COO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

COO (XI, p. 281) - Archeologia

Luciano Laurinsisch

L'isola, ora ceduta al regno di Grecia in seguito al trattato di pace di Parigi del 1946, fu devastata da un terremoto il 20 aprile 1933. Il capoluogo ebbe particolarmente a soffrirne, perché furono distrutti quasi tutti gli edifici, a eccezione dei fabbricati di nuova costruzione. La città di Coo fu ricostruita dagl'Italiani in due anni con belle case di struttura antisismica, su strade asfaltate e alberate. Furono costruiti un nuovo acquedotto, due chiese ortodosse, un mercato coperto, un teatro e un Museo. Furono restaurati i monumenti antichi e medioevali e definite cinque zone archeologiche, di cui tre furono scavate. Tali scavi mettono in condizione di dare una compiuta informazione sullo sviluppo artistico ed edilizio del capoluogo e dei centri principali dei demi dell'isola.

L'abitato di Coo antica si estendeva intorno al porto naturale, ben protetto, che ancor oggi serve alle navi di piccolo cabotaggio; le vie erano distribuite su un reticolato regolare e le mura di ampio spessore erano costruite in perfetto apparecchio isodomico. I blocchi di calcare furono poi riadoperati nelle fortificazioni dell'età dei Cavalieri di Rodi. Le mura circondavano il porto includendo nelle immediate vicinanze di questo una zona sacra con tre templi, racchiusi fra portici, e l'agorà. In corrispondenza di questa, durante l'impero romano, le mura furono demolite nella parte superiore, mentre la parte inferiore fu utilizzata come fondazione per un ricco ingresso monumentale all'agorà, con scalinata anteriore, fornici e colonnato d'ordine corinzio. Sempre nelle vicinanze del porto era il quartiere degli affari con magazzini e horrea. L'agorà era un vastissimo piazzale rettangolare pavimentato con lastre di marmo e circondato da portici d'ordine dorico. Sul lato settentrionale dell'agorà furono trovati un tempio dorico in antis di età ellenistica e un altare con colonne corinzie, rampa d'accesso e fregio con scene di soggetto dionisiaco. Il monumento è della seconda metà del II secolo a. C. A sud dell'agorà era il quartiere delle ville, in cui erano inclusi edifici pubblici. Più oltre, e particolarmente lungo le due strade che portavano all'Asclepieo e nell'interno dell'isola, erano le necropoli. La città fu costruita nel 366 a. C. dove già esisteva un abitato antichissimo. Sulla modesta elevazione detta del Serraglio fu trovato infatti un abitato riferibile all'età micenea; materiali micenei della stessa epoca furono rinvenuti presso il porto e una piccola necropoli di età micenea tarda fu scavata all'inizio della strada che porta all'Asclepieo. Nei pressi furono scoperte anche tombe del periodo geometrico. La città che, come si è detto, fu fondata su un tracciato geometrico, fu costruita in travertino e in calcare; nel II secolo a. C. subentrò il marmo tratto dalle cave dell'isola, e precisamente da quelle del monte Dicheo. Il periodo del maggior sviluppo edilizio, almeno per quanto è lecito dedurre dai risultati degli scavi, appare essere quello dell'impero romano. Coo fu dotata allora di tre ginnasi-terme forse rispondenti ad una antica divisione dei maschi in tre categorie, dei ragazzi, dei giovani e degli anziani, di uno stadio, di un teatro e di un odeo. Le ville dell'età romana sono singolarmente ricche per le pareti rivestite di crustae marmoree, i pavimenti musivi, e i peristilî con piscine e statue. Coo ebbe una ricchissima produzione di mosaici pavimentali che si può seguire dal I secolo dell'impero fino all'età bizantina. L'influsso di Antiochia vi è evidente. Tale floridezza non sembra essere di molto diminuita durante il periodo paleocristiano. Di ciò è testimonio il gran numero di chiese, pavimentate a mosaico rinvenute non solo nel capoluogo ma anche nei villaggi Asfendiù, Pilì, Antimachia, Cardamena e Cefalo. Sono tutte di tipo basilicale e generalmente hanno di fianco il battistero a pianta quadrata con cupola; una di esse nel capoluogo è tricora. Alla tarda romanità appartiene anche una fontana monumentale, nel capoluogo, con tre nicchie e bacini antistanti. Di fronte è un portico con vòlte a crociera e a vela, pavimento a mosaico, colonne ioniche pulvinate.

Buona parte del materiale archeologico che si conservava nel Castello dei Cavalieri (soprattutto suppellettili e sculture) fu depredata nella seconda Guerra mondiale durante l'occupazione tedesca.

Bibl.: G. Iacopi, in Historia, V, 1931, pp. 479-485; id., in Clara Rhodos, I, p. 92 seg., II, p. 164 seg.; I. Laurenzi, in Historia, V, 1931, p. 512 seg. e p. 603 seg.; id., in Clara Rhodos, V, p. 65 seg., IX, p. 9 seg.; id., in Boll. d'Arte, XXX, 1936-37, p. 129 seg.; A. Maiuri, in Clara Rhodos, I, p. 173 seg., II, p. 7 seg.; A. Neppi-Modona, L'isola di Coo nell'antichità classica, in Memorie dell'Istituto St. arch. FERT di Rodi, I, 1933; M. Segre, in Riv. del R. Ist. di arch. e St. dell'arte, VI, p. 191 seg.; id., in Aevum, 1935, p. 254.

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