NIVOLA, Costantino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NIVOLA, Costantino

Mattia Patti

NIVOLA (Nivola Mele), Costantino. – Nacque a Orani (Nuoro) il 6 luglio 1911, sesto dei dieci figli di Nicolò, muratore, e di Giovanna Mele.

Giovanissimo, iniziò ad aiutare il padre nel lavoro, fino a quando, nel 1926, si trasferì a Sassari, ove cominciò a collaborare con il pittore Mario Delitala, allora impegnato nella decorazione dell’aula magna dell’Università. Frequentando lo studio di Delitala, apprese anzi tutto a lavorare lo stucco e il gesso, ma si appassionò presto anche alla pittura, prediligendo la monumentalità dei più recenti quadri di figura di Carlo Carrà, come dimostrano i primi dipinti noti, realizzati per villa Ticca a Cala Gonone (conservati in coll. priv., sono riprodotti in N. Fancello Pintori…, 2003, pp. 49, 52 s., figg. 46, 50 s.). Tornato a Orani nel 1930, nel 1931 ottenne una borsa di studio che gli permise di trasferirsi a Monza per frequentare i corsi dell’ISIA (Istituto superiore per le industrie artistiche). Qui studiò dapprima pittura, poi grafica pubblicitaria, avendo tra i molti importanti insegnanti Marino Marini, Marcello Nizzoli, Giuseppe Pagano, Edoardo Persico, Aldo Salvadori e Pio Semeghini. A Monza frequentava soprattutto due compagni di corso, i sardi Giovanni Pintori e Salvatore Fancello.

Recepite le indicazioni del Manifesto della pittura murale, pubblicato nel 1933 dal conterraneo Mario Sironi (insieme a Carrà e Massimo Campigli), a più riprese si cimentò con l’affresco e altre tecniche di decorazione parietale, realizzando fra l’altro l’affresco all’interno dell’ISIA intitolato La Carta del lavoro e legato chiaramente alla monumentalità del linguaggio novecentista. Con Fancello e Pintori tenne una mostra a Nuoro nel 1934 e in quello stesso anno partecipò ai Littoriali della cultura e dell’arte di Firenze, presentandosi nelle fila del GUF di Milano (in catalogo figura con il nome di Piero Nivola). Le opere di questo periodo testimoniano l’interesse per le avanguardie d’inizio secolo e dimostrano un inusuale aggiornamento sui risultati ultimi della Scuola di Parigi. All’uso del collage e ai rimandi cubo-futuristi, alternava infatti una pittura di puro colore, capace di evocare l’espressionismo di Raoul Dufy (come in Roggia nel parco, Monza, Musei Civici). Poco prima di diplomarsi in grafica pubblicitaria, espose alla VI Triennale del 1936 un grande pannello ad affresco su tela, intitolato Si costruiscono le città (distrutto, è riprodotto in Crespi - Licht - Naitza, 1995, p. 17, fig. 2), e ancora con Fancello realizzò per la stessa occasione una parete a mosaico di litoceramica (ripr. in N., Fancello, Pintori…, 2003, p. 92, fig. 124). Al 1936 risale la seconda partecipazione ai Littoriali della cultura e dell’arte, tenuti questa volta a Venezia, in cui ottenne il primo premio per il concorso di pittura. Al pari di altri amici da poco diplomati all’ISIA, iniziò poi a collaborare anche con l’Olivetti, di cui nel 1937 fu incaricato di dirigere l’ufficio grafico e per la quale allestì alcuni punti vendita e coordinò la campagna pubblicitaria della macchina per scrivere Studio 42.

Il 4 agosto 1938 si sposò, a Milano, con Ruth Guggenheim, allieva ISIA che aveva conosciuto anni prima. In seguito alle leggi razziali dovette riparare con la moglie, ebrea, in Svizzera, trasferendosi poco dopo a Parigi, da dove però un mandato di cattura – dovuto ai contatti con fuoriusciti antifascisti – lo costrinse a fuggire in America. Stabilitosi a New York, cominciò a partecipare alla vita artistica della metropoli, stringendo amicizia con Fernand Léger e Alexander Calder, ma soprattutto con alcuni giovani emergenti, Wilhelm de Kooning, Franz Kline e Jackson Pollock. Prese anche a frequentare assiduamente il disegnatore Saul Steinberg, col quale tenne le sue due prime mostre a New York, nel 1942 alla Betty Parson Gallery e nel 1944 alla Wakefield Gallery. I primi quadri americani si caratterizzano per una nuova, vivace cromia, come è evidente in Times Square del 1943 (coll. privata, ripr. in Crespi - Licht - Naitza, 1995, p. 41, fig. 21). Nel 1940 fu assunto come direttore artistico della rivista Interiors and Industrial Design, incarico che tenne per cinque anni. Alla metà del decennio conobbe Le Corbusier, con cui strinse una profonda amicizia.

Come ricordò a più riprese lo stesso Nivola, Le Corbusier svolse un ruolo cruciale in questo periodo, dispensandogli lezioni e incoraggiandolo a intraprendere nuove ricerche nei diversi campi dell’arte: «Monsieur Nivola», dichiarò infatti il grande architetto al giovane artista sardo, «lei ha talento; credo che avrà delle possibilità. I suoi lavori sono come burattini e lei deve imparare a tirare i fili; deve imparare il ruolo che ogni elemento gioca in una composizione plastica» (il passo è citato, fra l’altro, in Martegani, 2003, pp. 97 s.).

Nel 1948 acquistò una casa a Springs, a Long Island, rimanendo folgorato dal contatto diretto con l’oceano e con le lunghissime spiagge. Fu giocando con i figli, Claire e Pietro, sulla spiaggia di Long Island che elaborò un inedito processo tecnico, il sand-casting, basato sul colare gesso o cemento sulla superficie sabbiosa precedentemente modellata in negativo, come una matrice. Creò così un nuovo modo di intendere il rilievo plastico: servendosi del più comune dei materiali da costruzione, il cemento, infatti riuscì a istituire un serrato e diretto dialogo tra i propri lavori scultorei e l’architettura. I primi sand-casts in gesso policromo furono esposti nel 1950 alla galleria Tibor De Nagy di New York: appesi a parete o poggiati su alte basi, questi Totem coniugavano l’essenzialità delle veneri e di altre sculture preistoriche a elementi grafici di radice surrealista e a patterns decorativi. Tra il 1952 e il 1954 eseguì un grande rilievo per lo spazio espositivo dell’Olivetti a New York (progettato dal gruppo BBPR), impiegando per la prima volta il sand-casting per un intervento di decorazione architettonica, che incontrò un sorprendente favore da parte della critica e del pubblico. Nel 1954 tenne una nuova mostra personale a New York, allestita nelle sale della galleria Peridot, e fu incaricato di coordinare il design workshop alla Harvard University. Dopo aver tenuto altre mostre personali (alla Peridot nel 1955 e 1957, a Harvard nel 1956), realizzò un sand-cast per la facciata della sede della Mutual of Hartford Insurance Company. Alla fine degli anni Cinquanta tenne numerose personali e collettive e continuò a produrre opere di dimensioni monumentali, perlopiù facciate di edifici in sand-casting richiestegli da committenti pubblici e privati.

Nel 1958 rientrò brevemente a Orani e vi realizzò la tomba di famiglia, decorò la facciata della chiesa di S. Itria con un graffito di impianto cubista, organizzò una mostra all’aperto di sue sculture di piccolo formato, col chiaro intento di confrontarsi con la popolazione locale. Poco dopo espose tre sculture alla VIII Quadriennale d’arte nazionale di Roma (Palas de oro, Coricheddu e Mastru e muru, quest’ultima riprodotta in catalogo).

Attorno al 1960 adottò un nuovo procedimento per lavorare, basato sull’intaglio del cemento ancora fresco: le sculture realizzate con questa tecnica sono caratterizzate dall’incastro di possenti blocchi di materia compatta. Al 1961 risalgono le prime opere in terracotta, sculture a tutto tondo apertamente figurative, quale, per esempio, il gruppo di ritratti di Frederick Kiesler (riprodotti in Forestier, 2004, pp. 64 s., figg. 11 s., 14) o quello dei Letti (datati tra il 1962 e la metà del decennio). Queste terrecotte furono esposte per la prima volta in una personale allestita alla milanese galleria dell’Ariete, nel 1962, e numerose altre volte, negli Stati Uniti, negli anni seguenti (in particolar modo alla Byron Gallery di New York, nel 1965, 1966 e 1967). Alla metà degli anni Sessanta risale anche la serie delle Spiagge in terracotta, ove la figurazione è manifesta e chiara è l’idea di un racconto.

Nel 1977 Nivola dichiarò, a proposito di queste opere: «sono terracotte che rappresentano le spiagge solitarie come le ho conosciute a Cala Gonone, altre rappresentano le stesse spiagge, intorpidite, brulicanti di follia. Lettini in bronzo, dove il riposo e l’amore sono visti nella loro serenità gioiosa. In altri, il sonno è divenuto incubo, e la convivenza coniugale, stizza e noia» (il passo è in Forestier, 2004, p. 118).

Nel 1962 insegnò alla Columbia University, ricevendo poi altri incarichi di docenza per il Carpenter center for the visual arts della Harvard University e per l’università di Berkeley, in California. Continuò per tutti gli anni Sessanta a realizzare monumentali rilievi o affreschi, in stretta collaborazione con architetti, fra i quali Eero Saarinen, insieme al quale lavorò nel 1960 per l’Ezra Stiles college e per il Morse College della Yale University. Alla fine del 1965 fu alla IX Quadriennale d’arte nazionale di Roma con quattro bronzi intitolati Letti a Roma. Nel 1966 progettò e realizzò la piazza Sebastiano Satta di Nuoro, composta da una serie di pietre in granito sulle quali sono fissate alcune sculture in bronzo che ritraggono il poeta sardo. Nel 1968 eseguì Hombre de paz, grande scultura in cemento colorato che celebrava la presenza italiana alle Olimpiadi di Città del Messico, e nello stesso anno partecipò al concorso per il Monumento ad Antonio Gramsci (il bozzetto, non eseguito, è ripr. in C. N., 1999, p. 147). Nel 1972 fu ospitato dall’American Academy di Roma in qualità di artist in residence e nel 1973 tenne nella capitale due importanti mostre personali, allestite rispettivamente alla galleria Il Segno e alla Marlborough.

Durante gli anni Settanta continuò a lavorare la terracotta, eseguendo altre opere dedicate al tema dei Letti, oltre che piccole figure di derivazione surrealista. Parallelamente portò avanti la produzione di sculture in cemento intagliato, nelle quali talora s’uniscono elementi astratto-geometrici ed elementi figurativi, come accade ne Il pastore del 1974 (coll. privata, ripr. in C. N., 1999, p. 165, fig. 98). Analoghe composizioni, caratterizzate da blocchi geometrici monumentali, sono protagoniste di una serie di tele di grandi dimensioni dipinte alla metà degli anni Settanta e intitolate in massima parte Figura maschile.

Verso la fine del decennio soddisfece numerose commesse per opere monumentali ed espose in gallerie private, perlopiù americane. Tornò nel 1977 all’American Academy di Roma come artist in residence e nel 1982 insegnò alla Reale Accademia di belle arti dell’Aia, di cui era diventato membro onorario nel 1975.

All’inizio degli anni Ottanta aprì un nuovo ciclo di sculture, eseguite ora in travertino, ora in marmo o in legno e dedicate al tema della madre: larghi e sottili piani dalle forme stondate che evocano il corpo femminile. Attorno al 1983 realizzò il gruppo dei Lavoratori sardi, in bronzo, conservato oggi alla Fondazione Nivola di Orani.

Morì nella sua casa di East Hampton (New York) il 6 maggio 1988.

Al fine di promuovere lo studio e la valorizzazione dell’artista, nel 1990 è stata istituita la Fondazione Nivola, a cui appartengono il Museo inaugurato a Orani nel 1995 e le opere in esso esposte (www.museonivola.it, anche con un elenco aggiornato delle mostre postume).

Fonti e Bibl.: Comune di Orani, Atto di nascita di Nivola Mele Costantino, n. 38/1911; Littoriali della cultura e dell’arte, catal., Firenze 1934, pp. 47 s., 98, 112, 149; N. Opere dello scultore in una mostra personale (catal. galleria il Milione), Milano 1959; VIII Quadriennale d’arte nazionale di Roma (catal.), Roma 1959, p. 212; IX Quadriennale d’arte nazionale di Roma (catal.), Roma 1965, p. 168; A. Crespi - F. Licht - S. Naitza, N. Dipinti e grafica, Milano 1995; C. N. Sculture dipinti disegni, catal. a cura di L. Caramel - C. Pirovano, Milano 1999; N., Fancello, Pintori. Percorsi del moderno, a cura di R. Cassanelli - U. Collu - O. Selvafolta, Cagliari-Milano 2003, pp. 49, 52 s., 92;M. Martegani, C. N. in Springs, Nuoro 2003; S. Forestier, N. Terrecotte…, Milano 2004; R. Pintus, Dalla spiaggia di Long Island alle pareti scolpite: N. e i sand-cast degli anni Cinquanta, in Quaderni di scultura contemporanea, 2008, n. 8, pp. 45-73.

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