Tura, Cosmè

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Pittore (Ferrara 1430 circa - ivi 1495), uno dei principali esponenti della scuola ferrarese. Nella sua pittura confluirono gli apporti della scuola di F. Squarcione, di Mantegna e della pittura nordica, in particolare di R. van der Weyden, rielaborati in un originale stile segnato da un deformante espressionismo, che costituì una cifra unica del Rinascimento settentrionale. Impegnato per più di un ventennio (1458-86) alla corte di Borso ed Ercole I d'Este, dove lavorò non solo come pittore, realizzò numerose opere tra le quali si ricorda quella che è ritenuta tra le più importanti, il polittico Roverella (1474) .

Vita e opere

Scarse le notizie sulla sua formazione, anche se appare fondamentale il rapporto con la scuola di F. Squarcione, con cui T. entrò in contatto probabilmente durante un soggiorno a Padova intorno al 1453-56, e l'apporto dei riferimenti più aggiornati, dall'opera di A. Mantegna e degli artisti veneziani alla pittura nordica. Nel periodo in cui fu al servizio di Borso e di Ercole I è documentata la sua attività di disegnatore e progettista di arredi e opere di decorazione (paramenti, vesti, apparati per feste, mobili e suppellettili, come un ricchissimo servizio d'argento, elogiato dalle fonti, per le nozze di Ercole I ed Eleonora d'Aragona) e di scultore, mentre sono pochi i suoi dipinti sicuramente datati. Tra le opere giovanili, il Ritratto di giovane (New York, Metropolitan Museum) e la Madonna con il Bambino dormiente (Washington, National gallery of art), dove è più evidente l'influsso squarcionesco, e la Pietà (Venezia, museo Correr), in cui si avvertono, anche nello schema compositivo, influssi tedeschi e fiamminghi. Nel 1460-63 T. attese alla decorazione dello studiolo estense di Belfiore: a questa sono stati ipoteticamente ricollegati la Tersicore (nota anche come Carità; Milano, museo Poldi Pezzoli), forse non interamente di sua mano, e la cosiddetta Primavera (Londra, National Gallery). Quest'ultima opera dimostra l'acquisizione di un linguaggio formale maturo, originale e complesso: alla figura immobile e assorta in una malinconica astrazione fa riscontro la realizzazione del ricchissimo panneggio, dalle pieghe aguzze e spigolose, dall'aspetto quasi metallico; l'immagine attrae lo sguardo dell'osservatore tramite un'insistente ricerca del dettaglio bizzarro e fantastico e la resa di una materia che si rivela sorprendentemente preziosa e splendente. Queste opere si ricollegano direttamente alle ante d'organo del duomo di Ferrara (1469), dove alla composizione statica e serena dell'Annunciazione, contenuta entro un rigoroso impianto prospettico, si contrappone il dinamismo del S. Giorgio e il drago, che investe paesaggio e figure. In questo stesso periodo è documentata la sua attività nella cappella dei Sacrati in S. Domenico (1467-68) e nella cappella del castello di Belriguardo (1469). Intorno al 1470 si situa la decorazione del palazzo di Schifanoia, prodotto collettivo della scuola ferrarese; T. dovette avere un ruolo fondamentale nell'ideazione e nell'organizzazione generale del ciclo decorativo, sebbene non sia possibile attribuire con certezza alcuna scena alla sua mano. Al 1474 risale il polittico Roverella, già in S. Giorgio (parzialmente distrutto da un ordigno nel sec. 18º), ora diviso tra vari musei: lo scomparto centrale con Madonna in trono, dall'accentuato verticalismo, è a Londra, National Gallery; la cimasa con il Compianto è al Louvre, mentre gli scomparti laterali sono a Roma, galleria Colonna (SS. Maurelio e Paolo) e a S. Diego, Fine arts gallery (frammento con S. Giorgio). A S. Giorgio si trovava anche il polittico di S. Maurelio (due tondi a Ferrara, Pinacoteca nazionale). Agli stessi anni risalgono il Cristo di pietà (Vienna, Kunsthistorisches Museum), il S. Girolamo già nella certosa di Ferrara (Londra, National Gallery), la Madonna (Bergamo, Accademia Carrara). Negli anni Ottanta i rapporti di T. con la corte estense sembrano divenire problematici, se nel 1483 egli ricorse in giudizio per ottenere i pagamenti per i lavori di Belfiore, e nel 1486 lasciò il servizio di corte. Tuttavia la sua opera proseguì in modo intenso; le opere più avanzate, come la Sacra conversazione (1480 circa, Ajaccio, Musée Fesch) e il S. Antonio da Padova (1484 circa, Modena, Galleria Estense), forse parte di un polittico, sono segnate da una costruzione imponente delle figure, dall'intensa espressività e da arditi effetti cromatici. Riguardo all'attività di scultore gli è attribuita una piccola Pietà in terracotta smaltata, (già a Firenze, coll. Ventura).

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