DESIMONI, Cornelio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DESIMONI, Cornelio

Giovanni Assereto

Nato a Gavi (Alessandria) il 16 sett. 1813 da Angelo, farmacista, e da Dominica Merlo, si trasferì a Genova per compiervi gli studi fino al conseguimento della laurea in giurisprudenza (22 giugno 1836). Poco incline all'attività forense, nel 1849 - cinque anni dopo il suo felice matrimonio con la conterranea Celestina Fegino - divenne assessore di Pubblica Sicurezza e fu destinato a prestare servizio nel vivace quartiere genovese di Portoria. L'incarico era del tutto inadatto alla sua mite indole; per di più lo addolorava la prospettiva di non potersi dedicare allo studio per lunghi anni. Perciò quando il ministero dell'Interno, nel 1860, lo trasferì all'archivio del Banco di S. Giorgio con la modesta qualifica di applicato straordinario, per il D. fu l'inizio di un'attività che finalmente coincideva con le sue aspirazioni. Tre anni prima, infatti, era stato tra i fondatori della Società ligure di storia patria: organismo nato in odore di radicalismo politico e con umori antipiemontesi, dedito però a solidi studi eruditi cui non faceva velo la volontà di esaltare le memorie patrie.

Nell'ambito della Società il D. si dedicò, inizialmente, alla pubblicazione ed illustrazione di un breve consolare genovese del Duecento e di numerose convenzioni tra Genova e Bisanzio nel XII secolo; quindi passò a studiare le iscrizioni liguri in epoca romana, ed in particolare la "tavola di Polcevera". Presto si segnalò, con l'amico L. T. Belgrano, come una delle colonne della Società, di cui proprio nel 1860 divenne consigliere, mentre nel medesimo anno entrava a far parte della R. Deputazione di storia patria di Torino.

Sempre nel 1860 iniziò una delle ricerche cardinali: quella relativa alle marche dell'Alta Italia, che l'avrebbe impegnato per il resto della vita, ed i cui risultati cominciò a leggere agli amici della Società nelle adunanze del 1861 e del 1862. Ma già nel '61 era nata nel D. la passione per gli antichi portolani, sui quali andò rapidamente acquisendo vasta conoscenza critica, frutto anche di studi sulle carte marittime conservate nelle biblioteche di Firenze, Bologna e Parma.

Nel contempo lavorava assiduamente all'interno dell'archivio del Banco di S. Giorgio, enorme fondo che giaceva, disordinato ed inconsultabile, nel palazzo delle Compere. All'inizio del 1863 era in grado di inviare al ministero una relazione sulle vicende del Banco, unitamente ad un progetto di riordino delle carte, primo passo nella riorganizzazione e nello studio di quel prezioso archivio, che ancora non possono dirsi conclusi. Nel 1866 tornarono a Genova, sia pure incompleti, i documenti archivistici sottratti dai Francesi in età napoleonica e poi rimasti per lunghi anni bloccati a Torino; nel 1880 le carte di S. Giorgio si ricongiungevano con il gran corpo dell'archivio notarile e di quello governativo, e poteva dirsi finalmente costituito nella sua ricchezza l'Archivio di Stato di Genova, entro il quale il D. avrebbe percorso la carriera: direttore nel 1884, archivista di prima classe e sovrintendente agli Archivi liguri nel 1890.

Lavoratore instancabile, a lui personalmente si deve la riorganizzazione di molti fondi e una ricca produzione di schede, relazioni, note, regesti, frutto di un'attività in cui la passione dello storico e quella dell'archivista si trovavano fuse, cementate da un patriottismo municipale che esaltava ad un tempo le imprese degli avi e la loro precoce coscienza storica, attestata dalla costituzione dell'Archivio generale e dalla collezione notarile cominciata fin dalla metà del secolo XII. La già ricordata asportazione napoleonica era stata solo in parte sanata, perché ancora molte erano le carte genovesi rimaste a Parigi. Lì il D. si recò nel 1883, rimanendovi a proprie spese per studiare, schedare e rivendicare all'Italia quelle carte, conservate in parte alla Bibliothèque nationale, in parte depositate al ministero degli Esteri come Fonds Génois, di cui fino a poco prima in Italia si ignorava l'esistenza, pur essendovi tra esse pezzi di grande rilievo, come gli Annali di Caffaro, o gli otto Libri iurium Reipubblicae che venivano a completare la serie di tale opera e che il D., che li aveva individuati sin dal 1881, aveva vanamente tentato di riportare in patria, interessandone il ministero della Pubblica Istruzione.

La fama del D. era ormai solida, estesa ben al di là dei confini liguri e di quelli burocratici del cursus honorum archivistico. Vicepresidente della Società ligure di storia patria dal 1876, il 10 apr. 1878 era stato chiamato alla vicepresidenza della R. Deputazione di storia patria di Torino e dal 1881 era aggregato alla facoltà di lettere e filosofia dell'università di Genova. Nel 1880 aveva rappresentato la Società ligure di storia patria al II congresso storico di Milano; l'anno dopo aveva partecipato al congresso geografico internazionale di Venezia; nel 1884 era stato eletto delegato della Società ligure presso l'Istituto storico italiano ed era divenuto corrispondente della Deputazione di storia patria per la Toscana, l'Umbria e le Marche. In seguito partecipò al III ed al IV congresso storico (Torino 1885 e Firenze 1889); ed andava collaborando a numerose riviste e società scientifiche di prestigio quali le Archives de l'Orient latin, l'Archivio storico italiano, l'Accademia dei Lincei; mentre più tardi, nel 1885, sarebbe divenuto corrispondente dell'Accademia delle scienze di Torino. Rapporti di collaborazione e di amicizia lo legavano a molti studiosi italiani e stranieri, da F. Sclopis a M. Amari, da G. Caro al conte P. Riant.

A sostegno di questa fama stava un lavoro di ricerca che, col volgere degli anni, era andato crescendo su molteplici fronti, tutti però convergenti verso una ricostruzione della storia di Genova nel Medioevo. In primo luogo, come s'è detto, l'avevano attratto le marche italiane ed il loro sviluppo postcarolingio, studiato sulle tracce dell'"immenso Muratori": un'indagine che accompagnò il D. per circa un quarantennio, dalle prime relazioni alla Società ligure sino alla seconda edizione delle lettere Sulle marche d'Italia e sulla loro diramazione in marchesati, apparsa nel 1896 sugli Atti della Società stessa. Vi studiava l'origine delle marche sorte nell'Italia occidentale tra il IX ed il X secolo e ne seguiva la suddivisione, elaborando una teoria presto divenuta classica, che avrebbe avuto notevole importanza sugli studi relativi al sorgere del Comune: "specialmente - annotava cinquant'anni fa Vito Vitale, che del D. era in certo senso un ideale continuatore - in riguardo a quella che si è chiamata teoria delle origini signorili del Comune", cui il D. aveva accennato fin dall'inizio dei suoi studi, "indicando nel consorzio dei discendenti della famiglia viscontile l'embrione della Compagna, l'associazione che dà luogo, che è anzi essa stessa il Comune", opinione ribadita poi dall'amico Belgrano (Atti d. Soc. liguredist. patria, LXIV [1935], p. LXII).

In secondo luogo venivano le ricerche sulla cartografia medievale, concretatesi nell'illustrazione dell'Atlanteidrografico Luxoro compiuta col Belgrano nel 1867-69 (Atlante idrograficodel Medioevo posseduto dal prof. Tammar Luxoro, Genova 1869), proseguite in nuovi studi sui cartografi genovesi, dei quali scoprì originali o copie nelle biblioteche di Parigi e Londra; ampliate con inesauribile curiosità negli studi sugli astronomi ed astrologi liguri del Medioevo e sulla strumentazione astronomica e marittima, nonché sui navigatori e scopritori: Colombo naturalmente, ma anche i fratelli Zeno e Caboto, Verrazzano. Da altri punti di vista, il D. andava esplorando il Medioevo genovese ed arricchendone la conoscenza: la storia della musica, su cui lesse un saggio nell'anno accademico 1863-64; l'epigrafia; la diplomatica pontificia, che secondo lui era "talvolta l'unico filone nel laberinto del primo Medioevo", come dimostrano i suoi fondamentali Regesti delle lettere pontificie riguardanti la Liguria fino all'avvenimento di Innocenzo III (in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XIX [1888]). E ancora: le ricerche sui trovatori liguri; la pubblicazione di vari testi d'argomento genovese, tra cui in particolare i documenti riguardanti la storia del commercio ligure col Brabante, le Fiandre e la Borgogna (1871) e lo Statuto dei Padri del Comune (1886); gli studi sull'Oriente latino, coltivati soprattutto negli ultimi anni della sua vita e stimolati da una forte ammirazione per le imprese coloniali dei Genovesi, studi che lo portarono ad impadronirsi per proprio conto del russo e di altre lingue slave, così come in precedenza aveva imparato a leggere il tedesco od il portoghese.

Di lunga durata fu altresì l'interesse del D. per la storia della legislazione: almeno dal 1858 aveva progettato una raccolta delle leggi genovesi anteriori al 1500, persuaso com'era che esse costituissero un monumento di civiltà ed una sorta di modello cui ispirarsi per risolvere problemi legislativi e costituzionali contemporanei senza ricorrere ad esempi stranieri. Il progetto, interrotto e ripreso più volte, si sarebbe in parte realizzato nel tomo XVIII degli Historiae patriae monumenta (Leges Genuenses), uscito nel 1901 per cura di V. Poggi, quando ormai i primi curatori dell'opera - il D., appunto, e Belgrano - non erano più in vita.

Ma la passione forse più viva e costante nel D. fu quella per la numismatica: ogni suo lavoro di riordino e inventariazione nell'archivio egli lo accompagnava con il metodico rilevamento delle notizie sulle monete che i documenti potevano fornirgli. Frutto della ricerca furono i diciassette saggi di numismatica storica pubblicati tra il 1874 ed il 1895, i cui materiali preparatori sono tuttora consultabili presso la biblioteca della Società ligure di storia patria. Fondamentale fu, in questo campo, la pubblicazione delle Tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal 1139 al 1814 (Genova 1890), opera collettiva cui il D. premise una dotta introduzione sulla storia della monetazione genovese; ma gli studi numismatici del D. vanno oltre il semplice intento descrittivo e classificatorio, peraltro ampliatosi via via dalle emissioni di Genova a quelle delle colonie e dei dinasti liguri d'Oriente, dalle grandi collezioni private alle raccolte pubbliche indagate dal D. in varie città italiane, in Austria, in Germania. Non dimenticava mai di essere anzitutto uno storico: la moneta gli interessava come fonte documentaria, come sussidio storiografico, non come oggetto di collezionismo o di erudita curiosità fine a se stessa. Al marchese Adorno, che gli aveva fatto inventariare e stimare la propria raccolta, il D. scrisse il 30 marzo 1870 che la sua valutazione aveva valore puramente indicativo e non era una vera perizia, "essendoché io mi sono occupato della numismatica solo come oggetto scientifico" (in Pesce, p. 179).

Sulle orme di C. Cantù, poco si fidava delle informazioni fornite dalla moneta che non fossero corroborate da fonti scritte: atti notarili, documenti finanziari. E della moneta gli interessavano prima di tutto il potere d'acquisto e le parità storicamente determinate, come dimostrano anche gli ultimi suoi scritti in materia: La moneta e il rapporto dell'oro all'argento nei secoli XIIeXIII (in Mem. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. morali, s.5, III [1895], pp. 3-56) e, nel 1898, la recensione ad uno scritto di A. Schaube nella quale discuteva sul ragguaglio tra la lira tornese del Duecento e le monete attuali (in Giornale ligustico, XXIII [1898], pp. 308-20).

Nel 1896, intanto, erano usciti ad Alessandria gli Annali storici della città di Gavi che costituivano un tributo d'affetto del D. alla città natale ed anche un modo per chiudere idealmente il cerchio della sua esistenza, riprendendo un materiale "cominciato a raccogliere fino dalla prima gioventù", ma "interrotto quasi perfettamente nei lunghi anni della virilità, distratta sempre da studi ed uffici di grave importanza". La consapevolezza della fine era lucida nel vecchio studioso: "Questo dunque io lo tengo come il testamento civile e patrio che affido ai concittadini e potrebbe essere l'ultimo mio scritto, anzi è l'ultimo certamente in ordine alle ricerche erudite o scientifiche nelle quali mi sono lasciato avviluppare nel corso della vita, più d'una volta rimanendomene intaccata gravemente la salute. Tempo è oramai di riposare il mio sabato, di sacrare mente e cuore al Dio dei padri nostri" (ibid., pp. 283 s.).

Particolarmente interessato anche alla vita musicale genovese, nel 1865 presentò alla Società ligure di storia patria il Saggio storico sulla musica in Liguria (letture del 7 aprile e 19 dicembre), il cui manoscritto autografo è conservato nell'Archivio-Biblioteca del musicologo genovese P. C. Remondini. Ad esso fece seguito il saggio Sulla storia della musica genovese, letto nel 1872 alla Sezione di belle arti della Società ligure di storia patria. Ambedue i saggi sono stati editi, a cura di M. Tarrini, nel Supplemento di Note d'archivio per la storia musicale (V), nel 1987.

Negli ultimi tre anni di vita "il grave pondo dell'età" - com'egli stesso ebbe a dichiarare al momento della morte del diletto amico Belgrano - lo costrinse "a declinare qualunque uffizio" (In mem. di L. T. Belgrano, in Giornale ligustico, XXI[1896], p. 5); ma non cessò di studiare, nonostante la salute fosse ormai precaria.

Si spense a Gavi il 29 giugno 1899, lasciando alla città natale la casa paterna ed il fondo annesso - perché vi avesse sede un orfanotrofio femminile -, ed una porzione dei suoi molti libri, che fu il nucleo originario della locale Biblioteca civica. Il resto del proprio cospicuo patrimonio librario l'aveva suddiviso tra l'Archivio di Stato di Genova e la Società ligure di storia patria, le due istituzioni entro le quali era principalmente trascorsa la sua vita operosa.

La bibliografia degli scritti del D. dal 1859 al 1896 si trova in appendice agli Annali storicidella città di Gavi, pp. I-IX.

Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. della Società ligure di storia patria, Carte Desimoni;Archivio di Stato di Genova, Biblioteca, Pandetta della biblioteca Desimoni. Necrol. in: Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXXV (1899-1900), pp. 106-111. L'opera cinquantenaria della R. Deput. di storia patria di Torino... nel primo mezzo secolo dalla fondazione..., Torino 1884, pp. 90, 95, 110, 393-96; Miscellanea di storia ital. XXVII, Torino 1889, p. V; Historiae patriae monum., XVIII, Leges Genuenses, a cura di V. Poggi, in Augustae Taurinorum 1901, pp. VII s.; G. Bigoni, C. D., in Arch. stor. ital., XXIV (1899), pp. 157-77; G. Cogo, La Società ligure di storia patria (1858-1900), Genova 1902, passim; E. Pandiani, L'opera della Società ligure di storia patria dal 1858 al 1908, in Atti della Società ligure di storia patria, XLIII (1908-1909), pp. 25, 28, 45, 47, 51, 55-58, 70-74, 87 ss., 95, 105, 114, 116 s., 122, 124 ss., 136, 138, 141; B. Croce, Storia della storiografia ital. nel secolo XIX, Bari 1921, p. 129; L'opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino ... nel secondo mezzo secolo dalla fondazione, Torino 1935, pp. 240 s.; V. Vitale, Il contributo della Società ligure di storia patria alla cultura storica nazionale, in Atti della Società ligure di storia patria, LXIV (1935), pp. LXII-LXVIII; R. Menduni, L'attività scientifica della Società ligure di storia patria nel primo cinquantenmo di vita (1858-1908), ibid., LXXXII (1968), pp. 52-62, 65 ss., 75; D. Puncuh, I centodieci anni della Società ligure di storia patria, ibid., pp. 27, 32; Annuario delle biblioteche ital., II, Roma 1971, p. 10; G. Pesce, Schede numismatiche di C.D., in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXXXVI (1972), pp. 155-85, 517-551.

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