Confucianesimo

Dizionario di filosofia (2009)

confucianesimo


Tradizione etico-religiosa fra le più diffuse in Cina e in altri paesi dell’Asia orientale (Corea e Giappone); il termine ebbe origine, forse nel 19° sec., dal nome di Confucio (➔), a sua volta traslitterazione latina del cinese Kong Fuzi, adottata dalla fine del 16° sec. dai religiosi della Compagnia di Gesù missionari in Cina. La filosofia confuciana trae fondamento dalla relazione necessaria e dinamica fra tian («Cielo»), di («Terra») e ren («uomo»). Questo è l’Universo confuciano, ove il Cielo al di sopra domina tutto, la Terra in basso tutto raccoglie e l’uomo, sotto il Cielo e sopra la Terra, contribuisce al mantenimento dell’armonia cosmica. Dal «dao del Cielo» (tian dao) derivano le norme etiche e dal Cielo le virtù che, manifeste nella condotta del sovrano, uomo per eccellenza, governano senza forza gli uomini e che invece, tradite dallo stesso sovrano, sono causa di ogni sciagura. Gli uomini perseguono la perfezione della propria natura e tale è il vero fine dell’esistenza umana. Solo quando tutti gli uomini saranno dediti alla cura della loro natura, il mondo potrà conservarsi in pace e l’armonia prevalere ovunque. Nel mondo deve «splendere la virtù luminosa» (ming mingde) e il sovrano, applicandosi alla perfezione della propria natura, assurge a esempio per gli altri uomini che ne seguono naturalmente la luminosa condotta. I «riti» (li), che non sono vuote e formali prescrizioni ma la via che perpetua il modus vivendi dei virtuosi sovrani del passato, sono l’unico modo per disciplinare la condotta umana e fissare nella società le relazioni gerarchiche. Ognuno agisce pertanto conformemente al ruolo stabilito dai riti, sicché il sovrano agisce da sovrano, il ministro da ministro, il padre da padre, il figlio da figlio, l’amico da amico ecc. Sebbene a lungo si sia dibattuto sulla natura religiosa o meno della tradizione confuciana, certamente religioso è quel complesso di credenze assai evidenti nella dottrina del culto degli antenati. Si credeva, infatti, che la vita degli esseri umani sorgesse dalla combinazione di hun («spirito») e po («anima»). La morte, invece, segnava inesorabilmente l’ascesa di hun al Cielo e la caduta di po nella Terra. Allora il sacrificio riservato all’antenato richiamava quelle forze: con la musica lo spirito discendeva dal Cielo e con le libagioni l’anima affiorava. Altrettanto diffusa era la credenza negli spiriti naturali, quelli del Cielo (Sole, Luna, stelle) e della Terra (monti e fiumi), tanto che era quotidiana la partecipazione dei confuciani a pratiche rituali celebrate in templi o aree sacre. Con il passare dei secoli tale credenza divenne sempre più parte di un sistema morale universale: celebrare determinati riti significava sia affermare l’assoluta unità del cosmo, del mondo umano e naturale, sia nutrire l’armonia onnipervadente. Fedeli alla dottrina di Confucio, i confuciani, chi più e chi meno, professarono tutti l’insegnamento affinché gli uomini potessero diventare uomini nobili (junzi). Si sviluppò così nel tempo un vero e proprio sistema di scuole e nel periodo delle dinastie Song-Ming (secc. 10°-17°) molte furono trasformate in accademie (Shu yuan), dove era consuetudine studiare e insegnare i classici confuciani, dibattere questioni etiche e filosofiche, regolare il sistema degli esami.