CONGRESSO

Enciclopedia Italiana (1931)

CONGRESSO (lat. congressus)

Marcello GIUDICI
Mario MENGHINI
Giuseppe GABRIELI
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Come indica l'etimologia della parola (dal lat. congredior "procedo insieme", quindi, per traslato, "converso") è qualsiasi riunione per deliberare circa interessi o questioni d'interesse comune. In molte costituzioni nelle quali il potere legislativo è attribuito a due camere, per "congresso" s'intende la riunione e l'insieme di esse (v. p. es. stati uniti: Ordinamento dello stato).

Congressi e conferenze internazionali.

Nei rapporti interstatali dei tempi moderni, quando una contestazione tocca un interesse comune a più stati, si passa normalmente dalla trattazione bilaterale a quella collettiva in due forme, le quali hanno la comune caratteristica che gli organi degli stati, da questi delegati a condurre i negoziati, esprimono oralmente, dopo essersi adunati in persona, la volontà dei soggetti di diritto internazionale che rappresentano.

Fino a tutto il sec. XIX, si facevano fra le due forme le seguenti distinzioni, mai però con valore assoluto: i congressi internazionali sono delle assemblee di parecchi rappresentanti di più stati, per discutere e deliberare sopra argomenti politici importanti, per trattare dei supremi affari interstatali; si occupano o di concludere la pace dopo un grave conflitto interessante più nazioni, o di ricercare i mezzi per completare e stabilire una pace precedentemente stipulata, o di tentare di prevenire le conflagrazioni internazionali, conciliando le pretese opposte di più popoli. Il programma del congresso pertanto abbraccia abitualmente una pluralità di questioni vaste e complesse, la soluzione delle quali segna un periodo storico. E invero, la maggior parte dei grandi trattati internazionali sono stati preceduti da congressi, nel seno dei quali essi sono stati elaborati. In generale, vi partecipano solo le grandi potenze, rappresentate dai loro sovrani e dai primi ministri o dai ministri degli affari esteri e vi si prendono decisioni definitive.

Le conferenze invece sono per lo più riunioni di plenipotenziarî, alle deliberazioni dei quali sono sottomesse questioni di carattere specialissimo e relativamente limitato: o esaminano le obbligazioni politiche esistenti e ne determinano il senso, ovvero preparano la soluzione di qualche affare difficile e importante da discutersi in un prossimo congresso con voto talora solo consultivo, o trattano rapporti internazionali economici, giuridici e amministrativi. Vi può essere conferenza (da "conferire") di due sole persone; laddove non si designerà mai col nome di congresso un convegno di due individui. Ma nel passato non sempre fu possibile stabilire una distinzione precisa tra congressi e conferenze, giacché più d'un congresso non è stato in realtà che una successione di conferenze, senza risultati positivi; e più d'una conferenza ha preso i caratteri d'un congresso. È così che le "conferenze" di Londra del 1830-33 e del 1839, che condussero alla creazione del regno del Belgio, ove l'Austria, la Francia, la Gran Bretagna, la Prussia, la Russia erano rappresentate, sono state veri congressi; mentre, p. es., il congresso di Reichenbach, ove fu conclusa nel 1790 una convenzione che appianò i dissensi tra l'Austria e la Prussia, non era che una conferenza. E da alcuni fu sostenuto che i "congressi" di Aquisgrana nel 1818, di Troppau nel 1820, di Lubiana nel 1821, di Verona nel 1822 sono stati piuttosto delle conferenze; e che, dall'altra parte, impropriamente si designa "conferenza" quella di Londra del 1871, che arrecò a favore della Russia una sostanziale modificazione alle stipulazioni del congresso di Parigi del 1856 concernenti le limitazioni imposte a quella potenza nel Mar Nero; e con maggior fondamento si criticò infine la denominazione di "conferenza" a quella di Berlino del 1885, riguardante la colonizzazione africana (v. più avanti).

Oggi queste due specie di riunioni diplomatiche, aventi, dal punto di vista giuridico, un identico valore, sembrerebbero essere d'importanza eguale. Basti ricordare le "conferenze della pace" all'Aia (1899 e 1907) e la "conferenza" di Parigi del 1919; questa ultima, sotto gli auspicî del capo d'una delle maggiori potenze mondiali e composta d'un gran numero di primi ministri o ministri degli affari esteri: se pure non si debba invece dire poco corretta la denominazione invalsa per le prime, che provvidero a proclamare i sommi principî per consolidare la pace e prevenire la guerra, e quelli che devono governare certe materie in caso di guerra (v. più avanti, Congressi generali), e per l'assemblea di plenipotenziarî che negoziò e stipulò il Trattato di Versailles dopo la guerra mondiale.

Per il fatto poi che i congressi si fondano sulla concezione, almeno in Europa, d'una famiglia di sovrani o di popoli indipendenti, che hanno grandi, molteplici e continui interessi comuni e aspirano a costituire fra loro un sistema politico e un comune diritto, essi non si poterono avere nell'antichità, quando quella concezione non era ancora formata. Anche nel Medioevo, non avevano quella schietta personalità giuridica che è indispensabile a formare un vero congresso; il quale implica la coesistenza d'una moltitudine di stati sovrani e indipendenti e pur legati fra loro da comuni interessi politici ed economici e formanti una società con diritti e doveri reciproci.

Certamente i congressi internazionali si sono formati secondo il modello dei concilî della Chiesa e specialmente di quelli di costanza (1414-17) e di Basilea (1431-49), dove per la prima volta si trovarono riuniti i rappresentanti, con l'intervento anche di sovrani, dei cinque principali stati del tempo, per trattare di comuni interessi, sia pure prevalentemente ecclesiastici. E può considerarsi come primo esempio il congresso di Arras del 1435, inteso a porre fine alla guerra dei Cento anni tra la Francia da un lato e il re d'Inghilterra e il duca di Borgogna dall'altro. In esso erano rappresentati, oltre alle parti belligeranti, il papa, l'impero, una serie di altri stati, il concilio di Basilea, la città di Parigi e altre città francesi. Solo dopo le profonde scissioni religiose dei secoli XVI e XVII in Europa, dopo le lunghe e vaste guerre nate per motivi religiosi e politici fra i varî regni e le diverse repubbliche aspiranti all'equilibrio degli stati e delle confessioni, solo allora, mescolatisi gl'interessi di tutti e sviluppatosi in tutti il bisogno d'una pace universale, poté sorgere l'idea d'un congresso europeo, il quale ebbe luogo in Vestfalia. E in generale i congressi internazionali poterono riunirsi e sboccare ad alcuni risultati precisi e determinati solo per il fatto che gli stati, prendendovi parte, hanno riconosciuto la solidarietà che li unisce come membri della comunità internazionale della Magna Civitas. Le diverse sistemazioni concordate in questi congressi e conferenze sono stati sempre un risultato di concessioni reciproche fatte dai singoli a profitto degl'interessi internazionali generali, una manifestazione del sentimento di solidarietà che anima tutti i membri del sodalizio internazionale, associazione libera di popoli indipendenti, una rivelazione dell'unità della stessa loro cultura giuridica. I congressi e le conferenze, insomma, mirarono, e sempre meglio devono mirare in avvenire, a determinare in comune le condizioni necessarie al consorzio internazionale, il quale si realizza gradualmente, ma inevitabilmente, via via che i popoli comprendono il patto di fratellanza che li unisce e, per conseguenza, che essi si riconoscono come particolari organismi nell'organismo universale dell'umanità (v. qui appresso, § Congressi generali).

I congressi diplomatici non sono importanti solo dal punto di vista delle relazioni internazionali fra gli stati, e del regolamento dell'assetto politico europeo sulla base delle speciali condizioni storiche esistenti nel tempo in cui si riunivano: bisogna anche ricordare la sanzione che da essi ricevono certi solenni supremi principî del diritto delle genti, quando sian divenuti maturi nella coscienza degli stati. Congressi e conferenze, principalmente dall'inizio del sec. XIX, non solo hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo delle norne del diritto internazionale positivo, ma hanno anche esercitato una parte notevole nella costituzione del concerto europeo, cioè della società degli stati europei.

Dopo il già citato Congresso di Arras (1435), che può considerarsi il primo esempio di congresso internazionale vero e proprio, secondo la definizione data, non se ne sono più avuti fino alla metà del sec. XVII. Dopo d'allora, una trentina. Di ciascuno di essi sarà qui dato un breve cenno, salvo a rimandare, per i principali, alle voci speciali.

Münster-Osnabrück o Vestfalia (1643-48). Misero termine alla guerra dei Trent'anni (1618-48; v.). Solo al secondo parteciparono, insieme coi cattolici, i protestanti: in tutto 150 rappresentanti. Furono proclamati tre principî del vigente diritto pubblico europeo: a) libertà di coscienza, come legge internazionale, ed eguaglianza delle tre confessioni cattolica, luterana e calvinista; b) riconoscimento definitivo dell'autorità temporale del pontefice, considerata come superiore a quella dei singoli stati; c) libertà e coesistenza degli stati nella società internazionale.

Pirenei (1659) o dell'Isola dei Fagiani, più fastoso per il numero dei diplomatici intervenuti e per il loro seguito, che non importante per il numero degli stati interessati. Oltre a Francia e Spagna, vi erano rappresentati il duca di Lorena, il principe di Condé, i duchi di Savoia e di Modena. Lì fu preparato l'avvento dei Borboni sul trono di Spagna, e la Francia vi guadagnò il Rossiglione e l'Artois.

Breda (1667): pose termine a una breve guerra tra l'Inghilterra e l'Olanda.

Aquisgrana (1668): mise termine alla guerra di Devoluzione (v.).

Colonia (1673): durante la guerra d'Olanda. Non ebbe nessun pratico risultato, perché si sciolse per un grave incidente diplomatico.

Nimega (1676-78): pose fine alla guerra d'Olanda.

Ratisbona (1684): trattò delle arbitrarie annessioni di città alsaziane alla Francia, decise dalle Camere di Riunione.

Ryswick (1697): pose fine alla guerra della Lega di Augusta.

Utrecht-Rastadt (1712-14): misero termine alla guerra per la Successione spagnola (1700-14): vi parteciparono circa ottanta diplomatici. Si sviluppò sempre più il concetto della pluralità degli stati e della loro coesistenza nella società internazionale, e s'impedì che tra gli stati riconosciuti nel 1648 qualcuno acquistasse tale predominio da minacciare la sicurezza di tutti gli altri. Si affermò inoltre il principio del libero esercizio del commercio internazionale, riconoscendo la libertà della bandiera neutrale in tempo di guerra.

Anversa (1715): fra l'Olanda, l'Impero e l'Inghilterra (v. barriera, trattato della).

Cambrai (1722): vi parteciparono Francia, Inghilterra, Olanda e Impero. Filippo V rinunzia a ogni pretesa sull'eredità spagnola in Italia; l'imperatore Carlo VI alla rimanente medesima eredità; e si discute sulla successione dei Medici e dei Farnesi. Ma non si stipula nessun trattato.

Soissons (1728): litigi fra Filippo V e Luigi XV, sorti dal 1725 per un matrimonio mancato, provocano l'alleanza del primo con l'Impero, e del secondo con l'Inghilterra. La proposta del congresso evitò la guerra, ma esso non approdò a nulla. Solo col trattato di Siviglia, l'Inghilterra, la Francia e la Spagna assicurano a Don Carlos il possesso di Napoli.

Aquisgrana (1748): pone fine alla guerra per la successione d'Austria. Si giunge con esso, a dare all'Europa un assetto rispondente al principio di equilibrio continentale, gradito oramai a tutti gli stati. L'Inghilterra guadagnò definitivamente la supremazia marittima.

Teschen (1779): sulla questione della successione di Baviera.

Parigi (ottobre 1782-settembre 1783): chiude la lotta per l'indipendenza delle colonie inglesi dell'America Settentrionale, e le lotte rinnovatesi fra Inghilterra, Francia, Spagna e Olanda.

Versailles (1784): per l'annullamento del trattato di Anversa del 1715.

Rastatt (1797): seguì alla pace di Campoformio, dove l'Austria aveva trattato solo degl'interessi ereditarî, e non di quelli dell'Impero germanico. Durò dal 9 dicembre 1797 al 1° aprile 1799. Furono soddisfatte le richieste della Francia a cui fu ceduta la riva sinistra del Reno, che perciò divenne frontiera. Il congresso si chiuse drammaticamente, con l'assassinio di due negoziatori francesi.

Amiens (marzo 1802): vi parteciparono Inghilterra, Francia, Spagna, Napoli per Malta, la Repubblica batava, e vi si conchiuse la pace.

Erfurt (ottobre 1808): vi furono protagonisti Napoleone, attorniato da tutti i sovrani vassalli, e Alessandro di Russia.

Châtillon (3 febbraio-14 marzo 1814): Russia, Inghilterra, Austria e Prussia offrirono a Napoleone, con l'ultimatum dell'8 febbraio, i confini del 1789. Ma egli domandò ben altro; e il congresso si sciolse.

Vienna (22 settembre 1814-10 giugno 1815): ci offre l'esempio d'un congresso riunito per prendere accordi definitivi quanto all'esecuzione d'un trattato di pace precedente, cioè il trattato di Parigi, 30 maggio 1814, col quale era stata conchiusa la pace. Otto potenze presero parte alle discussioni complesse e appassionate. Molte le disposizioni di carattere politico-territoriale. Il congresso, tra l'altro, regolò il rango degli agenti diplomatici; sancì in modo assoluto la supremazia del consesso delle grandi potenze e pose le basi d'una specie di Direttorio internazionale (v. vienna: Trattati, e qui appresso, Congressi generali).

Aquisgrana (29 settembre-22 novembre 1818): Austria, Russia, Prussia, Francia, Inghilterra v'intervennero per fissare una linea di condotta comune contro i principî rivoluzionarî. Vi fu anche creata un'altra classe di agenti diplomatici: i "ministri residenti".

Troppau (25 ottobre-14 dicembre 1820): indetto dall'Austria, dalla Prussia e dalla Russia contro i moti liberali del 1820. Questo e i due seguenti sono esempi di congressi riuniti per concertare le misure proprie a fronteggiare pericoli futuri.

Lubiana (marzo-maggio 1821): vi parteciparono Russia, Prussia, Austria e stati italiani.

Verona (ottobre-14 dicembre 1822): v'intervennero i sovrani di Russia, Austria, Prussia, per discutere sulla rivoluzione greca, sulla questione della successione di Carlo Alberto al trono di Sardegna e su quella dell'intervento nell'America spagnola e nella Spagna.

Parigi (25 febbraio-30 marzo 1856): pose fine alla guerra di Crimea, e v'intervennero rappresentanti di sette stati, fra cui la Turchia e la Sardegna: due potenze che non erano state ancora chiamate all'onore di sedere in un congresso ove si trattassero questioni internazionali d'interesse generale. Cosi si creò un utile precedente per la progressiva affermazione del principio di eguaglianza fra gli stati.

Berlino (13 giugno-13 luglio 1878): dopo la guerra russo-turca del 1877-1878 e relativo acutizzarsi della questione d'Oriente. Con questo di Berlino terminerebbe la serie dei congressi internazionali. Ma, per le considerazioni fatte, sarebbero da aggiungere quelle, impropriamente dette conferenze, di Londra 1830-33 e 1839 per gli affari del Belgio, quello del 1871 pure a Londra, che modificò radicalmente le stipulazioni di Parigi del 1856, riguardo la posizione della Russia sul Mar Nero; quello del 1885 a Berlino e quello di Algesiras nel 1906 (v. appresso). Ma soprattutto furono solennissimi congressi le due mondiali conferenze dell'Aia del 1899 e del 1907 (v. più avanti: Congressi generali) e la Conferenza della pace di Parigi (18 gennaio 1919-20 gennaio 1920), che sboccò nel trattato di Versailles e in quelli, ad esso strettamente uniti, di SaintGermain, di Neuilly, del Trianon e di Sèvres.

Conferenze internazionali. - Conformemente alla definizione, furono conferenze internazionali di nome e di fatto (eccettuate Berlino 1885, Algesiras 1906), di carattere politico, quelle di: Londra, 1827, 1836, '37, '63, per gli affari di Grecia; Gaeta, 1849-50, per il ritorno di Pio IX a Roma; Vienna, 1853-56, durante la guerra di Crimea; Londra, 1840, sull'Egitto e Dardanelli; Copenaghen, 1856, '57, per il riscatto dei pedaggi del Sund; Parigi, 1857, sulla questione di Neufchâtel; Parigi, 1858, '59, '66, sui principati danubiani; Zurigo, 1859, per tradurre in trattato definitivo i preliminari di Villafranca; Parigi, 1860, '61, per gli affari del Libano e della Siria; Bruxelles, 1863, per i pedaggi dell'Escaut (Schelda); Londra, 1863-64, sulle Isole Ionie, la loro annessione alla Grecia e la neutralizzazione di Corfù e Paxo; Costantinopoli, 1864, per la questione dei principati danubiani; Parigi, 1866, idem; Londra, 1867, per l'affare del Lussemburgo; Parigi, 1869, sull'insurrezione di Candia; Francoforte, 1871, per la negoziazione della convenzione addizionale al trattato di Parigi franco-tedesco; Costantinopoli, 1876-77, per regolare i rapporti fra la Turchia, la Serbia e il Montenegro, e per trattare delle riforme del governo locale nella Bosnia-Erzegovina e in Bulgaria; Berlino, 1880, per la delimitazione della frontiera greco-turca; Madrid, 1880, sui "Protetti" nel Marocco; Costantinopoli, 1882, per il problema egiziano; Londra, 1883, per il regolamento della navigazione e della polizia fluviale sul Danubio fra le Porte di Ferro e Brăila; Berlino, 15 novembre 1884-26 febbraio 1885, per la libertà di navigazione, d'industria e commercio nei bacini del Congo e del Niger, per le norme giuridiche da seguirsi nelle nuove occupazioni di territorî africani, per i criterî relativi al miglioramento delle condizioni morali e materiali degl'indigeni; Costantinopoli, 1885-86, per regolare, conformemente al trattato di Berlino del'78, le difficoltà sopraggiunte nella Rumelia orientale; Bruxelles, 1889-90, per l'effettiva repressione della tratta dei Negri, mediante l'applicazione e lo sviluppo dei principî già proclamati nei congressi di Vienna 1815 (affermazione anti-schiavista) e di Parigi 1856 (abolizione della guerra di corsa), e nella conferenza di Berlino del 1885; Algesiras, 1906, sulla questione marocchina; Londra, 1913, dopo la guerra della Quadruplice balcanica contro la Turchia; San Remo, 19-26 aprile 1920; Spa, 5-16 luglio 1920; Parigi, 29-30 gennaio 1921; Londra, 21 febbraio-14 marzo 1921; Londra, aprile-maggio 1921; Parigi, 8-13 agosto 1921; Londra, 18-22 agosto 1921; Cannes, 6-13 gennaio 1922 (tutte per liquidare questioni inerenti alla sistemazione post-bellica dell'Europa); Washington, 1921-febbraio 1922, per la limitazione degli armamenti navali e per il regolamento della questione del Pacifico (v. qui appresso, Congressi generali); Genova, 10 aprile-20 maggio 1922, per la ricostruzione economica e la stabile pacificazione dell'Europa, con intervento di 34 stati, fra i quali la Germania e la Repubblica dei Soviet, tutti sul piede di eguaglianza; L'Aia, 16 giugno-20 luglio 1922; Londra, agosto 1922; Londra, dicembre 1922; Parigi, gennaio 1923 (sempre per la risoluzione delle questioni post-belliche); Losanna, novembre 1922-luglio 1923, per il ristabilimento della pace tra la Turchia, la Grecia e le Potenze Alleate; Londra, agosto 1924, per la soluzione definitiva del meccanismo delle riparazioni (Protocolli di Dawes, che fissano le somme da pagarsi dalla Germania). Per la conferenza di Locarno, 5-16 ottobre 1925, v. appresso, Congressi generali.

Numerosissime furono poi, a partire dalla metà del sec. XIX, le conferenze internazionali di carattere puramente tecnico. Più la vita delle nazioni civili si sviluppa nel senso della solidarietà degl'interessi, più queste conferenze sono destinate a moltiplicarsi e a differenziarsi. Le principalissime furono: Parigi, 1851-52 e 1858; Costantinopoli, 1866; Vienna, 1867; Washington, 1881; Roma, 1885, contro la diffusione delle malattie epidemiche; Ginevra 1864, per la neutralità dei malati e feriti in guerra; Pietroburgo, 1868, per il divieto delle palle esplodenti; Berna, 1865, per il servizio telegrafico internazionale; 1867, per l'unione monetaria latina; 1874 per la creazione dell'unione postale universale; 1878 e '81, sui trasporti ferroviarî internazionali; Cairo, 1869-70; Costantinopoli, 1873; Cairo, 1881, sulla giurisdizione consolare in Egitto; Bruxelles, 1874, per la codificazione delle regole sulla guerra terrestre; Berlino, 1890, dietro iniziativa di Guglielmo II, per sottoporre a discussioni preliminari i problemi del lavoro; Aia, 1893, 1894, 1900, 1904, 1910, col risultato di convenzioni diverse, in materia di diritto internazionale privato; Roma, novembre-dicembre 1898, nell'interesse della difesa sociale contro gli anarchici; Parigi, 1902; Zurigo, 1904; Parigi, 1906 e 1910, per la repressione della cosiddetta tratta delle bianche; Berlino, 1903 e 1905; Londra, 1912, sulla telegrafia senza fili; Roma, 1905, per la creazione di un Istituto internazionale d'agricoltura; Londra, 1908-1909, per codificare la parte più importante del diritto marittimo di guerra (ma la dichiarazione del 26 febbraio non è stata ratificata da nessuna potenza); Londra, dicembre 1913, per la sicurezza dei viaggiatori sul mare; Parigi, 1919, sull'aviazione; Washmgton, 1919; Genova, 1920, Ginevra, 1921, 1922, 1923, 1924, 1925, per l'organizzazione internazionale del lavoro Barcellona, 1921, intorno allo sviluppo del diritto fluviale internazionale.

Congressi generali.

L'aspirazione a fondar un accordo permanente e una perpetua pace fra i popoli, il riconoscimento dell'utilità della trattazione collegiale d'importanti questioni politiche o di questioni comunque interessanti la comunità internazionale, hanno assai per tempo fatto nascere l'idea d'una riunione periodica o per lo meno frequente delle potenze in assemblee.

A non ricordare le proposte di lega fra stati cristiani, più volte avanzate nel sec. XV, e il progetto del Sully, ministro di Enrico IV, di realizzare, mediante un congresso generale, la pace universale, basti accennare al piano di Bernardin de Saint-Pierre, che, nel suo Abrégé du projet de paix perpétuelle del 1715, attribuì a Luigi XIV il piano di radunare un senato europeo composto di 60 rappresentanti di 25 stati, che avrebbe garantito ai membri la loro indipendenza e integrità territoriale, esercitato attribuzioni legislative e funzionato anche come tribunale di arbitrato. E prima di lui, Ugo Grozio (morto nel 1645), nel libro II, cap. XX della sua classica opera De iure belli ac pacis, edita nel 1625, aveva formulato il voto: "Sarebbe utile, anzi necessario, che vi fossero certe assemblee delle potenze, ove le differenze sarebbero risolte da quelle che non avrebbero interesse nell'affare e ove pure si prenderebbero delle misure per forzare le parti a ricevere la pace a eque condizioni". Il progetto di tale congresso generale permanente, da costituirsi con una federazione universale, per sostenere i diritti di tutti i popoli, fu ripresa alla fine del 1700 dal Bentham e dal Kant, che proponeva fra l'altro un Consiglio delle Nazioni e una Associazione federativa di tutti i popoli. È da ricordare a tal proposito il congresso di Vienna, che proclamò fra l'altro "la nullità del diritto della spada", il divieto di guerre ingiuste e non necessarie, "il rispetto dell'indipendenza delle nazioni", e il patto della Santa Alleanza (26 settembre 1815), che doveva essere un'istituzione permanente, destinata a prevenire e a regolare, sotto l'arbitrato e l'egemonia delle grandi potenze, i mali della guerra: un abbozzo e quasi un disegno di Stati Uniti d'Europa. Congresso e patto intendevano innegabilmente di sostituire all'assoluta indipendenza degli stati, quale regnava prima della Rivoluzione francese, e alla tentata sottomissione di tutti all'egemonia di un solo come fu nell'era napoleonica, una specie di solidarietà e di cooperazione nella trattazione d'interessi comuni. Essi muovevano dal concetto che lo stato non sia un organismo isolato, ma membro di un corpo più vasto, l'umanità, le cui esigenze non permettano agli stati di godere d'una libertà e di un'ind-pendenza senza freni ma impongano alle principali potenze di dirigere, allo scopo di una convivenza pacifica universale, le energie di tutti gli stati. Tale concezione d'una specie di direttorio internazionale appare più evidente ancora nell'art. 4 del protocollo 15 novembre del congresso di Aquisgrana del 1818. Nel 1865, anche Napoleone III fece la proposta d'un congresso degli stati europei per la pacificazione generale: ma essa naufragò, sia perché lanciata da lui solo, senza assicurarsi prima l'assenso degli altri stati, sia perché il progetto, tra le diffidenze dei governi e le rivalità internazionali, non conteneva un programma di lavoro ben determinato e completo, potendosi sospettare che dovesse trattare e risolvere tutte le questioni europee. Più fortunata fu l'iniziativa presa da Nicola II di Russia, con note del 24 agosto t898 e 11 gennaio 1899, che sboccò nella prima conferenza della pace, tenuta all'Aia il 18 maggio 1899 con la partecipazione di 26 stati. È vero che in essa non si riuscì a risolvere il problema del disarmo, ma fu creato un vasto codice sul diritto di guerra e la Corte di arbitrato dell'Aia. Una risoluzione votata all'unanimità stabiliva che, per lo sviluppo del benessere materiale e morale dell'umanità, fosse desiderabile una limitazione o riduzione delle crescenti spese militari. Nella seconda conferenza della pace del 1907, furono rappresentati ben 44 stati: fu questa la prima vera radunanza mondiale, in cui si stipularono 13 importanti convenzioni; fra esse, quella della risoluzione pacifica delle controversie internazionali, cioè per la creazione definitiva della Corte d'arbitrato sopraddetta; quelle concernenti le leggi e i costumi della guerra terrestre e diritti e doveri delle potenze e delle persone neutrali; quella per adattare alla guerra marittima i principî della convenzione di Ginevra; infine quella relativa all'istituzione d'una corte internazionale delle prede (v. anche pace).

In conformità del suo 14° punto, anche Wilson ritenne la creazione della Società delle Nazioni come uno dei compiti principali della conferenza di Parigi. Un progetto preliminare fu pubblicato il 14 febbraio 1919, che, elaborato dai rappresentanti di 14 potenze dopo aver udito 13 stati neutrali, fu stipulato poi fra i detti stati come patto sociale il 28 aprile 1919. Al 30 giugno 1926 ne facevano parte ben 55 stati. Per la sua natura giuridica, per la sua costituzione, per i suoi fini, v. società delle nazioni; qui basta ricordare che, oltre a sedute del consiglio, quasi ogni due o tre mesi, ha tenuto già sette sedute generali dell'assemblea, la quale, composta dei rappresentanti di tutti gli stati membri della società, oramai si riunisce ogni anno a settembre, per esaminare le questioni internazionali che via via si presentano, e costituisce una specie di congresso generale nel senso più elevato della parola. Oltre allo scopo supremo di tentare d'impedire o rendere difficili le guerre patrocinando la composizione dei litigi internazionali e la diminuzione degli armamenti degli stati, la Società delle Nazioni opera anche nel campo del diritto internazionale amministrativo e nello sviluppo delle istituzioni di umanità e di cultura (creazione della Corte permanente di giustizia internazionale dell'Aia, in base alla decisione del consiglio della Società 17 dicembre 1920). Nel giugno 1925, ben 48 stati hanno firmato lo statuto e il regolamento del 24 marzo 1922.

Scopi altamente pacifici per i suoi proponenti, aveva, nel programma originario, anche la conferenza di Washington (novembre 1921-febbraio 1922) per il disarmo mondiale. E i suoi risultati sono consacrati in varie convenzioni del 6 febbraio 1922. Ma a gran fatica, la conferenza riuscì a stipulare fra Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Italia e Giappone un accordo per una limitazione degli armamenti navali che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 1936 e si rinnova di due in due anni in caso di mancata denuncia.

Qui cade acconcio accennare brevemente ai congressi americani che hanno qualche affinità col genere di congressi generali. Una prima serie è quella iniziata dal congresso di Panama, dove erano stati convocati il 22 giugno 1826 da Simone Bolívar i delegati di tutti gli stati dell'America latina, da poco affrancatisi dalla dominazione spagnola. Ma il trattato di confederazione ivi stipulato attraverso molte difficoltà e diffidenze, non ebbe la necessaria ratifica. I congressi seguenti del 1847-48, del 1864, del 1867, del 1888 non ebbero maggiore successo. Una seconda serie data dalla prima conferenza panamericana di Washington del 1890. Seguirono quella del Messico nel 1901, di Rio de Janeiro nel 1906, di Buenos Aires nel 1910, di Santiago del Chile nel 1923. Gli stati americani si sono, in queste conferenze, occupati dell'organizzazione internazionale del loro continente, per la formazione d'una coscienza americana. Lo sviluppo dell'unione panamericana potrebbe provare che all'idea d'una vera Società delle Nazioni dovrebbero precedere unioni continentali (europea, americana, asiatica).

Finalmente, la conferenza di Locarno (5-10 ottobre 1925) rientra decisamente nel tipo dei congressi generali, giacché alle riunioni ha presieduto uno spirito di collaborazione fra i popoli. Vi furono stipulati cinque trattati di arbitrato e di conciliazione tra la Germania da un lato e la Francia, il Belgio, la Polonia, la Cecoslovacchia, rispettivamente, dall'altro, con la garanzia dell'Inghilterra e dell'Italia; e questi trattati furono messi sotto l'egida della Società delle Nazioni (v. locarno: Trattati).

Bibl.: P. Fauchille, Traité de droit internatinal public, I, Parigi 1926; P. Pradier-Fodéré, Cours de droit diplomatique, II, Parigi 1899; K. Strupp, Theorie und Praxis des Völkerrechts, Berlino 1925, trad. italiana Bari 1926; P. Fiore, Il diritto internazionale codificato, Torino 1915; Digesto italiano, Torino 1896; S. Gemma, Storia dei trattati nel sec. XIX, Firenze 1895; C. G. Ferwick, International Law, New York 1924; E. Ulmann, Trattato di diritto internazionale pubblico, trad. Buzzatti, Torino 1914; R. Redslob, Histoire des grands principes du droit des gens, Parigi 1923; J. Hatschek e K. Strupp, Wörterbuch des Völkerrechts, I, Berlino 1924; E. Catellani, Sulle vie della pace: la conf. di Genova, in Mem. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, 1929.

Congressi scientifici.

L'idea di queste dotte radunanze internazionali, da non confondersi con le accademie o con le società scientifiche, ebbe origine per la prima volta nella Svizzera, dove, nel 1815, il chimico ginevrino H.A. Gosse bandì un congresso per le scienze fisiche e naturali. Qualche anno dopo (1822), l'esempio del Gosse fu imitato dal tedesco L. Oken, il quale aveva più volte partecipato ai congressi elvetici, che intervenne anche al primo tenuto in Italia (1839), ma che a Lipsia poté riunire un numero assai limitato di scienziati. Seguì l'Inghilterra, dove l'Associazione britannica per l'avanzamento delle scienze bandì nel 1832 la prima adunanza a York, sotto la presidenza del Brewster. In Italia fino dal 1829 l'Antologia del Vieusseux annunciava con compiacenza che in cima al San Bernardo s'era adunata la società elvetica di scienze naturali; ma dovettero correre nove anni prima che un dotto italiano, G. Picchioni, nella Biblioteca Italiano, spronasse i letterati italiani a visitare altri paesi. È però da notare che ai congressi scientifici di Lione, di Strasburgo, d'Angers, di Stoccarda, di Clermont-Ferrand erano già convenuti molti dotti italiani: i congressi d'oltralpe fecero nascere l'idea di adunate scientifiche anche in Italia. E non si sa se per consiglio del marchese V. Antinori o per gli eccitamenti di J. Bowring, o per quelli di Carlo Bonaparte, principe di Canino, Leopoldo II di Toscana, che già era socio della Reale accademia di Londra, accettò che nel 1839 si tenesse in Pisa il primo congresso degli scienziati italiani. Fu un avvenimento di straordinaria importanza politica, del quale l'Austria intuì subito la gravità, dacché, come scrisse poi M. d'Ayala che v'intervenne, "per la prima volta si affermava solennemente l'unità della patria". Sebbene alcuni governi italiani, specie quelli di Roma e di Napoli, ostacolassero l'intervento degli scienziati, quel primo congresso riuscì abbastanza numeroso: vi convennero 421 scienziati italiani e stranieri. Tuttavia, i congressisti, specialmente italiani, furono vigilati dalle polizie austriaca, pontificia e borbonica, e prima e dopo il congresso si attivò una corrispondenza diplomatica con le corti di Vienna e di Firenze, alla quale ultima furono mossi aspri rimproveri per avere accordato il permesso di quella adunanza. Prima di chiudere quel primo, il principe di Canino annunziò che il secondo congresso degli scienziati avrebbe avuto luogo (1840) a Torino, dove infatti ebbe sede, nonostante le pressioni dell'Austria. È da notare che questa volta fu esercitata una sorveglianza preventiva, sì che parecchi congressisti (Regnoli, Puccinotti, E. Mayer) non riuscirono a raggiungere la sede del congresso. Il re di Sardegna, che aveva consentito la riunione di Torino a condizione "che nessuno degli intervenuti fosse sotto il peso di condanna nel suo paese", volle che il congresso fosse presieduto dal marchese Alessandro di Saluzzo di Monesiglio, luogotenente generale, presidente della R. Accademia delle scienze di Torino, e presenziò egli stesso la prima seduta. Al congresso intervennero 573 scienziati italiani e stranieri. Il terzo congresso, tenuto, su proposta del Canino, a Firenze, nonostante le irose proteste dell'Austria contro Leopoldo II, adunò (1841) 888 congressisti. Del resto, da quel congresso si poté vedere quanto mai giustificate fossero le apprensioni dell'Austria. Vi fu decretata l'erezione d'una statua a Galileo, senza troppi riguardi a Roma, e decisa la stampa di tutte le opere di quel grande. L'Austria non fece opposizione che per la quarta riunione degli scienziati (1842) fosse scelta Padova: probabilmente per poterli invigilare meglio. Come era da prevedere, convennero solo 514 dotti: l'Austria ne respinse buon numero. Fu scelta Lucca per la sede del quinto congresso (1843), riluttante il duca Carlo Ludovico, che alla fine cedette, e Lucca accolse 496 congressisti, che furono più sopportati che applauditi. Notevole vi fu la lettura d'una memoria di M. Grifa il quale, biasimando la barbarie di alcuni governi nel trattamento dei prigionieri, evocò tra gli applausi gli orrendi patimenti dello Spielberg. Il Grifa fu espulso dal congresso e dal ducato; ma l'incidente, che non fu registrato negli Atti dell'adunanza, corse l'Italia, suscitando vivo entusiasmo. Il sesto congresso si tenne a Milano (1844), e v'intervennero 1159 congressisti. In esso, nonostante fosse all'ombra delle baionette austriache, il Canino poté farvi propaganda veramente notevole. Il settimo congresso fu tenuto a Napoli (1845), sotto la vigilanza politica del Marchesi, commissario di polizia, assai noto nei fasti della reazione borbonica. F. De Sanctis, che era buon testimonio, osserva che "il settimo congresso, tenuto a Napoli, fu precursore della rivoluzione"; e infatti tra gl'intervenuti, che furono 1611, si notavano il Brofferio, il Collegno, il Montanelli, il Salvagnoli, il Pasini, il Matteucci, il Vannucci, Enrico Tazzoli, i quali anni dopo si misero ai primi posti nella direzione della rivoluzione italiana. I congressisti, 1062 in tutto, si adunarono per l'ottava volta a Genova (1846). Fu detto che il congresso di Genova mostrò "dai discorsi che si tennero quanto fossero accesi gli animi e come il governo più gagliardo d'Italia, ancora incerto di secondarli, fosse già alieno dal reprimerli". Era infatti salito al pontificato Pio IX, che per la prima volta aveva permesso agli scienziati romani di presenziare quella riunione. Il nono e ultimo congresso degli scienziati si tenne a Venezia (1847), e fu il più numeroso di tutti: 1778 intervenuti. Parve che in quella riunione, più ancora che non in quella di Genova, le intelligenze della penisola andassero a scambiarsi l'ultima parola, prima d'impegnarsi nella lotta, che si presentiva non lontana. Sta di fatto che vi sorsero vivi e sintomatici incidenti: il Cantù nel discorso di chiusura della sezione di geografia e archeologia, maledisse a coloro che "mettono il coltello fra i cuori dei fratelli, che non cercano se non avvicinarsi e battere all'unisono".

Scoppiata la rivoluzione pochi mesi dopo la chiusura di quello del 1847, congressi scientifici non ebbero più luogo in Italia. E quando sopraggiunse la reazione in quasi tutta la penisola, non si poté più pensare a rinnovarne l'usanza, anche perché i governi, dopo l'esempio dei precedenti, non ne avrebbero più permessi. Non è però da pensare, riguardando a quelli tra il 1839 e il 1847, che la scienza non ne abbia tratto utile alcuno, poiché se è vero che la politica ebbe talvolta il sopravvento nelle discussioni, gli Atti di ciascun congresso, che furono pubblicati volta per volta, stanno a dimostrare con quanto acume si promossero preziose indagini in tutti i campi della scienza, quanta fu l'opera di educazione e d'innalzamento morale e materiale degl'Italiani.

Bibl.: G. Cervetto, Le riunioni degli scieniati italiani, Bologna 1861; F. Colini, Le due riunioni tenute dagli scienziati italiani a Pisa e a Torino, Jesi 1887; E. Michel, Il terzo congresso degli scienziati italiani, in Rass. naz., 1908; A. Hortis, Le riunioni degli scienziati italiani prima delle guerre dell'indipendenza (1839-1847), Città di Castello 1922; R. Cessi, Retroscena politici del primo congresso degli scienziati italiani, in Rass. stor. d. Risorgimento, X (1923).

Le ultime riunioni o convegni degli scienziati italiani, dopo la lotta decisiva per l'indipendenza, furono tre: quelle di Siena nel 1862, di Roma nel 1873, di Palermo nel 1875. Per più di 30 anni esse non si rinnovarono; poi si ebbero, con intenti più strettamente scientifici, molti congressi nazionali di singole discipline, di alcuni dei quali indichiamo le date e i luoghi di convegno, rimandando per gli altri alla bibliografia delle voci dedicate alle varie discipline.

Congressi scientifici nazionali italiani: - chimica pura e applicata: 1. Roma 1923, 2. Palermo 1926, 3. Firenze 1929; - filosofia: 1. Milano 1906, 2. Parma 1907, 3. Roma 1909, 4. Roma 1920, 5. Firenze 1923, 6. Milano 1926, 7. Roma 1929; - di geografia: 1. Genova 1892, 2. Roma 1895, 3. Firenze 1898, 4. Milano 1901, 5. Napoli 1904, 6. Venezia 1907, 7. Palermo 1910, 8. Firenze 1921, 9. Genova 1924, 10. Milano 1927, 11. Napoli 1930; - dell'Associazione medica italiana: 1. Milano 1862, 2. Napoli 1863, 3. Firenze 1866, 4. Venezia 1868, 5. Roma 1871, 6. Bologna 1874, 7. Torino 1876, 8. Pisa 1878, 9. Genova 1880, 10. Modena 1882, 11. Perugia 1885, 12. Pavia 1887, 13. Padova 1889, 14. Siena 1891.

Ma mentre presso le altre più colte nazioni d'Europa e d'America, oltre agli speciali convegni nazionali di singole società e di particolari discipline scientifiche, si tenevano adunanze generali per i cultori di tutte le scienze, in congressi annuali promossi periodicamente dalle rispettive associazioni per il progresso della scienza (prima fra tutte, nel 1831, la British Association for the advancement of Science), i congressi scientifici generali d'Italia ricominciarono solo nel 1907, quando fu finalmente costituita fra noi la Società italiana per il progresso delle scienze. La quale, abbracciando non solo gli studiosi di scienze fisiche, matematiche e naturali, ma anche quelli di scienze morali, storiche e filologiche, si propone da un lato di promuovere la ricerca scientifica nelle sue varie forme, dall'altro di diffondere nel paese i risultati dell'attività scientifica mondiale, con periodiche riunioni e relative pubblicazioni.

Da allora a oggi si sono succedute 19 riunioni o congressi degli scienziati italiani: 1. Parma 1907, 2. Firenze 1908, 3. Padova 1909, 4. Napoli 1910, 5. Roma 1911, 6. Genova 1912, 7. Siena 1913, 8. Roma 1916 (con l'intervallo dei primi anni della guerra mondiale), 9. Milano 1917, 10. Pisa 1919, 11. Trieste 1921, 12. Catania 1923, 13. Napoli 1924, 14. Pavia 1925, 15. Bologna 1926, 16. Perugia 1927, 17. Torino 1928, 18. Firenze 1929, 19. Trento 1930; sono stati pubblicati 18 volumi dei relativi Atti e un volume di Indici della prima serie (I-X, 1907-1919).

Diamo infine un elenco dei più importanti congressi internazionali scientifici, rimandando anche qui alla bibliografia data nelle voci dedicate alle singole discipline.

Americanisti: 1. Nancy 1875; 6. Torino 1886; 22. Roma 1926; 24. Amburgo 1930 (per l'enumerazione completa v. americanismo); biblioteche e bibliografia: 1. Roma-Venezia 1929; botanica: 1. Parigi 1867; 2. Genova 1892; 3. Vienna 1905; 4. Ithaca 1926; 5. Oxford 1930; filosofia: 1. Parigi 1900; 2. Ginevra 1904; 3. Heidelberg 1908; 4. Bologna 1911; 5. Napoli 1924; 6. New York 1927; 7. Oxford 1930; geografia: 1. Anversa 1871; 2. Parigi 1875; 3. Venezia 1881; 4. Parigi 1889; 5. Berna 1891; 6. Londra 1895; 7. Berlino 1899; 8. Washington-Philadelphia-New York 1904; 9. Ginevra 1908; 10. Roma 1913; 11. Cairo 1925; 12. Cambridge 1928; 13. Parigi 1931; geologia: 1. Parigi 1878; 2. Bologna 1881; 3. Berlino 1885; 4. Londra 1888; 5. Washington 1891; 6. Zurigo 1894; 7. Pietroburgo 1897; 8. Parigi 1900; 9. Vienna 1903; 10. Messico 1906; 11. Stoccolma 1910; 12. Toronto 1913; 13. Bruxelles 1922; 14. Madrid 1926; 15. Pretoria 1929; ingegneria: 1. Tokio 1929; lingue e civiltà africane: 1. Roma 1930; matematica: 1. Zurigo 1897; 2. Parigi 1900; 3. Heidelberg 1904; 4. Roma 1908; 5. Cambridge 1912 (Strasburgo 1920, Toronto 1924, fuori serie, con esclusione degli scienziati tedeschi, austriaci, ungheresi e bulgari); 6. Bologna 1928; orientalisti: 1. Parigi 1873; 2. Londra 1874; 3. Pietroburgo 1876; 4. Firenze 1878; 5. Berlino 1881; 6. Leida 1883; 7. Vienna 1886; 8. Stoccolma-Cristiania 1889; 9. Londra 1892; 10. Ginevra 1894; 11. Parigi 1897; 12. Roma 1899; 13. Amburgo 1902; 14. Algeri 1905; 15. Copenaghen 1908; 16. Atene 1911; 17. Oxford 1928; 18. Leida 1931; pedagogia: 1. Ginevra 1929; scienze storiche: 1. Roma 1903; 2. Berlino 1908; 3. Londra 1913; 4. Bruxelles 1923; 5. Oslo 1928; storia della medicina: 1. Anversa 1920; 2. Parigi 1921; 3. Londra 1922; 4: Bruxelles 1923; 5. Ginevra 1925; 6. Leida-Amsterdam 1927; 7. Roma 1930; storia delle religioni: 1. Parigi 1900; 2. Basilea 1904; 3. Oxford 1908; 4. Leida 1912 (Parigi 1923 fuori serie); 5. Lund 1929; storia delle scienze: 1. Parigi 1929; 2. Londra 1931; zoologia: 1. Parigi 1889; 2. Mosca 1892; 3. Leida 1895; 4. Londra 1898; 5. Berlino 1901; 6. Berna 1904; 7. Boston 1907; 8. Graz 1910; 9. Monaco di B. 1913; 10. Budapest 1927; 11. Padova 1931.

Bibl.: Pagliaini, Catalogo gen. d. libreria ital., Indice per materie, Milano 1901-1915, s. v. Congresso; F. Bottazzi, La Società per il progresso delle scienze e il mancato progresso della scienza in Italia, in Atti della XVII riun., Roma 1929, pp. 7-27; L. Dorez, Essai d'une bibliographie des Congrès internationaux, Parigi 1923.

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