CORROSIONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

CORROSIONE

Leo CAVALLARO

. Chimica (App. I, p. 474). - Nel campo dell'ossidazione a caldo con metodi di ricerca chimico-fisici, quali la termobilancia di Chevenard o la diffrazione elettronica, si sono potute dedurre le leggi di accrescimento delle pellicole d'ossido, anche in funzione dell'orientamento dei grani e della struttura cristallina; dette leggi, lineari o paraboliche o logaritmiche o assintotiche, cambiano con la natura del metallo ed in funzione del rapporto di densità fra metallo ed ossido e della diffusibilità dell'ossigeno e degli ioni metallici attraverso quest'ultimo.

Le pellicole d'ossido che si formano a freddo, hanno potuto essere isolate e studiate sempre meglio sul ferro e sugli acciai inossidabili (U. R. Evans, H. J. Vernon): questi studî sono in stretta relazione con gli stati di passività in ambiente liquido, stati che vengono appunto ascritti a tali invisibili pellicole di ossido. Il meccanismo della passività è stato tuttavia oggetto di molte altre ricerche ed ipotesi: secondo nuove vedute esso sarebbe dovuto o all'adsorbimento fisico di gas o all'esistenza di strati elettronici incompleti dei metalli di transizione.

Qualunque sia la giusta interpretazione del meccanismo di passività, essa è strettamente legata alla natura dello stato superficiale. In questo campo importanti ricerche si debbono a M. Chaudron e alla sua scuola (J. Benard, P. Lacombe) che hanno studiato le perturbazioni prodotte sulla struttura del metallo da trattamenti meccanici e gli effetti conseguenti alla pulitura elettrolitica (P. Jacquet). Condizioni diverse di pulitura possono condurre a superfici lucide ma passivate il cui comportamento è profondamente diverso da caso a caso.

A questa alta influenza dello stato superficiale si riallacciano buona parte delle dispersioni talora assai notevoli che si hanno nelle prove di resistenza alla corrosione di varî materiali, siano esse prove lente o prove accelerate. Nelle prove di lunga durata o istituite da commissioni di varî paesi (Francia, Inghilterra, Olanda) malgrado le difficoltà del periodo bellico, si sono ottenuti risultati notevolmente concordanti che, fra l'altro, hanno condotto all'identificazione delle migliori modalità di preparazione superficiale prima della verniciatura nonché della buona resistenza alla corrosione atmosferica degli acciai semiinossidabili rame-cromo.

Ma il più brillante successo si è avuto nell'accertamento della natura elettrochimica dei processi di corrosione in ambiente liquido, acido e salino: ciò è stato ottenuto in forma definitiva con rigore quantitativo da U. R. Evans e dalla sua scuola (T. C. Hoar, R. B. Mears); la difficoltà di mettere in evidenza "pile locali" di debolissima forza elettromotrice è stata superata e con almeno sette metodi diversi si è potuto stabilire il rapporto quantitativo fra la perdita di peso di un metallo sotto corrosione e la quantità di elettricità erogata dalle pile locali qualunque sia la dissimmetria del sistema metallo soluzione da cui esse si generano.

Un campo interessante, anche dal punto di vista pratico, nel quale la teoria elettrochimica ha dato brillanti risultati è quello dell'interpretazione del meccanismo di funzionamento degli inibitori di corrosione, cioè a dire, di quel gruppo di sostanze (quali colle, fosfati, cromati) che, aggiunte in piccole dosi nel mezzo di attacco, ne riducono o annullano l'azione corrosiva; si è potuto così distinguere fra inibitori catodici che rallentano le reazioni ai catodi delle pile locali e inibitori anodici che rallentano invece la dissoluzione del metallo agli anodi di dette pile. Di alcuni di questi ultimi è stato mostrato che, ove si trovino presenti in quantità insufficienti, possono diventare pericolosi in quanto danno luogo ad attacchi localizzati con pericolo di perforazioni. In questi criterî generali teorici si sono inquadrati anche gli inibitori recentemente introdotti nella tecnica quali il silicato sodico, il benzoato sodico, gli esametafosfati ed il cromato di calcio; l'impiego di tali inibitori nella protezione di sistemi a circolazione d'acqua si va sempre più estendendo.

La teoria elettrochimica dei processi di corrosione ha dato anche i suoi frutti nello studio della corrosione intercristallina, sia per ciò che riguarda la sostituzione di acciai inossidabili 18/8 con acciai all'alluminio e a minor tenore in cromo, sia per l'importanza dei trattamenti termici e del basso tenore in carbonio. Casi particolari sono stati studiati su alluminio purissimo per il quale si è potuto individuare ai limiti dei grani una velocità di attacco differente a seconda dell'orientazione relativa dei cristalli contigui.

Di notevole interesse è la corrosione microbiologica dovuta al "vibrio desulfuricans" studiato anche a mezzo della microscopia elettronica, che è responsabile della corrosione di metalli interrati in mezzi strettamente anaerobici, per trasformazione dei solfati in solfuri e sviluppo dell'ossigeno necessario al proseguire della corrosione (H. J. Vernon).

Rinviando, per la protezione catodica a metalli (in questa App.), si ricorda che recenti studî hanno messo in evidenza l'azione nociva assai notevole, che anche piccole concentrazioni di cloruri possono avere per la corrosione di svariati impianti industriali (zuccherifici, raffinerie di petrolio).

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