CORDOVA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi CORDOVA dell'anno: 1959 - 1994

CORDOVA (ν. vol. II, p. 828)

A. Balil

Il sito, che sorge al centro di importanti vie di comunicazione, è stato abitato senza interruzioni dal II sec. a.C. fino a oggi. L'insediamento più antico, la Colina de los Quemados, si trova più a O del punto in cui poi sorgerà la città romana: i materiali rinvenuti (nessuno dei quali, infatti, è di origine romana) si datano dal II millennio fino al III sec. a.C.

Il centro romano sorse ai piedi dell'altura e nell'adiacente pianura. I ritrovamenti più recenti non hanno fornito elementi tali da mettere in dubbio le notizie delle fonti (più precisamente Strab., III, 2,1), secondo cui la città fu fondata da M. Claudio Marcello intorno alla metà del II sec. a.C.; probabilmente C. non fu, in origine, colonia romana ma colonia latina. Il cambiamento di status non ebbe luogo se non in età cesariana o augustea, quando la città assunse la denominazione di Colonia Patricia; una deductio di veterani fu attuata da Augusto nel 15/14 a.C. circa. Tra i resti più antichi sono da considerare quelli di un ponte di pietra, probabilmente augusteo, e quelli delle mura: queste ultime, in opus quadratum, rinforzate da torri a pianta rettangolare, racchiudevano una superficie dai 51 ai 71 ha (l'incertezza dipende dal tracciato, non chiaramente accertabile, del lato S). È improbabile che questa fosse l'estensione del centro fondato da Claudio Marcello che invece doveva essere limitato alle zone alte. In età tiberiana è testimoniata una distinzione in Vicus Forensis e Vicus Hispanus: ciò concorda con la notizia di Strabone, secondo cui la città fu abitata (fin dall'inizio) da un nucleo indigeno e da un nucleo romano.

All'interno delle mura, il cui tracciato è alquanto irregolare, è identificabile l'asse del cardo maximus, che si estende dal sito della Puerta del Osario a quello della medievale Puerta de Hierro o de Roma. Altre porte antiche si trovavano, probabilmente, in corrispondenza delle odierne Puerta del Gallego, Puerta de Almodovar e Puerta del Puente. Avanzi di fognature permettono, inoltre, di individuare almeno in parte il reticolato stradale della città romana. Abbiamo notizia infine di due acquedotti, la Aqua Augusta Vetus e la Aqua Nova Domitiana Augusta, che rifornivano rispettivamente la «città alta» e la «città bassa».

Non si conoscono resti di templi di età repubblicana; per quanto riguarda l'età imperiale, abbiamo invece anzitutto i resti del tempio marmoreo della Calle de Claudio Marcelo, di notevoli dimensioni, eretto in età flavia secondo moduli architettonici augustei. Un altro tempio che (a giudicare dalle proporzioni dei capitelli) doveva essere piuttosto grande, corrisponde al Foro Provinciale (v. sotto). Un terzo grande tempio, probabilmente dedicato a Tutela, sorse nelle vicinanze del centro commerciale Gran Capitán, presso la strada omonima. In un'iscrizione trovata in quest'area si menziona una statua d'argento raffigurante un Genius, del peso di mille libbre. Sempre epigraficamente è noto (ma non individuabile sul terreno) un luogo di culto a Cibele nel Vicus Hispanus.

Il foro della città è già ricordato in alcuni episodi del Bellum Hispaniense: si tratta probabilmente del foro stesso della colonia fondata da Claudio Marcello, ed è da collocare alla fine del II sec. a.C. I resti si trovano nell'area delle odierne chiese di S. Michele e Zoilo. Il complesso era caratterizzato soprattutto da un grande piazzale porticato, con annesso impianto termale, e con una basilica: tali resti appartengono probabilmente a una ristrutturazione augustea, che interessa peraltro l'intera città. Dal foro prese il nome il quartiere adiacente, Vicus Forensis. C. ebbe, come Tarraco (Tarragona), un Foro Provinciale. Si tratta di un grande piazzale (che si è sovrapposto a strutture più antiche) decorato con statue di flamines del culto imperiale: i resti sono stati identificati in corrispondenza degli attuali Calle de Jesús y María e Calle de Angel Saavedra: sembra che si siano susseguite (Stylow) una prima fase augustea e una ristrutturazione flavia.

Bibl.: J. M. Luzón, D. Ruiz-Mata, Las raices de Cordoba. Estratigrafía de la Colina de los Quemados-, Madrid 1973; R. C. Knapp, Roman Corduba, Berkeley 1983; A. Ibáñez-Castro, Cordoba hispano-romana, Cordova 1983; A. U. Stylow, Apunte sobre el urbanismo de la Corduba romana, in Stadtbild und Ideologie, Monaco 1990, pp. 259-282.

Musei e collezioni. - C. è sede del Museo Arqueológico Provincial: vi si conservano antichità di diversi siti della città e della provincia, fra cui i materiali della Colina de los Quemados, sculture architettoniche, ritratti, sarcofagi e altri oggetti rinvenuti in necropoli (Camino viejio de Almodovar, El Brillante, Ciudad Jardín, ecc.), in genere frutto di scavi d'emergenza o di ritrovamenti fortuiti piuttosto che di indagini effettivamente pianificate. Notevoli anche alcuni mosaici, nonché le testimonianze di età visigota (età in cui C. mantenne funzioni di capoluogo).

Il Museo de Bellas Artes conteneva una collezione di antichità (sculture preromane e romane di differenti siti della provincia, mosaici di Bobadilla con raffigurazione di Priapo, ecc.), oggi anch'essi sistemati nel museo archeologico. Un mosaico con Pegaso, uno con soggetto dionisiaco e altri si trovano nelle Bodegas Cruz Conde.

Bibl.: Memorias de los Museos Arqueológicos Provinciales, I, 1940 e ss.; S. Santos-Jener, Museo Arqueológico de Cordoba, Madrid 1951.