rimessione, e risponde che la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo, quanto alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo, debba essere collocata comunque nell’ambito di operatività dell’art. 2051 c.c. Peraltro, tenuto conto della funzione assolta nell’assetto condominiale dal lastrico o dalla terrazza posta a copertura dell’edificio, le Sezioni Unite configurano ora la concorrente responsabilità del condominio, nel caso in cui l’amministratore ometta di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni su di lui gravanti, in base all’art. 1130, co. 1, n. 4, c.c., ovvero, nel caso in cui l’assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria, in base all’art. 1135, co. 1, n. 4, c.c. La soluzione offerta da Cass., S.U., n. 9449/2016 poggia sulla considerazione che chi abbia l’uso esclusivo del lastrico o della terrazza si collochi, rispetto al bene, in una posizione del tutto specifica, consistente nel «potere di governo sulla cosa», che lo costituisce quale custode. Sicché, per ravvisare la responsabilità dell’usuario esclusivo del lastrico o della terrazza, è sufficiente la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che assuma rilievo alcuno la condotta del custode o l’osservanza di alcun obbligo di vigilanza. Tale responsabilità del titolare dell’uso esclusivo (che ha ad oggetto la superficie del bene), avvertono le Sezioni Unite, ha una chiara natura extracontrattuale, e non è quindi ricostruibile come inadempimento di un debito propter rem. Gli artt. 1130, co. 1, n. 4, e 1135, co. 1, n. 4, c.c. valgono, invece, a fondare la concorrente responsabilità della gestione condominiale per la parte strutturale sottostante al lastrico o alla terrazza, la quale costituisce una cosa comune, perché contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio.

Rimane al di fuori di tale imputazione duale della responsabilità il caso in cui risulti provato che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico o della terrazza abbia tenuto una condotta idonea ex se a provocare l’infiltrazione.

Dunque, il fondamento della responsabilità aquiliana per i danni patiti dal terzo viene ora rinvenuto dalle Sezioni Unite, quanto al titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico o della terrazza, nel dovere di custodia ex art. 2051 c.c. inerente alla superficie della cosa, e, quanto al condominio, con riguardo alla struttura comune ad essa immediatamente sottostante – sulla quale non è predicabile una “custodia” nei medesimi termini affermati per la copertura esterna –, nel “dovere di controllo” gravante sull’amministrazione condominiale. Poiché, allora, l’esecuzione delle opere necessarie ad evitare il deterioramento del lastrico o della terrazza a livello e il conseguente danno da infiltrazioni richiede la necessaria collaborazione del titolare del diritto di uso esclusivo e del condominio, Cass., S.U., n. 9449/2016 conclude nel senso che l’art. 1126 c.c. si presti quale congruo criterio di ripartizione del danno stesso, in quanto «parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini in essa delineati».

La sentenza spiega, quindi, che debbano trovare applicazione «tutte le disposizioni che disciplinano la responsabilità extracontrattuale». Di tal che, del danno provocato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello risponde sempre chi fosse proprietario o titolare del diritto di uso esclusivo al momento del verificarsi del fatto, in quanto l’acquirente di una porzione condominiale non può essere gravato degli obblighi risarcitori sorti in conseguenza di un illecito compiutosi prima dell’acquisto. Rilevano, altresì, i limiti alla responsabilità del custode propri dell’art. 2051 c.c. Infine, chiariscono le Sezioni Unite, opera «la disposizione di cui all’art. 2055 c.c., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio». Si richiama sul punto il precedente costituito da Cass., 29.1.2015, n. 1674.

La focalizzazione. Dall’obligatio propter rem alla responsabilità

Sotto il profilo sistematico, Cass., S.U., n. 9449/2016 ha l’innegabile merito di aver ricondotto la questione del risarcimento del danno cagionato dall’omessa o inefficiente manutenzione del lastrico solare o della terrazza a livello di uso esclusivo, avente utilità di copertura dell’edificio condominiale, all’ambito della responsabilità extracontrattuale, superandone l’inappagante qualificazione in termini di inadempimento contrattuale di obblighi propter rem.

Cass., S.U., n. 3672/1997 aveva affermato che la responsabilità per i danni causati all’unità immobiliare posta al di sotto del lastrico o della terrazza dovesse imputarsi a tutti i soggetti obbligati dal medesimo art. 1126 c.c. e inadempienti al vincolo di conservazione, secondo le frazioni ivi indicate. La sentenza del 1997 negava che tale responsabilità risarcitoria discendesse dell’art. 2051 c.c., o dal generale principio del neminem laedere, considerando la stessa, piuttosto, effetto della titolarità del diritto reale e, quindi, dell’inadempimento delle obbligazioni di conservare le parti comuni, dettate dall’art. 1123, co. 1, c.c. e dall’art. 1126 c.c. Poiché le obbligazioni propter rem di conservazione coinvolgerebbero tutti i rapporti inerenti all’edificio, la susseguente responsabilità per inadempimento coprirebbe altresì i danni arrecati ai beni comuni costituenti il fabbricato.

L’assetto prescelto da Cass., S.U., n. 3672/1997 suscitava, invero, molte perplessità1. A partire dalla premessa teorica secondo cui l’art. 1126 c.c. delineerebbe un’ipotesi di obligatio propter rem, nel senso che l’obbligo di partecipazione alle spese di conservazione del lastrico o terrazzo di uso esclusivo trovi la propria unica fonte nella titolarità del bene. Il dovere di contribuire ai costi di manutenzione del lastrico o del terrazzo rinviene la sua ragione non in un rapporto di carattere reale tra i condomini sottostanti e il bene, quanto nell’utilità che essi ne traggono («cui il lastrico serve», dice l’art. 1126 c.c., adoperando lo stesso verbo servire cui fanno ricorso i co. 2 e 3 dell’art. 1123 c.c.): ciò connota il debito dei condomini tenuti alla spesa come obbligo, piuttosto, propter utilitatem. Manca, d’altro canto, in tutti i debiti per le spese condominiali il tratto caratteristico delle obbligazioni propter rem, ovvero l’ambulatorietà dal lato passivo, la quale comporta che, trasferito il diritto sulla cosa, si verifica l’estinzione dell’originaria obbligazione e la nascita di una diversa in capo al nuovo titolare reale. Nei debiti del condominio edilizio, la professata natura propter rem si riduce nell’attribuire alla titolarità del diritto reale sulla res la funzione di identificazione per relationem del soggetto debitore: di tal che ambulatoria non è, allora, l’obbligazione in sé, quanto unicamente la causa della sua insorgenza2. Peraltro, il nesso tra obbligo di contribuzione alle spese condominiali e contestuale titolarità della situazione reale, che dovrebbe costituirne il presupposto causale, risulta ancor più labile dopo la riforma introdotta con l. 11.12.2012, n. 220 (si pensi al debito per le riparazioni straordinarie cui è vincolato solidalmente l’usufruttuario di una porzione condominiale, ai sensi dell’art. 67, co. 8, disp. att. c.c., o all’obbligo per le spese cui rimane tenuto chi alieni l’unità immobiliare finché non trasmetta all’amministratore copia autentica del titolo di trasferimento, ai sensi dell’ art. 63, co. 5, disp. att. c.c., come, ancora, alla garanzia dovuta dai condomini in regola coi pagamenti per i contributi dovuti dai morosi, ex art. 63, co. 2, disp. att. c.c.).

Inoltre, la sentenza del 1997 delle Sezioni Unite, riconducendo la responsabilità per danni provocati dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico

o dal terrazzo ad un’ipotesi di inadempimento, induceva a pensare alla prestazione delle spese necessarie a garantire l’integrità di tali beni come oggetto di un vincolo obbligatorio propter rem esistente non solo nei confronti del condominio, ma anche direttamente nei confronti del proprietario dell’appartamento sottostante. Evidentemente rilevanti, quanto incongrue, erano pure le conseguenze di disciplina derivanti dall’individuazione del fondamento del diritto al risarcimento dei danni nell’inadempimento di obbligazioni propter rem: si pensi alla soggezione dell’azione risarcitoria alla prescrizione decennale, e non a quella quinquennale prevista dall’art. 2947 c.c., come anche alle regole dettate, in ordine al regime probatorio, dall’art 1218 c.c.

E c’è un ulteriore profilo sistematico che spinge a plaudire alla rielaborazione della questione offerta da Cass., S.U., n. 9449/2016.

Partendo da un postulato comune al tema della responsabilità contrattuale, si esclude solitamente la sussistenza di una responsabilità aquiliana per fatto illecito imputabile al condominio, dovendosi sempre riferire direttamente ai singoli condomini gli obblighi risarcitori. Si tratta, quindi, di un unico danno, imputabile alle condotte, commissive o omissive, dei singoli componenti della compagine condominiale, ovvero alle condotte di una pluralità di persone tutte causalmente efficienti a produrre l’evento. Opera perciò la regola della solidarietà passiva di cui all’art. 2055 c.c., salvo che non sia possibile accertare che il danno al terzo sia stato provocato da uno, o da alcuni soltanto, dei condomini3. La responsabilità solidale dei condomini per l’obbligo risarcitorio ad essi imputabile è volta, in forza dell’operatività dell’art. 2055 c.c., a rafforzare la garanzia del danneggiato, e non certo ad alleviare la responsabilità degli autori dell’illecito.

Viceversa, le norme in materia di ripartizione pro quota degli oneri condominiali, di cui agli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., risultano inutilizzabili per i debiti risarcitori dei condomini verso i terzi. Il danno è l’elemento materiale dell’illecito civile, ed il suo verificarsi costituisce il presupposto fondamentale per l’affermazione di responsabilità, la quale, appunto, si realizza nell’imposizione ad un soggetto dell’obbligo di risarcimento, che è cosa diversa dall’obbligo di spesa. L’accertamento della responsabilità e l’imputazione di un danno esulano, pertanto, dalle attribuzioni dell’amministratore come dalle potestà deliberative dell’assemblea. Il giudizio aquiliano di responsabilità, del resto, prescinde da ogni necessaria considerazione della relazione di titolarità con la res, ovvero dell’utilità che il danneggiante tragga da essa: le fattispecie di imputazione del danno praticano, piuttosto, criteri di traslazione con funzione compensativa, in ossequio ai doveri di solidarietà4.

I profili problematici. Solidarietà e legittimazione passiva

La sistemazione della questione scelta da Cass., S.U., n. 9449/2016 poggia, come visto, sull’affermazione della concorrente responsabilità extracontrattuale del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico o della terrazza, nascente dalla violazione del dovere di custodia ex art. 2051 c.c., e del condominio (rectius, dei singoli condomini cui il bene «serve»), per violazione del dovere di controllo ex artt. 1130, co. 1, n. 4, e 1135, co. 1, n. 4, c.c. A questa prima conclusione fa seguito quella secondo cui tali concorrenti responsabilità sono legate dal nesso di solidarietà di cui all’art. 2055 c.c., ma, ad avviso delle Sezioni Unite, il danneggiato può agire nei confronti del singolo condomino soltanto nei limiti della quota imputabile al condominio, ovvero nei limiti dei due terzi dei danni subiti.

Si prospetta, quindi, la situazione di un medesimo danno (da infiltrazioni all’appartamento sottostante), provocato da più soggetti (il condomino titolare del diritto di uso esclusivo sul bene ed i condomini titolari delle unità immobiliari da quello coperte) per effetto di diversi titoli di responsabilità. La responsabilità del titolare d’uso esclusivo ha fondamento nell’art. 2051 c.c., gravando in capo a soggetto posto in speciale relazione di sorveglianza col bene, mentre la responsabilità dei condomini, cui il bene stesso serva da copertura, si radica sulla generale responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., ed è originata da una condotta omissiva di questi ultimi, che si concretizza nella violazione delle specifiche norme della disciplina del condominio edilizio istitutive dell’obbligo di conservazione inadempiuto. Nulla osta, sotto un profilo dogmatico, all’astratta configurabilità di un concorso causale nell’evento dannoso da parte del custode, per il titolo di cui all’art. 2051 c.c., e di altri soggetti, per il distinto titolo di responsabilità generica ai sensi dell’art. 2043 c.c. Sul custode, titolare dell’uso esclusivo del lastrico o della terrazza, incomberà, così, la prova liberatoria della ricorrenza del caso fortuito, mentre il danneggiato, proprietario dell’appartamento sottostante, dovrà provare la colpa dell’amministratore o dell’assemblea condominiale. Si tratta, quindi, di situazione che genera una solidarietà impropria, in quanto relativa a rapporti eziologicamente ricollegati a fonti diverse, ed in particolare a distinti titoli extracontrattuali. La conseguenza della corresponsabilità in solido, ex art. 2055 c.c., dovrebbe, tuttavia, comportare che la domanda del proprietario dell’appartamento sottostante danneggiato vada intesa sempre come volta a conseguire per intero il risarcimento dal titolare dell’uso esclusivo del lastrico o del terrazzo, o da ciascuno dei condomini da esso coperti, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno, non rilevando, quindi, rispetto all’attore, i limiti quotistici del terzo o dei due terzi, pari alle frazioni imputabili all’uno o agli altri a norma dell’art. 1126 c.c. L’accertamento del rapporto proporzionale del diverso contributo causale di ciascun concorrente alla determinazione del danno riveste, semmai, importanza nei rapporti interni fra i corresponsabili, ove in tal senso sia stata formulata apposita domanda ai fini del regresso.

Un secondo profilo problematico, che può prospettarsi alla luce della motivazione di Cass., S.U., n. 9449/2016, attiene alla legittimazione passiva dell’amministratore di condominio rispetto all’azione risarcitoria proposta dal proprietario dell’appartamento sottostante. Le Sezioni Unite affermano inequivocamente che tale azione deduce non un credito da obbligazione propter rem, ma una responsabilità per illecito aquiliano, responsabilità che per i condomini, cui il lastrico o la terrazza serve da copertura, si fonda sull’art. 2043 c.c. e non sull’art. 2051 c.c. Proprio in ragione della natura extracontrattuale della responsabilità, ove vi siano stati mutamenti soggettivi nella compagine condominiale, la domanda, osserva la Suprema Corte, va rivolta nei confronti di coloro che erano proprietari delle unità immobiliari al momento del fatto dannoso, non potendo i successivi acquirenti di singole porzioni risentire di obblighi risarcitori per danni cagionati prima del loro acquisto.

Negandosi, per principio autoevidente, la riferibilità della responsabilità aquiliana al condominio in quanto tale, come al suo amministratore (per quanto afferma, ad esempio, la citata Cass. n. 1674/2015), e riaffermate ora le responsabilità concorrenti ma distinte del titolare dell’uso esclusivo del terrazzo e dei condomini sottostanti, c’è da chiedersi se rimanga valida la pregressa opzione giurisprudenziale, secondo cui l’azione risarcitoria per i danni cagionati dal lastrico o dal terrazzo di uso esclusivo dovrebbe essere comunque sempre proposta nei confronti del condominio, in persona dell’amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini obbligati, come appena precisato, ex art. 2043 c.c.5 D’altro canto, ove, in seguito al verificarsi del danno subito dall’appartamento sottostante al lastrico o al terrazzo, si fosse perfezionato il trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare, cui il bene serve da copertura, l’obbligo risarcitorio, come visto, non si trasferisce in capo all’acquirente, eppure l’alienante, avendo ormai perso la qualità di condomino, non potrebbe più essere rappresentato dall’amministratore.

Note

1 Sia consentito rinviare indicativamente a Scarpa, A., Le obbligazioni del condominio, II ed., Milano, 2007, 159 ss.; Scarpa, A., in Il nuovo condominio, a cura di R. Triola, Torino, 2013, 985 ss., 1025 ss.

2 Si veda Comporti, M., Diritti reali in generale, Milano, 1980, 5.

3 È utile, in proposito, leggere la motivazione di Cass., 29.1.2015, n. 1674 (richiamata pure da Cass., S.U., n. 9449/2016); questa sentenza ha affermato espressamente l’applicabilità dell’art. 2055, co. 1, c.c. per i danni da cosa in custodia di proprietà condominiale, negando, peraltro, l’identificabilità quali custodi del condominio in quanto tale, come del suo amministratore, e perciò individuando tutti i singoli condomini come soggetti solidalmente responsabili ai fini del risarcimento.

4 Si assume che alla responsabilità solidale dei condomini verso i terzi danneggiati farebbe riscontro, nei rapporti interni, la ripartizione proporzionale alle rispettive quote: così Vidiri, G., Il condominio nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, 1999, 380; Peretti Griva, D.R., Il condominio di case divise in parti, Torino, 1960, 400.

5 Cfr. Cass., 21.2.2006, n. 3676; Cass., 17.1.2003, n. 642; Cass., 15.7.2002, n. 10233, in Foro it., 2003, I, 201; Cass., 11.9.1998, n. 9009, in Riv. giur. ed., 1999, I, 35, con nota di Ditta, E., Brevi note in tema di terrazza a livello; si vedano anche Cass., 25.8.2014, n. 18168; Cass., 7.5.1981, n. 2998; Cass., 18.10.1976, n. 3570. In dottrina, Colonna, V., Sub art. 1131, in Comm. c.c. Gabrielli, Della Proprietà, III, a cura di A. Jannarelli e F. Macario, Torino, 2013, 454, reputa l’amministratore «passivamente legittimato rispetto alle domande risarcitorie fatte valere da terzi o anche da condomini per i danni che siano derivati da beni condominiali o da cose di cui, a prescindere dalla titolarità, abbia la custodia (con i relativi obblighi di gestione, manutenzione e vigilanza) il condominio».

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