COPPA

Enciclopedia Italiana (1931)

COPPA (dal lat. cupa, cuppa)

Luciano LAURENZI
Filippo ROSSI

Vaso da bere di forma emisferica, di solito privo di anse, ma talora fornito di prese orizzontali. Insieme con la ciotola è certo questo il primo tipo ceramico creato dall'uomo, in quanto non richiede speciale abilità nel plasmare l'argilla. Nell'epoca classica essa ebbe varî nomi, ma più specialmente patera e fiala. Poiché la superficie uniformemente curva del corpo facilmente si prestava ai lavori di toreutica, la coppa fu spesso fabbricata in metallo sbalzato o, per imitazione, in argilla stampata a rilievo. Tali sono per esempio le coppe ellenistiche, dette megaresi, dalla località dove probabilmente si producevano in maggior numero, e le aretine di età romana.

Bibl.: G. Perrot e Ch. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, X, Parigi 1894, tav. I; P. Ducati, Storia della ceramica greca, Firenze 1922, p. 729.

Dal Medioevo in poi. - Ancor classiche sono le forme delle coppe auree del tesoro di Nagy-Szent-Miklós (Vienna, Hofmuseum), più semplici, senza piede, quelle delle coppe in vetro provenienti da tombe franche, longobarde e anglosassoni. Nel Medioevo occidentale fu frequente l'uso di metalli preziosi nelle coppe usate per bere; e ciò le rese più esposte alla distruzione, sì che pochissime se ne sono conservate: esempî tipici di raffinatezza e di ricchezza sono la coppa dell'imperatore di Osnabrück, argentea, con le figure delle Virtù e dei Vizî e con decorazioni a smalti, del sec. XIII, e la cosiddetta coppa reale, in oro, con smalti illustranti la leggenda di S. Agnese, dono nuziale di Giovanni di Berry al nipote Carlo VI re di Francia (1391), oggi al British Museum. In ambedue queste coppe si scorge l'influsso della forma della pisside che al pari di quella del calice determinò per lungo tempo l'evoluzione della forma delle coppe di uso profano; tuttavia gli argentieri tolsero alcune forme anche ai tipi di legno, di corno o di metallo di comune uso domestico e seppero giungere anche a forme originali e indipendenti da quelle sacre nelle più tarde manifestazioni quattrocentesche dell'oreficeria gotica: tipiche le coppe su piede ad alto fusto, talvolta con ansa, frequenti nella produzione fiamminga, tedesca e inglese, e le coppe di noce di cocco, proprie soprattutto delle corporazioni. Nel Rinascimento italiano sono frequenti le piccole coppe metalliche di fabbricazione veneziana ma d'imitazione orientale; quelle di maiolica specialmente di Deruta e d'Urbino, che avevano il nome di "confettiere" e servivano per le frutta, oppure son semplici tazze con coperchio a piattello; quelle di vetro di produzione muranese, su piede o senza, decorate d'oro e di smalti, raramente con calice lobato, imitate da originali metallici della Germania; quelle di pietre dure in cui l'arte fiorentina del Cinquecento si scapricciò mirabilmente. Fuori d'Italia continuarono anche nella prima metà del '500 le forme gotiche; poi si diffuse sempre più il tipo delle coppe di metallo su alto piede, e quello delle coppe di cristallo di rocca o formate di una grande conchiglia, di uova di struzzo e noci di cocco, tendenti tutte a linee sempre più slanciate, a sostegni più esili, talvolta sostituiti da figure mitologiche e allegoriche, mentre nella decorazione prevalgono le grottesche e gli arabeschi caratteristici del Rinascimento. Per la Francia sono particolarmente da ricordare le coppe tutte di smalto dipinto di Limoges, che un tempo erano munite di coperchio. Nella Germania meridionale si predilessero forme sempre più elaborate, a contorni talvolta lobati; gli orefici di Norimberga e di Augusta produssero veri e proprî serviti di coppe, decorate con composizioni figurate su sfondi di paesaggio: particolarmente notevoli le coppe del Museo del Louvre con Minerva e le Arti liberali, e con l'Officina di Vulcano, e la serie del Tesoro mediceo al Museo degli argenti del Palazzo Pitti. Accanto a forme ricercate come quelle delle coppe a foggia d'animali o mostri araldici perdurano tuttavia anche quelle più antiche delle coppe a coperchio (coppa norimberghese di Jonas Silber, 1589, Berlino, Kunstgewerbe Museum; coppa olandese di Breda, 1535, donata al conte Filippo di Hohenlohe, in ricordo della conquista di Breda) o forme più semplici, senza piede o con basso piede anulare. Tralasciamo di seguire la forma e gli ornati delle coppe in tempo più moderno, che rispecchiarono le varietà del gusto e dello stile nelle diverse regioni, dal barocco al neoclassico fino all'arte contemporanea, che ha trattato, con le divergenze stilistiche sue proprie, le coppe d'onore in uso per le feste o per gare sportive.

Forma assai semplice, senza piede, poi tramandata agli orafi indiani, hanno le coppe d'argento sassanidi da cui si distingue, per complicata tecnica, quella di Cosroe II (590-628) nella Biblioteca nazionale di Parigi, su piede bassissimo, d'oro a trafori che racchiudono cristalli e vetri intagliati, come le coppe del tesoro di Petrossa (v. barbarica, arte). Di coppe bizantine non rimane che qualche raro esemplare, come la tazza vitrea (v. vol. VII, tav. XL) ansata del Tesoro di Venezia, e quella di Manuele Paleologo (1391-1425) nel monastero di Vatopedi al Monte Athos che forse è un calice. Nell'arte musulmana le forme sono generalmente più semplici: piatta, con due anse rotonde, è una coppa mesopotamica della metà del sec. XII (Innsbruck, Ferdinandeum) con l'Ascensione al cielo di Alessandro; emisferiche, con orlo talvolta smerlato, le coppe bronzee di Mossul del sec. XIII; talvolta su piede quelle di ceramica, come l'esemplare della raccolta Koechlin (sec. XIV) o quelle di vetro. Coppe di ceramica e di vetro di varia forma sono tra i più squisiti prodotti dell'arte persiana; di porcellana, dell'arte dell'Estremo Oriente. (V. tavv. XXXIII-XXXVIII).

Bibl.: V. Gay, Glossaire archéol. du moyen âge et de la Renaissance, I, Parigi 1887; British Museum, A Guide to the Mediaeval Antiquities, Londra 1924; G. Lehnert, Illustrierte Gesch. des Kunstgewerbes, Berlino s. a.

Metrologia. - Antica misura italiana di capacità, usata per aridi ad Ancona e a Sinigaglia, uguale a litri 35,08; era pure misura di superficie a Urbino, uguale ad ari 28,2439.

Astronomia. - V. crater.

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