Costui

Enciclopedia Dantesca (1970)

costui

Riccardo Ambrosini

1. Il pronome personale maschile occorre due volte nelle Rime, e in una indica Amore (CVI 14), in una D. stesso (CXVI 42), come in due tra le sei occorrenze della Vita Nuova, nelle rimanenti riferendosi al pensiero, ovviamente personificato, al cuore e all'amico per cui D. aveva composto una delle due stanzie d'una canzone; in XXXVIII 9 8 è da sottolineare il costrutto Chi è costui / che. Interessante è la locuzione un ser costui, nell'unica occorrenza di Rime dubbie I 2. Come talora ‛ costei ' (v. oltre, 2.) anche c. è ripreso da un pronome diverso e più breve, in If 164 Quando vidi costui... / gridai a lui, ove, come in altre quattro occorrenze tra le 30 complessive della Commedia, indica Virgilio. Anche nella Commedia l'ambito delle persone cui si riferisce c. è piuttosto limitato: undici volte D., due Paolo Malatesta, due Augusto, due s. Francesco. Indica il Purgatorio in Pg IV 73, mentre Sion è indicata da colui al v. 74 (ma il codice Cortonese reca colui anche al v. 73, usato in ambedue i casi come complemento di termine senza preposizione; si ricordi, però, che il contrasto ‛ colui-c. ' ritorna in Pg XXIII 120-121). C. personifica, infine, il Primo Mobile, in Pd XXVIII 70. Per quanto riguarda le funzioni di c., vi appare sei volte come soggetto e due come predicato nominale, nell'interrogazione iniziale di verso Chi è costui che, ecc. (If VIII 84, Pg XIV 1).

In If V 104 Amor... / mi prese del costui piacer sì forte, funge da possessivo: con c. Francesca indica Paolo, a lei vicino anche nell'oltretomba e a lei legato da un amore che, come vedi, ancor non mi abbandona; non è perciò priva di fondamento la variante, recata dai codici Cortonese e Laurenziano, che al v. 135 presentano c. in luogo di questi. Come ‛ colui ' e ‛ costei ', c. nella funzione possessiva è preposto al sostantivo cui si riferisce.

2. Il pronome personale femminile, ‛ costei ', è usato sempre come complemento nella Vita Nuova e nel Convivio, anche come soggetto nelle Rime e nella Commedia. Ricorre complessivamente 60 volte, e indica esseri femminili, reali o personificati, la cui presenza psicologica alla narrazione o all'esposizione è particolarmente sentita da Dante. Nelle 5 occorrenze della Vita Nuova indica esclusivamente Beatrice; ne è chiaro il valore elativo-celebrativo: XXI 7 chiamando le donne che m'aiutino onorare costei; XLI 6 lo mio pensero sale ne la qualitade di costei in grado che lo mio intelletto no lo puote comprendere. Nelle cinque occorrenze delle Rime, in una delle quali funge da possessivo (XC 52 ché lo tuo ardor per la costei bieltate / mi fa nel core aver troppa gravezza) e in due è soggetto (LXVII 57 Lo giorno che costei nel mondo venne; XC 56 non soffrir che costei / per giovanezza mi conduca a morte), indica la Donna gentile, tranne in CIV 50 (generai io costei che m'è da lato / e che s'asciuga con la treccia bionda), ove personifica la giustizia umana. Altrettanto si osserva nelle due attestazioni di Rime dubbie VII 7 e 16 e nelle due desumibili dalle integrazioni dubbie. Quasi tutte le 40 occorrenze del Convivio, cinque delle quali sono citazioni dalle singole canzoni, indicano la Donna gentile, che è personificazione della Filosofia in III XIII 1 e in altre otto attestazioni dei trattati III e IV del Convivio, mentre personifica la Nobiltà in IV Le dolci rime 110, e indica la Scienza in II XIV 20, la Natura in IV IX 3, la canzone commentata in III X 9. Una proposizione relativa introdotta da ‛ che ' segue c. due volte nelle Rime (LXXXIII 114, CIV 50), una nelle Rime dubbie (VII 7) e una nel Convivio III Amor che ne la mente 70; da questo punto di vista, l'uso di c. si diversifica totalmente da quello di ‛ colei ', che, invece, è seguito quasi sempre da proposizione relativa (cfr. COLUI 1.).

Nelle otto attestazioni della Commedia, in una delle quali è soggetto (Pd XXVI 110), C. personifica la Fortuna(If VII 83) e l'Italia (Pg VI 98), indica Venere (Pd VIII 10), Eva (Pd XXXIII 8: la vicinanza visiva di Eva è sottolineata da sì come tu vedi, del v. 9; con un rapporto analogo a quello tra coloro e costoro di If XV 121-123, C. è qui preceduto da colei che l'aperse e che la punse, del v. 6) e Beatrice, in Pd XXVI 110 (che è detta tua donna al v. 118). Per evitare di ripetere C. in uno stesso brano, il richiamo a un'identica persona o entità personificata è effettuato, ad es., da lei, in Vn XV 2-3, Rime CVI 154-156, Cv II X 11, III Amor che ne la mente 48-50, III 13, ecc., If VII 83; da ella, in Cv II IX 6, Pd VIII 10-13; da essa, in Cv III VI 10. Per una distribuzione analoga nel Boccaccio, cfr. Dec. VIII 7 7 " seco diliberò... di porre ogni... sollecitudine in piacere a costei, acciò che per lo piacerle il suo amore acquistasse, e per questo il potere aver copia di lei ".

3. Tra le cinque attestazioni di ‛ costoro ' nella Vita Nuova due offrono una certa analogia contestuale: cfr. XXXIV 3 Onde partiti costoro, ritornaimi a la mia opera, con XL 5 Onde, passati costoro da la mia veduta, propuosi di fare uno sonetto; nel primo caso, c. indica uomini a li quali si convenia di fare onore (come poco dopo, ancora in XXXIV 3); nel secondo i romei, e il passo richiama, per il suo contenuto, XXII 6 Appresso costoro passaro altre donne. In XIII 6 c. personifica i molti e diversi pensamenti che cominciaro... a combattere e tentare D. (XIII 1).

Assente nelle Rime, c., che nella Vita Nuova sembra pertanto alludere a valori positivi, nelle 25 occorrenze del Convivio (ove funge da soggetto soltanto in IV XV 15) oscilla invece tra il designare coloro che mal giudicano (come in I IV 5 e 8, XI 13, XII 1, II X 10, III V 7, IV VII 5, VIII 9, XII 6, XIV 2, XV 10, 13, 14, 15 e 16: si osservi la distribuzione concentrata in un numero ridotto di capitoli) e, inversamente, i beati (II VII 5), coloro che intendendo muovono il terzo cielo (II III 1, VIII 3 e 5), gli stoici (IV VI 10 e 11), coloro che ben giudicano (VII 5), i Romani (IV 11, ove è da osservare l'uso di loro come pronome di richiamo; cfr. sopra, ‛ costei '); il valore elativo-celebrativo è ovvio in V 17 rimembrando la vita di costoro e de li altri divini cittadini.

Nella Commedia è attestato 15 volte, di cui sette nella forma scorciata ‛ costor ' (rispettivamente due nell'Inferno e cinque nel Purgatorio); in due occorrenze è soggetto (Pg XXII 100, If XXI 125), e in ambedue i casi apre il verso. Il sintagma ‛ (in)tra costor(o) ' ritorna cinque volte, e tutti costoro forma l'ultima parte del verso in Pg X 82 e Pd XXVII 21; c. appare in rima 4 volte.

‛ Costoro ' non sembra avere particolare unità semantica nella Commedia: è attribuito ai dannati (tra i quali Paolo e Francesca) nell'Inferno (ove, però, una volta indica anche Virgilio e D.: XXI 125), ai penitenti nel Purgatorio (ove, però, è riferito anche ai principi [VII 87 e 133], ai re di Francia [XX 60] e ai poeti latini [XXII 100]). Nelle due attestazioni del Paradiso personifica le contingenze (XIII 67) e i beati (XXVII 21). Il valore referenziale a persona già indicata, e quindi concettualmente presente, è chiaro in If XV 123, ove e parve di costoro riprende e parve di coloro / che corrono a Verona il drappo verde, dei vv. 121-122; trasferendo tale presenza dall'ambito logico-concettuale a quello morale-gerarchico, il costante rilievo connotativo dell'uso di c. nei passi della Commedia sopra indicati non si oppone alla sua ovvia mancanza di unità semantica.

4. Nel Fiore, ove il pronome ritorna due volte, il valore intenso di c. appare in CXCII 11 (cfr. vv. 9 ss. Questi era quelli che più mi piacea, / e gli altri, amici dolci i' appellava, / ma solamente a costui ben volea); ha senso spregiativo l'unico costu' (CL 13), e il passo ha una certa analogia con CXCVIII 13, ove si legge l'unico coste'. Di queste due forme apocopate, la seconda, che sembra modellata sull'analogia di ‛ que ' rispetto a ‛ quei ', potrebbe ritenersi il modello della prima, se a quest'ipotesi non fosse preferibile quella di un'origine settentrionale (cfr. padovano antico questù, costù, questiè), in certo modo confermata da altre caratteristiche dei versi ove sono attestate (CL 13 di costu' ti convien così ovrare; CXCVIII 13 de dar ben a coste'), analogamente a quel che può dirsi di colu' in CL 13 a colu' solamente che... (v. COLUI).

Il plurale scorciato ritorna in CCVI 1 e CLI 7, ove si riferisce a ira e dolori e gran tormenti che, personificati in costor, alla vecchia hanno fatto saramento [" hanno giurato "] / ch'i' non uscirò lor mai di tra mano.