COSTA-GAVRAS, Constantin

Enciclopedia del Cinema (2003)

Costa-Gavras, Constantin

Alessandra Levantesi

Nome d'arte di Konstantinos Gavras, regista cinematografico greco, naturalizzato francese, nato a Loutra Iraias (Atene) il 13 febbraio 1933. Si è imposto come autore a livello internazionale con Z (1969; Z ‒ L'orgia del potere), film politico, ma anche spettacolare e d'effetto, che nel 1969 ha vinto un premio della giuria al Festival di Cannes e nel 1970 l'Oscar per il miglior film straniero. Ha continuato a lavorare per un cinema di denuncia e d'impegno, in particolare con Missing (1982; Missing ‒ Scomparso), premiato con la Palma d'oro al Festival di Cannes e per la cui sceneggiatura C.-G. ha vinto l'Oscar nel 1983, e con Music box (1989; Music box ‒ Prova d'accusa), premiato nel 1990 con l'Orso d'oro al Festival di Berlino, riuscendo a richiamare l'interesse del grande pubblico su temi scottanti con film di grande onestà civile che hanno però la struttura e il ritmo dei thriller.

Dalla madre ricevette un'educazione religiosa greco-ortodossa, ma fu il padre, originario di Odessa (Ucraina) e militante nella Resistenza durante la Seconda guerra mondiale, a influire sulla sua vocazione di cineasta di thriller politici. A causa delle idee del padre, funzionario ministeriale sospettato di essere comunista e più volte arrestato, il giovane C.-G. non poté iscriversi all'università e si vide negato il visto per gli Stati Uniti. Cosicché nel 1949 si trasferì a Parigi, dove in seguito avrebbe ottenuto la cittadinanza francese (1956) e sposato la giornalista Michèle Ray. Conseguita la laurea in lettere alla Sorbonne, studiò cinema all'IDHEC. Dopo alcune esperienze giornalistiche e un apprendistato come assistente regista (tra gli altri di René Clair, Jacques Demy e René Clément), esordì nel 1965 con un solido noir, Compartiment tueurs (Vagone letto per assassi-ni), tratto da un romanzo poliziesco di S. Japrisot e prodotto grazie all'appoggio degli amici Yves Montand e Simone Signoret, che ne furono protagonisti. Un homme de trop (1967; Il 13° uomo), ambientato durante l'occupazione nazista, fu poco apprezzato dalla critica, ma C.-G. stava già mettendo a punto quel suo modo peculiare di coniugare impegno e cinema spettacolare che, con Z, gli avrebbe assicurato il successo internazionale. Concepito all'indomani del colpo di stato dei colonnelli in Grecia (apr. 1967), Z si ispira al romanzo di V. Vassilikos sull'affare Lambrakis, un professore universitario e deputato di sinistra, morto nel 1963 investito da un'auto. Sull'incidente, non certo casuale, si aprì un'inchiesta, ma il processo si risolse in un nulla di fatto. Il film stentò a trovare finanziamenti e venne realizzato grazie al coraggioso appoggio dell'attore Jacques Perrin, interprete di questo e dei precedenti lavori del regista. Nella sceneggiatura, scritta con Jorge Semprún, C.-G. mascherò i fatti cambiando i nomi dei personaggi e ambientando la vicenda in un immaginario Paese mediterraneo, ma la significativa dicitura iniziale suggeriva che "ogni riferimento a fatti reali e persone morte [era] volontario". Per l'appassionato spirito civile e la tesa suspense, sottolineata dalla musica di Mikis Theodorakis (in quel momento chiuso nelle prigioni greche), Z conquistò il pubblico di tutto il mondo, ottenendo numerosi riconoscimenti. Di nuovo con Semprún, C.-G. realizzò L'aveu (1970; La confessione), ancora ispirato a uno scottante caso politico, ma di segno ideologico opposto: quello dell'ebreo comunista Arthur London, viceministro cecoslovacco degli Esteri, che nel 1951 era stato arrestato, processato e condannato all'ergastolo da un tribunale stalinista. Scritto con la collaborazione dello stesso London (in seguito riabilitato) e girato diciotto mesi dopo l'invasione sovietica di Praga, L'aveu rappresentò per il regista, per Semprún e gli interpreti, Yves Montand e Simone Signoret, una sorta di lacerante ripensamento sulla propria militanza comunista: C.-G. infranse il tabù secondo cui criticare la sinistra significava fare il gioco della destra e l'accoglienza entusiasta al film dimostrò che i tempi erano ormai maturi. Con État de siège (1973; L'amerikano), ancora una volta in coppia con Semprún, C.-G. completò l'ideale trilogia iniziata con Z raccontando (sempre ispirandosi alla cronaca) il rapimento di un funzionario della CIA a Montevideo da parte dei Tupamaros. Il film venne accolto con riserve: molti critici reputarono che Yves Montand nel ruolo del cattivo fosse poco credibile e che le riflessioni sulla lotta di liberazione nel Terzo mondo appesantissero l'azione senza arricchire lo spessore della storia. Le stesse debolezze furono riscontrate in Section spéciale (1975; L'affare della sezione speciale), in cui C.-G. condannava il regime di Vichy. L'insuccesso del film bloccò il regista per quattro anni, inducendolo a cambiare momentaneamente registro con Clair de femme (1979; Chiaro di donna), dramma intimista interpretato ancora da Yves Montand e da Romy Schneider.

Dopo un nuovo, lungo periodo di inattività, sono stati gli studi hollywoodiani a offrire a C.-G. nel 1982 l'occasione di un rilancio di carriera, affidandogli la regia di Missing, denuncia delle responsabilità statunitensi nella dittatura cilena del dopo Allende, presentata attraverso la vicenda di un padre (Jack Lemmon) che in America Latina cerca di rintracciare il figlio misteriosamente scomparso. Il connubio fra impegno e mélo non risulta invece sufficientemente equilibrato nel successivo film americano di C.-G., Hanna K. (1983), in cui un'avvocatessa ebrea (Jill Clayburgh) cade in crisi di identità dopo aver assunto la difesa di un palestinese accusato di terrorismo. Nominato presidente della Cinémathèque française nel 1982, C.-G. si è dedicato con passione a riorganizzarne le attività. Durante i cinque anni in cui è stato a capo dello storico istituto, ha girato Conseil de famille (1986; Consiglio di famiglia), una piccola commedia sulle contraddizioni interne della borghesia. Lasciato l'incarico alla Cinémathèque, C.-G. ha realizzato Betrayed (1988; Betrayed ‒ Tradita), requisitoria contro gli orrori del Ku Klux Klan, e l'anno successivo il più convincente Music box, dramma giudiziario in cui un'avvocatessa (Jessica Lange) assume la difesa del padre (Armin Müller-Stahl), esule ungherese accusato di crimini di guerra perpetrati in quanto membro delle milizie ungheresi filonaziste, scoprendo un inquietante passato con cui dovrà confrontarsi. Meno felici sono apparsi La petite apocalypse (1993; La piccola apocalisse), satira degli errori e delle debolezze della sinistra europea, girata all'indomani della caduta del muro di Berlino, e Mad city (1997; Mad city ‒ Assalto alla notizia), denuncia delle mistificazioni dell'universo mediatico. Con Amen (2002; amen.), ispirato al testo teatrale Der Stellvertreter di Rolf Hochhuth, ha affrontato, con il consueto piglio civile, la spinosa questione dei rapporti tra papa Pio XII e il regime nazista a proposito dell'Olocausto.

Bibliografia

J.J. Michalczyk, Costa-Gavras, the political fiction film, Philadelphia-London 1984.

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