CORNICE

Enciclopedia Italiana (1931)

CORNICE

Giorgio ROSI
Filippo ROSSI

(prob. da un derivato del gr. κορωνίς "estremità"; fr. corniche; sp. cornisa, marco; ted. Krauz; ingl. entablure). -

Architettura. - Per corniee, e, in certi casi, cornieione, s'intende la membratura di coronamento degli organismi architettonici. La sua caratteristica fondamentale è quella di sporgere rispetto alla fronte dell'edificio e deriva dalla necessità pratica di costituire una difesa contro le acque piovane. Per analogia di funzione e di forma, tale denominazione si è estesa ad elementi simili, quale le cornici di marcapiano e di davanzale, corrispondenti alle divisioni e ai paparapetti dei diversi piani dell'edificio, le cornici d'imposta degli archi, quelle intorno ad aperture o a speciali parti decorative quali finestre, porte, dipinti (v. oltre, il paragrafo dedicato alle cornici per dipinti), cassettoni, ecc. Nella nomenclatura degli ordini architettonici classici, per cornice si intende quella parte di trabeazione che sovrasta il fregio. Negli edifici di maggiore importanza, specialmente se formati di varî piani separati da cornici secondarie, si distingue quella finale di coronamento col nome di cornicione che, come vedremo, presentò particolare interesse negli edifici civili dal Rinascimento in poi.

Le forme e le dimensioni della cornice sono state diversissime nelle varie epoche, per ragioni di vario ordine, fra le quali molto importanti furono le differenze di clima, per cui si passa dalle cornici molto sporgenti dei paesi freddi a quelle appena accennate delle regioni meridionali. Grande influenza ebbero pure i diversi sistemi di costruzione adottati per la sua realizzazione. Nei casi in cui la sua funzione è espletata da un forte prolungamento del tetto verso la strada, la cornice si riduce spesso a un modesto elemento d'appoggio per i travicelli sporgenti, come in alcuni palazzi del Quattrocento. Quando invece è collegata strutturalmente ed esteticamente alla facciata dell'edificio, come è in gran parte dell'architettura classica e del Rinascimento, raggiunge dimensioni notevoli che necessitano complesse soluzioni costruttive. La soluzione originaria è quella di una sovrapposizione di elementi orizzontali aggettanti l'uno rispetto all'altro, variamente profilati o raccordati secondo forme dette modanature (v.).

Praticamente però tale successione di elementi, anche se in origine dotati di funzioni statiche ben determinate, si ottiene spesso con sistemi di costruzione che di tali funzioni non serbano tracce. Così le cornici in pietra da taglio risultano di grossi blocchi entro cui sono ricavati i varî elementi che solo apparentemente hanno funzioni statiche a sé, come le mensole, i triglifi, ecc. E più ancora nelle cornici di stucco, che spesso coprono schemi rustici di mattoni o addirittura di travetti in ferro o di solette in cemento armato.

Invece le cornici di aggetto e dimensioni molto rilevanti, quali sono quelle di coronamento in grandi edifici monumentali, sono composte di più elementi separati, aventi ciascuno la propria funzione statica in corrispondenza della forma decorativa; in questo caso la condizione principale per la stabilità è di vincere il momento di rotazione delle parti più in aggetto, assicurando gli elementi portanti mediante solidi incastri e incatenamenti metallici. Fra i più notevoli esempî del passato, il monumentale cornicione del palazzo Strozzi a Firenze, sporgente metri 2,15 è composto di tanti blocchi ingegnosamente incastrati e concatenati fra loro in modo da evitare dimensioni eccessive dei singoli pezzi (v. fig. a pag. seg.). Recentemente nel cornicione del Palazzo di giustizia a Roma, si è ricorsi a un sistema analogo, facendo sostenere le parti più aggettanti da mensole che fanno parte di colossali blocchi incastrati nel muro, dal quale sporgono verso l'interno per una lunghezza di metri 1,50. L'uso di robuste mensole allo scopo di rendere possibili forti aggetti, produsse in alcuni casi soluzioni architettoniche del più alto valore, quali sono il cornicione terminale del Colosseo e quelli derivatine nel Rinascimento, ove l'intera altezza del fregio è occupata dai mensoloni che sostengono la cornice.

Ad analogo procedimento, quantunque con risultati diversissimi di forma e dimensioni, si ricorse nel Medioevo per la costruzione delle timide cornici del periodo romanico e per quelle complicatissime dell'architettura gotica. Nel primo caso le cornici ad archetti poco rilevati, nel secondo le modanature frastagliate e di scarsa sporgenza, ottenute mediante l'uso del mattone o di piccoli blocchi di pietra, forniscono chiari esempî di abilità costruttiva nell'evitare le difficoltà derivanti dalla posa in opera di grossi pezzi a grandi altezze.

Da quanto si è venuti fin qui accennando riguardo ai procedimenti costruttivi adottati nei varî casi per la realizzazione dei diversi tipi di cornici, risulta già la connessione esistente fra tali procedimenti e la relativa espressione estetica.

Presso gli Egiziani la cornice seguì un tipo costante che si applicò sia a coronamento di edifici, sia a decorazione di porte, ecc., costituito da un ampio sguscio terminato superiormente da un listello e inferiormente da un grosso tondino. Tale schema, rivestito talora da una decorazione di scanalature verticali, sí presenta come la stilizzazione della costruzione lignea, di cui lo sguscio rappresenta le foglie terminali degli elementi verticali e il tondino la corda o il palo orizzontale che li teneva uniti.

Anche nell'Oriente la costruzione lignea fornì i motivi all'architettura in pietra che riprodusse spesso con assoluta fedeltà le varie parti strutturali e decorative. Le tombe rupestri della Persia e dell'Asia Minore ci offrono esempî di cornici nelle quali sono esattamente imitate le travi costituenti la copertura degli edifici. In India e nell'Estremo Oriente, anche quando non si tratta di vere costruzioni in legname, il marcato sviluppo orizzontale e le mensole disposte su varî piani dimostrano la stessa origine.

Presso i Greci la cornice acquistò caratteri di logica costruttiva e di raffinatezza artistica, per i quali divenne la norma di quasi tutte le analoghe manifestazioni successive. Come si è già accennato, nell'ordine architettonico greco per cornice deve intendersi la più alta delle tre parti delle quali consta la trabeazione, sovrastando immediatamente il fregio. Nell'architettura greca apparve e si stabilizzò la suddivisione, rimasta poi inalterata, in sottocornice, gocciolatoio e sopracornice o cimasa. L'elemento fondamentale della cornice greca è il gocciolatoio, cioè un alto listello, molto sporgente e incavato nella sua faccia inferiore, il cui ufficio è chiaramente indicato dal nome. La sopracornice è quella parte che sovrasta il gocciolatoio e contiene la gronda del tetto, mentre la sottocornice resta al disotto di quello, e, con un andamento gradatamente sporgente, ne prepara e rende possibile il forte aggetto.

Anche in questa forma evoluta di cornice è possibile rintracciare le origini tettoniche lignee specialmente, secondo quanto ci dicono Vitruvio e Pausania, per l'ordine dorico, nel quale molti elementi decorativi possono considerarsi come la stabilizzazione di altrettante parti costruttive in legno, come l'architrave, i triglifi, le gocciole, i mutuli (v. ordine: Architettura). I Greci, ai quali si deve la creazione dei tre ordini che presero i nomi di dorico, ionico e corinzio, usarono le relative cornici variandole e accozzandole secondo i casi, e dando luogo a varietà che ebbero in seguito grande impiego, quale ad esempio la cornice architravata, quella cioè che si appoggia direttamente sull'architrave senza interposizione di fregio; tipo che fu seguito dal Rinascimento in poi nei cornicioni degli edifici civili e che appare già nel tempio di Atena a Priene in Asia Minore.

Simili alle forme doriche furono le cornici etrusche; più semplici e rozze diedero origine al tipo che si chiamò toscano.

I Romani insieme con gli ordini usarono liberamente delle cornici greche trasformandole e adattandole secondo i proprî scopi e i proprî gusti in modo da farne un'espressione originale inequivocabile, notevole più per la forza e la grandiosità che per la raffinatezza e l'eleganza delle sagome e degli ornati. Per quel che riguarda l'uso della cornice nell'ordine, fra le più notevoli innovazioni vi fu l'adozione delle mensole nel fregio, di cui ci dànno esempî grandiosi il citato cornicione del Colosseo e qualche monumento della Siria. Un tipo analogo a mensole di pietra fu di regola adottato per coronamento esterno di quegli edifici, che erano del resto il maggior numero, nei quali la maggior cura e ricchezza erano riservate all'interno: l'esempio più significativo lo abbiamo nel Pantheon ove la facciata, destinata ad esser vista dal di fuori, termina con la ricca cornice dell'ordine corinzio del pronao, mentre la parete esterna della rotonda, di secondaria importanza rispetto all'interno, è decorata da due cornicioni semplici, a mensole di travertino, simili a quelli, fra gli altri, dei Mercati traianei e delle Terme di Diocleziano. Può pure dirsi innovazione romana l'uso del laterizio in vista nella esecuzione di cornici di non grande importanza.

Nell'architettura bizantina perdura e si accentua la diversità, già notata presso i Romani, fra cornici costruttive per l'esterno e decorative per l'interno. Le prime consistettero principalmente in un succedersi di filari di mattoni o di piccoli conci di pietra, leggermente aggettanti l'uno sull'altro, a cui talvolta la disposizione di alcuni elementi verticalmente o a spina di pesce fornì timidi motivi decorativi. In alcuni monumenti più ricchi apparve allora anche la cornice ad archetti su mensole o su lesene, che divenne poi una caratteristica saliente dell'arte romanica. Le cornici destinate all'architettura interna degli edifici seguivano invece gli esempî classici ma con modanature e decorazioni superficiali e pittoriche.

Nell'architettura medievale scomparve ogni reminiscenza delle cornici di forma classica. Le chiese romaniche terminano con file di archetti su cui si appoggia il tetto, mentre gli edifici civili sono coronati di caditoie su cui si eleva la merlatura. In certe regioni, specialmente dell'Italia centrale, alle arcatelle si sostituirono spesso file di mensolette in pietra. Solo in qualche elemento molto decorato, come portali, finestre, la cornice tutta in pietra si riavvicina ai tipi classici ma con forme schematiche e timide, che traggono talvolta straordinaria ricchezza e splendore dagli ornati in scultura o in mosaico.

Durante il periodo gotico l'uso comune della pietra da taglio permise il ritorno a una grande raffinatezza di sagome. Esse ebbero sempre un aggetto limitato, un profilo minuto, ove predominano le linee curve e gli spigoli ad angolo acuto. Rare furono le cornici a mensole, fra cui notevole quella nell'interno di S. Maria del Fiore a Firenze, mentre seguitarono a usarsi i coronamenti ad archetti, a cui si diede di preferenza profilo archiacuto o trilobato e spesso una minuta decorazione scultorea.

Col Rinascimento le cornici tornarono ai tipi classici. Per tutto il Quattrocento esse mantennero una snellezza di forme nella quale sembra sopravvivere lo spirito gotico; ma con Bramante la grandiosità dell'arte di Roma antica si affermò definitivamente.

Fra le applicazioni più notevoli per le dimensioni e la varietà delle forme, destano ammirazione i cornicioni di coronamento dei grandi palazzi, che fino dalla metà del Quattrocento avevano cominciato a sorgere improntati ad unità e vastità di concezione tali da necessitare soluzioni nuove ed imponenti. Nei casi in cui la fronte dell'edificio era semplicemente bugnata, come nel palazzo Strozzi a Firenze, o liscia e interrotta solo da cornici secondarie, come nel palazzo Farnese a Roma, il problema del cornicione si riduceva al suo proporzionamento con l'insieme dell'edificio. I due palazzi citati ce ne dànno due esempî ammirevoli di cui il primo dovuto a Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, il secondo a Michelangelo Buonarroti. Quando invece la facciata era decorata da ordini sovrapposti, si presentava il dubbio se proporzionare il cornicione all'intero edificio o al solo ordine terminale. Sull'esempio del Colosseo si adottò talora un tipo intermedio a mensoloni che ricevesse importanza da un forte contrasto di chiaroscuro, senza eccedere in dimensioni. L. B. Alberti a Firenze nel palazzo Rucellai, a Roma il Bramante alla Cancelleria ne realizzarono i più significativi esempi. Per altra strada il Peruzzi, alla Farnesina, cercò e raggiunse l'equilibrio fra l'edificio e il cornicione, aumentando l'altezza della trabeazione dell'ordine superiore, e aprendo nel suo fregio, arricchito di bassorilievi, le finestrelle di un piano di servizio. Questo sistema si diffuse nel Cinquecento e nel Seicento, quando col crescere delle dimensioni degli edifici e quindi del cornicione, si pensò di utilizzarlo in qualche modo e si prese l'abitudine di aprire nel suo fregio e talora fra una mensola e l'altra, le finestrelle dell'ultimo piano. L'esempio più ricco e decorativo lo troviamo negli occhi ovali che si aprono fra le sculture del fregio nella biblioteca del Sansovino a Venezia.

Nel periodo barocco per le cornici negli ordini si seguirono quasi sempre i canoni vignoleschi, accentuandone talvolta gli effetti di chiaroscuro mediante originali profili curvilinei e, più che altro, variandone in modo fantasioso gli andamenti. Forme nuove ebbero invece i cornicioni delle case anche di minore importanza, che, abbandonate le forme della trabeazione classica, constarono principalmente di un grande sguscio di sostegno al gocciolatoio, appoggiato direttamente su alcune sottili modanature.

Dopo il periodo neoclassico, che si limitò a copiare le cornici greche, il romanticismo e l'eclettismo, che imitarono le forme di tutti i luoghi e di tutti i tempi, le moderne tendenze semplificatrici riducono la cornice a una piccola tettoia a sbalzo, talvolta raccordata alla base da qualche timida sagoma. E in questi ultimi tempi l'uso generale delle coperture a terrazza tende a far scomparire insieme con l'inutile grondaia, anche l'intero cornicione.

Le cornici di altro uso, a cui si è accennato in principio, seguirono più o meno le sorti di quelle di coronamento. Le cornici di marcapiano e di davanzale si ridussero spesso a semplici fasce, lisce o decorate, sorrette da piccole modanature poco aggettanti. Per le cornici dei quadri, dei pannelli decorativi di stucco e simili v. sotto.

Bibl.: A.-C. Quatremère De Quincy, Dir. stor. d'architettura, Mantova 1842; E.-E. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné de l'architecture française, ecc., Parigi 1854-69; A. Choisy, Histoire de l'Architecture, Parigi 1899; E. Bosc, Dictionnaire raisonné d'architecture, Parigi 1876-80; P. Planat, Encyclopédie de l'architecture, Parigi 1888-92; L. Archinti, Gli stili d'architettura, Milano 1895; L. Cloquet, Traité d'architecture, Parigi 1901; J. Guidet, Éléments et théorie de l'architecture, Parigi 1905; J. Egle, Praktische Baustil- und Bauformenlehre, Stoccarda 1905; G. A. Breymann, Trattato di costruzioni civili, 4ª ed., Milano 1925 segg.

Arte. - Serve a inquadrare e isolare un oggetto, specialmente un dipinto. Le più antiche cornici di iconi bizantine (pitture o musaici portatili), in metallo prezioso, appartengono all'oreficeria, anche per la tecnica dell'ornamentazione in cui prevale la filigrana e lo sbalzo; fra le più antiche è quella della Madonna Nicopea nel tesoro di San Marco a Venezia, con smalti di fattura propriamente bizantina. Non meno sontuose sono quelle del sec. XIV e posteriori, di cui sono ricchi soprattutto i monasteri del monte Athos, nelle quali il lavoro di oreficeria è sempre più vario e complesso e lo sbalzo dà luogo a veri e proprî bassorilievi; solo nel 1400 o 1500 compaiono accanto a quelle le cornici dipinte. In Occidente le più antiche cornici di tavole da altare sono a stretta sagoma intagliata nello stesso legno del dipinto, e guarnita talvolta di risalti a borchia (Firenze, S. Maria Maggiore: icone della Madonna) così da potere anche richiamare con la doratura lo splendore della lamina d'oro. Nello stile gotico le cornici dei quadri d'altare imitarono variamente l'architettura o se ne ispirarono: furono circoscritte in archi acuti lobati, ebbero colonnine tortili e capitelli gotici, pinnacoli, gugliette e cuspidi; nelle grandi ancone furono anche composte in diversi ordini di tabernacoli, e si arricchirono di sculture anche a tutto tondo, mentre le dorature, i colori, i rilievi in pastiglia le rendevano più varie (ancona di Andrea di Vanni in Santo Stefano a Siena, e di Giovanni del Biondo nella sagrestia di Santa Croce a Firenze; di Giovanni d'Allemagna e di Antonio da Murano in San Zaccaria a Venezia, di Antonio Vivarini nella Pinacoteca di Bologna e nella Pinacoteca Vaticana, di Bartolomeo Vivarini in S. M. dei Frari a Venezia). Nelle ancone gotiche dei secoli XV e XVI il lavoro d' intaglio e d'ornamento della cornice gareggiava sovente d'importanza con la pittura, sì che nel Paradiso di Giovanni d'Allemagna e di A. Vivarini (Venezia, S. Pantaleone) fu inscritto anche il nome di Cristoforo da Ferrara intagliatore della cornice, ora perduta: e lo dimostrano specialmente gli altari tedeschi e i grandi "retabli" spagnoli. Nel Rinascimento seguitò a predominare la cornice architettonica, ma mutata nelle nuove forme: caddero col finire dei modi gotici, ma a rilento, le superfluità decorative care ai decoratori gotici; nelle piccole "maestà", nelle grandi ancone prevalsero sempre più semplici linee costruttive - sostegni, architrave, imbasamento a predella, qualche volta frontone - sottolineate soltanto dalla decorazione dipinta o a rilievo in intagli e stucchi. Questo tipo di cornice, che si diffuse specialmente a Venezia e nell'Italia settentrionale, ebbe un suo sviluppo dal semplice al complesso (i pilastri angolari furono sostituiti da colonne; gli architravi ebbero coronamenti riccamente intagliati, ecc.), vario nelle diverse regioni, così che anche nelle cornici si distingue la maniera veneziana, dalla lombarda, dalla piemontese, ecc. Firenze e Siena, quest'ultima soprattutto per merito di Antonio Barile e dell'influsso dello stile ornamentale del Marrina, furono i centri di produzione delle più armoniose cornici del Rinascimento nell'Italia centrale.

Creazione originale e caratteristica del Quattrocento specialmente fiorentino è la cornice rotonda che aveva lontani precedenti ed esempî nelle imagines clipeatae, e immediati suggerimenti dalle forme architettoniche. Gl'intagliatori vi adattarono motivi tolti alla natura, che si trovano applicati anche alla scultura: le fasce carpofore cioè che già Luca della Robbia aveva composte in mirabili cornici policrome di tondi e di lunette, o le corone di cherubini per i quadri sacri, o semplici ma fini motivi a intreccio (cornici dei tondi botticelliani e della Sacra Famiglia di Michelangelo agli Uffizî).

Accanto a queste cornici di carattere più evidentemente monumentale vi furono nel Quattrocento anche semplici cornici quadrangolari con i quattro lati uniformemente trattati, composti di liste piatte e rettilinee per lo più strette, che dovevano soprattutto preservare le tavole dalle incurvature e dagli spacchi.

Da noi tale tipo di cornici si sviluppò meno degli altri, limitato per lo più ai quadri non destinati al culto: lo si usò per i ritratti, specie a Firenze dalla metà del secolo in poi, e quindi anche per quadri destinati all'ornamentazione della casa, di soggetto religioso, mitologico o allegorico (Firenze, Uffizî: Botticelli, Adorazione dei Magi; Profilo di gentildonna attribuito ad Ant. Pollaiolo). Di solito queste cornici hanno una o due larghe strisce dorate, intagliate o dipinte in oro su fondo di colore o viceversa in mezzo a due sagome, delle quali una esterna più alta, e una interna più bassa, pure dorate.

Esse si svilupparono sempre più, invece, man mano che si accrebbe l'uso di ornare le stanze con quadri e non appena si cominciò anche a riunirli in gallerie: a differenza delle cornici da altare, ricche di colonne e di trabeazioni sporgenti, sproporzionate agli ornamenti minuti e sovrabbondanti. Sotto l'influsso dell'architettura michelangiolesca, cominciano ad apparire nelle cornici fiorentine; primi elementi barocchi (frontoni spezzati, volute, ecc.) accanto agli ornamenti classicheggianti; ma anche le semplici corniei a liste furono numerose nel tardo Rinascimento fiorentino: sottili di sagome e ricche di ornamenti intagliati desunti da elementi dell'architettura antica, di preferenza lasciate nel colore naturale del noce, avvivato da lumeggiature in oro. Accanto a queste appaiono a Venezia le cornici sansoviniane che durarono anche per tutto il secolo successivo, adorne di volute squamose svolgentisi da una testina o da una rosetta centrale, talvolta arricchite di cariatidi e di festoni pendenti; frequenti sono anche semplici cornici adorne di ghirlande di frutta, di pampini o più raramente di fiori, congiunte agli angoli da foglie piatte; più raffinate quelle con ornamenti di stucco, per lo più vegetali o stilizzati, o a grotteschi, in cui lo stucco, parzialmente colorito, spicca contro le sagome dorate che limitano la striscia centrale ornata. I soffitti del Palazzo Ducale, che formano mirabile cornice alle tele dipinte, mostrano tutta la varietà di questo genere. Gli altri tipi di cornici italiane cinquecentesche dipendono tutti da quelli fiorentini o veneziani: così le cornici bolognesi a fogliame, del tipo detto Formiggine dal nome di un famoso intagliatore del tempo, derivate dalle analoghe veneziane del '400 (cornice della S. Cecilia di Raffaello in S. Giovanni in Monte, dell'Annunziata d'Innocenzo da Imola in S. Maria dei Servi a Bologna); o quelle, pure bolognesi, a sagome quasi piane con ornamenti in oro su fondo nerastro, di fogliami ai lati, di cartigli con figura o altro ai centri e agli angoli, anch'esse probabilmente di origine veneziana.

Le cornici da specchio furono trattate con maggiore libertà e ricchezza; hanno di solito una base più larga, su cui viene talvolta ripetuto il motivo della trabeazione superiore, e un coronamento più mosso; rivelano una fantasia più fine e un intaglio più perfetto di lumeggiature. Tipiche soprattutto quelle veneziane, con delicati motivi vegetali agli angoli risultanti dalla forma circolare dello specchio inscritto nella cornice quadrangolare, e quelle triangolari dorate, pure per specchi veneziani rotondi. Col sec. XVII le cornici diventano più semplici nei motivi e cercano talvolta piuttosto d'interessare per il valore della materia (intarsî in avorio, guarnizioni di bronzo; cornici di ambra del barocco tedesco); prevalgono quelle a liste dorate con una striscia centrale a ornamenti punteggiati, e più raramente intagliati, fra due sagome lisce; ma si continuano anche quelle con corone di frutta o quelle a fogliame assai stilizzato, sontuosamente dorate, e più tardi lavorate a traforo: solo al principio del '700 si fa sensibile nell'Italia settentrionale, specialmente a Venezia, l'influsso del tardo barocco, che dura poi fino agli ultimi del secolo: a Firenze, invece, già nelle cornici secentesche si notano motivi barocchi originali, p. es. in quelle della galleria Pitti; ma l'uniformità e la sproporzione di queste cornici non sono abbastanza compensate dalla sontuosità.

Le cornici italiane avevano servito da modello agli artisti d'oltralpe fino dal principio del sec. XVI (per esempio, le magnifiche cornici barocche intagliate della Germania meridionale, di evidente imitazione italiana); la forma più diffusa è tuttavia quella della cornice a liste nere con una piccola sagoma interna dorata e con ornamenti pure dorati agli angoli e ai centri: tipo questo comune soprattutto nei quadri fiamminghi e olandesi fino al secolo XVIII, che andò sempre più semplificandosi fino a perdere qualsiasi doratura, divenendo anche più mosso e vario nelle sagome; mentre per gli specchi si preferiva il legno di quercia non colorito e intagliato. Col principio del Seicento prevalgono nei Paesi Bassi le cornici nere, specialmente d'ebano, di forme sempre più semplici, usate per intere gallerie; verso la metà del secolo invece venne in gran pregio la cornice dorata, fatta di una striscia piana limitata da due piccole gole su cui spicca un ornamento assai rilevato di ghirlande di fiori o di frutta, o di particolari volute a guisa di mollusco, che derivano dall'oreficeria; talvolta gli ornamenti stessi della cornice alludono al soggetto del quadro (trofei ed emblemi navali per ritratti di ammiragli, emblemi o trofei di guerra per dipinti di battaglie, corone di fiori e frutta per nature morte, emblemi diversi anche per dipinti di genere). Poi anche l'Olanda soggiace all'influenza della Francia e imita le gustose e originali cornici barocche, che segnano l'inizio del predominio francese in questo genere di lavori.

Aveva favorito il sorgere di un tipo originale di cornici lo sviluppo della pittura francese alla metà del sec. XVII, e ancor più lo favorì lo zelo dei collezionisti di quadri, non ultimo il sovrano stesso, che in gran numero commettevano cornici per le loro gallerie. Quelle del tempo di Luigi XIV sono di proporzioni eleganti e decorate modestamente con semplici ornamenti floreali stilizzati a intaglio piuttosto piatto che si accentua invece nei motivi di angolo e di centro; più fini sono al solito le cornici da specchio (a prescindere da quelle d'argento) riccamente intagliate in legno dorato, talvolta con ornamenti a traforo intrecciati a decorazioni di vetro, che ritornavano anche nelle cornici metalliche analoghe, e che ne attestano la probabile provenienza veneziana. Alla fine di quel periodo e durante la Reggenza, la decorazione diviene anche più lieve, mentre si diffonde assai l'altro tipo di cornice con angoli e centri a conchiglia fortemente sviluppati e con fogliami stilizzati, che arrivano fino all'orlo interno. La cornice rococò perde a poco a poco l'accentuazione caratteristica dei centri delle sue strisce, che finisce per limitarsi a quella superiore; gli angoli conservano la conchiglia con fiori e svolazzi che ritornano anche nel resto della cornice: questo tipo si diffuse soprattutto in Germania dove i principi mecenati andavano radunando gallerie di quadri che ci conservano ancora le cornici di quel tempo (Dresda, Sanssouci) e dove si produssero (soprattutto ad Augusta) anche cornici da specchio, d'argento; dopo la metà del secolo la decorazione si fa magra e meschina. Lo stile Luigi XVI in Francia (e il Chippendale in Inghilterra) cercò di adattare le cornici al colorito e alla finezza di toni dei quadri, ma non riuscì a creare un tipo dell'originalità e del gusto di quelle barocche che aveva soppiantato, sebbene i disegni ne fossero spesso dati da maestri come il De la Londe, il Ranson e altri; in genere le sue cornici sono strette e leggiere, e risultano dalla combinazione di sagome dorate lisce e intagliate in cui prevalgono i motivi arcaizzanti e a cui si aggiungono ornamentazioni plastiche di emblemi, nastri, fiori, festoni di foglie.

Neppure l'arte neoclassica riesce ad un tipo originale di cornici; durante il sec. XIX son notevoli solo, più per eccellenza d'esecuzione che per vera originalità di motivi, quelle d'intagliatori specialmente senesi fioriti intorno al 1870 (G. Gori, il Guidi, il Querci).

Bibl.: M. Guggenheim, Le cornici italiane della metà del sec. XV allo scorcio del XVI, Milano 1897; Cadres et bordures de tableaux de la fin du XVIe siècle au premier Empire, Parigi s. a.; W. Bode, Bilderrahmen in alter und neuer Zeit, in Pan, 1898, pp. 234-256; E. Bock, Florentinische und venezianische Bilderrahmen aus der Zeit der Gotik und Renaissance, Monaco 1902; G. Lehnert, Illustrierte Geschichte des Kunstgewerbers, Berlino s. a.; W. Odom, A History of Italian Furniture, New York 1920; L. Dami, Cornici di specchio del '500, in Dedalo, I (1920-21), p. 625 segg.

V. tavv. LXVII-LXXIV.

TAG

Michelangelo buonarroti

Ordine architettonico

Simone del pollaiolo

Luca della robbia

Arte neoclassica