COSIMO da Castelfranco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSIMO da Castelfranco (al secolo Paolo Piazza)

Gabriello Milantoni

Nacque a Castelfranco Veneto (Treviso) nel 1560 c. (Davide da Portogruaro, 1936, p. 4); studiò pittura a Venezia, presumibilmente tra il 1575 e l'81 presso Palma il Giovane (Melchiori, 1720; Federici, 1803), Paolo Veronese (Mancini, 1617-21), e i Bassano (Crico, 1833). Tornato a Castelfranco, eseguì varie opere attestate dalle fonti di cui oggi rimangono, nella sacrestia del duomo, La cena in Emmaus e La consacrazione episcopale di s. Nicolò di Mira, entrambe firmate. Circa al 1588 risalgono i già numerosi affreschi della villa Comer, ora Venezze, a Poisolo di Castelfranco, di cui oggi, a causa di trasformazioni ottocentesche, sono rimaste solamente tre volte che. facevano parte di un loggiato laterale (Scamozzi, 1615; Crosato, 1962). Probabilmente agli anni 1585-90 risale l'Autoritratto, conservato agli Uffizi di Firenze, da cui il Melchiori ricavò un disegno.

Tra la fine del 1593 e l'inizio del 1594 il Piazza tornò a Venezia, come documenta la sua iscrizione ("Paulo Piazza") alla fraglia dei pittori tra il 1594 e il 1596 (E. Favaro, L'arte dei pittori in Venezia..., Firenze 1975 p. 142). Per la chiesa di S. Polo eseguì il Battesimo di Costantino e la Predicazione di s. Paolo.

Di incerta attribuzione è invece, nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, il monocromo attorno al monumento di Marcantonio Bragadin (eretto nel 1596), raffigurante il Martirio di quest'ultimo, riferito a Giuseppe Alabardi dal Boschini (1664),mentre il Ridolfi (1648) lo ascrive a C., seguito con decisione da Davide da Portogruaro (1936, p. 9).

Nel 1595 la Confraternita del SS. Crocifisso (detta dei Rossi) di Chioggia gli commissionò Il Paradiso, dipinto centrale per il soffitto dell'oratorio della SS. Trinità, ultimato nel 1596, come attesta la data appostavi. Nel maggio dell'anno successivo il Piazza allestì, inoltre, sul Canal Grande un teatro galleggiante in occasione dell'incoronazione della dogaressa Morosini Grimani (Ridolfi, 1648; Davide da Portogruaro, 1936, p. 14).

Pronunciati i Voti il 27 sett. 1598, il Piazza entrò nell'Ordine dei cappuccini con il nome di Cosimo da Castelfranco. Agli ultimi anni del secolo risalgono probabilmente l'Adorazione della Croce, già sull'altar maggiore della chiesa della Croce di Venezia, poi in deposito nella chiesa di S. Elena e ora nelle Gallerie dell'Accademia (cat. n. 279), e l'Incoronazione della Vergine, collocata attorno al 1600 sull'altar maggiore della rinnovata chiesa dei cappuccini a Castelfranco, ed attualmente presso il locale ospedale geriatrico (D'Alano, 1974). Nel 1601 fu trasferito in Boemia dove, stando ai documenti che si trovano a Venezia (Arch. prov. dei Cappuccini: in Davide da Portogruaro, p. 17), fu assai attivo e apprezzato, sebbene non rimanga alcuna sua opera: perduta è anche una Adorazione dei Magi donata all'imperatore Rodolfo II (M. Dvořàk, Maria Loreto am Hradschin zu Prag, Prag 1883, p. 10). Trasferitosi a Graz, dove dipinse per il convento dei cappuccini, dal 1604 fu a Monaco su richiesta del duca Guglielmo V di Baviera, dove attese al Martirio di s. Pietro e al Martirio di s. Paolo, che lasciò incompiuti e che furono poi ultimati dal pittore B. Keidter.

Da Monaco, nel 1606, si trasferì ad Innsbruck dove, su incarico dell'arciduchessa vedova Anna Caterina, nata Gonzaga di Mantova, dipinse, oltre alle opere smarrite, l'Adorazione dei Magi (incisa da P. König), tuttora esistente sull'altar maggiore della chiesa dei cappuccini; nella stessa città, al Ferdinandeum, si custodisce una Pietà, eseguita nel medesimo periodo per il convento dei serviti. Alcune opere furono incise da Raphael (I) e Raphael (II) Sadeler (Wurzbach; Hollstein, 1980). Tornò in Boemia nell'estate del 1607, e il cardinale Dietrichstein lo incaricò di dipingere per l'edificando convento dei cappuccini in Kromeríž, ma C., nel tardo autunno di quell'anno o nella primavera di quello successivo, ripartì alla volta dell'Italia per motivi tuttora ignoti. Da Venezia, dove si fermò, inviò a Roma la pala per l'altar maggiore di S. Tommaso in Parione con S. Tommaso in orazione e diverse figure; dipinse poi Il Paradiso della chiesa dei cappuccini di Borgo San Sepolcro, firmato e datato 1608. L'anno successivo fu a Reggio Emilia, dove rimangono S. Andrea apostolo nella cripta del duomo e S. Gabriele arcangelo e l'Annunciata nel coro della chiesa dei cappuccini.

Nell'autunno dei 1610, dopo essere stato presentato il 31 maggio dello stesso anno al duca Ranuccio Famese dal prevosto Zoboli, si stabilì a Parma. Qui sono documentati, nel palazzo del Giardino (Campori, 1870), "Un Infernale con diversi demoni" e una Madonna con il Bambino, s. Giuseppe, l'asinello e alcuni angeli, nella cappella dello stesso palazzo, entrambi andati dispersi. Dopo aver assolto alla stesura dell'Ultima cena per il convento dei cappuccini di Piacenza, nel 1611 inviava ai confratelli di Rimini la SS. Trinità, Maria Vergine e i santi protettori di Rimini (Adimari, 1616), ora nella locale chiesa di S. Giovanni Battista.

Chiamato a Roma da Paolo V per decorare il palazzo del fratello, il cardinale Scipione Borghese, C. vi si trasferì nell'autunno dello stesso 1611, iniziando i lavori nel maggio 1612 - il 16 luglio 1614 Paolo V si recò a visitarli (cfr. Orbaan, 1920) - e ultimandoli nella primavera dei 1618 (Davide da Portogruaro, 1936, pp. 29-33, 38-41). Tuttavia le opere, per essere state condotte a olio su muro, presto deperirono, come documentava il Baglione (1642), ed oggi rimangono, in alcune sale al primo piano, la Storia della regina di Saba, alcuni ritratti e il Ratto delle Sabine. Mentre attendeva a questi impegni, e dopo aver dipinto, nel 1614, il Cristo morto sorretto da un angelo e adorato da s. Francesco della Pinacoteca Capitolina di Roma (replica al Museo francescano di Assisi: Davide da Portogruaro, 1936, p. 35), nella primavera del 1616 C. si recò in Umbria (Temi, convento di S. Martino, Giudizio universale; Amelia, chiesa dei cappuccini, Madonna con il Bambino in gloria e i ss. Giacomo Maggiore, Carlo Borromeo, Francesco d'Assisi, Girolamo, ambedue firmati e datati 1616), e di lì avrebbe voluto raggiungere Venezia o Parma, dove era richiesta la sua opera da Ranuccio Famese. Paolo V, invece, lo richiamò a Roma. Esauriti i compiti in palazzo Borghese, C. poté finalmente tornare in Veneto, probabilmente a Venezia (Ridolfi, 1648), attendendo a dipinti per i confratelli di Mestre e Rovigo.

A questo periodo risalirebbe l'unica sua opera letteraria superstite, segnalata dal Federici (1803), rimasta manoscritta: L'ingannato Spirito / tragidialogo spirituale di Fra Cosimo Piazza da Castelfranco Cappuccino, in versi sciolti / dove piacevolmente si rappresentano i / pericoli e le difficoltà dello stato religioso in un / novizio (Treviso, Biblioteca comunale). A Venezia, nella chiesa del Redentore, assolse, dall'aprile al luglio 1619, all'ultima sua impegnativa commissione, cioè trentadue sagome chiaroscurate, ora deperite, raffiguranti Quattro evangelisti, Quattro dottori della Chiesa, Dodici profeti e Dodici sibille, alcune delle quali, ritenute "inoneste", furono ritoccate nel 1758 da G Angeli (Niero, 1974). A queste è da aggiungere il lunettone, sempre a chiaroscuro, con il Voto di Venezia al Redentore. Da segnalare, infine, ancora in Venezia, l'Ultima cena, firmata, nel refettorio del convento dei cappuccini.

C. morì a Venezia il 20 dic. 1620, quando stava attendendo per conto del doge Antonio Priuli alle decorazioni di un nuovo corridoio di accesso tra il vecchio e il nuovo palazzo ducale; fu sepolto nel convento del Redentore, da dove successivamente le sue spoglie furono rimosse e collocate in un sito tra la chiesetta di S. Maria degli Angeli e la cappella di S. Giovanni Battista.

Il Pallucchini (1981) considera C. "diffusore della cultura pittorica veneziana tardomanieristica" nell'Europa centrale, individuando tuttavia influssi a cui il pittore non volle sottrarsi. come, ad es., il caravaggismo, la cui cultura luministica sì combina in C. con quella in lui più tenacemente bassanesca, dando, come flagrante risultato, il Cristo morto della Pinacoteca Capitolina.

Fonti e Bibl.: V. Scamozzi, L'idea dell'archit. universale, Venetiis 1615, p. 295; R. Adimari, Sito riminese, I, Brescia 1616, p. 82; G. Mancini, Considerazioni sulla pittura [1617-1621 c.], a cura di A. Marucchi-L. Salerno, I-II, Roma 1956-57, ad Ind.;P. Totti, Ritratto di Roma moderna, Roma 163 8, p. 406; G. Baglione, Le vite de' pittori scultori et architetti..., Roma 1642, p. 161; C. Ridolfi, Delle maraviglie dell'arte [1648], a cura di D. F. von Hadeln, II, Berlin 1924, pp. 161-64; F. Martinelli, Roma ricercata nel suo sito…, Roma 1658, p. 292; M. Boschini, Le minere della Pittura, Venezia 1664, pp. 228, 247, 288, 397, 502; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno… [1681-1728], a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1846, pp. 574 s.; F. Titi-F. Posterla, Nuovo studio di pittura, scoltura, et architettura nelle chiese di Roma..., Roma 1708, pp. 108, 321, 336, 368, 398; N. Melchiori, Notizie di pittori e altri scritti [1720], a cura di G. P. Bordignon Favero, Firenze 1968, ad Ind.; C. F. Marcheselli, Pitture delle chiese di Rimino [1754], a cura di P. G. Pasini, Bologna 1972, pp. 50 s., fig. 54, tav. XXI; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana…, Venezia 1771, pp. 358 s.; D. M. Federici, Mem. trevigiane sulle opere di disegno, II, Venezia 1803, pp. 89 ss.; L. Lanzi, Storia Pittor. della Italia [1808], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 128; G. Moschini, Guida per la città di Venezia, Venezia 1815, I, p. 133; II, pp. 233, 350; A. Tofanelli, Descriz. d. sculture e pitture che si trovano al Campidoglio, Roma 1823, p. 139; L. Crico, Lett. s. belle arti trivigiane, Treviso 1833, pp. 188 s., 192; E. Paoletti, Il fiore di Venezia, I, Venezia 1837, p. 172; III, ibid. 1840, p. 75; F. De Boni, Biografia d. artisti, Venezia 1840, p. 778; L. Scarabelli, Guida ai monumenti stor. ed artist. d. città di Piacenza, Lodi 1841, p. 118; G. Campori, Gli artisti italiani estranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 368; Id., Raccolta di catal. ed inventari ined., Modena 1870, p. 267; M. Guardabassi, Indice-guida deimonumenti... nella Provincia dell'Umbria, Perugia 1872, p. 133; A. Lupattelli, La chiesa di S. Francesco e gli affreschi del sec. XIV nella cappellaParadisi. Il dipinto ad olio del Piazza nella paretedella sagrestia di S. Martino in Terni, Terni 1892, pp. 15-18, G. Eroli, Descriz. d. chiese di Narni esuoi dintorni, Narni 1898, pp. 383, 394; [G. Fogolari], Organi con dipinti ricordati dalle vecchieguide di Venezia, in Boll. d'arte, II (1908), s, p. 172; K. Atz, Kunstgesch. von Tirol und Vorarlberg, Innsbruck 1909, p. 996; J. A. F. Orbaan, Documenti sul barocco in Roma, Roma 1920, pp. 218 s.; C. Cecchelli, Il Campidoglio, Milano-Roma 1925, p. 29 tav. 25; G. Lorenzetti, Venezia eil suo estuario, Milano 1926, pp. 111, 327, 545 s., 722; A. Venturi, St. d. arte ital., IX, 7, Milano 1934, p. 165; Davide da Portogruaro, Paolo Piazza ossia C. da C. pittore cappuccino 1560-1620, Venezia 1936; P. Della Pergola, Galleria Borghese. I dipinti, I, Roma 1955, pp. I 19 s., n. 214; Davide da Portogruaro, Storia dei cappuccini veneti, II, Venezia-Mestre 1957, ad Ind.; L. Crosato, Gliaffreschi nelle ville venete del Cinquecento, Treviso 1962, pp. 69, 168 s., fig. 168; S. Moschini Marconi, Galleria d. Accademia di Venezia. Opere d'artedel sec. XVI, Venezia 1962, p. 170 n. e fig. 279; R. Bedini, Le opere d'arte nella chiesa e nel convento dei cappuccini di Piacenza, Roma 1966, p. 28 e fig.; G. Donzelli-G. M. Pilo, I pitt. del Seicentoven., Firenze 1967, pp. 329 s., figg. 10, 361, 362; R. Longhi, Precisioni nelle Gall. ital.: la Gall. Borghese (1926-1928), in Saggi e ricerche 1925-1928, Firenze 1967, pp. 337, 358; W. Timofiewitsch, Die sakrale Architektur Palladios, München 1968, p. 58; E. Manzato, Il soffitto dell'Oratorio della SS. Trinità di Chioggia, in Arte veneta, XXVI (1972), pp. III s., 118, fig. 138; R. D'Alano, Del veneto Paolo Piazza le pale dell'Annunciazionein S. Nicolò di Schio, in Vicenza, XVI (1974), s, pp. 16-19; A. Niero, Un episodio controriformistico di arte veneziana: l'epurazione "Post-mortem" del capp. Paolo Piazza, in Arte veneta, XXVIII (1974), pp. 296 s.; R. Bruno, Roma. PinacotecaCapitolina, Bologna 1978, p. 100 n. e fig. 246; S. Meloni Trkulja, in Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, p. 958 n. e fig. A 695; Hollstein'sDutch and Flemish Etchings, Engravings and Woodcuts ca. 1450-1700, a cura di D. De Hoop Scheffer, Amsterdam 1980, XXI, pp. 236 n. 101, 276 nn. 43 s., 277 n. 45; XXII, pp. 197 fig. 101, p. 218 fig. 44; R. Pallucchini, La pittura veneziana delSeicento, Milano 1981, I, pp. 20, 41, 52 s., 65, 71, 75, 100; II, figg. 119-122; G. J. Dlabacž, Allgemeines historisches Künstlerlexikon für Böhmen, II, Prag 1815, col. 457; A. v. Wurzbach, Niederländisches Künstlerlexikon, II, pp. 542, nn. 14, 28, 48, 68, 80; 543, n. 6; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, pp. 567 s. (sub voce Piazza, Paolo).

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